Prof. Franco Salvati

Primario Pneumologo Emerito, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2016-2017

Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017

ECM: Cuore Polmone 2017

14 marzo 2017

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Lettura Magistrale: Polmoni e cuore pilastri della interdisciplinarietà

F. Salvati

Risale al primo ‘800 la “ingegnosa” espressione francese con cui cuore e polmone andassero considerati, insieme al cervello, un vero e proprio “trepied de la vie”, tant’è che Laennec ne sottolineò la stretta, reciproca dipendenza anatomo-funzionale riallacciandosi in sostanza ai concetti espressi un secolo prima da Lancisi, Malpighi e Morgagni.

I secoli si rincorrono e attualmente si può affermare, incontestabilmente a giusta ragione, che le interrelazioni fra polmone e cuore sono “ineludibili”.

Nonostante siffatta realtà dell’interdipendenza anatomica e funzionale di questi due organi sia una nozione fondamentale, desta perplessità il fatto che assai spesso gli specialisti d’organo nella loro pratica clinica quotidiana non la tengano nella dovuta considerazione, soprattutto in situazioni cliniche complesse quali ad esempio l’edema polmonare cardiogeno, il tromboembolismo polmonare, l’asma “cardiaco”, ecc.

Le analogie tra polmoni e cuore (considerabili come “una pompa dentro una pompa”) sono indubbiamente molteplici e si possono rapportare alle evidenze per le quali ad una portata cardiaca corrisponde una ventilazione, ad una gittata sistolica corrisponde un volume corrente e ad una frazione di eiezione corrisponde una frazione espiratoria.

Un acuto, non meglio identificato monaco irlandese Richard Lower (1699) intravide a riguardo che “il sangue venoso torna rosso perché assume qualcosa nel polmone”: è un richiamo alla “call of oxigen, quale esigenza di vita” e al ruolo rilevante che, quale “trait d’union” tra i due apparati, rappresenta la membrana alveolo-capillare.

Da questo contesto emerge quanto sia essenziale ed ineludibile la prassi clinica della interdisciplinarietà nell’ambito cardiopolmonare, considerato che sia la specialità pneumologica che quella cardiovascolare sono quelle maggiormente multidisciplinari.

Evitando di entrare nell’ambito delle molteplici situazioni patologiche che sono programmate per le due giornate del Corso “Cuore Polmone 2017”, ci si limita a fare riferimento, sintetico e puramente esemplificativo, a OSAS, Riabilitazione respiratoria e cardiotossicità da trattamenti antitumorali del carcinoma broncogeno e ai relativi “incroci” che richiedono ineluttabilmente una rilevante interdisciplinarietà.

Nell’ipossia intermittente che caratterizza l’OSAS l’esigenza della valutazione interdisciplinare è dettata dalla necessità di intervenire su tutta la multidisciplinare serie di eventi da fronteggiare specificamente (incremento dei ROS, attivazione del simpatico, ipertensione arteriosa, angiogenesi, alterazioni dell’endotelio) allo scopo di evitare l’instaurarsi di patologie cardiache e/o vascolari potenzialmente assai insidiose anche quod vitam: FAP, infarto miocardico, rischio di morte improvvisa, tutte costante oggetto di rilevanti studi longitudinali dell’American College of Cardiologists. Per quanto concerne la realtà italiana è da segnalare che nel territorio bresciano è stato creato (rilevante anche sotto il profilo organizzativo) un network tra Centri per Disturbi Cardio-respiratori nel Sonno della Provincia: si è evidenziata non soltanto un’elevata prevalenza di patologie cardiovascolari, ma anche negative conseguenze di ordine metabolico e ne è scaturito un “Piano diagnostico-terapeutico-assistenziale” fortemente caratterizzato da interdisciplinarietà (coinvolgente anche la Medicina Interna) proprio in rapporto alla Sindrome metabolica.

Nei pazienti con OSAS viene infatti riferita una prevalenza della sindrome metabolica nell’ordine del 60%, ben superiore a quella rilevata tra la popolazione generale, e una valutazione che coinvolge il cardiologo si impone anche in considerazione del fatto che soprattutto con l’avanzare dell’età è frequente la comparsa di ipertensione polmonare venosa il più comunemente nel quadro della disfunzione diastolica del ventricolo sin, ma con preservata sua funzione sistolica, il che può sfociare in scompenso cardiaco. Sotto il profilo pneumologico viene chiamata in causa la CPAP, peraltro con incostanti benefici. Significativi a riguardo gli studi per la valutazione del rimodellamento cardiaco con ecocardiografia, transtoracica e transesofagea, e con RMN in quanto il modificato assetto che ne deriva condiziona l’entità degli effetti funzionalmente conseguenti.

Il riferimento all’età geriatrica chiama in causa il processo dell’invecchiamento e i suoi molteplici meccanismi che, partendo dalla iniziale fase della infiammazione, si svolge con il coinvolgimento di svariati fattori quali interleuchine, Tumor Necrosis Factor, ecc.

Altro campo in cui si delinea una “stretta” interdisciplinarietà “cuore-polmone” è quello della Pneumologia Riabilitativa: il ruolo del cardiologo non può essere circoscritto alla valutazione del rischio di effetti negativi sulla funzionalità cardiaca in casi del tutto particolari e relativamente poco frequenti (quali, ad esempio, la riabilitazione respiratoria in pazienti con svezzamento prolungato) ma deve inserirsi, con continuità, nel contesto di un team multidisciplinare votato alla interdisciplinarietà che comprenda anche la presenza di fisioterapista con “competenze specialistiche accreditate” insieme a tutte le altre competenze di riferimento, anche quella pneumoncologica se del caso.

In merito è ampia e puntuale l’articolazione delineata dal Dipartimento di Riabilitazione polmonare dell’I.R.C.C.S. di Roma circa la Riabilitazione cardio-polmonare in ambito pneumoncologico. In rapporto alle diverse, possibili situazioni clinico-funzionali la “pulmonary rehabilitation in lung cancer” viene specificatamente distinta: riabilitazione in

  • pazienti inoperabili
  • pazienti in trattamento chemio e/o radioterapico
  • pazienti in trattamento con targeted therapy
  • pazienti operabili (pre e/o post-chirurgica)
  • palliativa nella malattia molto avanzata.

Particolare riferimento viene fatto anche, in sede di una lunga e dettagliata bibliografia, alle eventuali complicazioni cardiopolmonari e alla influenza dell’età sulla risposta al trattamento riabilitativo.

Rilevante “incrocio cuore-polmoni” in ambito peumoncologico è infine quello relativo alla cardiotossicità connessa ai trattamenti della neoplasia broncogena (soprattutto farmacologici, ma anche radianti), ma talvolta possono essere espressione di tipo paraneoplastico: tutt’altro che rara tra le numerose cause di elevata ipercalcemia non va sottovalutata la presenza di un tumore polmonare, prevalentemente lo SCLC, con conseguente inevitabile comparsa di danni anche a carico dell’apparato cardiovascolare che non sono circoscritti al, pur frequente, accorciamento del tratto QT, ma possono sfociare anche in aritmie di vario tipo e, soprattutto, di varia entità. Più in generale ed entrando nello specifico va sottolineato che la cardiotossicità secondaria a trattamenti farmacoterapici deve essere riferita non soltanto ai tradizionali chemioterapici ma, attualmente con sempre maggiore attenzione, agli inibitori della tirosin-chinasi (TK), agli agenti antiangiogenetici e alle sostanze immunoterapiche.

Tra i farmaci antiangiogenetici ci si limita, in questa circostanza, a citare il bevacizumab, che soprattutto in presenza di preesistenti fattori di rischio può provocare infarto miocardico (nel 2% dei casi): a causa dell’effetto inibitorio del VEGF si determina ipertrofia cardiaca che dapprima compensatoria, conduce successivamente allo scompenso cardiaco.

Quanto agli inibitori della TK i potenziali bersagli sono i mitocondri della cellula miocardica; sono riferiti cali asintomatici della FE (10% dei paz), scompenso cardiaco (8%), sindrome coronarica (3%).

Anche con i farmaci biologici utilizzabili in funzione del riarrangiamento dell’Anaplastic Lymphoma Kinase (ALK) quali il crizotinib è stata evidenziata cardiotossicità incentrata sul prolungamento del tratto QT che in taluni casi è sfociata purtroppo in aritmia ventricolare ad esito infausto.

L’integrazione interdisciplinare “strettamente” monitorante cardiologica si impone pertanto al fine di prevenire eventi altamente sfavorevoli in particolare in pazienti per i quali fosse da valutare l’impiego o la sospensione di ACE-inibitori e/o beta-bloccanti.

Per quanto attiene agli inibitori dei check-point immunitari (in particolare il nivolumab), il profilo di tossicità generale è fortunatamente di gran lunga migliore rispetto ai chemioterapici tradizionali: la cardiotossicità è infatti assai contenuta e tra gli eventi avversi di grado 3-4 non sono stati finora segnalati decessi correlati a cardiotossicità. Contenuta è anche la cardiotossicità dovuta al pembrolizumab, del quale peraltro è da tenere presente la frequenza con cui si manifestano polmoniti (comunque raramente gravi).

L’esigenza di una reale e sostanziale interdisciplinarietà strettamente specifica per il singolo caso in fase decisionale dei nostri interventi medici, chirurgici, specialistici o di Medicina Interna si presenta soprattutto nella gestione delle situazioni caratterizzate da complessità quale essa sia e tra le quali è indubbiamente rilevante, e ormai assai frequente, quella connessa all’età geriatrica.

E’ da porsi l’interrogativo di quante siano totalmente le situazioni scevre totalmente da complessità anche alla luce di quanto sottolineato dal Ministero della Salute circa la prevalenza reale della comorbilità che attualmente supera, e di molto, il 55% e quando si certifica con documento ufficiale (Quaderni 2013) che il paziente sotto qualsivoglia profilo complesso esige, oltre che la appropriatezza tecnica e strutturale, la appropriatezza clinica.

Si entra inevitabilmente nel qualificante ambito della appropriatezza professionale. Il coinvolgimento dei professionisti che operano nella Sanità si deve realizzare in piena aderenza ai criteri dell’appropriatezza che derivano principalmente dalle evidenze scientifiche disponibili o (in assenza di queste) da processi di consenso formalizzato e documentato in modo tale da non alimentare la Medicina Difensiva, ma soprattutto in modo tale che si realizzi la “simmetria” tra tali evidenze e le conoscenze che verrano a integrarsi e perfezionarsi nel confronto diretto tra i singoli attori medici.

Una siffatta, rigorosamente inter-ragionata interdisciplinarietà è indubbiamente la unica via per limitare il rischio di trovarsi in quella posizione che si può definire “dubbia appropriatezza”, influenzata dalle zone grigie della ricerca o dalla variabilità delle situazioni specifiche di volta in vota in esame. Nell’ambito della appropriatezza professionale il binomio “multidisciplinarietà - interdisciplinarietà” sta a significare tutt’altro che equivalenza: la multidisciplinarietà è elemento di ordine “quantitativo”, mentre la interdisciplinarietà che ne deriva costituisce l’elemento “qualitativo”.

Si determina in tal modo un trinomio: “appropriatezza – multidisciplinarietà - interdisciplinarietà”, che si inserisce pienamente nella impostazione di fondo che il Presidente di questo Corso ha inteso dare alle lezioni che in questi giorni si terranno ancora sulla vasta tematica “interazione cuore-polmoni”; impostazione caratterizzata su Tailored Medicine e Precision Medicine e che quindi non può prescindere nel suo percorso da questo trinomio che costituisce premessa indispensabile per poter realisticamente e ragionevolmenteandare oltre le linee guida”.


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