Prof. Giovacchino Pedicelli

Primario Emerito Radiologia, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2016-2017

Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017

ECM: Cuore Polmone 2017

14 marzo 2017

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L’imaging delle correlazioni cuore-polmone nell’era della Precision Medicine

G. Pedicelli

Molta attenzione e molte risorse vengono dedicate nella pratica clinica alle correlazioni   cuore-polmone.

La diagnostica per immagini, con le tecnologie messe in campo nell’ultimo ventennio in ambito toracico (cardiopolmonare e vascolare) e la progressiva esperienza, ha contribuito a costruire modelli diagnostici di valore clinico progressivamente più accurati, favorendo con crescente precisione le decisioni cliniche, l’adozione di procedure interventistiche  e la cardio-chirurgia. Tutto ciò ha contribuito a ridurre i tempi di diagnosi, ha reso più sicure le terapie e ridotto l’impegno economico contribuendo oggettivamente all’allungamento della vita media. La pneumologia nelle sue valutazioni cliniche  può contare oggi su dati morfo-funzionali numerici accurati forniti dall’imaging. Se solo si prende in considerazione il processo di fenotipizzazione della BPCO – una delle malattie polmonari più diffuse e responsabili della patologia “cuore polmonare” ci si rende conto della raffinatezza diagnostica fornita dalla TC ad alta risoluzione (HRTC): riscontro in-vivo ed in modo non invasivo del tipo istologico dell’enfisema, la sua valutazione volumetrica e distribuzione topografica; valutazione volumetrica quantitativa dell’air-trapping legato alla flogosi ostruttiva bronchiolare; documentazione della vascolarità polmonare del flusso ematico con deviazione verso i territori ben ventilati e perciò ben perfusi, fino al riscontro di aree con aumentata densità parenchimale con l’aspetto di ground-glass fisiologico. Alla progressiva accentuazione delle alterazioni polmonari si accompagnano i segni della progressiva ipertensione polmonare del tipo precapillare: incremento di calibro dei rami prossimali delle arterie polmonari all’ilo, incremento di calibro del tronco dell’arteria polmonare che può raggiungere quello dell’aorta; aumento di calibro delle arterie bronchiali nella BPCO-fenotipo B prevalente. Nella coesistenza dei due fenotipi e, soprattutto negli episodi di riacutizzazione del fenotipo B, si può verificare che il disagio avvertito dal paziente venga attribuito alle competenze dell’uno o dell’altro specialista a seconda della sensazione che prevalga l’una o l’altra patologia. In questi casi generalmente l’imaging riesce a comporre le possibili dispute documentando una equa corresponsabilità, non raramente coinvolgendo l’internista per le manifestazioni di comorbilità quali le malattie metaboliche, l’ipertensione, la steatosi epatica, i danni vascolari diffusi con estese manifestazioni ateromasiche, l’osteoporosi (Fig.1).

                                A                                       B                                                C                                  D

Fig. 1:  Soggetto obeso, iperteso, diabetico, trattato con bypass aorto-coronarico e stent coronarici multipli, affetto da BPCO – fenotipo B prevalente,  dispnea discontinua, dolore toracico.  Lo scout della TC (A) condotta fino all’addome medio riassume le dimensioni dell’obesità. Nella ricostruzione coronale del torace  (B) si rilevano le estese placche ateromasiche e lo stent all’origine della coronaria di destra. La scansione addominale (C) mostra accumulo di tessuto adiposo, calcolosi della colecisti, moderata ipodensità del fegato per steatosi. Il dolore toracico accusato dal paziente è giustificato da frattura spontanea della IX vertebra toracica (D) per osteoporosi.

 

Anche per queste ragioni nell’esame HRCT del torace, specie se eseguito per rivalutazione di BPCO, oltre ad un’attenta valutazione del polmone e  dell’immagine cardiaca con la ricerca di placche calcifiche a carico delle coronarie, di lembi valvolari e del pericardio, si valutano routinariamente gli organi dell’addome superiore compresi nello studio. In tutti i casi, ma specialmente nei soggetti sovrappeso, è obbligatorio valutare a confronto la densità del fegato rispetto a quello del parenchima splenico. Tale comparazione  è preziosa: essa permette di diagnosticare in modo semplice e senza l’aggiunta di altre indagini una eventuale steatosi epatica e la frequente calcolosi della colecisti, alterazioni correlate con malattie metaboliche. Nei soggetti obesi è consigliabile scendere con le scansioni abbondantemente sotto al sottodiaframma (Fig.1) per documentare l’organo adiposo costituito dalla raccolta organizzata e strutturata di abbondante tessuto grasso che si può configurare come vera fonte ormonale spesso responsabile di sorprendente  incremento dei marker dell’infiammazione (VES-PCR).

      Le considerazioni esposte obbligano tutti gli specialisti ed in particolare i radiologi, ad ampliare i propri orizzonti: la singola malattia non può essere valutata separatamente dal soggetto malato visto nel suo insieme. Ciò significa che il malato va esaminato nelle sue manifestazioni d’organo, nel possibile coinvolgimento di altro organi, nella sua attività metabolica.  Sempre più frequentemente necessitano informazioni circa il suo impianto genetico, le caratteristiche dell’ambiente in cui è cresciuto e il suo stile di vita: tutti fattori che possono aver contribuito in modo determinante, nel corso della sua esistenza, a produrre mutazioni genetiche stabili (epigenetica) e possibili responsabili di manifestazioni patologiche diversamente inspiegabili (Fig. 2).

                                             A                                                  B

 

Fig. 2: Fibrosi cistica nell’adulto. (A ) HRCT  del  torace- ricostruzione coronale: reperto di bronchite cronica con bronchiectasie di varia morfologia e cluster multipli di bronchiolite.  (B)  HRCT dell’addome: la densità del fegato è inferiore a quella della milza per steatosi. Abbondante tessuto adiposo sottocutaneo e viscerale.

 

Per queste ragioni nell’ultimo decennio si è progressivamente sviluppato il concetto di  “Precision Medicine” che è stato recentemente ufficializzato nella sua definizione: “Un modello di approccio alla prevenzione ed al trattamento della malattia che cerca  di massimizzarne l’efficacia attraverso la valutazione dell’individuo nella  sua genetica, epigenetica e  stile di vita” (National Institute of Health) .

Il concetto espresso nella definizione è in gran parte frutto delle avanzate conoscenze della genetica la quale, nel corso degli anni ’90,  è uscita progressivamente dagli angusti spazi dell’Accademia per diffondersi ed entrare nella pratica clinica. La contestuale crescita della tecnologia, dell’informatica e delle metodologie di imaging (particolarmente: HRCT, PET.CT, imaging molecolare) ha creato le condizioni per costruire ponti di riscontro affidabile  fra la genetica e le manifestazioni cliniche,  nonché modelli  di  terapie quali quelle proposte dall’editing genomico condotto con la tecnica CRISPR-Cas9 (Nature, April 2014) che, per le enormi problematiche etiche che le accompagnano, restano tuttora contenute nei laboratori di ricerca. La possibilità attuale  di sequenziare il DNA in modo rapido ed economico  può  produrre una enorme massa di dati utilizzabili per  verificare predisposizioni   genetiche a specifiche malattie e/o fattori ambientali capaci di modificare alcuni caratteri  genetici dell’individuo (epigenetica). L’utilizzazione di tali dati consente: diagnosi sempre più precise e precoci, terapie personalizzate, riduzione di effetti collaterali  negativi e dei costi.

Necessariamente è nato, e si va sviluppando, un nuovo vocabolario costituito da termini che possono apparire bizzarri ma che sintetizzano e coniugano concetti contestualmente provenienti  dall’ informatica, dall’ imaging e dalla genetica. Fra essi i più ricorrenti sono:

Radiomica La scienza che si occupa della estrazione-analisi-archiviazione di biomarker contenuti nelle immagini diagnostiche (morfologia, densità, dimensioni, aspetti funzionali, cellularità, angiogenesi …). Tali biomarcatori corrispondono all’insieme della semeiotica e diagnostica radiologica (l’intero imaging) che caratterizza il fenotipo dell’individuo e contribuiscono all’indirizzo terapeutico personalizzato.

Radiogenomica  La scienza che estende i contenuti forniti dalla Radiomica e li correla al genotipo. Nel recente Congresso Annuale della Società Americana di Radiologia (dicembre 2016) fra i “Trending Topics in Chest Radiology” proposti spiccava quello delle “Radiomics and  Genomics Correlation”.

Benché siano attualmente limitate le conoscenze relative a tali correlazioni, la strada è tracciata e già affollata di ricerche. Ad esempio:  i genetisti, che s’intendono del fenomeno biologico della metilazione del DNA (processo biochimico che  controlla l’attività dei geni), hanno trovato che nei fumatori tale fenomeno è molto più vivace, tale da tenere “accesi”  più di 1/3 di tutti i siti genetici noti e che esso “si spegne”  solo dopo 5 anni dalla dismissione del fumo, esattamente come osservato  dai clinici nella valutazione del  rischio-fumo. Il fenomeno appare ben correlato con il rischio di aterosclerosi. Ovviamente tale osservazione interessa molto gli pneumologi e i cardiologi secondo i quali la metilazione del DNA, valutata sui monociti, può essere considerata un potenziale biomarker di aterosclerosi sub-clinica nei fumatori (Circ Cardiovasc Genet. 2015). Analogo interesse è suscitato nei soggetti obesi  nei quali un aumentato grado di metilazione incrementa, quale fenomeno epigenetico, il rischio di sviluppare malattie associate:  diabete di tipo 2, ipertensione e malattie cardiovascolari (Nature 2016). L’obesità addominale sarebbe inversamente associata alla funzione polmonare  nei fumatori (PMC Pulm Med 2016).

Conclusione:                                                                                                                  

La valutazione clinica delle correlazioni cuore-polmone può avvalersi oggi di un solido apporto dell’imaging. Ma in un futuro già iniziato, entrambe le discipline  potranno perfezionare l’inquadramento più preciso del singolo paziente con la disponibilità dei suoi dati genetici e dei possibili mutamenti della sua personalità biologica legata all’epigenetica ed allo stile di vita. Con tutto il rispetto per l’utilità delle “linee-guida” legate alle singole malattie, l’accuratezza dei dati raccolti in questa nuova visione contribuirà efficacemente ad una scelta più precisa e personalizzata delle terapie. L’obiettivo sembra ancora lontano ma appaiono solide, convincenti e perfino affascinanti le argomentazioni ed i risultati finora raggiunti. Il progetto della Precision Medicine  ha bisogno di supporto culturale continuativo ed innovativo ma anche dell’entusiasmo giustificato dalle verifiche fin qui concretizzate nelle procedure di collegamento tra il patrimonio genetico e la realtà clinica del singolo soggetto.

Probabilmente va condiviso lo spirito di Steve Jobs secondo il quale nella realtà attuale “…. c’è bisogno di persone tanto folli da pensare di poter cambiare il mondo”.