Anno Accademico 2016-2017
Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
21 marzo 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
21 marzo 2017
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Il termine cuore polmonare indica la presenza di ipertensione polmonare in corso di una malattia respiratoria cronica. In questi casi l’ipertensione polmonare che viene a determinarsi risulta meno grave rispetto a soggetti con patologie del tessuto connettivo, tromboembolismi cronici, ipertensione polmonare primitiva e, soprattutto, malattie interstiziali polmonare. Si definisce Cuore Polmonare la dilatazione del ventricolo destro in risposta all’aumento del postcarico, dovuto a patologie che interessano il torace, i polmoni, la circolazione polmonare, ma che non sia necessariamente associata a scompenso del ventricolo destro. Le cause più comuni dell’ipertensione polmonare secondaria sono le malattie cardiache e respiratorie. La compromissione cardiaca comporta un aumento del flusso sanguigno polmonare o un incremento della pressione venosa polmonare; nelle patologie respiratorie invece avremo un incremento delle resistenze al flusso sanguigno per la vasocostrizione polmonare legata all’ipossia. Una terza causa è rappresentata dalla trombo embolia polmonare.
Le manifestazioni cliniche, la storia naturale e la reversibilità dell’ipertensione polmonare dipendono dalla natura delle lesioni vascolari polmonari e dall’eziologia e gravità dei disturbi emodinamici. L’ipertensione polmonare primitiva, come malattia vascolare intrinseca dei polmoni, si differenzia dall’ipertensione polmonare secondaria a malattie cardiache e/o polmonari. La condizione di ipertensione polmonare quando non è di grado elevato può rimanere praticamente silente per anni, senza dare alcuna manifestazione clinica. Quando si manifesta avremo una sindrome clinica caratterizzata da edema periferico, distensione ed aumento della pressione venosa giugulare ed epatomegalia denominata appunto “Cuore polmonare”. Poichè studi degli ultimi anni hanno messo in discussione l’origine cardiaca dell’edema in pazienti BPCO, in cui la gittata cardiaca è normale, si propone di sostituire la dizione di cor polmonare con più precise obiettivazioni delle alterazioni del ventricolo destro: ipertrofia, dilatazione, alterazione funzionale di diversa entità fino allo scompenso, condizione che si instaura lentamente nel corso degli anni e per cui può essere solo cronica. Il 10-30% dei ricoveri per scompenso sono dovuti ad esacerbazione di bronco-pneumopatia cronica; in pazienti oltre i 50 anni, è la terza forma di cardiopatia più comune.
La circolazione polmonare è un sistema a bassa pressione: PAP (pressione arteriosa polmonare) 10 mm Hg in diastole 25 mm Hg sistole, 1/6 della sistemica, ma ad elevato flusso: l’intera gittata cardiaca (5 lt) passa attraverso la circolazione polmonare, flusso che può salire fino a 30 lt senza aumento della pressione intravasale. Infine la circolazione polmonare è caratterizzata da una bassa resistenza ed una notevole distensibilità dei vasi polmonari con una “riserva capillare” che permette l’apertura di un gran numero di vasi durante lo sforzo. Per questo possiamo dire che il ventricolo destro è un “generatore di flusso”, mentre il ventricolo sinistro è un “generatore di pressione”.
I movimenti della respirazione facilitano il flusso polmonare permettendo l’aspirazione del sangue nella cavità toracica durante la fase di inspirazione; in condizioni normali la pressione in arteria polmonare aumenta quando il sangue è spostato nel torace all’inizio di uno sforzo, con il passaggio alla posizione supina o per effetto di freddo, ansia, dolore. Ricordiamo che la pressione media in arteria polmonare è di 15 mmHg, mentre in atrio sinistro 10 mmHg.
Il cuore polmonare cronico è secondario a:
Pneumopatie ostruttive:
Pneumopatie restrittive:
Deficit ventilatori:
Malattie vascolari:
Meccanismi fisiopatologici della circolazione:
Le patologie polmonari sono causa di una condizione di ipossia con alveoli ipoventilati ma normoperfusi, con conseguente effetto shunt. Per riequilibrare il rapporto ventilazione-perfusione è necessario che alveoli ipoventilati siano ipoperfusi con vasocostrizione arteriosa polmonare, in un tentativo dell’organismo di ripristinare il normale rapporto ventilazione perfusione e correggere l’effetto shunt. L’ipertensione polmonare , condizione fisiopatologica in cui si osserva un aumento della pressione nel circolo polmonare a riposo o durante sforzo, non è quindi da considerare come malattia, ma piuttosto una anomalia emodinamica comune ad una serie di patologie.
L’evoluzione è lenta, la pressione arteriosa polmonare aumenta di 5¸6 mm Hg in 10 anni, e solo dopo molti anni si avranno alterazioni anatomiche gravi ed irreversibili dei vasi polmonari con aumento della pressione polmonare. La prognosi dipende dalla pressione polmonare e dalla funzione respiratoria.
La maggior parte dei sintomi dell’Ipertensione polmonare sono aspecifici, spesso correlati alla patologia respiratoria sottostante (BPCO OSAS) e proprio la scarsità di segni obiettivi in un paziente con preoccupante sintomatologia deve far sospettare una condizione di Cuore Polmonare cronico.
La sintomatologia è caratterizzata da
In Pazienti con BPCO ipossiemici ipercapnici il flusso di sangue al rene si riduce; i valori di Pa CO2 sono inversamente proporzionali al flusso plasmatico renale effettivo (ERPF) e quindi diminuisce la capacità di eliminare Na e H2O. Nei pazienti con edema si osserva una riduzione dl flusso renale del 63%. L’ipercapnia può causare vasocostrizione aumentando ,in maniera diretta ed indirettamente, il tono del sistema simpatico che a sua volta aumenta il riassorbimento tubulare di Na attraverso la riduzione di ERPF. Infatti nei soggetti BPCO con grave ipossiemia ma normocapnici, i classici Pink Puffer, non si registra edema che invece sarà presente nei soggetti ipercapnici “Blue Bloater”.
Gli esami strumentali utili per lo studio del cuore polmonare sono:
La terapia dovrà in primo luogo provvedere a correggere l’ipossiemia e l’ipercapnia, che sono causa di vasocostrizione con aumento delle resistenze e pressioni in ambito polmonare. L’ossigenoterapia, insieme ad un adeguato trattamento antibiotico, idratazione, broncodilatatori, migliora la meccanica ventilatoria e le pressioni nel circolo polmonare, riduce le resistenze nelle vie aeree migliorando la sopravvivenza. Nei casi di grave insufficienza respiratoria con fatica respiratoria può risultare utile una ventilazione meccanica non invasiva. I diuretici, sia quelli dell’ansa che gli antialdosteronici, vanno usati con oculatezza per non accentuare la densità delle secrezioni catarrali oltre che la possibilità di causare iposodiemia e ipokalemia.