Prof. Fabio Liguori

Ginecologo, Accademico Lancisiano

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2016-2017

Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017

Settimana per la Cultura

18 aprile 2017

copertina_esempio.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

Immigrazione, variegato contesto culturale e conseguente medicina sociale

F. Liguori

Nell’Europa del XVIII secolo avviata all’industrializzazione, al tempo dei conflitti sociali che preannunciavano la Rivoluzione Francese si era già assistito ad un sovvertimento ideologico: al concetto greco della responsabilità del cittadino verso le caste sacerdotali e monarchiche andava gradualmente sostituendosi il rivoluzionario principio della responsabilità dello Stato verso il cittadino.

Le classi sociali più elevate si sottraggono ai condizionamenti politico-religiosi per aprirsi alle minori. Alfiere la sbuffante locomotiva di Stevenson (1814), all’idealismo romantico si contrappone il positivismo della rivoluzione industriale che privilegia il pratico e utile contro il superfluo e l’astratto. E non più opera di carità la medicina s’innalza a dovere e prevenzione, ciò che condizionerà ogni futuro ordinamento legislativo con governi depositari della salute pubblica (e relativi costi) ed una medicina volta al sociale: lotta a pandemie e neoplasie, igiene e profilassi, infortunistica, previdenza-assistenza ad anziani e disabili, difesa dell’ambiente. La prevenzione risulterà tanto più efficace quanto maggiore sarà stata l’educazione sanitaria nelle famiglie, a cominciare dalla Scuola.

Dalla fine dell’’800 agli anni ’60 del ‘900 gli italiani sono stati un popolo di emigranti che, alla ricerca di migliori condizioni di vita s’imbarcavano per le due Americhe per poi indirizzarsi, nel II dopoguerra, a Paesi del Centro e Nord Europa e all’Australia.Negli ultimi decenni si è assistito a un’inversione di tendenza: l’Italia è divenuta meta di un incessante flusso di oltre 5 milioni d’immigrati (uno su quattro di fede musulmana).da più di 150 Paesi, afro-asiatici in particolare. Di là dal credo religioso, tale moltitudine in un tempo così breve crea enormi problemi assistenziali, abitativi, lavorativi cui si sommano allarmante clandestinità (rischio attentati) e miserabile degrado (accampamenti, baraccopoli).

Per lo stile di vita in cui perseverano, molte etnie rifuggono dall’assimilazione nel Paese che li ospita: basti accennare alle violenze che subiscono donne extracomunitarie nel voler adottare costumi di vita occidentale. In molte comunità lo stesso concetto di “malattia” finisce per assumere forme e significati di difficile acquisizione epidemiologico - diagnostica dipendendo, le patologie, più che da fattori costituzionali o genetici e di razza, da cause ambientali e dal grado di civiltà e sviluppo dei Paesi di provenienza. Il che spiega le difficoltà che s’incontrano nell’adeguare una politica socio-sanitaria ad un così variegato contesto culturale: come la resistenza di extracomunitarie ad un’educazione sessuale, o quando da familiari viene loro proibito di usufruire di controlli gratuiti in gravidanze che così diventano “a rischio”. Diversamente da quello che invece accade per un significativo aumento del ricorso all’aborto da parte d’immigrate e di minorenni (in particolare italiane, quest’ultime): dato statistico che non deve sorprendere.

Al tempo dei dibattiti parlamentari sulla “194” (1978), anziché tendere a rimuovere le cause che portano a interrompere una gravidanza (più frequentemente economiche), per tentare di ridurle, prevalse l’interesse individuale della donna introducendo un neologismo, la cosiddetta “autodeterminazione”: un artifizio lessicale che nulla chiariva e nulla giustificava, ma ebbe notevole successo per liberalizzare al massimo l’aborto in Italia con una legge tra le più permissive al mondo. E’ sufficiente infatti che la donna “auto-dichiari” (ecco svelato l’arcano dell’autodeterminazione: non occorrere certificazione o spiegazione alcuna!) che il prosieguo della gravidanza causerà in lei turbe psichiche per ottenere l’autorizzazione ad abortire, quali che siano le circostanze della gravidanza. Non a caso la maggioranza delle interruzioni avviene in coppie regolarmente sposate e con un primo figlio, così come numerosi sono gli aborti ripetuti nella stessa coppia.

Negli articoli 3, 4 e 5 la “194” prevede però forme di accoglienza e sostegno a gestanti in difficoltà in collaborazione con organizzazioni di volontariato tese ad evitare l’aborto. Questi articoli sono disattesi: nei consultori familiari le informazioni al riguardo sono, o incomplete o del tutto assenti. Egualmente, nessun accenno a sempre possibili complicanze in un intervento che, presentato come semplice e sicuro è in realtà aggressivo verso una condizione organica non certo patologica, bensì sul piano fisiologico di naturale perfezione e compiutezza per l’organismo femminile.

Ebbene, ad ogni accenno di miglioramento di una legge risalente a 40 anni fa, sia in relazione a progressi scientifici nella diagnosi e cura di patologie fetali, sia per un più concreto sostegno (anche economico) a donne in difficoltà, i paladini insorgono: “la “194” non si tocca, è una legge di Stato che ha massicciamente fatto diminuire gli aborti volontari!”. Non c’è affermazione più scioccamente assurda! Sarebbe come dire che, legalizzando i furti, Zac! automaticamente (e miracolosamente) i furti diminuirebbero!

Ora è vero che gli aborti sono diminuiti in numero assoluto, ma da tre decenni diminuiscono tutti i concepimenti: si è passati da un milione di nati vivi per/anno degli anni ’80 ai 474mila del 2016, sia per ragioni socio-economiche (ci si sposa sempre meno, e si fanno sempre meno figli), sia per una più diffusa contraccezione. Altro fattore è l’aumentata sterilità di coppia in particolare maschile, così come non pochi casi di sterilità femminile sono diretta conseguenza proprio dell’interruzione di pregresse gravidanze (in alcuni comuni della bassa padania il numero degli aborti volontari supera quello delle nascite!).

Quanto alle minorenni, la Commissione Europea per l’Educazione (International Planned Parenthood Federation European Network) ha elaborato (ottobre 2007) il ”Progetto SAFE” teso a rendere obbligatoria l’educazione sessuale fin dalle Scuole Elementari: intento lodevole se non riguardasse solo le malattie sessualmente trasmesse, la contraccezione e (appunto) l’aborto per minorenni! La direttiva di Bruxelles (un’Europa che ha rinsecchito le sue radici giudaico-cristiane) ai governi membri letteralmente esorta a: “facilitare la sessualità delle minorenni con l’accesso libero e gratuito ad ogni tipo di pillola”, compresa la RU486 del rischioso aborto “fai da te”, a confinare il segreto di una tragedia nella solitudine di un bagno! Il testo infine sollecita a “semplificare al massimo l’accesso all’aborto per le minorenni abbattendo i principali ostacoli che vanno drasticamente ridotti”, rappresentati: in primo luogo dai genitori (meglio non averli fra i piedi), ed in seconda dai tempi d’attesa (1 settimana “di riflessione”, per la legge italiana) da ridurre drasticamente (hai visto mai ci fosse un ripensamento?).

Questa è la realtà che si presenta in Italia a donne sgomente e spesso tristemente sole, quasi un’istigazione ad abortire! In particolare per le clandestine, non si pubblicizza a sufficienza come in Italia si possa per legge partorire gratuitamente ed anonimamente in qualunque ospedale, lasciando il bambino in adozione.

C’è poi la cultura dell’aborto selettivo” banalizzato quando, più che evidenziare anomalie fetali, sia indirizzato alla scelta del sesso. Diffuse politiche di “pianificazione familiare”, infanticidi di Stato in prevalenza verso il sesso femminile in vaste regioni del mondo (India, Pakistan, Bangladesh, Corea, Vietnam, Cina, Africa), Una galassia di nascite mai avvenute o  cancellate ogni anno dalla terra (solo in Cina 10 milioni l’anno): in Paesi dove, se non è stato diagnosticato prima per abortirle, si partorisce con accanto un secchio colmo d’acqua, in cui immergere il neonato nel caso trattarsi di una bambina!

Altre usanze tribali, retaggio culturale di miseria, atavico maschilismo e secolare sottomissione delle donne: bambine di 11–15 anni forzosamente date in spose (“per il loro bene”, imposto dalla famiglia anche per 500 Euro!) a uomini d’età due - tre volte superiori (!); e aberranti mostruosità come le “infibulazioni” (Africa). Eventi che sfociano in  violenze e negazioni, patologie genitali, stupri domestici e parti spesso fatali.

Frattanto, con drammaticità e urgenza per la prima volta in Italia si pone il problema di una natalità scesa sotto il livello “crescita zero” di una popolazione che, se tra le più longeve, è anche tra le più vecchie dell’intero pianeta. E che rischia di perdere la propria identità se non torna a basarsi sulla famiglia e sui giovani. Ciò comporta spostamenti dirompenti tra bisogni sostanziali articolati per fasce d’età (scuola, forze del lavoro, previdenza e assistenza ad anziani), e la stessa concezione psicologica del vivere.       

Il crollo demografico è reso più critico dal rapporto esistente tra donna fertile di cultura cristiana e donna fertile di cultura islamica che è di 1 a 3: e di fronte a numeri, nulla può la sociologia! Nella maggioranza delle province italiane il numero degli anziani ormai supera quello dei giovani, e più di un terzo vive in solitudine. In tempi di crisi come gli attuali la società dovrebbe agli anziani non beneficenza, ma doverosa riconoscenza per la preziosa risorsa economica che rappresentano in famiglia: ciò nonostante, gli anziani costituiscono inevitabile aumento di malattie croniche e degenerative e relativo fabbisogno di assistenza e personale specializzato.  

Condividiamo con il resto del Vecchio Continente il fatale arretramento dell’Europa sul piano mondiale. L’Asia oggi dominante nel 2050 costituirà oltre metà dell’intera popolazione planetaria, economicamente schiacciante. Ed anche l’Africa, sebbene afflitta da guerre, malattie e carestie, raddoppierà gli abitanti. L’espansione dell’Islam (presto maggioranza relativa?), e l’imporsi di un radicalizzato fondamentalismo (forza opposta al diritto e disgiunta dalla morale) crea un terrorismo con obiettivo dichiarato il “nemico Occidente” liberale e democratico, da islamizzare!

La quasi totalità delle famiglie islamiche europee è tradizionalmente pacifista, ma una fetta consistente simpatizza per le posizioni fondamentaliste (mai una delazione dei cosiddetti moderati nei centinaia di preparativi di agghiaccianti attentati, diffuse esultanze sì!). Sempre pronti a contestare tradizioni storiche e religiose dei Paesi che li accolgono (nessuna tolleranza nei loro), e sostenere la presunta superiorità morale e culturale dell’Islam: il miraggio di un “ritorno all’Alhambra”, quando gli arabi (XIII sec.) avevano la supremazia in tutti i campi dello scibile umano.

In questo momento storico la fragilità dell’Occidente sta nella tesi dell’assoluta equivalenza di tutte le culture, basata sulla “neutralizzazione delle differenze”. Che avviene … (?). Lo scorso dicembre in alcune località del Nord Italia il concerto di Natale è tramutato in “saggio d’inverno”, ed è stato proibito a bambini d’intonare un popolare canto natalizio (Stille Nacht) per non offendere bimbi di altre religioni! In compenso, in alcuni presepi del Sud Italia alla Madonna è stato fatto indossare il Burqa mentre San Giuseppe era vestito alla “Tuareg, ed al posto dello striscione sorretto dagli angeli, sulla Capanna è stata collocata una bandiera arcobaleno! Ora, il canto “Astro del ciel” parla di “mite agnello redentor” e termina con “pace infondi nei cuor”; mentre lo striscione degli angeli riporta “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Dov’è l’offesa ad altre culture o religioni?

Frattanto, in alcune scuole e ospedali sono stati rimossi crocifissi, mentre in cimiteri e chiese altri sono stati fatti a pezzi. Dove c’è sete di conoscenza, dove c’è sofferenza, dove dolore e preghiera non c’è offesa per nessuno, semmai pietà e conforto! Ma più rendiamo nebulosa, astratta la nostra identità, più è politicamente corretto!

Ancor più saremmo pronti a passivamente subire altre identità (e maggioranze)? Non religiose! Di là da doverosa solidarietà verso chi tristemente è costretto ad abbandonare il suo Paese, trattasi di autentico disarmo morale ...