Dott. Massimo Papi

Responsabile Naz. ADOI  Gruppo di studio Ulcere e Dermatologia vascolare, Coordinatore Dermatologia LILT, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2016-2017

Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017

Conferenza: La pelle che invecchia attraverso la pittura: chronoaging, photoaging e dermatoporosi

04 aprile 2017

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La pelle che invecchia attraverso la pittura: chronoaging, photoaging e dermatoporosi

M. Papi

La senescenza cutanea

Invecchiare si deve e sopratutto è naturale. Non c’è niente da fare: è un processo inevitabile. Le cellule, come i tessuti e gli organismi, invecchiano. Per cellule che si dividono in continuazione come quelle della pelle significa prima di tutto smettere di proliferare e di assicurare quel continuo ricambio che è garanzia di cellule giovani ed efficienti e consente un aspetto correlato. L’invecchiamento cutaneo è un processo molto individuale, condizionato dal nostro patrimonio genetico e da fattori organici e ambientali, come per esempio l’esposizione ai raggi ultravioletti, la carenza di estrogeni post-menopausa, la dipendenza dal fumo di tabacco, l’assunzione di farmaci o molecole tossiche per l’organismo, l’inquinamento ambientale e gli eventi stressanti (Tab.1 e 2).

 

Programmazione genetica
Condizioni patologiche associate
Ormoni
malattie metaboliche
malattie tiroidee
danni microvascolari da diabete
danni microvascolari da ipertensione arteriosa
ridotto riposo notturno

 

Tabella 1: Cause intrinseche d’invecchiamento cutaneo

 

 

 Sole
Raggi ultravioletti artificiali (lampade)
Radiazioni ionizzanti
Alcool, droghe e altre sostanze tossiche alimentari
Inquinanti ambientali
condizioni di “stress” psico-fisico

 

 Tabella 2: Cause estrinseche d’invecchiamento cutaneo

 

I segni di questo fenomeno progressivo variano a seconda dei distretti cutanei in relazione all’esposizione ai fattori ambientali e alle abitudini di vita. Sono più marcati e precoci nelle zone esposte alla luce e possono essere più evidenti in alcune aree del volto (es. labbro superiore = segno del codice a barre) nei fumatori accaniti.

L’invecchiamento cutaneo è distinto schematicamente in: intrinseco o cronologico ed estrinseco o ambientale.

Gli anglosassoni hanno sintetizzato le cause d’invecchiamento ambientale con le 3 esse di Sun (sole), Smoke (fumo) e Smog (inquinamento). In realtà le esse potrebbero essere 4, se è vero che negli anni recenti un ruolo sempre più importante è stato attribuito allo Stress, e più specificamente, alla mancanza di riposo. Fattore a cavallo tra interno ed esterno.

 

Invecchiamento intrinseco o cronologico

È un evento biologico programmato geneticamente. Per tale motivo la cute tende con il passare del tempo, a diventare secca e disidratata e a perdere le caratteristiche di vitalità: viene meno l’elasticità, si evidenziano zone di “atrofia” e si riduce il numero dei melanociti. Sul piano clinico si formano progressivamente rughe e solchi nelle zone di impegno meccanico, aree di rilassamento e discromie (macchie ipo o ipercromiche) di varie dimensioni (Fig. 1).

 L’esame istologico mostra l’appiattimento della giunzione dermo-epidermica e la scomparsa delle creste papillari con riduzione delle fibre elastiche più sottili e perdita delle corrette connessioni tra derma ed epidermide con rischi di facili scollamenti tra i 2 strati della cute conseguenti a traumi anche di minima entità.

Gli aspetti descritti si spiegano con i danni che nel tempo si realizzano nelle singole cellule della cute con conseguente riduzione delle loro funzioni: accorciamento dei telomeri,  tendenza all’apoptosi cellulare (morte cellulare programmata), ridotta produzione di tumor growth factor-beta con diminuita sintesi di collagene e aumento di metalloproteasi, danni ossidativi da radicali liberi.

 Fig. 1: Elastosi e discromie del volto da esposizione lavorativa alla luce solare

 Un ruolo importante nell’accelerare i processi fisiologici d’invecchiamento è svolto dalle modificazioni ormonali della menopausa nelle donne e da alcune malattie o disturbi funzionali che possono intervenire nel corso della vita (es. diabete, disfunzioni tiroidee).

Gli estrogeni proteggono dallo stress ossidativo e la carenza  si associa a ridotta elasticità cutanea, secchezza e incremento delle rughe sottili. La ridotta produzione di estrogeni e progesterone dopo la menopausa non contrasta più gli ormoni maschili e la condizione d’iperandrogenismo relativo spiega alcuni aspetti clinici come l’aumento dei peli (ipertricosi) e la tendenza al diradamento androgenetico (alopecia) nel sesso femminile.

La dilatazione dei capillari del volto e le note di rosacea possono essere giustificate con le alterazioni della termodispersione (colpi di calore).

 

Invecchiamento estrinseco o ambientale

1) Invecchiamento cutaneo da raggi ultravioletti (RUV)

Esporsi al sole è un gran piacere, esercita effetti positivi sull’umore, rimuove il pallore dell’inverno e ci dona un colorito che consideriamo indice di buona salute. Non ci sono più persone di “sangue blù” che tanti anni fa erano i nobili che non si esponevano al sole e nel bianco latte della loro cute trasparivano le vene periferiche superficiali. Per effetto ottico apparivano bluastre e conferivano nobiltà (adesso un po’ datata) a chi ne faceva mostra. Era un modo snob per differenziarsi dai lavoratori dell’agricoltura forzatamente abbronzati dalle fatiche all’aperto, come ci ricorda De Luca. E’ stata Coco Chanel a rivoluzionare tutto nel dopoguerra. Finita la nobiltà e con il diffondersi del lavoro in fabbrica a scapito delle campagne, il pallore da lavoro degli operai non fa più moda e l’essere abbronzati diviene simbolo di buona salute, successo e ricchezza (bon vivre). Si ha tempo a disposizione per andare al mare in Costa Azzurra: questo è il messaggio. Da alcuni anni l’ulteriore aggiustamento di tendenza predilige una moderata tintarella rispetto al color cioccolato dei “malati di sole”. In teoria l’esposizione al sole non è una droga, non provoca dipendenza e non si va in “crisi d’astinenza” in una giornata cupa. Ciononostante per molte persone sta diventando una vera e propria necessità della quale non possono fare a meno, definita “tanoressia”. A causa di questa eccessiva esposizione alla luce solare nel corso degli ultimi decenni, a lungo effettuata senza uso di creme protettive, i danni cutanei sono molto aumentati. I tumori della pelle (esclusi volto e mani) sono oggi molto più numerosi che 60 anni fa.

Le nostre caratteristiche biologiche individuali (fototipo e capacità di riparare il danno indotto dalla luce sul DNA) fanno sì che ci esponiamo alla luce solare con diversi livelli di rischio personale di sviluppare tumori cutanei nel corso degli anni. La “difesa” della nostra pelle si basa su alcune proteine protettive e sulla quota individuale di melanociti che producono la melanina (anch’essa protettiva). Tale capacità di difesa si estende anche al “rischio invecchiamento”. L’intensità e la durata delle esposizioni alla luce solare si traducono in una serie di danni cutanei più evidenti nelle sedi foto esposte (volto, avambracci, mani e gambe).

La cute ha memoria sommatoria del danno provocato dai raggi ultravioletti (RUV) e i danni delle singole esposizioni si accumulano nel tempo. Pertanto le precauzioni che adottiamo nel corso della vita nei confronti del sole (protezioni con copricapo e indumenti, uso di creme a schermo solare) sono di grande efficacia anche ai fini della prevenzione della senescenza cutanea. È noto, però, che circa l’80% delle radiazioni UV raggiungono la nostra pelle nei primi 18 anni. Pertanto, è opportuno prevenire l’invecchiamento sin dai primissimi anni della nostra vita.

Definiamo “elastosi solare” una serie di manifestazioni cliniche che si verificano in seguito ai danni biologici da eccesso di RUV. Al volto si osserva una  cute ispessita e giallastra che si alterna a volte con aree di atrofia cutanea e, insieme alla lentigginosi solare e alle cheratosi attiniche (piccole lesioni rossastre e rugose), rendono la pelle ben identificabile al primo sguardo. Le persone che hanno lavorato molto in campagna o esposte al sole in mare, presentano queste caratteristiche, quando la genetica favorisce il formarsi di tali danni. Soprattutto se la cute è chiara, i capelli biondo-rossastri e gli occhi celesti (fototipo chiaro).

Nelle zone foto esposte delle gambe e degli avambracci la cute è spesso assottigliata e disidratata  e mostra micro-segni del danno solare rappresentati da lesioni secche lenticolari (porocheratosi) e zone bianche di atrofia puntiformi e/o lenticolari (ipomelanosi  a gocce).

La pelle elastosica è ricca di rughe soprattutto alle guance, alle aree perioculari e alla fronte. Tali rughe sono perpendicolari alla direzione di contrazione dei muscoli e possono essere sia  superficiali che profonde .

In corrispondenza del collo è caratteristica l’eritrosi interfollicolare della superficie laterale (di Riedl) e l’elastosi losangica della nuca (cutis romboidalis nucae) (Fig. 2).

Sul piano istologico oltre ad atipie cellulari epidermiche e un’aumentata e anomala distribuzione della melanina, prevale la presenza di grossi blocchi di elastina frammentata, responsabili del colorito giallastro. Nel derma reticolare si può notare una variabile riduzione delle fibre collagene. Proteoglicani e glicosaminoglicani, le strutture molecolari di maggiori dimensioni nel derma, sono aumentati nell’ambito della sostanza fondamentale.

 

 

 

 Fig. 2:  Cutis rombolidalis nucae. Marcata elastosi da esposizione al sole per lavoro

Il danno ossidativo operato dai radicali liberi (ROS) su membrane cellulari, proteine e DNA, è il principale responsabile dei processi d’invecchiamento indotti dalla luce. I ROS sono in grado di modificare i programma genetico dei fibroblasti aumentando l’espressione del gene dell’elastina (produzione di molecole anomale) e dei geni che codificano la produzione di metalloproteasi con il conseguente effetto di distruzione proteica che queste ultime esplicano.

Le manifestazioni cliniche riflettono l’elastosi localizzata prevalentemente alla parte superficiale del derma derivante dalla degradazione delle fibre elastiche e collagene ad opera delle metalloproteasi. Un ruolo è svolto anche dalla ridotta sintesi di collagene e fibre elastiche ad opera dei fibroblasti.

 

Invecchiamento cutaneo da fumo di sigaretta e assunzione di sostanze tossiche

La cute delle persone che fumano molto ha una sfumatura tendenzialmente bianco-grigiastra. Rughe sono presenti in corrispondenza delle guance e del labbro superiore, più marcate rispetto ai non fumatori.

Il fumo di tabacco è responsabile di fenomeni d’invecchiamento cutaneo a causa di: 1) induzione di radicali liberi e dell’aumento di elastasi sieriche e diminuzione di alfa1-antitripsina, che favorisce la formazione di fibre elastiche anomale; 2) vasocostrizione da tossine contenute nel tabacco che si associa al ridotto apporto di ossigeno determinato dal monossido di carbonio. Ne risulta una complessiva riduzione di nutrienti cutanei; 3) induzione di metalloproteasi cutanee, enzimi che favoriscono la degradazione proteica in primo luogo quella del collagene. Il risultato è la formazione di rughe, l’assottigliamento della pelle e la riduzione della capacità di riparare le ferite. Le ulcere cutanee guariscono molto più lentamente nei fumatori; 4) effetto antiestrogenico, che causa danni soprattutto alla cute nelle donne.

La cosiddetta “smokers face”  caratterizzata da zampe di gallina, rughe perioculari, riduzione della pienezza delle guance, solchi perpendicolari del labbro superiore, lassità delle aree inferiori del volto, alterazioni del colorito, offre un’idea delle modificazioni strutturali e visive che subisce la cute del fumatore/tric . Il recente studio su gemelli identici di cui uno soltanto fumatore ha confermato la netta differenza nelle modalità d’invecchiamento della cute, che è molto più precoce e severa nei fumatori.

Noi dermatologi riceviamo spesso le richieste di attenuazione di questi segni da parte dei pazienti e conosciamo le difficoltà che qualsiasi intervento pone in termini di risultato, se non c’è di pari passo l’interruzione dell’abitudine al tabacco.

Altri fattori esterni responsabili in varia misura di danni cutanei e invecchiamento sono alcool, droghe e alcune sostanze tossiche (es. metalli pesanti).  Spesso i danni più severi si realizzano per un effetto sommatorio definito in inglese “double-hit effect”.

 

Invecchiamento cutaneo e chemioterapia

Uno dei fattori meno considerati e direi quasi dato per scontato, è l’invecchiamento cutaneo che deriva dalla chemioterapia antitumorale. Molti chemioterapici agiscono a livello cutaneo riducendo l’attività di ricambio delle cellule (cheratinociti e fibroblasti)  e sulla produzione di sebo che appare diminuita. Conseguenze cliniche sono l’ispessimento della pelle, l’aumento della secchezza, l’accumulo di pigmento melanico e quindi una colorazione complessiva più scura (Fabbrocini, A fior di pelle). Gli annessi si riducono di numero e i follicoli piliferi si trasformano in follicoli terminali .

Alcuni farmaci chemioterapici causano danni diretti del DNA o attraverso l’induzione di danni ossidativi mediati da ROS. I normali sistemi antiossidanti presenti nell’organismo sono meno attivi in corso di chemioterapia.

In una inchiesta effettuata dall’Associazione Donne Dermatologhe Italia nelle donne in chemioterapia, il 53.4% riferiva secchezza cutanea, il 28.2% macchie ipercromiche di nuova formazione, il 18.4% aumento della sensibilità della cute.

L’accelerazione dei processi d’invecchiamento cutaneo legati alla chemioterapia può essere contrastata efficacemente con l’uso di specifici prodotti locali idratanti e antiossidanti per via generale.

 

Invecchiamento cutaneo e inquinamento ambientale

In un recente studio epidemiologico condotto in Europa è stata evidenziata una diretta relazione tra inquinamento dell’aria causato da traffico urbano e polveri fini e segni d’invecchiamento cutaneo, in particolare macchie pigmentarie e rughe. I meccanismi molecolari dei danni che l’inquinamento può causare sulla cute sono ancora poco noti ma gli studi sulle nanoparticelle hanno aperto nuovi orizzonti su questa nuova modalità di invecchiamento estrinseco cutaneo.

 

Invecchiamento cutaneo e stress

Stress è un termine molto usato per indicare una condizione di particolare impegno psico-fisico nella quale attiviamo una serie di meccanismi fisiologici di risposta, che risultano deleteri quando, per motivi psicologici o di altra natura, tendono a divenire ripetitivi o cronici.

Gli effetti principali che possiamo riscontrare si manifestano con un aumento della frequenza cardiaca, della pressione, una facile irritabilità e con disturbi fisici molto aspecifici e diffusi come gastriti, coliti, parestesie e soprattutto difficoltà nel riposo notturno. A questo è stata attribuita di recente, la principale responsabilità delle modificazioni cutanee che fanno apparire più vecchi: tratti somatici tesi e  appesantiti, colorito spento, comparsa di macchie e rughe cutanee.

Gli ormoni che l’organismo rilascia nelle reazioni di allarme e i processi conseguenti di “stress ossidativo cellulare” che si protraggono nel tempo, potrebbero spiegare in parte gli eventi biologici che accelerano l’invecchiamento cutaneo.

 

Dermatoporosi: mito o realtà

Negli anni recenti, si è gradualmente definito un nuovo aspetto dell’invecchiamento cutaneo, che considera in primo luogo gli aspetti morfologici e funzionali del nostro organo più grande. Infatti, il termine di dermatoporosi (Saurat e Kaya, 2007) è stato proposto per indicare la progressiva riduzione della capacità di funzione meccano-protettiva della pelle, assimilando il processo a quello più noto e studiato della osteoporosi. In termini sintetici, la cute invecchiando perde la “compattezza” della propria struttura e acquista una fragilità progressivamente crescente. Tale fenomeno si traduce in alterazioni cliniche e rischi di patologia che sono soprattutto a carico dell’anziano (lacerazioni, emorragie, ulcere cutanee) (fig. 3).

Fig. 3: Porpora senile con distrofia cutanea e pseudocicatrici

In termini di spesa sanitaria, seppur solo una parte della popolazione vada incontro a tale processo, il rischio di ospedalizzazioni ripetute e di impiego di risorse importanti per ottenere la guarigione appare elevatissimo.

L’impalcatura sulla quale si fonda la solidità della cute è costituita dalla matrice extracellulare nella quale sono immerse le cellule del derma (fibroblasti etc.) e dalle sue principali componenti molecolari: acido ialuronico, collagene ed elastina.

La riduzione quantitativa di tali strutture modifica sensibilmente la capacità della cute di rispondere a micro e macro-traumi. Rallenta, inoltre, la potenzialità di riparare le ferite e le ulcere vascolari e induce un impoverimento della compattezza strutturale capace di scongiurare la rottura postraumatica e il conseguente sanguinamento dei vasi della cute.

 

 

Meccanismi responsabili della dermatoporosi (fragilità cutanea)

La cute è dotata di spiccate proprietà visco-elastiche.

La viscosità consente di attenuare gli insulti causati da forze lineari e dipende dalla diffusione di molecole e atomi all’interno di materiale amorfo. L’elasticità permette di riacquistare istantaneamente lo stato iniziale dopo uno stiramento forzato.

Il derma è composto da una struttura tridimensionale di collagene e fibre elastiche. La matrice extracellulare dermica contiene 2 molecole principali di glicosaminoglicani: dermatansolfato (DS) e ac. ialuronico (AI). Il DS è strettamente legato alle fibre collagene e l’AI tende ad occupare lo spazio tra le fibre.

Collagene e fibre elastiche costituiscono la parte elastica, l’AI forma il compartimento viscoso della cute. E stato dimostrato che l’AI riduce il danno da frizione che subiscono le fibre collagene. La risposta meccanica della cute a forze da carico potenzialmente dannose, su fonda sia sulla viscosità che permette di dissipare energia, sia sulla elasticità che, al contrario, consente di accumulare energia. Lo scivolamento delle fibre collagene attraverso le molecole della MEC e la componente viscosa, spiega la dissipazione mentre l’allungamento della regione flessibile della triplice elica delle fibre collagene rende ragione dell’accumulo di energia. La forza tensile della cute dipende dall’integrità del collagene. Quando la cute è sottoposta ad una forza da carico, questa è direttamente trasferita alle fibre collagene che possono andare incontro a frattura così come avviene per l’osso.

La risposta della cute a carichi di energia (traumi, frizioni etc.) è molto individuale e dipende dalla composizione della MEC, dal contenuto di elastina e dalla forza strutturale delle fibre collagene. La progressiva riduzione di AI della MEC, diminuisce le proprietà visco-elastiche della cute e giustifica le “fratture del derma e dei vasi cutanei” in seguito a traumi di minore entità nell’anziano.

Il recente studio di  Kaya e coll. evidenzia che l’irradiazione da raggi ultravioletti A (UVA) e raggi ultravioletti B (UVB) riduce sensibilmente il contenuto di acido ialuronico nel derma e l’espressione del suo recettore CD44 nell’epidermide di topi privi di peli. Tale dato introduce al meccanismo di “danno dermatoporotico” mediato dal CD44.

L’acido ialuronico è sintetizzato dai fibroblasti dermici e dai cheratinociti epidermici. In virtù di residui di cariche elettriche negative, è in grado di attirare numerose molecole di acqua che contribuiscono a mantenere una elevata idratazione e visco-elasticità della cute. Molte delle attività biologiche dell’AI sono mediate dal suo recettore cellulare di superficie, CD44. Si tratta di una proteina transmembrana che è stata dimostrata nel topo avere un ruolo nella regolazione della proliferazione dei cheratinociti in risposta a stimoli extracellulari e nel mantenimento della omeostasi locale dell’AI. In studi animali è stato dimostrato che la soppressione selettiva del CD44 nei cheratinociti dei topi induce atrofia dell’epidermide. Tali cheratinociti, portatori di un difetto di espressione di CD44, mostrano una difettosa capacità proliferativa in risposta a diversi stimoli in vivo e in vitro. Pertanto l’AI assume sempre più un ruolo centrale nel processo di riparazione e ricostituzione sia del derma che dell’epidermide.

 

Dermatoporosi e atrofia cutanea indotta da corticosteroidi e altri farmaci

L’effetto collaterale più noto e spiacevole che deriva dall’uso prolungato di corticosteroidi locali o sistemici, è l’atrofia dell’area cutanea interessata dall’applicazione topica o lo stesso fenomeno esteso a diverse regioni cutanee in caso di somministrazione sistemica.

I meccanismi molecolari dell’atrofia cutanea indotta dal cortisone sono stati sintetizzati nel recentissimo lavoro di Barnes e coll. Gli autori hanno osservato una marcata atrofia cutanea e una significativa riduzione di AI, del suo principale recettore cellulare di superficie CD44 e della F-actina nella cute di topi trattati a lungo con clobetasolo propionato (CP). Quest’ultimo è il più potente cortisonico locale in uso. Anche i cheratinociti umani di cute trattata con CP mostrano una ridotta secrezione di AI e una diminuita espressione di CD44 e la depolimerizzazione dei filamenti di actina.

Sulla base di queste evidenze, può essere verosimile l’ipotesi che il CD44 e la ialuronato-sintetasi siano il target biologico dell’azione del CP. La conseguenza del danno molecolare sta nella ridotta produzione di ac ialuronico e nella fragilità / insufficienza cutanea che ne deriva.

Un'altra molecola in grado di causare modificazioni cutanee che predispongono all’invecchiamento è l’idrossiurea. Tale farmaco, usato in ematologia per il controllo a lungo-termine di alcune forme di leucemia e di policitemia, determina secchezza cutanea, distrofia e comparsa di alterazioni di crescita epiteliale (discheratosi e tumori) nelle aree fotoesposte (volto, gambe, avambracci, dorso mani). La conseguenza sul piano clinico può essere, nel tempo, la comparsa di ulcere croniche su zone cutanee poco vascolarizzate e con segni di marcata secchezza, desquamazione e noduli tumorali.

 

Ridurre l’intervento dannoso dei fattori di rischio descritti, è il modo migliore per contrastare le modalità d’invecchiamento cutaneo esaminate.

Le recenti acquisizioni riportate di alcune modalità d’invecchiamento della pelle, lasciano spazio anche alla possibilità di prevenire i danni estetici e funzionali con l’applicazione di prodotti locali specifici e nuove metodiche strumentali.

 

La vecchiaia nell’arte

Disegnare un vecchio è più facile. Il volto di un giovane  è sempre più ostico per chi si avvicina o pratica come professionista l’arte del ritratto.

L’immagine di un viso con rughe, tratti marcati e resi più evidenti dalle modificazioni del tempo è più comodo da riprodurre graficamente perché hai dei punti di riferimento sicuri. Su quelle rughe, sui tratti non armonici, sulle sporgenze e gli spigoli tipici dell’età matura, molti pittori hanno costruito nel tempo la loro fama di ritrattisti talentuosi (Fig. 4).

I vecchi ritratti da Leonardo con cruda e cinica verosimiglianza di particolari anatomici e di fisiognomica, sono divenuti emblemi della senescenza e resistono, come immagini affascinanti e mai sbiadite, a correnti pittoriche e nuovi miti. Sono stati e continuano spesso ad essere utilizzati come simboli nei convegni di medicina.

Subito prima di lui Albrecht Duhrer, raffinato artista pittore ed incisore, aveva realizzato alcune opere di grande forza, che suscitano tuttora emozione, per tecnica e aspetti psicologici (Fig. 5).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 4: Frank Auerbach Ritratto di Lucian Freud                Fig. 5: Albrecht Dürer Una fanciulla e una vecchia 1502

 

Nella storia della pittura alcuni artisti hanno descritto le varie età della vita con singole opere o con ritratti (in genere autoritratti) prodotti nel tempo. Ricordiamo Giorgione con Le tre età dell’uomo databile intorno al 1500-1, custodito (e da visitare) alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. Nota anche come Lezione di canto, raffigura probabilmente lo stesso personaggio nel corso degli anni e non si tratta di una vera lezione musicale bensì di una metafora della armonia dell'esistenza umana.

Tiziano dipinge L’allegoria del tempo governato dalla prudenza intorno al 1512  che è  conservato nella National Gallery of Scotland di Edimburgo, ma una copia è visibile alla Galleria Doria Pamphili a Roma. Ritrae se stesso e suoi famigliari (figlio e nipote) che hanno lavorato nella sua bottega evocando pertanto continuità nel lavoro e nell’esistenza.

Nel Rinascimento, ma ancor più nell’epoca barocca, viene rappresentata la contrapposizione tra gioventù e vecchiaia come anticamera della fine dell’esistenza, spesso con la finalità di esorcizzare la morte. Nelle opere fanno corredo oggetti (clessidre) e simboli (fiori appassiti, teschi) che testimoniano il “memento mori”. Hans Baldung produce diversi esempi di questo soggetto, tra cui un interessante “Le 7 età della donna”.

Rembrandt fa 3 autoritratti, fedele rappresentazione delle modificazioni del suo aspetto nel corso degli anni. Sono testimonianza di una straordinaria tecnica pittorica ma anche di un coraggioso desiderio di porre sotto gli occhi di chi osserva i propri cambiamenti e le modifiche della propria fisiognomica descritte in maniera cruda ed essenziale.

Anche Van Gogh è affascinato dal tema e da Honorè Daumier riprende I bevitori e le 4 età dell’uomo, olio su tela del 1890, in cui Vincent fa un lavoro di integrazione tra passato e modernità, ponendo sullo sfondo, ai due lati, ciminiere industriali ed alberi in fiore, evocando in questo modo la campagna e la modernità della città, nel pieno della Rivoluzione Industriale (Fig. 6).

Fig. 6. Van Gogh Le quattro età  dell'uomo 1890

Fig. 6. Van Gogh Le quattro età  dell'uomo 1890

 

Egon Schiele del 1911 dipinge Prozession opera venduta di recente per diversi milioni di euro. Raffigura tre donne in differenti età della vita (una ragazzina, una vecchia e un teschio): dipinta quando l’artista aveva 21 anni, è considerata una metafora della paura, della morte e della caducità delle cose.

Una riflessione di Picasso sulla propria vita, dall'inconsapevole giocosità dell'infanzia (il fanciullo che suona un  flauto) all'impegno nel lavoro proprio della maturità (l'uomo barbuto che tiene la maschera di un fauno) fino all'abbandono della vecchiaia (l'uomo sdraiato a terra) è Le tre età dell’uomo del 1942. Il quadro è ambientato infatti in uno studio d'artista.

L’opera che più sottolinea  le modificazioni causate dalla senescenza cutanea nel corso degli anni è Le tre età della vita di Eduard Klimt. È forse anche la più nota sul tema, e quella che lascia intravedere quelle alterazioni della compattezza cutanea dovute al tempo che abbiamo descritto e che la rendono sottile e trasparente come carta velina. Le vene che traspaiono su avambracci dorso delle mani e altre aree cutanee della donna anziana, trasmettono una sensazione di perdita di integrità e forza  fisica finalizzata alla procreazione, ormai esaurita quasi con senso di colpa (Fig. 7).

Fig. 7: Gustav Klimt - Le tre età della donna 1905

 

All’inizio del ‘900 Otto Dix pone in contrasto la bellezza e l’esuberanza di una giovane donna la decadenza del corpo nella vecchiaia e rimanda al concetto mediceo del “carpe diem” (Fig. 8).

Fig. 8: Otto Dix  Vanitas Gioventù e vecchiaia 1932

 

Tra gli artisti moderni che hanno prodotto opere che stimolano rimandi e analogie con l’invecchiamento della cute voglio ricordare, Alberto Giacometti e Lucian Freud. Nelle loro opere e ritratti rimango sempre affascinato a osservare quella pelle descritta con tecniche diverse che però raggiunge un obiettivo comune finale che è quello di descrivere la verità di una cute che invecchia. A me sembra che esista un senso drammatico della realtà che unisce per esempio la testa di uomo di Giacometti e l’autoritratto di Freud.

Freud sceglie soggetti e modelli autobiografici e la sensibilità e il coinvolgimento psicologico con le persone sono elementi essenziali del ritratto al punto da costringerli a interminabili sedute di lavoro. Le distorte espressioni facciali, le pose inusuali o i segni evidenti di disagio derivano da questa modalità di immedesimarsi tipica dell’artista. Freud ama la pelle ed è interessato alle persone che preferisce ritrarre nude come espressione massima della verità della carne e della propria esistenza.

Con sguardo duro e impietoso ne coglie ogni piega corporea, ogni imperfezione. I suoi ritratti enfatizzano le rughe del viso, i segni della vecchiezza e i difetti della pelle.

Anche Giacometti semplifica e focalizza la sua attenzione sull’uomo, arrivando fino all’estremo della struttura del corpo umano trasformato in essenza scheletrica ricoperta dalla pelle. L’artista descrive esseri umani soli, come spesso i vecchi, smarriti e fragili, che vivono il dramma di un’esistenza costantemente precaria. Le opere di Giacometti ci offrono forse una delle più alte espressioni liriche della sintesi che il volto umano può raggiungere, dipinto o scolpito per sottrazioni fino a raggiungere gli elementi essenziali di quel carattere visto nella assoluta privazione di altri elementi del mondo esterno. Realizza così un “nucleo di esistenza irriducibile” (Pietro Bellasi).

Tra i contemporanei abbiamo già visto che la Orlan (pseudonimo di Mireille Suzanne Francette Porte) fa della cute, del corpo e dell’aspetto, il nucleo centrale della sua  esperienza artistica, usando la chirurgia per trasformarsi e rifigurarsi, realizzando un costante allestimento/performance. L’artista interviene sulla sua pelle, come se fosse materia plasmabile e attraverso ripetuti interventi chirurgici plastici (performances filmate) trasforma il proprio aspetto come se rinascesse ogni volta. Il viso della Orlan cambia identità e si trasforma in quello di modelli preordinati o in icone della storia dell’arte come Venere e la Gioconda.

Infine, a Villa Panza di Biumo presso Varese ho avuto occasione di ammirare le opere in feltro di Robert Morris. Sono costituite da pesanti drappeggi in cui la forza di gravità interagendo con l’elasticità del materiale ne provoca delle modificazioni. L’osservatore sente il peso del proprio corpo e ne apprezza la mutevolezza (soprattutto della superficie) legata allo scorrere del tempo.


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