Anno Accademico 2017-2018
Vol. 62, n° 2, Aprile - Giugno 2018
ECM: Universo Fegato
23 gennaio 2018
ECM: Universo Fegato
23 gennaio 2018
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Il corpo umano è abitato da circa cento trilioni di microrganismi che, in condizioni fisiologiche, vivono in un rapporto di simbiosi con l’uomo, e costituiscono il cosiddetto “microbiota” umano. Il microbiota colonizza virtualmente ogni superficie del corpo umano che sia esposta all’ambiente esterno, come la cute, le vie respiratorie, l’apparato urogenitale e l’apparato digerente. Quest’ultimo è il distretto maggiormente colonizzato dal microbiota umano, accogliendone più del 70% del totale.
Il microbiota intestinale è composto per la gran parte da batteri, ma anche virus (specialmente batteriofagi, ovvero virus degli stessi batteri), funghi, protozoi, e altri microorganismi. Una serie sempre più cospicua di studi sta evidenziando come questi componenti minori (in particolare virus e funghi) abbiano un ruolo chiave nella patogenesi di diverse malattie (es. le malattie infiammatorie croniche intestinali).
Per capire la complessità del microbiota intestinale, basti pensare che esso complessivamente conta un patrimonio genetico di più di 3.3 milioni di geni, un’enormità, se consideriamo che il corredo genetico umano è di circa 33000 geni. Inoltre, è proprio il microbiota a rendere speciale e unico ciascun individuo, più dei suoi geni umani: infatti, due individui condividono il 99.9% del genoma umano, ma solo il 10-20% di quello microbico.
In condizioni fisiologiche, il microbiota intestinale svolge una serie di funzioni fondamentali per l’organismo umano, incluse una funzione di barriera contro i patogeni e gli agenti tossici, una funzione di stimolazione e modulazione del sistema immune (in particolare in età infantile), una funzione metabolica (in quanto regola il metabolismo di molti nutrienti e anche di farmaci) e una funzione di sintesi di diverse sostanze (es. alcune vitamine).
La composizione del microbiota intestinale è influenzata da diversi fattori, sia fisiologici (es. età, dieta, abitudini di vita, tipo di parto o di allattamento) che patologici (infezioni, interventi chirurgici, l’utilizzo di determinati farmaci quali antibiotici, chemioterapici, o inibitori di pompa protonica).
In condizioni di salute le varie componenti del microbiota sono in equilibrio fra di loro, e cooperano per svolgere le suddette funzioni necessarie all’uomo; tale condizione viene definita eubiosi. Quando degli insulti esterni (quali i fattori patologici descritti sopra) alterano il nostro microbiota, tale armonia viene persa, e si passa ad uno stato di squilibrio, chiamato disbiosi, ovvero l’alterazione del microbiota intestinale.
Un numero sempre maggiore di evidenze suggerisce che le alterazioni del microbiota intestinale siano fortemente implicate nello sviluppo di numerose malattie, come le infezioni intestinali (es. infezione da Clostridium difficile), la sindrome dell’intestino irritabile, malattie infiammatorie intestinali, sindrome metabolica, l’obesità e i tumori dell’apparato digerente. Inoltre, studi recenti dimostrano come dei particolari profili di microbiota intestinale (con prevalenza di alcuni microbi rispetto ad altri) favoriscano o meno la risposta a farmaci immunoterapici in pazienti oncologici.
Esistono diverse opzioni terapeutiche per modulare il microbiota alterato e far ripristinare la condizione di eubiosi. Esse comprendono l’attività fisica e l’approccio dietoterapico (ricordiamo che la dieta è il più potente modulatore del microbiota intestinale, che viene modificato già dopo pochi giorni dopo un cambiamento di regime dietetico), utilizzo di antibiotici (basti pensare agli antibiotici, es. rifaximina, utilizzati nella modulazione di patologie correlate alla disbiosi, come la sovracrescita batterica dell’intestino tenue oppure l’encefalopatia epatica), e/o probiotici (microrganismi vivi che, una volta ingeriti in adeguate quantità, hanno la potenzialità di esercitare funzioni benefiche per l'organismo), e, infine, il trapianto di microbiota intestinale (ovvero l’infusione di microbiota intestinale proveniente da donatore sano nell’intestino di un paziente che abbia una malattia legata all’alterazione del microbiota intestinale), che al momento è utilizzato in pratica clinica per l’infezione recidivante da C. difficile (date le solide evidenze di efficacia), e viene sperimentato in altre patologie correlate alla disbiosi (es. colite ulcerosa, sindrome metabolica o encefalopatia epatica), con risultati sempre più promettenti.