Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 2, Aprile - Giugno 2019

ECM: Il mondo sorretto da Atlante. L’importanza delle discipline non chirurgiche nel trapianto di fegato

29 gennaio 2019

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Diagnostica per immagini nel Trapiantato

V. Schininà

Nella preparazione al trapianto epatico, il paziente esegue controlli di imaging ravvicinati per stadiare la malattia ed individuare eventuali controindicazioni al trapianto, valutare l’anatomia con l’imaging, escludere la presenza di sindrome del legamento arcuato ed identificare le varianti anatomiche vascolari. Per tale valutazione tutte le metodiche di diagnostica per immagini sono utilizzate: Eco, TC, RM, RX e angiografia.

L’ecografia è la tecnica di prima valutazione, ma con i recenti sviluppi tecnologici la TC ha raggiunto livelli di accuratezza diagnostica tali da sostituire, nella fase pre-operatoria, l’angiografia convenzionale e la colangiografia nello studio della vascolarità epatica e dell’anatomia biliare, permettendo di identificare tutte le varianti anatomiche in preparazione al trapianto.

Anche la RM è estremamente accurata nella valutazione della vascolarità epatica ed ha il vantaggio di non utilizzare radiazioni ionizzanti né iodio nei mezzi di contrasto (mdc) utilizzati. Ha però lo svantaggio di non essere eseguibile in pazienti con controindicazioni, inoltre la risoluzione spaziale è inferiore e i vasi di minor calibro possono non essere rilevati con la stessa accuratezza; infine nei pazienti con insufficienza renale la somministrazione di gadolinio può indurre la Fibrosi nefrogenica sistemica.

Recentemente l’EMA, l’agenzia del farmaco europea, ha sospeso l’uso di mdc epatospecifici lineari, limitandolo solo ai pazienti con focalità epatiche, poiché è stato dimostrato l’accumulo di Gadolinio nell’encefalo.

La valutazione della vascolarità arteriosa viene studiata mediante TC con mdc. In condizioni normali l’arteria epatica comune origina dal tronco celiaco, si divide in arteria gastroduodenale ed epatica propria, questa a sua volta da origine ai rami di sinistra e di destra; l’arteria per il IV segmento origina dall’arteria epatica di sinistra; è frequente l’origine dei rami di sinistra e/o di destra da arterie diverse dalla epatica propria o comune, e in questi casi si parla di varianti o arterie aberranti. Le arterie aberranti sono di due tipi, sostituite o accessorie: le sostituite costituiscono l’unico apporto arterioso epatico, mentre le accessorie forniscono un apporto supplementare a quello dei rami classici, comunque presenti. La classificazione di Michels identifica le principali varianti dell’arteria epatica (Fig. 1).

 

Fig. 1: Varianti anatomiche dell’arteria epatica: classificazione di Michel

 

Inoltre se il diametro del vaso è < 2-3 mm esiste un incremento del rischio di trombosi post OLT e debbono essere utilizzate tecniche microchirurgiche nel confezionamento dell’anastomosi.

Infine bisogna valutare se è presente la stenosi del tripode celiaco che è dovuta ad arteriosclerosi o alla presenza di legamento arcuato, che unisce i due pilastri diaframmatici, disposto a stenosare il calibro del tripode: tale condizione aumenta il rischio di rigetto e di complicanze biliari in OLT.

Nel post OLT la diagnostica per immagini è fondamentale per individuare le complicanze. Le principali complicanze vascolari precoci sono trombosi, stenosi ed emorragie mentre quelle tardive sono trombosi, stenosi e pseudoaneurisma.

La trombosi dell’a. epatica è la complicanza più comune e più temibile nel dopo OLT. Si localizza di solito a livello dell’anastomosi  ed ha una incidenza del 4-15%; è rara in fase tardiva (oltre i 6 mesi) ed in genere è più frequente in età pediatrica. La mortalità è del 50-58% e il retrapianto è necessario nel 60% dei casi con una mortalità del 27 -30%.

I fattori di rischio più frequenti della trombosi dell’arteria epatica sono: discrepanza di calibro  donatore - ricevente, preesistenti stenosi del tripode celiaco, anastomosi lunghe con kinking e rallentamento del flusso, anastomosi chirurgiche complesse, tempo prolungato di ischemia fredda del graft, cirrosi biliare che rende la parete dell’arteria fragile e più soggetta a dissezione, ricevente con anticorpi negativi per Citomegalovirus, rapporto del peso donatore-ricevente > 1:25 e infine il rigetto.

Poiché i rami collaterali che originano dai vasi attorno all’albero biliare vengono sacrificati, l’arteria epatica rimane l’unico rifornimento arterioso per i dotti biliari. La trombosi dell’arteria epatica ha un effetto devastante sull’epitelio biliare, inducendo un’ischemia biliare e una rapida necrosi, se non trattata con comparsa tardiva di leak biliare, bilomi intraepatici o ascessi biliari.

Le stenosi dell’arteria epatica si osservano nel 5%  (3-11%) dei casi entro i primi tre mesi dall’OLT nella sede dell’anastomosi nel 70 % dei casi. Nella prima settimana dall’OLT sono dovute a traumatismo chirurgico e lesioni dei vasa vasorum. Le tardive sono dovute a traumi intimali, rigetto, cicatrizzazione fibrotica stenosante, presenza di trombo non occludente.

All’ecografia la stenosi dell’arteria epatica determina un incremento della velocità di picco sistolico sul sito della stenosi (>200 cm/sec), un flusso turbolento post-stenotico. Il flusso intraepatico è di tipo “tardus-parvus”, l’indice di resistenza (IR) < 0,5, e vi è l’incremento del tempo di accelerazione sistolica >80 ms. Gittata cardiaca, resistenze periferiche e terapie farmacologiche  possono influenzare questi dati.

Lo pseudoaneurisma dell’arteria epatica è una complicanza rara (0,7-2%) ed è più frequente a livello extraepatico all’anastomosi. Può essere secondario a infezioni e sepsi o essere la complicanza di angioplastica. Gli pseudoaneurismi intraepatici sono secondari a biopsie o drenaggi biliari. L’identificazione di uno pseudoaneurisma necessita di un rapido trattamento con approccio chirurgico o endovascolare.

La stenosi e la trombosi portale hanno una incidenza del 1-12% e si verificano a livello dell’anastomosi; possono essere asintomatiche e sospettate per i segni dell’ipertensione portale. Quando si verifica una trombosi acuta completa si manifesta con insufficienza epatica improvvisa.

I fattori di rischio sono: l’eccessiva lunghezza del vaso, la discrepanza di calibro donatore-ricevente, gli stati di ipercoagulabilità e la storia di pregressa trombosi.

La stenosi e trombosi della vena cava hanno una incidenza inferiore all’1%, e fino al 3% a livello del piggy back; percentuali maggiori si possono verificare nello split. In sede anastomotica le cause più frequenti sono: la discrepanza di calibro, kinking, compressioni ab estrinseco da ematomi; può anche accadere che si abbia una stenosi per oversize del graft.

In percentuali basse (0.3%–1.5%) può accadere la sindrome di Budd-Chiari per inadeguato drenaggio venoso. Le cause precoci (entro le 4 settimane) sono:

1- Compressione vena cava per oversize graft;

2- Sutura anastomosi troppo stretta;

3- Torsione della vena cava o dell’anastomosi da mobilità del graft.

Le cause tardive (oltre le 4 settimane) sono in genere dovute alla iperplasia dell’intima e alla fibrosi dell’anastomosi. La sindrome di Budd-Chiari è più frequente nei pazienti pediatrici e negli split rispetto al trapianto di fegato intero.

Infine le complicanze biliari principali sono:

1. gli spandimenti (4-23%) che possono avvenire in sede extraepatica a livello anastomotico e anche non anastomotico, in genere dove il tubo di Kher attraversa il coledoco oppure a livello intraepatico (da ischemia, rigetto). Lo spandimento può chiudersi spontaneamente oppure si possono formare dei bilomi che nel 3% dei casi necessitano di trattamento; talvolta l’evoluzione è in peritonite biliare.

2. le stenosi Biliari (4-17%) possono avvenire a livello anastomotico per esuberante cicatrizzazione, ischemia ma anche in sede non anastomotiche per ischemia da occlusione arteriosa, ischemia fredda (> 12 h del graft), rigetto cronico, recidiva in colangite sclerosante, inginocchiamento per lunghezza del coledoco, disfunzione dell’Oddi (denervazione).       

3. la formazione di detriti, calcoli e fango biliare (sludge) (dal 6 al 29%) avviene per il rigonfiamento della mucosa con sfaldamento epiteliale e formazione di detriti (cellule necrotiche, coaguli, cristalli di bilirubina e calcoli).


BIBLIOGRAFIA

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