Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019
Simposio: Storie e leggende della Scuola Chirurgica Romana
26 marzo 2019
Simposio: Storie e leggende della Scuola Chirurgica Romana
26 marzo 2019
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Raffaele Paolucci nacque a Roma il primo giugno 1892 da Nicola, ufficiale della Regia Marina nativo di Orsogna, e da Rachele di Crecchio che era nata a Castrovillari perché il padre Antonio, nativo di Lanciano, esercitava la funzione di pretore. Egli si definiva quindi un perfetto abruzzese della provincia di Chieti. Nel 1910 si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Napoli interrompendo le lezioni per adempiere come volontario al servizio militare nella Compagnia di Sanità Militare dove fu nominato sergente. Il 4 aprile 1916 si laureò a pieni voti e con lode. Della sua partecipazione alla prima Guerra Mondiale diremo in seguito.
La carriera accademica e politica
Nel 1919 fu congedato dall’esercito con il grado di tenente colonnello. Il suo interesse preminente era la Chirurgia Generale e quindi frequentò le Cliniche Chirurgiche delle Università di Napoli e di Siena. Nel 1920 fu nominato assistente ordinario presso la Clinica Chirurgica di Modena. In questo periodo contribuì a fondare il reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Lanciano. Alla attività chirurgica associava quella politica. Nel 1921 Dino Zanetti fonda l’associazione “Sempre pronti per la Patria e per il Re”. La associazione che contava 80.000 membri in tutta Italia era nota anche come Camicie Azzurre in quanto indossavano una camicia di colore azzurro Savoia. Paolucci divenne comandante generale di questa organizzazione comprendente reduci, mutilati e decorati. Era un raggruppamento pacifico e disarmato, creato per opporsi alle squadre fasciste. Questo elemento mette in chiaro il fatto che Paolucci, non fu mai fascista, era invece un ardente monarchico. Bisogna però tener conto che nel ventennio esisteva una diarchia tra Monarchia e Regime. Nel 1921 dietro insistenza di Giovanni Gentile pur non avendo ancora l’età legale (29 anni invece dei 30 richiesti) fu eletto deputato al parlamento tra le file del Blocco Nazionale costituito dai nazionalisti capitanati da Luigi Federzoni. Nel 1924, allora non esisteva l’aspettativa per gli incarichi parlamentari, conseguì la Libera Docenza in Patologia Chirurgica e nel 1925 ebbe l’incarico per la medesima disciplina nell’Università di Bari. Nel 1928 sposò Margherita, figlia del generale Pollio ex capo di Stato Maggiore dell’Esercito da cui ebbe Nicoletta che sposò il prof. Giovanni Marcozzi allora suo aiuto. Poiché Marcozzi divenne in seguito ordinario di Clinica Chirurgica a Perugia, alcune male lingue dissero che le pubblicazioni più importanti di Marcozzi erano quelle di nozze. In realtà con grande correttezza Paolucci allontanò il genero dalla Clinica Chirurgica e Giovanni Marcozzi divenne aiuto di Pietro Valdoni allora Patologo Chirurgo a Roma. La sua carriera si deve quindi a Valdoni e Marcozzi fu richiamato a Roma a ricoprire la cattedra di Semeiotica Chirurgica quando il suocero era ormai scomparso essendo deceduto all’improvviso a soli 66 anni nel 1958. Una famigerata legge fascista imponeva che tutti i dipendenti dello Stato e quindi anche i professori universitari si iscrivessero al Partito Nazionale Fascista, pena la decadenza dall’incarico. Quasi tutti i professori universitari, tranne dodici, si iscrissero al Partito facendo di necessità virtù, se si può chiamare virtù il salvaguardare la propria posizione. Tra i dodici fu costretto nel 1931 a lasciare la cattedra il Clinico Chirurgo di Bologna Bartolo Nigrisoli che godeva di grande apprezzamento nella propria facoltà e nel mondo accademico chirurgico. Antonio Gasbarrini, patologo medico a Bologna, conterraneo ed estimatore di Paolucci convinse la Facoltà a chiamare il prof. Raffaele Paolucci ad occupare la cattedra lasciata libera da Nigrisoli. Questo fatto determinò in Paolucci un grande imbarazzo perché non voleva apparire come un soggetto che si era avvantaggiato per le altrui disgrazie. Per accettare la chiamata pretese di conoscere l’opinione del Rettore che era favorevole e si decise solo dopo che con grande generosità e nobiltà d’animo Nigrisoli tenne un discorso in facoltà favorevole alla di lui chiamata. Fino al 1943 fu riconfermato deputato nelle file del Partito Nazionale Fascista e dal 1924 esercitò la funzione di vice presidente della Camera dei Deputati. Nel settembre del 1935 fu richiamato alle armi e partecipò alla guerra di Etiopia al comando dell’ambulanza chirurgica speciale. Nell’ospedale da lui organizzato furono operati non soltanto i feriti italiani ma anche quelli abissini e pazienti della popolazione civile vittime di traumi e di malattie. Rientrato in Italia fu nominato colonnello e in seguito maggiore generale medico per meriti speciali. Durante il secondo conflitto mondiale fu richiamato in servizio operando presso la Direzione Generale della Sanità Militare della Marina mantenendo l’incarico sino all’8 settembre del 1943. Essendo, come abbiamo detto, monarchico e non fascista seguì il Re nel regno del Sud e riprese l’incarico di generale medico con il Regio Esercito. Con la nascita della Repubblica fu epurato per breve tempo da ogni incarico. Reintegrato nei diritti civili fu chiamato a dirigere la Clinica Chirurgica nell’Università di Roma. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di un trattato di chirurgia in cinque volumi eseguì oltre trentamila interventi chirurgici. Dedicò i suoi interessi alla Chirurgia Addominale e Toracica ed era nota la sua accuratezza, atraumaticità ed eleganza mostrate durante le operazioni. Di grande cultura e dotato di una non comune capacità oratoria, teneva splendide lezioni di Clinica Chirurgica frequentate non solo da studenti e colleghi ma anche da personalità della cultura. Ebbe numerosi e valorosi allievi. Abbiamo già ricordato Marcozzi; tra i tanti dobbiamo ricordare due figure di grande spicco: Ettore Ruggeri Clinico Chirurgo a Napoli e Giorgio Di Matteo Clinico Chirurgo alla Sapienza, nonché pro-Rettore e Presidente della Società Italiana di Chirurgia, così come il suo maestro era stato Vice Presidente dell’International Society of Surgeons. Poiché gli invidiosi non mancano mai, un Primario Chirurgo del Policlinico abile anche a tentare di ferire con la lingua soleva definirlo come “l’affondatore che non sa affondare il duodeno” e durante le festività natalizie, comprata una zampogna da un pastore abruzzese, gliela regalò alludendo al fatto che gli abruzzesi non sono altro che pastori. Non sapeva evidentemente che quando Andrea Bafile, capitano abruzzese della Marina, caduto sul Piave, medaglia d’oro alla memoria fu tumulato alle pendici della Maiella Madre, gli elogi funebri furono tenuti da Paolucci e da D’Annunzio che erano tutt’altro che pastori. Ripresa anche l’attività politica, fu eletto senatore nella seconda legislatura e deputato nella terza per pochi mesi prima della morte; in quell’Aula sedevano vicini l’eroe abruzzese e la Medaglia d’oro Luigi Durand de la Penne che il 19 dicembre 1941 aveva affondato nel porto di Alessandria la corazzata inglese Valiant. In questo consesso conobbe Remo Gaspari, anche lui alla sua seconda legislatura, che ne riportò una forte impressione come quella di un personaggio che metteva la sua attività di medico e di servitore della patria al di sopra di tutto. Riposa ad Orsogna secondo le sue volontà espresse alla madre in una lettera prima dell’impresa di Pola. Se fosse morto con onore voleva infatti essere sepolto ad Orsogna, da cui lo sguardo spazia dalla Maiella al mare.
Paolucci nella prima Guerra Mondiale
Richiamato in servizio il 4 gennaio 1915 e destinato ad un ospedale sito sul Carso, ottenne una medaglia di bronzo per meriti sanitari. Laureatosi in Medicina fu nominato tenente medico presso l’ottavo reggimento bersaglieri e, su sua richiesta, trasferito in Marina. Assegnato al comando superiore dei MAS guidato dal Capitano di Vascello Costanzo Ciano, partecipò allo sviluppo di tecniche di immersione subacquea allo sviluppo delle quali il suo contributo medico fu essenziale. Partecipò alla realizzazione di speciali mezzi d’assalto costituiti da torpedini semoventi chiamate mignatte ideate dal maggiore del genio navale Raffaele Rossetti. I due intrepidi marinai, dopo sette ore di immersione, penetrarono il 1 novembre 1918 nel porto di Pola e affondarono la nave appoggio Wien e la corazzata Viribus Unitis le cui ancore adornano ora l’ingresso del Ministero della Marina che dà sul Lungotevere. Collocati gli ordigni i due marinai emersero e avvertirono il comandante della corazzata che la nave sarebbe saltata in aria per cui facesse mettere in salvo i marinai. Non avendo i mezzi per procedere da soli gli austriaci chiesero dove esattamente era collocata la torpedine e al loro rifiuto Paolucci e Rossetti furono rinchiusi all’interno della nave da cui furono poi tirati fuori qualche minuto prima che si verificasse l’esplosione. Anche Durand de la Penne e il suo compagno Bianchi avvertirono Morgan, comandante della Valiant, che la nave era minata e che poteva mettere in salvo i marinai. Anche loro che si rifiutavano di dare ulteriori informazioni furono rinchiusi in una cabina. Gli Inglesi però, meno cavallereschi degli Austriaci, li lasciarono dentro fino all’affondamento della corazzata da cui si salvarono miracolosamente.
Paolucci e Rossetti, presi prigionieri e liberati il 5 novembre, furono insigniti della medaglia d’oro. A questa onorificenza per Paolucci vanno aggiunte una medaglia d’oro al merito della Croce Rossa Italiana e medaglie degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Polonia e la Legione d’onore francese, tutte per meriti di guerra. Non mancò qualche critico che osservò che se le navi austriache non fossero state affondate sarebbero state preda di guerra e quindi Paolucci e Rossetti avevano affondato navi che stavano per diventare italiane. A prescindere dal fatto che il primo novembre, pur andando bene le cose per l’esercito italiano, non era ancora noto quando la guerra sarebbe finita, si devono considerare due cose. La prima è che Paolucci e Rossetti compirono una impresa di eccezionale difficoltà rischiando la propria vita. La seconda è che non è affatto detto che quelle navi sarebbero state consegnate all’Italia. Bisogna ricordare che il Presidente americano Wilson, il principale autore della “vittoria mutilata”, si opponeva alla sovranità dell’Italia sull’Istria e sulla Dalmazia e sosteneva la creazione dello Stato Jugoslavo, che con molta probabilità si sarebbe appropriato di quelle navi che avrebbero continuato quindi ad essere una minaccia per la libera navigazione dell’Italia nell’Adriatico.
A dieci anni dalla scomparsa una statua fu eretta ad Orsogna in ricordo di Raffaele Paolucci. Alla inaugurazione del monumento erano tra gli altri presenti i Professori Di Matteo, Stefanini e Valdoni. La bella cerimonia fu presieduta dal Ministro delle Poste e dal Sottosegretario all’Interno, Spataro e Gaspari, entrambi abruzzesi.