Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019
Settimana per la Cultura: Conferenze
16 aprile 2019
Ginecologo, Accademico Lancisiano
Settimana per la Cultura: Conferenze
16 aprile 2019
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Sulle colline che tra Brescia e Mantova contornano da sud il lago di Garda, il 24 giugno 1859 le forze alleate di Francia e Regno di Sardegna affrontano l’esercito austriaco. È la battaglia di Solferino e S. Martino che coinvolgerà300mila uomini circa,dei qualioltre 6mila rimarranno uccisi sul campo e 40mila (più che nello scontro di Waterloo) orrendamente feriti. Dopo quelli condotti da Napoleone Bonaparte, è il più sanguinoso e spietato combattimento che per l’Italia significherà la fine della Seconda guerra di Indipendenza. Sarà anche la premessa per la nascita della più grande organizzazione umanitaria della Storia: la Croce Rossa Internazionale.
Non come combattente, ma per ragioni personali, tra le fila dei francesi si trova Henry Dunant (1828-1910), un trentunenne imprenditore svizzero umanista e fervente calvinista, nonché apologetico bonapartista con il miraggio d’incontrare l’imperatore Napoleone III nel tentativo di ottenere benefici economici per rimediare ad una disastrosa sua esperienza fallimentare in Algeria.
Il sole del 25 giugno rischiara lo spettacolo della più raccapricciante carneficina bellica mai svoltasi sino allora. Fra cadaveri di uomini e cavalli e strazianti lamenti di migliaia di feriti, vestito di bianco Dunant si aggira nel campo a soccorrerli.
Nel castello-fortezza di Cavriana (Alto mantovano) dov’era accampato il quartier generale di Napoleone III, giorni dopo la battaglia Dunant incontra il segretario dell’imperatore cui consegna il suo ultimo libro: “La rinascita dell’Impero di Carlo Magno, ovvero il Sacro Romano Impero risorto con Napoleone III”. Per questioni di equilibri internazionali, l’omaggio apologetico viene rifiutato dall’imperatore.
Successivi tentativi d’incontrare Napoleone III andranno ancora a vuoto. Deluso, Dunant rientra in patria con l’orrenda visione di Solferino che non abbandonava la sua mente, viepiù il suo cuore. Unitamente ad altri quattro cittadini svizzeri (giurista Gustave Moynier, generale Guillaume-Henry Dufour, medici Louis Appia e Theodore Maunoir), all’inizio del 1863 Dunant crea il “Comitato ginevrino di soccorso dei militari feriti”, meglio conosciuto come il “Comitato dei cinque”.
Frattanto con stile espositivo diaristico, tra il 1860-61 Dunant aveva iniziato a scrivere “Un ricordo di Solferino”, libro che mostrerà le due facce di una guerra: quella conosciuta che genera una vittoria o la disfatta, e quella sconosciuta dell’incredibile vergognoso abbandono sul campo di feriti e agonizzanti al loro destino, sì da capovolgere la medaglia di una vittoria in annientamento, miseria, morte.
Nel racconto Dunant riserva ampio spazio ai soccorsi che, sfidando pudori, pregiudizi e l’iniziale diffidenza di mariti e fratelli, per prime le donne di Castiglione delle Stiviere (Mantova) prestarono ai feriti che venivano ivi trasportati dal vicino campo di battaglia: “lo slancio e la dedizione delle donne di Castiglione – scrive Dunant – non ha tenuto conto né di fatiche, né di fastidi, né di sacrifici fatti verso tutti quegli uomini di origini così diverse, e che per esse sono parimenti tutti stranieri”. L’interclassismo della solidarietà femminile anticipava la figura delle future crocerossine.
Castiglione delle Stiviere fu letteralmente trasformato in ospedale con strade, piazze, chiese e abitazioni luoghi improvvisati di fortunoso soccorso. Nella cittadina impastata di sangue, sudore, dolore e morte, in cui pernottava, Dunant vive un’esperienza fondata sul principio “Tutti fratelli” che gli avrebbe cambiato per sempre la vita: da Castiglione prese il via un testo di dimensioni modeste, ma di grandi idee.
Non destinata a pubblicità, l’edizione di 1600 copie del libro non è in vendita e si esaurisce in un baleno scuotendo le coscienze. Dunant acconsente alla ristampa del libro in diverse lingue, questa volta venduto in tutto il mondo.
Il 9 febbraio 1863 il Comitato dei Cinque vara la proposta sulla “… dotazione degli eserciti belligeranti di un Corpo d’infermieri volontari”; ed il 17 febbraio afferma “…la necessità di costituire una Società di soccorso per militari feriti fondata sull’assoluta neutralità per operatori e relativi mezzi d’intervento”, con un Comitato Internazionale permanente e sede in Ginevra.
Nel febbraio 1864 scoppia la “guerra dei Ducati” (Schleswig - Holstein) tra la Confederazione germanica (Prussia-Austria) e la Danimarca. È la prima occasione perché Corpi d’infermieri neutrali intervengano presso eserciti belligeranti in soccorso di feriti e vittime degli opposti schieramenti: ma la Danimarca nega il permesso all’ingresso degli infermieri volontari, mentre gli infermieri prussiani indistintamente soccorrono feriti propri ed avversi. È la circostanza che fa nascere in Dunant l’idea che “un distintivo, un’uniforme o un bracciale potrebbero utilmente essere adottati così che, a chi indossasse tali insegne distintive e universalmente riconosciute fosse dato il dovuto rispetto”. Ecco come dai colori invertiti della bandiera svizzera nasce l’insegna universale di fratellanza della “Croce Rossa in campo bianco”.
Il 22 agosto 1864 12 Paesi, Svizzera, Baden, Belgio. Danimarca, Spagna, Portogallo, Francia, Italia, Paesi Bassi, Prussia e Wurttemberg firmano la Convenzione di Ginevra “per il miglioramento delle sorti dei feriti delle Forze Armate in campagne militari”, cui dopo breve tempo aderiscono USA e Svezia.
I “sette princìpi” della Croce Rossa Internazionale si riassumono in: 1) Umanità (missione della CRI); 2-4) Imparzialità, Neutralità e Indipendenza (principi di comportamento); 5-7) Volontariato, Unità e Universalità (principi di organizzazione). Nel 1901 ad Henry Dunant verrà assegnato il primo Premio Nobel per la Pace, e nel 1986 alla Croce Rossa viene associata la Mezzaluna Rossa del mondo islamico. In tempo di pace la CRI si dedica alla formazione del personale, assistenza sanitaria e trasporto degli infermi.
Il prototipo dell’infermiere era già entrato in scena nella guerra di Crimea (1853-56: tra Impero Russo ed Alleanza fra Impero Ottomano, Francia, Inghilterra e Regno di Sardegna) per merito di Florence Nightingale (1820-1910), nata a Firenze (donde il nome) ma di nazionalità inglese, e conosciuta come la Signora della lanterna con la quale si aggirava di notte fra feriti e superstiti di battaglie.
Florence aveva ridato dignità alle infermiere prima equiparate, negli eserciti, a semplici vivandiere; e posto il paziente come “persona” al centro delle cure. Sul piano organizzativo si rivelerà un genio dimostrando che l’alto tasso di mortalità degli ospedali militari era correlato a mancata coordinazione tra infermiere e medico, ed all’inefficienza delle strutture igienico-sanitarie. Più che dalle battaglie, gli eserciti venivano decimati dalle malattie che ne seguivano. Determinante contributo verrà dal confronto tra reparti con infermieri e reparti privi di assistenza qualificata: nel giro di soli sei mesi Florence otterrà (1854) che negli ospedali da campo inglesi la mortalità scendesse dal 42 al 2 %.
L’arte infermieristica che non richiedeva conoscenze mediche e culturali, solo volontà ed ubbidienza, si trasforma in professione. Ed inizialmente riservate a sole donne sorgono Scuole per infermieri annesse alla costruzione di ospedali, con la pratica medica che inizia ad avvalersi di personale preparato che attivamente interviene nelle terapie.
Frattanto anche l’ospedale civile-cronicario di tipo caritativo-alberghiero, governato da personale con sole mansioni domestiche e condizioni igieniche pessime, scarse attrezzature tecniche ed alta mortalità, finalmente si dota di reparti distinti, specifici laboratori e singole sale operatorie.
S’introduce il concetto di ingegneria ed igiene ospedaliera con il decisivo apporto dell’esperienza diretta del medico nella progettazione e direzione degli ospedali.