Prof. Gregorino Paone

Dipartimento Scienze Cardiovascolari Respiratorie, "Sapienza" Università di Roma. Dirigente U.O.C. Pneumologia, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 2, Aprile - Giugno 2016

ECM: Cuore Polmone 2016

16 febbraio 2016

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Markers e BPCO

G. Paone

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una delle malattie respiratorie infiammatorie croniche che destano maggiori preoccupazioni per la salute pubblica ed è  caratterizzata da una complessa interazione gene–ambiente.

La BPCO è una malattia caratterizzata da una limitazione del flusso aereo non completamente reversibile, dovuta a una risposta infiammatoria anomala a stimoli nocivi collegata ad una serie di alterazioni patologiche come ipersecrezione di muco e ostruzione delle vie aeree. La BPCO è attualmente una delle principali cause di morbilità e mortalità in tutto il mondo e una recente proiezione epidemiologica suggerisce che diventerà la quarta causa di morte nel 2030.

Purtroppo i primi sintomi della BPCO sono subdoli e tendono ad essere molto ignorati e conseguentemente la BPCO viene diagnosticata in una fase avanzata della malattia quando i pazienti sperimentano un sostanziale deterioramento della loro qualità di vita.

La spirometria è di gran lunga il più diagnostico e affidabile approccio utilizzato per valutare lo stato di malattia, e spesso è l'unico  test di funzionalità polmonare necessario a rispecchiare  la gravità della malattia. Purtroppo i danni funzionali si evidenziano quando la patologia è già avanzata e non rappresentano certo l’inizio della malattia.

Inoltre i sintomi clinici su cui si basano i medici per un corretto approccio diagnostico sono soggettivi e non specifici. D’altronde l’aumento della risposta infiammatoria delle vie respiratorie può rappresentare un evento patologico precoce, e marcatori di infiammazione possono svolgere un ruolo chiave sia nella  diagnosi precoce che nella valutazione della prognosi. Gli sforzi compiuti in questo campo possono anche essere d’aiuto nel permettere sostanziali miglioramenti nel predire la capacità di risposta alla terapia e / o nella valutazione dell'efficacia della  terapia stessa. Con questo background, è di primaria importanza concentrarsi sul miglioramento dei metodi di diagnosi precoce, identificando i pazienti con BPCO iniziale che potrebbero beneficiare di trattamenti non farmacologici (astensione dal fumo per esempio).

I biomarker di infiammazione sistemica che sono stati più studiati sono: fibrinogeno, interleuchina (IL) -6, IL-8, e proteina C reattiva (CRP). Questi marcatori possono distinguere i pazienti con BPCO dai controlli con una sensibilità accettabile. Tuttavia, purtroppo, mancano di specificità. Pertanto, altre molecole, come metalloproteinasi (MMP) 8 e 9 la proteina-D tensioattivo (SP-D), le molecole derivanti dalle cellule di Clara (CC-16) e CCL-18 sono state anche studiate per identificare proteine​​ in grado di  rispecchiare in maniera più specifica l’environment delle vie respiratorie.

Secondo la definizione classica, un biomarker ideale deve essere riproducibile durante la fase di stabilità di malattia. Tra i marcatori del sangue, sono risultati particolarmente utili la  SP-D, il fibrinogeno e  la CC-16, mentre altre molecole candidate, tra cui IL-6 e IL-8, CCL-18 e CRP, hanno bisogno di ulteriori valutazioni. SP-D sta emergendo come uno dei marcatori più promettenti, essendo una importante molecola coinvolta nell’  immunità polmonare. Nel sangue i livelli mediani di SP-D sono più alti nei pazienti con BPCO e nei fumatori, mentre non sono correlati con lo stato di gravità.

Attualmente, un altro biomarcatore emergente per lo studio della BPCO è il fibrinogeno, una proteina di fase acuta  del plasma  che viene sintetizzato principalmente nel fegato. E’ stata osservata una associazione significativa tra livelli di fibrinogeno e numero di riacutizzazioni di BPCO e tasso di ricoveri in ospedale.

Un altro biomarcatore plasmatico  predominante è la CRP, una proteina di fase acuta routinariamente  misurato nel sangue e che è coinvolto nella patogenesi della  BPCO insieme con altre molecole infiammatorie come metalloproteinasi. Anche se i dati devono essere confermati da ulteriori studi, è stato dimostrato che i livelli basali di CRP sono associati con il declino della funzione polmonare e aumenti di questa molecola sono inversamente correlati  con il volume espiratorio forzato in primo secondo (FEV1). Risultati simili sono stati ottenuti con altri marcatori come MMP-1, 7 e 9, non solo nella BPCO associata al fumo di tabacco, ma anche nella BPCO causata da esposizione a biomasse.

La Fibronectina, una glicoproteina ad alto peso molecolare il cui ruolo primario è quello di promuovere la riparazione delle ferite, è stata indagata come biomarcatore nella BPCO, con risultati controversi. Secondo alcuni autori, la fibronectina sembra in modo indipendente associata alla mortalità, ma questi risultati non sono confermati da studi più recenti.

Alcuni autori hanno studiato il ruolo dei biomarker infiammatori sistemici, come fibronectina, C reactive protein, e IL-6 nella BPCO nel predire la  mortalità in questi pazienti. Solo la proteina C-reattiva è risulta essere associata in modo indipendente ad un aumentato rischio di morte.

Va sottolineato che anche se un numero enorme di biomarcatori è stato proposto nello studio delle  malattie respiratorie, ci sono ancora molte domande senza risposta circa la loro utilità nella "vita reale". Diverse sono le caratteristiche che distinguono un biomarker ideale: la sua associazione con la malattia, la dimostrazione che la terapia ha un effetto costante sulle concentrazioni dei marker e l'osservazione che questi cambiamenti sono associati con effetti positivi nella clinica. Un’altra caratteristica necessaria è quella di essere facilmente misurato con procedure standard.

L'identificazione di potenziali marcatori delle malattie delle vie aeree è, dunque, uno dei più impegnativi obiettivi di ricerca clinica e in futuro marcatori di malattie polmonari  saranno molto utili. Tuttavia, molti  biomarcatori possono essere contemporaneamente associati a vari processi patogeni e malattie diverse dalla  BPCO, rendendo più difficile l'interpretazione dei risultati.

In conclusione sebbene attualmente non esistano markers ideali per riproducibilità sensibilità e specificità c’è urgenza di studi che siano in grado di validare biomarcatori di BPCO per dare un aiuto consistente alla pratica medica nel raggiungimento di una valutazione completa e tempestiva dei pazienti, per un migliore management della diagnosi, della risposta alla terapia e del follow-up. Recentemente un approccio interessante nasce dall'associazione tra i diversi profili proteici, permettendo una più precisa discriminazione tra i pazienti con esiti diversi e la risposta alla terapia . L’analisi proteomica in tessuti polmonari dei fumatori, non fumatori, e pazienti con BPCO ha dimostrato una differenza significativa nei tre gruppi .

È probabile che un approccio integrato tra biomarcatori e parametri clinici, associato con nuove informazioni provenienti dalla genomica, trascrittomica e proteomica  migliorerà la capacità dei medici nel monitoraggio di queste patologie.