Dott.ssa Maria Paola Cicini

Dirigente U.O.C. Cardiologia, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 2, Aprile - Giugno 2016

ECM: Cuore Polmone 2016

16 febbraio 2016

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L'Ipertensione Polmonare

M. Cicini

L’Ipertensione Polmonare (PH) è una condizione fisiopatologica presente in molte situazioni cliniche e definita da un aumento della pressione media in arteria polmonare > 25 mmHg a riposo determinata tramite cateterismo cardiaco.

Dal punto di vista emodinamico la possiamo ulteriormente distinguere in:

-post-capillare caratterizzata da un aumento della pressione capillare polmonare (PCW) > 15mmHg ed è quella che troviamo nella forma secondaria a malattie del cuore sn

- pre-capillare caratterizzata da una pressione capillare polmonare< 15mmHg ed è quella che troviamo nella forma secondaria a patologia del parenchima polmonare, quella secondaria a cuore polmonare cronico tromboembolico, quella a genesi multifattoriale e quelle appartenenti al gruppo della “Ipertensione Arteriosa Polmonare” (gruppo 1 della classificazione clinica). Nella definizione emodinamica di Ipertensione Arteriosa Polmonare le ultime linee-guida ESC 2015 hanno introdotto anche il parametro Resistenze Vascolari Polmonari che devono essere > 3 UW.

 

 

E’ chiaro quindi che una definizione solo emodinamica non è sufficiente per capire quale tipo di ipertensione polmonare si tratta e quindi che tipo di trattamento applicare

L’aspetto più importante quindi quando parliamo di PH è la diagnosi: è fondamentale una corretta DIAGNOSI perché da questa dipenderà un corretto trattamento.

L’importanza della Nomenclatura:

Nasce ad Evian nel 1998 la classificazione clinica della ipertensione polmonare che provvedeva a raggruppare le varie forme di ipertensione polmonare in 5 grossi gruppi in base alla presentazione clinica, alle caratteristiche istopatologiche e quindi alla risposta al trattamento. La classificazione clinica ha subito negli anni piccole variazioni ma la filosofia e la struttura sono rimaste invariate fino all’ultima versione di Nizza 2012.

 

GRUPPO 1 è quello della Ipertensione Arteriosa Polmonare e comprende oltre la forma Idiopatica anche le forme associate a varie condizioni quali: sclerodermia, HIV, ipertensione portale, cardiopatie congenite, schistosomiasi. Sono forme apparentementeeterogenee  ma tutte hanno in comune quelle alterazioni istopatologiche che  definiscono  la  malattia proliferativa delle arterie polmonari e per tale motivo rispondono agli stessi trattamenti 

Focalizziamoci quindi sulla nomenclatura che è cambiata abbastanza in questa patologia. Prima si parlava di ipertensione polmonare primitiva o secondaria  oggi invece dobbiamo parlare di Ipertensione ArteriosA POLMONARE oppure NON-ArteriosA POLMONARE perché in base a questa distinzione decidiamo il nostro trattamento.

La Diagnosi: è una Diagnosi di Esclusione

Pur essendo il 1° gruppo della classificazione clinica, l’IPERTENSIONE ARTERIOSA POLMONARE non è la più frequente ma rappresenta solo il 6% di tutte le forme di ipertensione polmonare che riscontriamo nei nostri laboratori. La diagnosi è quindi una diagnosi di esclusione che mira ad escludere tutte le altre forme più frequenti di Ipertensione Polmonare.  L’algoritmo diagnostico è piuttosto complesso ma prevede 2 snodi principali:

Il primo snodo prevede l’esecuzione un ECOCARDIOGRAMMA che ci permette di stimare, nei pazienti sintomatici, la propabilità di PH non solo mediante la stima della pressione in arteria polmonare ma anche mediante la presenza di segni indiretti di alterata funzione del ventricolo dx.

Se la probabilità di PH con l’ecocardiogramma è elevata dobbiamo escludere le due forme più frequenti di ipertensione polmonare e cioè quella secondaria a patologia del cuore sn (e questo avviene con l’ecocardiogramma stesso) e quella secondaria a patologia del parenchima polmonare (e questo avviene mediante una spirometria ed eventualmente l’esecuzione di una TC  torace ad alta risoluzione).

Una volta escluse queste due forme più frequenti andiamo ad escludere la terza causa di PH e cioè quella secondaria a tromboembolismo cronico (CTEPH).

Il secondo snodo decisionale è quindi l’esecuzione della SCINTIGRAFIA POLMONARE: la scintigrafia polmonare ha una elevata sensibilità e, se normale, permette di escludere una CTEPH. 

A questo punto il paziente deve essere inviato al Centro Esperto per l’esecuzione del cateterismo cardiaco che rappresenta il gold standard per la diagnosi di PH. Il cateterismo cardiaco permette di confermare la diagnosi, valutare la severità della malattia ed eseguire il test di vasoreattività.

l test di vasoreattività, se positivo, permette di identificare un piccolo sottogruppo di pazienti (circa il 10%) che devono essere trattati con i Ca-antagonisti. Riconoscere questo sottogruppo è importante perché la è prognosi notevolmente diversa con una sopravvivenza del 95% a 5 anni.

Solo una volta completato l’algoritmo diagnostico possiamo candidare i pazienti al trattamento con i farmaci antiproliferativi.