Anno Accademico 2019-2020
Vol. 64, n° 1, Gennaio - Marzo 2020
Simposio: La malattia metastatica epatica: una malattia chirurgica?
26 novembre 2019
Simposio: La malattia metastatica epatica: una malattia chirurgica?
26 novembre 2019
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Il retto è l’ultimo tratto del nostro tubo digerente prima di arrivare all’ano ed a differenza del colon che è tutto intra peritoneale, ha una porzione extra-peritoneale e una porzione intra-peritoneale. Queste differenze anatomiche hanno molta influenza sul tipo di trattamento.
Diagnosi e stadiazione
La diagnosi si fa con l’endoscopia e con la biopsia; quando i tumori sono molto bassi può essere utile l’esplorazione rettale manuale, ma comunque è sempre indispensabile l’endoscopia con la biopsia. La stadiazione è molto importante e va fatta in maniera molto accurata, perché condiziona molto il tipo di trattamento. Infatti, mentre nella maggior parte dei tumori del colon è indicato un intervento chirurgico, nel retto il discorso è completamente diverso. La TAC è l’esame che ci permette una stadiazione sia locale che sistemica. La Risonanza Magnetica della pelvi è ancora più accurata sia per quanto riguarda l’N che per il T. Un altro esame molto utile è l’ecoendoscopia che ci fa vedere il T in maniera accuratissima. La stadiazione preoperatoria corretta è molto importante perché ci permette di pianificare il trattamento più adeguato.
Nello specifico, il T1 con linfonodi negativi (N0) si può giovare di una escissione endoscopica SEID, con tecnica TAMIS o chirurgica transanale. Nei T2 è indicata una chirurgia più aggressiva con escissione totale del mesoretto (TEM).
Nel secondo e soprattutto nel terzo stadio invece la chirurgia deve essere preceduta dalla chemioradioterapia neoadiuvante; successivamente, dopo 8-12 settimane di intervallo, i pazienti vengono sottoposti a chirurgia radicale con escissione totale del mesoretto (TEM) con salvataggio degli sfinteri quando possibile, altrimenti intervento di amputazione addomino-perineale sec. Miles.
Nel quarto stadio, cioè quando ci sono metastasi a distanza, invece è indicato un trattamento sistemico chemioterapico e successiva rivalutazione.
Nei tumori del retto è quindi fondamentale la discussione dei casi in un gruppo multidisciplinare, nel quale devono far parte l’endoscopista, il chirurgo l'oncologo ed il radioterapista.
Esaminiamo nel dettaglio i vari tipi di trattamenti.
Nel T1 possiamo scegliere l’escissione locale, che è indicata quando:
Vediamo i vari tipi di trattamento locale. L’endoscopista può fare quella che viene chiamata SIED, ovvero la dissezione sottomucosa endoscopica. Questa metodica si mette in atto per i polipi oppure i tumori T1, ma non tutti gli endoscopisti sanno eseguire questa tecnica di endoscopia molto avanzata per la quale occorre una strumentazione particolare, disponibile solo in alcuni centri di riferimento, e con la quale spesso si riescono a fare delle escissioni molto ampie e a togliere tumori T1 in maniera radicale.
Il chirurgo può utilizzare nei tumori molto bassi (sino a 5 cm circa) la chirurgia tradizionale transanale, mentre nei tumori situati più cranialmente si può usare la TAMIS, “Transanal Minimal Invasive Surgery”. Questa tecnica prevede l’impiego di un port attraverso il quale si riesce ad introdurre tutti gli strumenti che sono normalmente usati in laparoscopia, quindi si fa una laparoscopia all'interno del retto praticando delle escissioni importanti. Nel caso di T1, ovvero di polipi tolti per via endoscopica e che presentino all’istologia margine positivo o dubbio, si deve effettuare la marcatura della zona con policromia e poi procedere ad una escissione ampia, includendo anche ovviamente il grasso mesorettale, andando in profondità e asportando tutto lo spessore del viscere e il grasso mesorettale. È evidente come con questa tecnica si possano effettuare molto bene sia la parte demolitiva sia quella ricostruttiva, e si riesce a riaffondare bene i margini del viscere in maniera perfetta.
La chirurgia oramai è diventata in questi ultimi anni quasi sempre chirurgia laparoscopica. All'inizio della tecnica laparoscopica, nei primi anni di applicazione, si dubitava di poter affrontare anche queste patologie in laparoscopia, ma adesso i dubbi non ci sono più. Ovviamente è un intervento molto più difficile e complesso rispetto alla chirurgia colica tradizionale, scendere nello scavo pelvico in laparoscopia può creare qualche difficoltà. Di solito nelle donne questa difficoltà non si verifica perché hanno un bacino largo nel quale si riesce a lavorare benissimo rispetto al bacino molto stretto dell’uomo; in questo caso praticamente lavoriamo in un cunicolo, quindi sia la parte demolitiva che la parte ricostruttiva sono tecnicamente abbastanza difficili e devono essere fatte soltanto da chirurghi esperti che abbiano molta esperienza per poter ottenere un risultato oncologicamente corretto.
La nuova tecnica proposta da Lacy nel 2013, la TATME (Transanal Total Mesorectal Excision), prevede che si possa procedere analogamente ma con una doppia équipe, una lavora da sotto e una lavora per via laparoscopica da sopra. Questo permette di avere dei margini migliori, di calcolarli proprio alla perfezione e permette anche di ridurre i tempi operatori perché si lavora in contemporanea; probabilmente in futuro questa tecnica ci permetterà ancora di ottenere anche una percentuale più bassa di deiscenze anastomotiche. In pratica il chirurgo trans-anale fa una borsa di tabacco per chiudere il retto guardando il tumore da un margine adeguato, a questo punto si può lavorare in contemporanea e una volta serrato questo nodo una equipe lavora sopra e fa tutta la parte laparoscopica e una equipe lavora da sotto facendo la parte trans-anale, si marca il punto di incisione, poi si incide tutta la parete rettale fino arrivare al mesoretto e si fa tutta la dissezione dell'ultimo tratto del retto da sotto. In questa maniera si riescono a individuare bene i piani e si riesce a fare una dissezione completamente esangue seguendo i corretti piani. Prevediamo per il futuro, avendo a disposizione strumenti che migliorano sempre di più, di poter avere una riduzione della incidenza di fistole, sempre nell’ottica di una resezione oncologicamente corretta.
La stessa tecnica può essere utilizzata anche nei tumori ultra bassi, cioè quando abbiamo dei tumori che arrivano al canale anale ma vogliamo salvare lo sfintere. In questi casi si procede in tre step, una prima parte trans-anale come siamo abituati a fare: si fa una prima dissezione del canale anale dal piano muscolare in maniera da salvare gli sfinteri, una volta preparato il canale anale si passa alla seconda fase, si controlla bene di aver fatto un'adeguata dissezione e poi si introduce lo strumento. Non abbiamo ancora una perfetta tecnologia perché usiamo lo strumento che serve per la TATME del retto e non dell'ano, quindi dobbiamo introdurlo solo per una metà e non possiamo fissarlo ma siamo costretti a tenerlo con le mani, ma una volta entrati dentro riusciamo a fare la dissezione, sempre sotto visione ottica ingrandita fino addirittura a 20-30 volte per poter identificare bene i piani, e riusciamo ad entrare perfettamente nello spazio corretto nel mesoretto procedendo lentamente verso l'alto e arrivando fino al punto in cui il chirurgo laparoscopista ha fatto la dissezione: a questo punto si porta fuori tutto il pezzo. È un intervento praticamente totalmente endoscopico, non ci sono incisioni di servizio, il pezzo si tira fuori dalla breccia dall'ano, si fa la resezione e poi si passa alla fase ricostruttiva con l'anastomosi classica colon-anale manuale, che deve necessariamente essere fatta quando il tumore è così basso.
Concludo dicendo che oggi abbiamo molte armi per evitare la famosa amputazione addomino-perineale di Miles, che era l'unica arma che avevamo a disposizione fino a tempo fa contro il tumore del retto; oggi abbiamo l'endoscopia operativa, abbiamo la chirurgia laparoscopica, la chirurgia open e la chirurgia robotica, e inoltre la radioterapia e la chemioterapia. È quindi fondamentale l'approccio multidisciplinare, basilare per questo tipo di patologia.