Anno Accademico 2019-2020
Vol. 64, n° 2, Aprile - Giugno 2020
ECM: Le infezioni del sito chirurgico
21 gennaio 2020
ECM: Le infezioni del sito chirurgico
21 gennaio 2020
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Il miglioramento della sicurezza dei pazienti negli ospedali, oggi in tutto il mondo, richiede un approccio sistematico alla lotta contro la antibiotico-resistenza e le infezioni associate all’assistenza.
I due aspetti sono strettamente correlati; infatti per combattere la diffusione della resistenza antimicrobica è strategica l'implementazione di attività di prevenzione e controllo delle infezioni.
Le infezioni associate all'assistenza sanitaria sono infezioni che si verificano durante il percorso di cura, ed i pazienti con dispositivi medici (linee centrali, cateteri urinari, ventilatori) o sottoposti a procedure chirurgiche sono a maggior rischio di acquisizione di infezioni.
Le infezioni del sito chirurgico (SSI) sono le infezioni associate all'assistenza sanitaria più comuni tra i pazienti chirurgici. Molte SSI dovrebbero essere prevenibili se si rispettassero semplici regole comportamentali.
Queste infezioni causano malattie e decessi con tassi significativi, prolungano la durata delle degenze ospedaliere e richiedono ulteriori interventi diagnostici e terapeutici che generano costi aggiuntivi. Tuttavia, la percezione del fenomeno non è ancora sufficientemente elevata sia tra gli operatori sanitari che tra i pazienti, con un conseguente basso livello di attenzione e di intervento.
Se analizziamo la definizione di infezione del sito chirurgico (infezione postoperatoria in corrispondenza della sede dell’incisione chirurgica o degli spazi/organi interni manipolati durante l’intervento entro 30/90 giorni dalla procedura od entro un anno in caso di impianto di dispositivo permanente) ci rendiamo perfettamente conto dell’impatto organizzativo che si genera; il più delle volte infatti richiede una gestione in regime di ricovero e prolungati monitoraggi ambulatoriali, con un impatto anche sul tessuto sociale (il paziente non torna alle sue attività abituali, spesso deve essere accompagnato, etc).
Se ci soffermiamo sulla patogenesi di questa tipologia di infezioni ci rendiamo facilmente conto essere legata ad elementi di tecnica chirurgica quali il tempo chirurgico, l’emostasi non adeguata (ematomi), la devitalizzazione di tessuti, le lesioni linfatiche (linforragie), le procedure associate (appendicectomia, colecistectomia, nefrectomia, ecc.), l’utilizzo dei drenaggi, eventuali lesioni iatrogene, il contatto protesi-intestino (fistole aorto-enteriche), che debbono essere costantemente monitorate ed eventualmente modificate.
Inoltre non possiamo prescindere dalle condizioni cliniche di base del paziente (età > 60, sesso femminile, obesità, presenza di pregresse e misconosciute infezioni, diabete, cardiomiopatie, IRC), dalla tipologia di intervento (durata del periodo preoperatorio, prolungata ospedalizzazione, postoperatorio > 72 h, tempo in ICU, immunosoppressione, ASA elevato).
Altro elemento di rischio è l’uso o meno di dispositivi e/o materiale protesico. Per quest’ultimo aspetto molti sono i messaggi rassicuranti che ci vengono dall’industria di settore e dagli studi clinici, su protesi impregnate con antibiotici piuttosto che con antisettici e battericidi capaci di ridurre al minimo la possibilità di insorgenza di infezioni protesiche e di altri fenomeni correlati, ma i risultati nella pratica quotidiana nonostante tutto ciò non sono così incoraggianti.
L’utilizzo degli antibiotici, per profilassi e terapia post-operatoria va ancora posto sotto attenta revisione, come anche l'uso degli antibiotici quale mezzo di prevenzione che trova ancora una applicazione controversa, nonostante le Linee Guida (OMS, NICE) ben evidenziano le differenze e le attenzioni da porre in essere, al fine anche di contrastare la capacità che abbiamo fino ad oggi dimostrato di sviluppare nuove molecole e con tempi variabili da renderle inefficaci.
È evidente da molti studi e su base empirica (ad es. valutazione economica della spesa per antibiotici) la scarsa chiarezza sul concetto di profilassi antibiotica, spesso confusa con terapia antibiotica lasciando così molecole scelte per la profilassi per periodi molto più lunghi, rendendo così inefficace la profilassi e sviluppando resistenze a tali molecole.
Alla sottostima del problema generato al paziente, la poca sensibilità all’aumento dei costi del singolo ricovero e la totale assenza di valutazione dei problemi sociali che tutto questo genera si aggiunge la valutazione della Responsabilità Professionale (Legge 24/2017) per mancata aderenza alle Linee Guida (LG) che in questo specifico campo, da tempo, indicano come porre rimedio a falle di sistema, comportamenti errati ma inveterati, nonché buone pratiche di facile applicazione.
La forza di alcuni “statemens” quali modalità, utilità e mezzi per la tricotomia, lavaggio mani (differenza tra sociale, antisettico e chirurgico), tempistica della somministrazione antibiotica in profilassi, uso delle suture addizionate con antibatterici è perfettamente evidenziata nelle LG OMS. Il NICE, inoltre, pone l’accento su altri aspetti quali il consenso informato inteso come processo negoziale che deve mettere in evidenza cosa siamo in grado di fare per minimizzare il rischio di infezione, o sui comportamenti (vestiario, monili, etc).
È allora indispensabile cominciare a sviluppare l'antimicrobico “stewardship”, intesa come strategia, per utilizzare l'antimicrobico in modo responsabile attraverso una serie coerente di azioni specifiche nel contesto e nel tempo.
Nonostante le molte prove a sostegno dell'efficacia delle migliori pratiche di prevenzione e gestione delle infezioni, i chirurghi di tutto il mondo non riescono a implementarle. Le pratiche basate sull'evidenza tendono ad essere sottoutilizzate nella pratica di routine. Ecco che altra azione di facile applicazione potrebbe essere l’adozione di “Surgeon Champion”. I chirurghi con maggiori sensibilità e conoscenza delle infezioni chirurgiche dovrebbero fornire feedback ai colleghi, integrare le migliori pratiche e implementare i cambiamenti all'interno della loro squadra. Identificare un “opinion leader” locale che funga da riferimento all'interno del reparto chirurgico può essere importante. Il "chirurgo campione" può integrare la migliore pratica clinica di prevenzione e gestione delle infezioni guidando i cambiamenti di comportamento dei colleghi.
BIBLIOGRAFIA
Linee Guida Globali per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico. https://www.fnopi.it/archivio_news/attualita/2203/LINEE_GUIDA_OMS.pdf.
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Sartelli M, Kluger Y, Ansaloni L, et al. Knowledge, awareness, and attitude towards infection prevention and management among surgeons: identifying the surgeon champion. World J Emerg Surg 2018; 13: 37.
Surgical site infections: prevention and treatment NICE guideline [NG125] Published date: 11 April 2019. https://www.nice.org.uk/guidance/ng125/chapter/Recommendations.