Dott.ssa Roberta Viotti

Infermiere, Aurelia Hospital, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2019-2020

Vol. 64, n° 2, Aprile - Giugno 2020

ECM: Le infezioni del sito chirurgico

21 gennaio 2020

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Il paziente critico in Rianimazione: prevenzione e profilassi il ruolo dell’infermiere

R. Viotti

L’infermiere di Rianimazione è coinvolto quotidianamente nella gestione di pazienti a rischio di infezione e/o che presentano infezioni gravi. Oltre 80% dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva riceve antibiotici e la sepsi severa/shock settico è responsabile di oltre il 10% dei ricoveri in Unità di Terapia Intensiva (UTI). Inoltre, le infezioni e la sepsi severa rappresentano oggi la principale causa di morte in UTI e la spesa sanitaria correlata all’utilizzo di terapia antibiotica e alla gestione dei pazienti con infezione grave è in continuo aumento. 

1.1 Modalità di trasmissione

La trasmissione delle infezioni in ambito assistenziale è possibile dall’interazione di tre principali elementi:

  1. una fonte (serbatoio) di microrganismi patogeni;
  2. un ospite suscettibile e una porta d’ingresso specifica per quel microrganismo;
  3. una via di trasmissione specifica per quel patogeno.

Tra i serbatoi d’infezioni, il principale è costituito dalle persone (altri pazienti, operatori, visitatori, familiari o il paziente stesso).

I serbatoi umani possono essere rappresentati da persone colonizzate o con infezioni in atto. Anche l’ambiente inanimato può essere implicato nella trasmissione di microrganismi, a partenza da fonti ambientali o veicoli contaminati (attrezzature, strumentario, dispositivi medici, soluzioni infusionali, ecc.) e contribuisce ad aumentare il rischio di insorgenza di una infezione correlata all’assistenza (ICA), sebbene il suo effettivo ruolo non sia facilmente quantificabile. Le principali vie di trasmissione sono tre:

−   per contatto (diretto o indiretto);

−   per droplet o goccioline;

−   per via aerea.

Ecco i principali meccanismi:

  • contatto diretto tra una persona sana e una infetta, soprattutto tramite le mani;
  • contatto tramite le goccioline emesse nell’atto del tossire o starnutire da una persona infetta a una suscettibile che si trovi a meno di 50 cm di distanza;
  • contatto indiretto attraverso un veicolo contaminato (per esempio endoscopi o strumenti chirurgici);
  • trasmissione dell’infezione a più persone contemporaneamente attraverso un veicolo comune contaminato (cibo, sangue, liquidi d’infusione, disinfettanti, ecc.);
  • via aerea, attraverso microrganismi che sopravvivono nell’aria e sono trasmessi a distanza.

La non appropriata decontaminazione di presidi e attrezzature mediche multiuso è stata responsabile di numerosi eventi epidemici o di singole complicanze infettive, causate dalla trasmissione di microrganismi patogeni da un paziente all’altro.

L’ambiente inanimato dell’ospedale, anche se ospita numerosi serbatoi potenziali di infezione, è stato raramente implicato nella trasmissione di infezioni, se non nel caso di pazienti particolari (ad es. immunocompromessi) e/o patogeni particolari (ad es. Clostridum difficile) (Tab. 1 e 2).

 

 Tab. 1: Microrganismi associati ad epidemie in ambito assistenziale, modalità di trasmissione e fonte potenziale

 

 Tab. 2: Selezione di recenti epidemie nelle Terapie intensive dal 1993 al 2004

 

1.2 Importanza del ruolo dei dispositivi assistenziali medici

L’uso di dispositivi intravascolari è diventato sempre più frequente nella medicina moderna, negli ultimi trenta anni è aumentato smisuratamente il numero e la tipologia di tali dispositivi, utilizzati per un’ampia gamma di indicazioni (somministrazione di liquidi, terapia trasfusionale, nutrizione parenterale, somministrazione di chemioterapici, antibiotici etc.); sfortunatamente, esso è associato ad un elevato rischio di batteriemie, causate da microrganismi che colonizzano il dispositivo oppure da microrganismi che contaminano i liquidi durante la loro preparazione e/o infusione, tanto da essere considerati la causa principale di batteriemie.

Questa situazione sembra essere dipendente:

−   dalla tipologia e dalle caratteristiche dei pazienti ricoverati presso le UTI (particolare gravità della malattia di base, presenza di patologie multiple, malnutrizione, età avanzata, immunosoppressione etc.);

−   dall’utilizzo di dispositivi medici invasivi (tubo endotracheale per la ventilazione meccanica, catetere intravascolare, catetere urinario);

−   dalla presenza di una riserva naturale di microrganismi legata alla presenza di pazienti infetti o colonizzati; la flora endogena di questi pazienti è, infatti, ampiamente riconosciuta come fonte di infezione per tutti coloro che sono degenti in Terapia Intensiva.

 

1.3 Fattori che influiscono sull’insorgenza

Le infezioni nosocomiali sono molto frequenti nelle UTI, ove i pazienti presentano maggiori possibilità di acquisire un’infezione nosocomiale ed un rischio 5-10 volte maggiore rispetto ai pazienti ricoverati presso i reparti di degenza ordinaria.

Le batteriemie, in particolare, sono responsabili di un marcato incremento dei tempi di degenza media in UTI, della durata media dell’ospedalizzazione nonché di un aumento dei costi medi ospedalieri.

L’UTI rappresenta un rischio per la trasmissione di agenti patogeni, in particolare per quelli a trasmissione endovenosa o parenterale, qualora non siano applicate rigorose metodiche di prevenzione e di protezione di pazienti e operatori.

L’aspetto più critico del trattamento delle superfici è la difficoltà di garantire un efficace tempo di contatto (il semplice strofinamento non consente al disinfettante di esplicare appieno la sua attività).

L'esito del processo di disinfezione dipende da diversi fattori:

  • carica organica presente sull'oggetto;
  • tipo e livello di contaminazione batterica;
  • precedente pulizia/decontaminazione dell'oggetto/superficie;
  • concentrazione del disinfettante e tempo di esposizione;
  • struttura fisica dell'oggetto;
  • temperatura e pH del processo di disinfezione;
  • frequenza con cui viene svolto l’intervento.

2. 1 Infezioni correlate a cateterismo intravascolare

Le infezioni associate a catetere intravascolare sono le infezioni, dopo le polmoniti, associate ai costi più elevati e alla proporzione più elevata di decessi per infezione.

La mortalità attribuibile è stata stimata pari a 15-45% in rapporto al tipo di microrganismo responsabile dell’infezione. I pazienti più a rischio sono quelli in UTI, data la frequente inserzione di cateteri multipli, l’esposizione a particolari tipi di catetere (es. quelli arteriosi), la frequente inserzione di tale dispositivo in condizioni di emergenza. I pazienti non in UTI hanno un rischio individuale più basso di contrarre una batteriemia correlata, ma poiché la maggior parte dei pazienti con catetere venoso centrale è ormai ricoverata in reparti diversi dalla UTI, il numero di batteriemie attribuibile al catetere in pazienti non critici è elevato.

Tra i fattori di rischio vi sono: la durata prolungata del ricovero prima dell’inserzione del catetere, la durata prolungata del cateterismo, la colonizzazione del sito d’inserzione e del raccordo (hub), l’inserzione nella giugulare interna, la neutropenia, l’essere un neonato prematuro, la somministrazione di nutrizione parenterale totale, pratiche di gestione del catetere non aderenti agli standard.

Strategie efficaci di controllo delle infezioni correlate ai cateteri intravascolari devono prevedere:

  • la predisposizione di procedure scritte, programmi di formazione degli operatori, la disponibilità di una dotazione sufficiente di personale;
  • l’attivazione di sistemi di sorveglianza attiva, soprattutto in UTI;
  • l’inclusione nei protocolli assistenziali di corrette misure per la scelta dei cateteri e per l’inserzione e la gestione del catetere;
  • la conduzione di audit periodici per verificare le conoscenze del personale e la sua adesione alle misure concordate.

2. 2 Prevenzioni del sito chirurgico

Le infezioni del sito chirurgico (ISC) sono molto frequenti; rappresentano la seconda o terza localizzazione delle infezioni correlate all’assistenza in diversi studi e interessano mediamente il 2-5% dei pazienti operati.

L’incidenza varia da 0,5 a 15% in ragione del tipo d’intervento e di paziente. L’impatto sui costi ospedalieri e sulla degenza è considerevole.

Il rischio di sviluppare un’infezione del sito chirurgico dipende da diversi fattori:

−     caratteristiche del paziente, caratteristiche dell’intervento;

−     durata della degenza pre-operatoria e adozione o meno di misure preventive.

Le caratteristiche del paziente che aumentano il rischio d’infezione sono numerose, tra cui l’età (le persone nelle età estreme, neonati o anziani, sono più suscettibili), la presenza di comorbosità, la malnutrizione e l’obesità.

Gli interventi chirurgici che interessano l’apparato intestinale, respiratorio o urinario sono a rischio aumentato d’infezione, dato il grado più elevato di contaminazione endogena, e il rischio aumenta anche in relazione alla durata dell’intervento e al tipo di tecnica chirurgica impiegata.

Le pratiche assistenziali che possono modificare il rischio di infezione sono molteplici e sono relative all’assistenza del paziente prima, durante e dopo l’intervento.

Strategie efficaci di controllo delle infezioni del sito chirurgico devono prevedere:

  • un sistema di sorveglianza attivo e in grado di rendere continuativamente disponibili ai chirurghi e agli altri operatori sanitari tassi d’incidenza stratificati per i fattori di rischio intrinseci, non modificabili;
  • politiche e protocolli scritti che includano misure atte ad assicurare la corretta gestione della profilassi antibiotica peri-operatoria, la gestione in asepsi dell’atto operatorio e delle pratiche di gestione della medicazione nel post-operatorio.

2. 3 La sorveglianza delle infezioni nosocomiali

È considerata una delle componenti principali del controllo delle infezioni e i programmi di sorveglianza includono innumerevoli e diversificati componenti, alcuni di seguito elencati:

   procedure di controllo delle apparecchiature mediche: protocolli di pulizia e disinfezione per superfici e materiali multiuso;

   procedure di controllo per il personale sanitario: mantenere la presenza di operatori sanitari qualificati mediante training, promuovere approfonditi training sulle procedure di controllo delle infezioni nosocomiali, raccomandazioni specifiche sul rapporto paziente infermiere e paziente ausiliari;

   procedure di controllo ambientale: adeguato spazio intorno ai letti, adeguata localizzazione dei servizi e degli impianti per il lavaggio delle mani, lavaggio pazienti, presenza delle stanze di isolamento in tutte le unità di terapia intensiva.

3. La prevenzione

Rappresenta l’elemento chiave nel limitare la comparsa e la diffusione delle infezioni nosocomiali, in particolare nelle UTI.

Nel corso del tempo si sono sviluppate innumerevoli e differenti strategie di prevenzione, tuttavia non si può prescindere dalle misure igieniche di base; infatti, anche il ruolo delle mani degli operatori sanitari nella trasmissione delle infezioni nosocomiali è stato oggetto di innumerevoli ricerche nel corso degli anni, evidenziando alti tassi di contaminazione da parte di microrganismi potenzialmente patogeni e la possibilità di infezioni crociate trasmesse ai pazienti tramite le mani degli operatori sanitari; questa situazione è particolarmente frequente nelle UTI in cui i pazienti sono sottoposti a frequenti contatti con gli operatori sanitari.

3.1 Igiene delle mani

L’igiene delle mani è la misura più efficace per ridurre le infezioni associate alle cure sanitarie.

Numerosi studi hanno dimostrato che mediamente meno del 40% degli operatori esegue l’igiene delle mani nelle occasioni nelle quali questa sarebbe invece indicata. Tra i fattori di rischio di non adesione alla corretta igiene delle mani vi sono:

  1. l’elevato carico lavorativo (Terapia Intensiva, turni notturni o festivi, ecc.);
  2. essere un medico (l’adesione di queste figure professionali è sempre risultata più bassa rispetto, ad esempio, al personale infermieristico);
  3. utilizzare i guanti e pensare che questi possano sostituire l’igiene delle mani;
  4. il timore di irritazioni o allergie cutanee legate all’uso frequente di antisettici;
  5. il non considerare questa pratica effettivamente rilevante.

La recente introduzione di gel e soluzioni idroalcoliche per l’igiene delle mani ha consentito di superare molti tra i problemi di non adesione, con particolare riguardo alla carenza di tempo in condizioni di elevato carico lavorativo.

Le mani del personale sanitario sono il veicolo più frequentemente implicato nella trasmissione di patogeni correlati all’assistenza.

3.2 Misure precauzionali

Le precauzioni standard includono l’igiene delle mani, l’uso dei guanti, l’utilizzo di barriere protettive (D.P.I.), la corretta gestione delle attrezzature, l’igiene dell’ambiente, la gestione di biancheria e stoviglie, la collocazione del paziente, l’educazione sanitaria e la formazione degli operatori come riportato nel D.Leg. 9 Aprile 2008 n°81 Art. 73 comma 5.

Le precauzioni basate sulla via di trasmissione si aggiungono a quelle standard e prevedono misure aggiuntive sia di barriera che relative al paziente.

Per ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi da un serbatoio a un paziente suscettibile, è necessario interrompere la catena di trasmissione attraverso l’adozione di:

  1. precauzioni, da utilizzare nell’assistenza di tutte le persone;
  2. precauzioni basate sulla via di trasmissione, da adottare nell’assistenza di persone nelle quali sia stata accertata o venga sospettata una specifica infezione, della quale sia nota la modalità di trasmissione.

3.3 Misure di contrasto

Per contrastare l’insorgenza d’infezioni correlate all’assistenza sanitaria in Rianimazione, sono necessarie misure di carattere generale (sistemi di sorveglianza delle infezioni, misure mirate a prevenire e controllare la trasmissione di microrganismi da un paziente all’altro, quali pulizia/disinfezione/sterilizzazione, igiene delle mani e precauzioni d’isolamento) e misure specifiche per pazienti esposti alle principali procedure invasive.

La definizione di politiche e procedure scritte per gli interventi di pulizia, disinfezione e sterilizzazione è essenziale per ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi patogeni veicolati da attrezzature/device contaminati o a partenza da serbatoi ambientali.

Poiché è difficile valutare in modo rigoroso, sulla base di studi clinici, l’impatto sul rischio d’infezioni di diverse modalità di pulizia, disinfezione e sterilizzazione, molte raccomandazioni in quest’ambito si basano su studi di bassa qualità. Questo spiega l’assenza di molte misure comunemente utilizzate nella pratica assistenziale per la pulizia, la disinfezione e la sterilizzazione.

4. Sorveglianza attiva

Non tutte le infezioni correlate all’assistenza sono prevenibili: è, quindi, opportuno sorvegliare selettivamente quelle che sono attribuibili a problemi nella qualità dell’assistenza. In genere, si possono prevenire le infezioni associate a determinate procedure, attraverso una riduzione delle procedure non necessarie, la scelta di presidi più sicuri, l’adozione di misure di assistenza al paziente che garantiscano condizioni asettiche (Tab. 3).

 

Tab. 3: Procedure per l'isolamento selettivo di microrganismi da sorgenti animate e inanimate

 

Un’epidemia si definisce come “aumento statisticamente significativo della frequenza di una malattia rispetto a quella osservata abitualmente”.

In una struttura sanitaria, l’epidemia può comportare un aumento globale della frequenza delle infezioni nell’intera struttura o in un solo servizio, o l’aumento della frequenza di un’infezione specifica (ad esempio infezione urinaria in paziente cateterizzato, batteriemia in paziente con catetere vascolare). L’aumento degli isolamenti di un particolare ceppo di un microrganismo (ceppo epidemico) all’interno di un servizio o di una struttura sanitaria, messo in evidenza dal laboratorio, non necessariamente configura l’esistenza di una epidemia, se non vengono evidenziati anche casi sintomatici di infezione.

Un cluster epidemico d’infezioni correlate a pratiche assistenziali viene definito come il verificarsi di almeno due casi concentrati nel tempo e nello spazio di una infezione rara o grave (ad esempio aspergillosi polmonare) o sostenuta da un ceppo microbico con fenotipo o genotipo identico. Vengono definiti “sentinella” alcuni eventi per i quali il verificarsi di un singolo caso (anche in assenza di epidemia o cluster epidemico) rende opportuna un’indagine e una risposta immediate.

La sorveglianza delle epidemie e dei cluster epidemici d’infezioni correlate all’assistenza sanitaria deve essere responsabilità soprattutto del laboratorio di Microbiologia, che deve rappresentare l’osservatorio epidemiologico privilegiato per l’identificazione tempestiva di questi eventi (Fig. 1).

Per sorvegliare attivamente gli eventi epidemici attraverso il laboratorio si possono adottare diversi metodi:

−   la sorveglianza dei patogeni sentinella, ossia di quegli agenti che per le loro caratteristiche epidemiologiche hanno una maggiore probabilità di diffondersi in ospedale o in altre strutture sanitarie

−   la revisione periodica degli isolamenti positivi in particolari reparti o in pazienti a rischio, con l’obiettivo di identificare eventuali cluster di casi d’infezione sostenuta da uno stesso microrganismo;

−   il confronto con i dati storici per evidenziare l’eventuale incremento di isolamenti rispetto a quanto usuale in quel reparto o struttura.

 

Fig. 1: Sorveglianza delle infezioni

 

5. Le Terapie Intensive e le ICA

I pazienti ricoverati presso le UTI presentano peculiarità e suscettibilità microbiologiche specifiche, essendo particolarmente sensibili alle infezioni da parte di microrganismi opportunisti, sia a causa della gravità delle patologie di base che sottendono al ricovero in UTI, sia a causa di una frequente compromissione dello stato immunitario, inoltre, sono esposti ad uno stretto contatto con lo staff medico ed infermieristico, il che comporta un aumento della possibilità di contaminazione a partire dall’ambiente o da altri pazienti. I pazienti colonizzati rappresentano un vero e proprio serbatoio tanto da rendersi responsabili della colonizzazione di superfici ambientali, di dispositivi medici, di altri pazienti tramite il personale medico-infermieristico o il contatto diretto con la fonte. Infine, l’esposizione a terapia antibiotica multipla può selezionare e favorire la proliferazione di microrganismi patogeni che rapidamente sviluppano resistenza ai comuni antibiotici.

Le infezioni nosocomiali sono molto frequenti nelle UTI, ove i pazienti presentano maggiori possibilità di acquisire un’infezione nosocomiale e un rischio 5-10 volte maggiore rispetto ai pazienti ricoverati presso i reparti di degenza ordinaria.

Le batteriemie, in particolare, sono responsabili di un marcato incremento dei tempi di degenza media in UTI, della durata media dell’ospedalizzazione nonché di un aumento dei costi medi ospedalieri.

La non appropriata decontaminazione di presidi e attrezzature mediche multiuso è stata responsabile di numerosi eventi epidemici o di singole complicanze infettive, causate dalla trasmissione di microrganismi patogeni da un paziente all’altro.

L’ambiente inanimato dell’ospedale, anche se ospita numerosi serbatoi potenziali d’infezione, è stato raramente implicato nella trasmissione d’infezioni, se non nel caso di pazienti particolari (ad es. immunocompromessi) e/o patogeni particolari (ad es. Clostridium difficile).


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