Anno Accademico 2019-2020
Vol. 64, n° 3, Luglio - Settembre 2020
ECM: Innovazione nel trattamento del tromboembolismo venoso e delle arteriopatie
25 febbraio 2020
ECM: Innovazione nel trattamento del tromboembolismo venoso e delle arteriopatie
25 febbraio 2020
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La trombosi venosa è un fenomeno multifattoriale la cui patogenesi è riconducibile alla triade di Virchow. La triade è composta da tre elementi: ipercoagulabilità, variazioni emodinamiche (stasi, turbolenza), danno endoteliale.
Le trombosi possono essere venose, arteriose e dei piccoli vasi.
Venose:> 60%
- a carico di vene profonde degli arti inferiori, del seno cerebrale,
della vena porta, delle vene profonde degli arti superori, delle vene superficiali;
Arteriose: 30%
- stroke ischemici, arterie periferiche;
Piccoli vasi: 10%
- sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) catastrofica, trombosi isolata digitale, microangiopatia renale.
Il tromboembolismo venoso (TEV) in età pediatrica è una condizione rara, con un’incidenza stimata di 0,07 - 0,49 per 10.000 bambini, caratterizzata da due picchi in età perinatale-neonatale e in adolescenza; significativamente maggiore, con un tasso di 4,9 - 21,9 per 10.000 bambini, è l’incidenza fra i bambini ospedalizzati. L’incidenza del TEV, che include la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare, ha subito un incremento negli ultimi 20 anni, dovuto a diversi fattori quali l’aumento della sopravvivenza dei bambini con malattie croniche, il miglioramento delle tecniche diagnostiche, l’aumentato impiego di CVC, farmaci, interventi chirurgici.
Esistono diverse classificazioni di TEV che, utilizzate in combinazione, possono essere utili per orientare le decisioni riguardo alla durata della terapia e la prognosi. La classificazione anatomica suddivide le trombosi in base al sito anatomico:
- estremità inferiori (prossimale e distale);
- estremità superiori (prossimale e distale);
- altri distretti corporei.
Il 79% delle tromboembolie si manifesta alle estremità. Il TEV può essere classificato in base alla presenza di sintomi come sintomatico o asintomatico: la tromboembolia delle estremità e della vena cava si presentano con tumefazione dolente dell’arto ed edema; l’embolia polmonare si manifesta con dolore toracico, dispnea ed emottisi; la trombosi del seno venoso cerebrale è caratterizzata da cefalea con o senza segni di interessamento nervi cranici; la trombosi addominale ha una presentazione variabile, comunemente con dolore addominale; la trombosi della vena epatica si presenta con nausea, vomito, ascite, splenomegalia; la trombosi della vena mesenterica si associa a sangue occulto nelle feci positivo nel 50% dei casi; la trombosi della vena renale si manifesta con dolore al fianco, febbre, aumento della pressione arteriosa, ematuria. Il TEV può essere classificato in base alla presenza di fattori di rischio (nel 90% dei casi in età pediatrica) che possono essere transitori (e.g. interventi chirurgici, fratture, sepsi, nutrizione parenterale) o persistenti (e.g. chemioterapie, metastasi). Tra i fattori di rischio la presenza di CVC rappresenta il fattore scatenante più comune. Infine il TEV è considerato “idiopatico” in assenza di fattori di rischio e di trombofilia clinicamente significativa; al contrario si considera “non idiopatico” se è presente trombofilia.
La trombofilia può essere ereditaria o acquisita. Nel primo caso può essere dovuta a un deficit qualitativo o quantitativo di una o più proteine che fisiologicamente hanno attività anticoagulante (antitrombina III, proteina C e S) oppure a mutazioni genetiche di fattori della coagulazione (e.g. fattore V di Leiden), del fattore protrombinico, dell’enzima MTHFR. La trombofilia acquisita include la sindrome da anticorpi antifosfolipidi.
In epoca neonatale diverse condizioni possono determinare un aumentato rischio di TEV, come la presenza di un CVC (che causa alterazione flusso ematico per ridotto calibro dei vasi e danno endoteliale nel sito d’inserzione), le cardiopatie congenite (trasposizione delle grandi arterie, atresia della tricuspide, tetralogia di Fallot), la sepsi, la disidratazione, la nutrizione parenterale (per la presenza di destrosio e l’aumento della concentrazione del Ca++). Nel bambino e nell’adolescente i fattori di rischio più rilevanti sono: la presenza di CVC, l’aver subito un intervento per cardiopatia congenita, la nutrizione parenterale, la sepsi, la disidratazione, una condizione di trombofilia, le condizioni anatomiche predisponenti (atresia o ipoplasia vena cava inferiore, compressione estrinseca vena iliaca sinistra, sindrome dello stretto superiore).
Il TEV è una causa importante di morbilità. Uno studio coreano ha analizzato la presenza di comorbidità associate al TEV, di cui la più comune è rappresentata dalle infezioni (11% dei casi), seguite da tumori (7.6%), diabete mellito (4.4%), cardiopatie congenite (3.4%), malattie del connettivo (2.6%), prematurità (1.5%), sindrome nefrosica (0.6%). Uno studio pubblicato sul British Journal of Anesthesia analizza l’incidenza di TEV nei bambini portatori di CVC percutaneo non tunnellizzato: questo risulta essere associato a trombosi venose nel 30% dei casi, la maggior parte delle quali tuttavia asintomatiche e non occludenti. Il beneficio di questo dispositivo risulterebbe essere maggiore nei soggetti di sesso maschile, se multilume e se posizionato nella parte superiore del corpo.
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è una causa rilevante di trombofilia acquisita. Ha un’incidenza di circa 5 nuovi casi/100.000/anno e una prevalenza di circa 40 e 50 casi/100.000. Inoltre è stata dimostrata nel 13% dei pazienti con stroke, nell’11% dei pazienti con infarto acuto del miocardio, nel 9,5% dei pazienti con trombosi venosa profonda e nel 6% delle pazienti con morbilità in gravidanza. Esiste una forma di APS, detta catastrofica, letale che costituisce meno dell'1% di tutti i casi di APS. Per formulare diagnosi di APS è necessaria la presenza di almeno un criterio clinico e uno di laboratorio. Sono considerati criteri clinici uno o più episodi di trombosi (venosa, arteriosa o dei piccoli vasi) confermata alla diagnostica per immagini o dall’istopatologia e/o una storia di aborti ripetuti. Il criterio di laboratorio è definito dal riscontro di almeno un anticorpo antifosfolipidi (aPL) positivo in 2 o più occasioni (a distanza di almeno 12 settimane); da questa definizione sono esclusi i casi con presenza di anticorpi aPL da meno 12 settimane. Gli anticorpi antifosfolipidi sono:
Il dosaggio degli anticorpi antifosfolipidi è consigliato nei bambini con trombosi e manifestazioni cliniche compatibili con APS, quali piastrinopenia non spiegata, anemia emolitica, livedo reticularis, fenomeno di Raynaud, corea.
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è definita catastrofica in presenza del coinvolgimento di 3 o più organi, apparati e/o tessuti, se compaiono più manifestazioni contemporaneamente o nell’arco di una settimana, in caso di conferma istopatologica di occlusione di un piccolo vaso in almeno un organo o tessuto.
La vasculite primitiva del SNC è un’infiammazione dei vasi cerebrali che non si associa a vasculite di altri organi. La sua incidenza non è conosciuta ed è classificata in base alla grandezza del vaso. È responsabile del 40-60% degli stroke ischemici arteriosi (3-8/100.000 bambini/anno). Si manifesta con cefalea intensa acuta (80% dei casi), deficit neurologico focale (78%), importante deficit motorio (62%), disturbi cognitivi (54%), coinvolgimento nervi cranici (59%), convulsioni soprattutto in presenza di vasculite dei piccoli vasi.
Una ricorrenza di tromboembolismo venoso si può presentare nel 3% dei casi in epoca neonatale e nell’8% dei casi nell’intera popolazione pediatrica. Il rischio di recidiva è aumentato in presenza di fattori di rischio e di comorbidità. Si associa ad un persistente aumento del D-dimero (>500 ng/l) e del fattore VIII (>150 UI/dL).
La sindrome post trombotica è una complicanza frequente della TV delle estremità, caratterizzata un’incidenza di circa il 26%, con una variabilità tra lo 0% e il 70% (legata al tipo di studio). Tra i fattori di rischio l’età avanzata, l’aumentata massa corporea, l’estensione iniziale del trombo, il numero di vasi coinvolti, la non risoluzione, la presenza di CVC, la positività del LAC. Clinicamente si manifesta con edema, dolore, pigmentazione cutanea, vene varicose che possono progredire fino all’ulcera.
L’esecuzione di test trombofilici di laboratorio è indicata nel caso di un neonato, bambino o adolescente con TEV (o ictus) senza una condizione clinica predisponente; è da valutare in adolescente asintomatico con anamnesi familiare positiva per TEV, per possibili interazioni con condizioni cliniche predisponenti (per esempio estroprogestinici); non è indicata negli altri casi.
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