Dott.ssa Giorgetta Gencarelli

Dirigente Medico Sez. Pneumologia e Riabilitazione Respiratoria, Presidio Ospedaliero Massa Marittima, Grosseto

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 2, Aprile - Giugno 2021

Simposio: Cuore Polmone: COVID-19 tra Ospedale e Territorio

09 febbraio 2021

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COVID-19 e Ospedale

G. Gencarelli

L'infezione da virus SARS-CoV-2, denominata COVID-19 (COronaVIrus Disease 19), è stata inizialmente rilevata in Cina nel dicembre 2019, e successivamente si è diffusa rapidamente in tutto il mondo, al punto che l'11 marzo 2020 l'OMS ha dichiarato che il focolaio poteva essere definito come una pandemia. Oggi continua a colpire milioni di persone in tutto il mondo producendo cambiamenti sismici nella società in generale.

La malattia COVID-19 varia da lievi episodi simil-influenzali ad altre condizioni gravi e pericolose per la vita a causa dell’insufficienza respiratoria acuta; nello specifico i dati pubblicati suggeriscono che 81% dei COVID-19 è lieve, il 14% è grave e che il 5% richiede cure intensive. Il tasso di mortalità varia dall’1,4% nei pazienti ospedalizzati al 61,5% nei pazienti critici.

Questi pazienti sono frequentemente ammessi nei nostri reparti di Medicina Intensiva in relazione alla Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS).

Nella fase iniziale della pandemia, il numero sproporzionato di pazienti con grave insufficienza respiratoria ipossiemica acuta, rispetto alle risorse disponibili, ha costretto i medici ad assistere i pazienti con tecniche non invasive al di fuori delle Unità di Terapie Intensive, mantenendo la respirazione spontanea preservata nonostante gli scambi dei gas fossero compromessi. I dati sul fallimento della NIV hanno sollecitato la ventilazione invasiva (VMI), a sua volta con dati negativi sul tasso di mortalità e con un numero elevato di sanitari infetti in seguito all’intubazione tracheale per mancanza di dispositivi di protezione individuali (DPI) adeguati ed impostazioni del ventilatore che potessero limitare la dispersione delle particelle virali.

I dati analizzati dei pz. sottoposti a VMI ha portato all’ipotesi di diversi fenotipi con COVID-19, a partire dalla risposta infiammatoria del malato (tempesta di citochine) che contribuisce al danno polmonare acuto con risposta diversa in termini di successo e fallimento. Inoltre la conoscenza dell’attivazione della coagulazione intravasale ha dato una spiegazione all’evoluzione più grave di COVID-19, poiché andava ad interferire con i processi di riparazione e cicatrizzazione delle lesioni, predisponendo così gli individui a meccanismi aberranti di riparazione e fibrosi.

Sulla base dei dati pubblicati e sulle conoscenze acquisite, sono stati sviluppati degli algoritmi per la gestione del paziente con grave insufficienza respiratoria acuta ipossiemica sia all’interno che al di fuori delle ICU, per mezzo di staff addestrati, con la giusta attrezzatura e una finestra di monitoraggio stretto in modo da procedere ad intubazione tempestiva al peggiorare dello stato respiratorio.

L’algoritmo prevede l’avvio del paziente all’ossigeno terapia convenzionale se SpO2 <92% con maschera di Venturi fino ad arrivare una SpO2 tra il 92-96%. Se dopo 4 ore, la SpO2 e la RR (< 30 atti/min) si mantengono stabili, il paziente mantiene ossigeno, altrimenti si passa ad ossigenoterapia ad alti flussi con cannule casali (HFNC).

L’utilizzo degli HFNC è indicato quando PaO2/FiO2 5l/min, con la possibilità di avere rampa da 30 fino a 60 L/min di flusso per mantenere una SpO2 > 93%. Prima di iniziare la terapia, è necessario posizionare una mascherina chirurgica sul naso e sulla bocca con cannula nasale adattata. Questo permette non solo di ridurre la deposizione di goccioline ma migliora l’ossigenazione senza alcun effetto collaterale, eccetto una riduzione della clearance della CO2. Ciò potrebbe comportare un aumento del lavoro respiratorio che potrebbe richiedere un aumento della velocità di flusso degli HFNC. Il beneficio degli HFNC viene valutato attraverso l’indice di ROX in maniera seriata a distanza di 2, 4, 6 e 12 ore. Questo indice descritto da Roca et al, definito come il rapporto tra la pulsiossimetria/frazione di ossigeno inspirato e frequenza respiratoria (RR), identifica i pz. a rischio fallimento del NHF, in particolare ROX di 4,88 è associato ad un alto rischio di intubazione.

Lo step successivo al fallimento HFNC (P/F 60 mmHg o RR >30) è la CPAP tramite Elmetto o maschera oronasale, iniziando con 10 cmH20. Si raccomanda di non superare i 12-13 cmH2O per evitare barotraumi, lesioni polmonari auto inflitte (S-ILI) o impatto emodinamico negativo, l’obiettivo è ottenere una SpO2 > 93%.

Se sotto CPAP, rapporto P/F 30/distress respiratorio, è consigliato cambiare modalità di ventilazione in PS con PEEP di 10-12 cmH20 e PS impostati con l’obiettivo di VT 4-6 ml/Kg e una FiO2 target di 90-95%.

Indicatori di fallimento della NIV e passaggio all’intubazione, dopo un’ora, sono: arresto respiratorio, pausa respiratoria con incoscienza, grave instabilità emodinamica, P/F < 100 con pO2 < a 60 mmHg e RR> 30.

Importante in tutti gli step la Prone-positioning come strumento per migliorare l’ossigenazione. Gli studi sull’argomento sono tanti e con durata e frequenza diverse; non essendoci un protocollo uniformato ha senso applicare l’auto-pronazione tanto quanto tollerato dal paziente e, se efficace, prolungarlo per 3-5 giorni.

 

Fig. 1: Step successivi di assistenza respiratoria.

 

Oltre al supporto ventilatorio, come da LG, tutti i pazienti con insufficienza respiratoria acuta vengono trattati con terapia medica a base di corticosteroidi sistemici (desametasone 6 mg/die per un massimo di 10 giorni), profilassi farmacologica del tromboembolismo venoso (TEV) con enoxaparina 100 UI/kg; l’uso del remdesivir ev entro le 72 ore dal test antigenico per 6 giorni solo per i paziente critici ma non ventilati, mentre  sconsigliato nel pz critico in ventilazione  meccanica, cosi come è sconsigliato l’uso del plasma se non per studi clinici.

È raccomandata la profilassi antibiotica per le sovra infezione per un massimo 5-7 giorni.

È fortemente raccomandato per gli operatori sanitari che eseguono procedure generatrici di aerosol nei reparti di ICU e di Medicina Intensiva utilizzare maschere respiratorie adeguate (N95, facciale filtrante protezione 2 o equivalenti), tubi a prova di virus, stanze a pressione negativa.

Ad oggi la migliore strategia per sconfiggere la pandemia rimane la prevenzione mirata a ridurre la trasmissione nella popolazione e la vaccinazione di massa.