Dott. Renato Giordano

UOC Diabetologia e Dietologia, ASL ROMA 1

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 3, Luglio - Settembre 2021

Settimana per la Cultura

13 aprile 2021

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Lancisi ed il processo per eresia ai medici romani del 1690

R. Giordano

Sono solo nell’oscurità della notte,

temo che nel buio le mie parole si perdano

e che la perdita sia senza rimedio.

Allora decido di restare muto. In silenzio. Ma vivo.

Aspetterò, aspetterò finché la luce dell’alba

illumini di nuovo il mondo”.

“La commedia è finita. Che bel finale: devo morire.

Ma prima voglio fare Testamento. Lascio…”

Dalla Commedia “Processo per eresia a Lancisi” di Renato Giordano

 

“Chi parla è mandato in galera. Chi scrive è impiccato. Chi sta quieto va al Sant’Officio”.  Questo stava scritto su di un foglio attaccato alla statua di Pasquino nell’anno del Signore 1687. La pasquinata ci fa capire l’atmosfera in quella Roma di fine 600 dove è ambientata questa vicenda poco nota: il processo per eresia a Giovanni Lancisi e ad altri Medici Romani del 1690. Andiamo per ordine, ricordando brevemente gli eventi più salienti della vita di Giovanni Maria Lancisi. Nasce a Roma il 25 ottobre 1654, e la mamma muore nel darlo alla luce. Studia al collegio Romano e poi alla Sapienza dove si laurea in Medicina nel 1672. Entra come medico all’ospedale di Santo Spirito nel 1676, come assistente di Giovanni Tiracorda, primo medico dell’ospedale e medico di Papa Innocenzo X. Nel 1684 viene assunto alla Sapienza come lettore di Anatomia (lui ha sempre affermato che alla base della medicina pratica ci doveva stare l’Anatomia) e quando nel 1688 dopo la morte del collega che divideva con lui l’onore di curare il Papa, Tiracorda decide di non accettare l’incarico che gli viene proposto di medico di Innocenzo XI a causa dell’età,  consiglia al suo posto il giovane Lancisi; lui viene nominato medico ordinario, cameriere segreto del pontefice e premiato col canonicato della Basilica di San Lorenzo in Damaso. Importanti molti suoi studi, tra questi quello sulla Morte Improvvisa, il “De Subitaneis Mortibus”. Contribuì fortemente allo sviluppo della fisiopatologia cardiocircolatoria ed affermò la trasmissione della malaria attraverso la zanzara.  Poi dopo la morte del Papa Innocenzo XI (con la breve parentesi del Papato di Alessandro VIII) c’è un lungo periodo di buio nella sua vita, del quale “stranamente” non parlano le sue biografie.

Infatti le sue biografie ci raccontano l’importante vita professionale, umana e scientifica, e la prima parte l’abbiamo ricordata in estrema sintesi, ma tutte sono assolutamente agiografiche, a cominciare dalla prima di cui è autore Giovanni Maria Crescimbeni (1663-1728), contemporaneo del Lancisi, storico dell’Arcadia e Commendatore del Santo Spirito (Vita di monsignor Giovanni Maria Lancisi, 1721), scritta solo un anno dopo la morte di Lancisi. Per continuare con le altre che comunque hanno preso la prima come riferimento, cioè quella di Pietro Assanti, e la più recente di Amato Bacchini (1920). Per esempio quella ufficiale scrive:

“Che dire della castigatezza dei suoi costumi? Seppe morire dopo aver rinunciato in vita ad ogni affetto ed a ogni piacere. Morì Celibe!...”. Chi potrebbe sollevarne dubbio?

Tutte le note storiche segnalano che Lancisi, morto il Papa Innocenzo XI nel 1689, lasciò l’incarico di Archiatra, di medico del Papa e tornò allo stato privato…

“Dovette tornare a vita privata, ovvero totalmente secolare perdendo tutti gli appannaggi…”

“…Trovandosi per i primi tempi in angustie economiche. Ma poi riprese con animo l’esercizio della medicina ed i suoi studi…”.

A sottintendere semplicemente che morto il proprio Illustre paziente aveva perso il lavoro, o al massimo, come più volte si è scritto, che era stato criticato per come aveva condotto professionalmente la cura del Pontefice. E quindi allontanato. (Notare bene che lui stesso aveva contribuito a spargere questa voce). In realtà c’è dell’altro!! Tutti gli autori di biografie glissano completamente su quello che è stato l’evento più scuro e traumatizzante della sua vita, il processo intentato dal Sant’Uffizio, e quello che ne è seguito.

E saltano completamente quello che è avvenuto dalla fine del 1691 per 4-5 anni fino al 1696, e oltre, fino a quando torna completamente alla vita pubblica dal 1699.

La sua disgrazia va collegata alla fine del 1689 e all’inizio del 1690 con lo svolgimento del   processo che avrebbe portato al carcere a vita o a morte la setta dei BIANCHI, medici, libertini ed atei, a cui lui venne in qualche modo, e vedremo come, collegato con un procedimento collaterale.

Ma veniamo all’episodio oscuro e per lungo tempo insabbiato di questo Processo per Eresia (processo del quale abbiamo ritrovato i Sommari e gli atti tra le carte di Prospero Bottini e negli archivi dei frati minori).

Tutto comincia con la deposizione di un certo Francesco Picchitelli, detto Checco il falegname, una sorte di killer, bravo maestro di scherma, il quale denuncia nel dicembre del 1689 prima a Milano, poi a Roma, all’inquisitore una empia setta chiamata dei BIANCHI.

I Bianchi, si sono da soli nomati così perché secondo loro hanno dato di bianco alla fede. Sono Eretici che in nulla credono, e che non c’è né inferno né paradiso, che i miracoli son botteghin dei preti e, che tutte le religioni son buone; che non bisogna credere né in Cristo né nella Madonna, che il mondo è sempre stato e sempre sarà, che la Madonna è una zingara, che confessarsi non serve a nulla. Eccellenza io mi chiamo Francesco Picchitelli, ma tutti mi chiamano Checco il falegname, perché se ci sta da piallare qualche problema o qualche persona, con rispetto parlando, io sono a disposizione”.

In realtà i cosiddetti Bianchi sono un gruppo di filosofi, scienziati e medici che discute prevalentemente di Spinoza, Cartesio, Pascal... Dalle deposizioni reiterate di Checco il falegname cominciano a uscire i primi nomi.

Torno a denunciare per la terza volta quegli eretici. Così la finiscono de pjarme per il culo, con licenza parlando, quando dico che credo agli spiriti perché alla Madonna del Monte Vergine, io ne ho avute le prove dell’esistenza degli spiriti. Ecco i nomi. L’abate Boselli ed il suo servo Petruccio, Giuseppe Pignatta, Filippo Alfonsi er poeta, Simone De Silvis, Pietro Antonio Capra, uno fissato che sta sempre a giocà a pallone, e Mons. Pietro Gabrielli dal quale ci si incontra la sera”.

In particolare Gabrielli è un personaggio di spicco in città, ricco, fratello di Cardinale, nipote di Papa, Presidente della camera apostolica. Viene fuori che le riunioni del Gruppo di eretici avvengono a casa sua, a Palazzo Taverna in via di Monte Giordano.

Se ci sta qualcuno che può confermare le mie accuse a quegli eretici che tra l’altro imbrogliano pure al gioco dei dadi? Certo, Pietro Celli carbonaio di Amatrice e un pischello, di nome Flaminio Paladini!”

A questo punto il Santo Uffizio decide di fare una verifica sulla veridicità delle accuse di Picchitelli, e convoca i due che pur con qualche riluttanza confermano. Gabrielli, informato, capisce il pericolo, viene consigliato in segreto, e si presenta a testimoniare spontaneamente, sperando di limitare il danno. Ma la sua mossa d’anticipo non riesce fino in fondo, commette degli errori nella deposizione, e viene arrestato nel maggio 1690, e portato a Castel Sant’Angelo. Lo scandalo si allarga, si fanno i primi arresti, ed escono altri nomi, l’abate chirurgo Antonio Oliva, Cecilia la giovane fidanzata del Gabrielli, altre 9 donne (quasi tutte accusate di partecipazione ad orgie) e 2 preti. Infine un medico dell’Ospedale Santo Spirito, Sulpizio Antonio Mazzuti, molto vicino al nostro Giovanni Maria Lancisi.  

Al seguito di quello di Mazzuti cominciano a circolare altri nomi di medici famosi, e tra questi, anche se ancora ufficiosamente, viene fatto quello di Girolamo Brasavola, presidente del Collegio dei Medici Romani, Giacomo Sinibaldi, N. Gerosi, e quello importante di Lancisi. Allora lui, si comporta come Gabrielli (pure l’avvocato che li difende è lo stesso) e si presenta a fare una testimonianza volontaria, anche se nessuno dei coinvolti sinora lo ha ancora tirato in ballo. È il 12 agosto 1690. Ricordiamoci che è passato solo, ed esattamente, un anno dalla morte di Innocenzo XI, che lui ha curato, trovandosi quotidianamente a stretto contatto con tutti i più influenti membri della Curia, quindi le sue amicizie potenti sono molte. 


Il primo interrogatorio a Lancisi.

Lancisi si sentì cadere il mondo addosso. Tutte le sue certezze, tutto quello che aveva costruito stava per crollargli intorno. Aveva un senso di vertigine assoluta mentre saliva le scale del palazzo del Santo Uffizio. Il senso di onnipotenza che aveva caratterizzato la sua vita sino a quel momento stava franando come un castello di carte. Gli avevano detto che si doveva presentare spontaneamente per anticipare le denunce contro di lui, che stavano per arrivare. E che i rischi non solo per la sua reputazione ma anche per la sua vita erano davvero ingenti. Grazie alle conoscenze che aveva, stava anticipando di una settimana almeno un paio di denunce contro di lui, per le quali era stata spostata ad arte la convocazione. Quella di un certo medico tedesco, Gunther Sachs, e quella del Bolla, il marito cieco della sua ex amante, Chiara.

Gli inquisitori seduti dietro la scrivania erano tre. Giovanni cominciò a fissare un punto indefinito davanti a lui ed iniziò a dire le cose che si era lungamente preparato a raccontare. Come un attore ligio si preparò a recitare un copione già scritto sperando di essere credibile. (Lui amava recitare. Era un attore amatoriale. E recentissimamente, nel marzo 2021, è stata ritrovata nella Biblioteca Lancisiana una maschera della commedia dell’arte che gli apparteneva).

Ho deciso di rilasciare una deposizione spontanea perché questo mi chiede la mia coscienza. Tutto è iniziato quattro anni fa con delle letture false e detestabili che ho fatto, contro la religione cattolica. Macchiavelli, Tacito, Erasmo… ma assolutamente queste letture non avevano provocato dei danni in me. Dopo ho conosciuto alcune persone, in particolare un collega, un mio assistente, il medico Mazzuti, che mi riferiva le opinioni blasfeme di un altro medico: Antonio Oliva. Vorrei riportare alcune di queste opinioni. Ma non so da dove cominciare…. Scusatemi, ho difficoltà pure a ricordarle in questo momento, rendendomi conto di quanto siano devianti. Vediamo un po', per esempio che Cristo, tornato dall’Egitto aveva voluto farsi re dei Giudei e che poi, solo dopo essere stato messo a morte, e impiccato, si è cominciato a parlare di lui come figlio di Dio. Poi che… Giovanni era fratello di Gesù, e che il miracolo dei pani e dei pesci, altro che miracolo, è stato solo un gioco di prestigio! Era stato un artificio dei suoi partigiani che avevano nascosto il pane sotto il fieno. Ancora che San Giuseppe era sterile, che Cristo era dedito alla sensualità dell’uno e dell’altro sesso, e….”

L’inquisitore capo disse che poteva bastare.

Ma Lancisi volle continuare. “No, no, voglio riferirvi tutto quello che mi ricordo. Ancora che Gesù è nato da una relazione illegittima, che la fede cattolica è assolutamente come quella egizia o maomettana, tutta fondata sulle forza di chi governa. QUESTO MONDO è tutto UN TEATRO. E quello che noi chiamiamo Dio il turco lo chiama Dio GRANDE…. Ma è sempre lo stesso attore che recita parti diverse. Tutto questo me lo diceva Mazzuti. Certo, del resto lui non credeva nell’immortalità dell’anima. Ma tutte queste idee gli venivano come ho già detto, dall’abate dottor Oliva”.

Gli venne chiesto se lui avesse cominciato a seguire e a divulgare queste teorie…

Sì. Anzi no, divulgare no, insomma, alcune, ma moderatamente, avendo qualche principio di piccolo dubbio sulla religione cattolica. Raffreddando un pochino quel fervore primiero che io avevo”.

L’inquisitore gli chiese se avesse frequentato anche l’Oliva e lui negò.

Dite di no? Sicuro? E perché non lo avete fatto? È perlomeno strano, visto che ascoltavate con attenzione e curiosità le sue tesi”.

E Lancisi: “Padre, sono venuto qui come in confessione e quindi dico la verità. Perché io, abituato a primeggiare, sono sempre stato geloso di non poter essere il primo in qualunque campo, e quindi non potendo essere il primo empio in questa materia non mi sono voluto cimentare in un contraddittorio con chi era senz’altro il Primo”.

Non è proprio una giustificazione, macapisco. È un sentimento umano. In questo caso provvidenziale, per un medico che era anche l’Archiatra papale, il curante del santo Pontefice”.

Con questa battuta era tornato a parlare l’inquisitore più anziano, quasi a calmare la veemenza degli altri. Le cose non si stavano mettendo benissimo, doveva per forza, sterzare, rimettere l’incontro su di un binario più rassicurante.

Ma da circa due anni, cioè da quando sono diventato il medico personale del Papa, del Santo Innocenzo XI, ascoltando lui, ho iniziato a leggere i libri dei santi padri e dei santi dottori della chiesa cominciando così a togliermi dalla testa le sbagliate idee precedenti. E trovandomi AL BIVIO ho iniziato a condurre una vita moralmente più sana”.

L’inquisitore concluse l’incontro. “Va bene, basta così dottor Lancisi, se non ha altro di importante da dirci Noi riteniamo concluso questo incontro. Le sue deposizioni spontanee sono state da noi apprezzate e ci auguriamo che siano frutto, come credo, di un sincero e profondo ripensamento. È così? Questo salverà la sua anima!”

Ed il corpo, aggiunse dentro di sé Lancisi, rabbrividendo solo al pensiero di un rogo a Campo de’ Fiori, alzandosi lentamente e a capo chino dalla poltrona.

Lancisi fa appena a tempo a deporre che arrivano le prime denunce contro di lui. Il primo è il medico tedesco Gunther Sachs, che denuncia tutti i più importanti membri del Congresso Medico Romano, cioè il Lancisi, Girolamo Brasavola e Sulpicio Mazzuti di essere parte di un gruppo deviante, seguace delle idee di Lucrezio e Cartesio. Passano tre giorni ed arriva un'altra denuncia ancora più circostanziata e pericolosa. È un cieco, si chiama Giovan Francesco Bolla, va in tribunale e rilascia una dettagliata accusa proprio diretta contro Lancisi.

Io, Giovan Francesco Bolla, di condizione non vedente, dichiaro e giuro di aver sentito mia madre Ginevra Bocchi riferire di aver ascoltato dalla nuora, cioè da mia moglie Chiara, che il Lancisi aveva fatto discorsi empi. Per esempio lui aveva detto che «morto il corpo era morta anche l’anima» che «inferno e paradiso non esistono» e che «tutti i veri dotti la pensano nelle stesso modo», facendo il nome di un certo monsignore, che ci aveva una diocesi importante in Calabria.

L’inquisitore: “Quel nome era Angelo Dalla Noce? L’arcivescovo di Rossano? Il fondatore dell’Accademia di Cristina di Svezia? È sicuro?”

Mi pare, potrebbe essere. Non ce posso mette la mano sur fuoco, me sembra quello il nome che faceva, ed era indicato come persona con le sue medesime idee. Sté cose le dovete da chiedere a Chiara. Io concludo, e ce tengo a finì così, che sto facendo stà denuncia per motivi di coscienza. E ribadisco. Il Lancisi ha affermato più volte che Christo Signor nostro non era figlio di Dio, ma che era stato il miglior furbo et il maggior ladro che fosse stato tra gli ebrei. Che morto il corpo era morta l’anima ragionevole. Che non vi era né inferno, né paradiso, né purgatorio. Che nell’ostia consacrata non vi era cosa alcuna. Che miracoli e santi approvati dalla Chiesa era tutte politiche dei preti e dei frati. Che inoltre parlando il detto Lancisi, generalmente in ordine delle cose credute dai cattolici, soggiunse in tal occasione che i cappuccini sono minchioni a rovinarsi la vita, volendo intendere, che le cose che credono i cattolici sono tutte cojonate. E tutto questo non lo racconto perché mia moglie era considerata dalle malelingue la sua amante”.

Poi tocca all’ex amante vendicativa di Lancisi.

Io mi chiamo Chiara Bolla. Eccellenza, cò rispetto parlando, ed ero l’innamorata non l’amante, e lui è un infame. Una volta lui, e l’amichetto suo, il Gabrielli, hanno detto a me ed alla mia amica Cecilia Buagni, che stava col Gabrielli, che con i peccati fatti con le donne e co’ gli omini, non si offende certo Dio. Quindi non ci dovevamo affatto confessare per quello che facevamo con loro. Ma che si offende Dio solo togliendo fama o robba altrui. Un presuntuoso saputello. Infatti mi diceva anche: «Chiara, per capire le cose bisogna studiare quanto ho studiato io, infatti tutti i veri dotti sono di queste opinioni».  Stava sempre a pontificare. E poi continuava dicendo … «E su questi particolari bisogna sentire l’arcivescovo di un posto al meridione, dimorante in Roma, e quell’abate aiutante di monsignor Orsini, uomini dotti, della mia medesima opinione”.

Il marito, il Bolla, rincara la dose. E tutti e due insistono.

Quell’infame del Lancisi prima stava sempre a casa nostra per visitare a Chiara e a mia madre, e dopo che è diventato medico di sua santità Innocenzo XI è scomparso. Lancisi parlava dei suoi amici ateisti ma non faceva i nomi e di questi ci riferì le affermazioni tipo... «Mosè è stato un bel ingegno e per farsi capo del popolo ebraico ha finto, quando ha scritto nelle sacre scritture che Dio gli ha dettato i 10 comandamenti … quelli se li è inventati lui». Io, Bolla, ho deposto per tacitare e sgravare la mia coscienza avendo per anni avuto familiarità col Lancisi. Ed avendo sentito di questa setta di ateisti voglio aiutare la santa inquisizione perché la estirpi. E benché io sia cieco mi sono fatto portare al Santo Uffizio per zelo della religione cristiana. Si stanno svegliando ‘ste sette di atei quindi bisogna da rimedià a sto problema”.

E Chiara: “Monsignore gli dicevo, Oh Giovà vuoi andare di matto? Se vuoi venire a casa mia ancora non devi più discutere di queste cose”. E lui: «va bene, voi donne siete delle credulone, non te ne parlerò più». La verità è che Lui è un Leggiero, un Vanarello dottorino. M’ha lasciata da un giorno all’altro così. Altro che grande amore! A parte che voleva fa cose anche co’ la mia amica Petronilla Muti. Lo dovete da punì questo infame traditore”.

Erano convinti di avergli fatto un bel servizietto, per loro era il caso che il Lancisi si preparasse a fare Testamento, per lui stava per arrivare la notte!


Il secondo interrogatorio a Lancisi

Lancisi temeva in particolare le dichiarazioni della sua Chiara e di Bolla, ed allora tornò a rilasciare una seconda deposizione spontanea il 6 settembre, poiché, così disse, si era accorto di non avere bene scaricato la coscienza.

Mentre Lancisi saliva per la scalinata del Santo Uffizio il suo avvocato, Domenico Rainaldi, continuava a ricordargli cosa doveva e cosa non doveva dire, ma lui neanche lo ascoltava. Si sentiva estraneo, come sospeso in cielo, come una di quelle nuvole barocche che aveva tanto ammirato negli spettacoli del Bernini. Entrò da solo nella sala del tribunale. L’inquisitore si alzò mostrando un sorriso tranquillizzante.

Prego dottor Lancisi, si accomodi. Ci rivediamo, a breve distanza di tempo! Per quale motivo ha chiesto di essere ascoltato di nuovo da Noi?”

Perché mi sono reso conto che nel nostro primo incontro non avevo ben scaricato la coscienza e quindi volevo completare la deposizione. Per iniziare ho riflettuto a lungo e mi sono reso conto di aver sicuramente tenuto qualche discorso imprudente che potrebbe essere stato malamente interpretato. E ne attribuisco la responsabilità alla mia vanità, ed al desiderio di mostrare erudizione e conoscenza in particolare di autori come Erasmo e Luciano”.

I volti davanti a lui erano impassibili. Fece un lungo respiro poi quasi in apnea cominciò la parte più difficile della sua deposizione.

Ma quello di cui voglio parlare sono in particolare i miei rapporti da solo a sola con Chiara Bolla. Ho cominciato a frequentare la casa di questa signora circa sette anni fa e ne sono diventato l’amante. Si sa in certi momenti di intimità si dicono anche cose che non hanno senso. Per esempio ricordo che nei nostri ultimi incontri segreti una volta Madonna Chiara mi ha domandato… «Giovà, noi anche dopo morti ci ameremo ancora?» Risposi giocando: Certo, quando ci ritroveremo nell’orbe della Luna. Ovviamente quando ho lasciato la suddetta madonna, mettendo fine alla nostra relazione, d’altronde c’era sempre un marito, lei mi ha fortemente minacciato di rappresaglie spalleggiata dalla madre, una megera. Voi sapete come sono le donne. E vorrei portare a testimonianza quella del mio barbiere per confermare le mie affermazioni”.

Qui finalmente notò un accenno di espressione di solidarietà maschile e decise di passare oltre cambiando argomento.

L’Inquisitore confermò:Si sappiamo come sono le donne. Scrivi, convocare il barbiere. Come si chiama?”

Lancisi continuò.Domenico, e sta a via dei Coronari. Vorrei ora ritornare a parlare dei miei ragionamenti col dottor Mazzuti di cui raccontai anche durante la mia prima deposizione spontanea. Quattro anni fa Lui aveva voluto fare con me un discorso sull’esistenza di Dio. Io avevo portato come esempio le parole di Sesto Empirico e di Petronio Arbitro, ma non certo per negare l’esistenza di Dio ma semplicemente per questionare intorno alla Provvidenza di Dio. Se il mondo fosse stato Eterno come voleva Aristotele, e se fossero esistite da sempre tutte le cose di esso, cioè tutte le parti componenti del mondo, non c’era bisogno della provvidenza divina, perché da sé stesse si muoverebbero e continuerebbero le mutazioni e le vicende. Questo diceva Mazzuti, ed io semplicemente ascoltavo. Poi, oltre ad essere convinto sostenitore dell’eternità del Mondo, mi aveva raccomandato di leggere Diodoro Siculo e mi assicurava che nelle Indie c’erano libri vecchi di ventimila anni. Poi sempre Mazzuti, riguardo all’anima umana pensava che la perfezione che aveva la nostra anima rispetto a quella degli altri animali poteva dipendere dalla perfezioni dei nostri organi rispetto a quella degli altri animali. E questi argomenti io li ho poi ripetuti ma solo per mostrare erudizione ma non perché ne fossi convinto o perché volessi abiurare alla fede.”

Fece una ulteriore piccola pausa prima di prepararsi all’ultima parte della sua deposizione, quella a sorpresa, quella che secondo Lui, e secondo quelli che lo avevano consigliato, l’avrebbe infine salvato.

Inizio col fare il nome del chirurgo Oliva, poi voglio citare il matematico Vitale, Mazzuti, e le sue teorie sulla conoscenza da parte di Gesù di chiromanzia, astronomia e astrologia… Ma non si esaurisce con questi nomi la lista dei devianti dalla fede che ho conosciuto nel mio ambiente. Ricordo che Mazzuti mi aveva tessuto le lodi dell’Arcivescovo Angelo Della Noce. L’Arcivescovo di Rossano, molto intimo col papa, non credeva all’immortalità dell’anima e riteneva che di Inferno e Purgatorio nel vecchio testamento c’erano pochi indizi, mentre diventavano abbondantissimi nel nuovo testamento e quindi….

Appena uscì quel nome i giudici dell’inquisizione sinora sonnecchianti sbarrarono gli occhi sobbalzando sulle sedie e dicendo che poteva bastare.

Lancisi: “Ancora mi preme segnalare la critica alle scomuniche più volte esternata da parte dell’abate Ferrari, segretario del Cardinale Orsini, anche queste ascoltate in casa del Gabrielli….”

L’inquisitore chiuse in modo deciso.Bene. Va bene così. Dottor Lancisi ha fatto bene a liberarsi da questi pesi. Terremo nel debito conto questa sua testimonianza spontanea. Può andare.”

Alzandosi Lancisi abbassò il capo con un movimento teatrale ma efficace e fece due passi indietro senza voltarsi e mantenendo quella posizione di semi genuflessione, poi si voltò rapidamente ed uscì. L’aver fatto quei due nomi, di Della Noce e Ferrari avrebbe potuto essere la sua salvezza, adesso se avessero voluto stralciare la posizione dei due alti prelati avrebbero dovuto fare la stessa cosa con la sua. Si era comportato da infame? No, salvandosi la vita avrebbe potuto ancora di più dedicarsi al progresso della scienza e della cultura. Questi bei pensieri col tempo avrebbero dovuto diventare fatti, ma certo al momento il sentimento più forte in lui era quello della vergogna e dell’umiliazione. Semplicemente stava tentando in tutti i modi di salvarsi la pelle!!!

Il processo contro i Bianchi ebbe una soluzione drammatica per quasi tutti gli accusati anche condannati all’abiura pubblica in Santa Maria Sopra la Minerva… Ecco quali furono le condanne.

Pietro Gabrielli che, come abbiamo visto era di nobile famiglia altolocata, tenta di far stralciare la sua posizione ma riesce solo ad evitare la tortura. Gabrielli viene condannato al carcere perpetuo con l’aggravante della durezza, però con la dispensa dalla tortura. Molti anni dopo riesce a fuggire e muore a Venezia dove si era rifugiato.

Stesso trattamento del carcere perpetuo con l’aggravante della tortura viene riservato a Pignatta, Alfonsi e Capra. Pignatta e Alfonsi ben presto tentano la fuga dal carcere duro. Ma Filippo Alfonsi, indebolito dalla tortura alla corda, nel calarsi dalla prigione, cade e, catturato, a causa delle lesioni, dopo pochi giorni muore.

Tortura anche per l’abate Boselli e il medico Mazzuti, con una condanna pesante, ma del loro destino poi non si sa più nulla.

L’altro medico del congresso romano, Girolamo Brasavola, non coinvolto direttamente dalle accuse incrociate, viene ammonito di non fare più riunioni atomistiche ed inibito da cariche pubbliche.

Il dottor Oliva dopo torture reiterate e feroci si getta da una finestra alla fine di una di queste sedute e muore suicida.

L’arcivescovo di Rossano della Noce, solo ammonito a causa dell’età (88 anni), e ridotto in povertà, muore subito per cause naturali, in modo perlomeno sospetto, togliendo il Santo Uffizio dall’impaccio.

Invece il processo contro Lancisi viene archiviato nella seduta dei cardinali del 4 ottobre 1690.  “Fuerunt in voto quod pro nunc supersedeat in expeditione huius causae”. Nelle motivazioni vengono citati come elementi a suo vantaggio la comparsa spontanea (che abbiamo visto non è servita invece a mons. Gabrielli), il fatto che “l’accusatrice era donna”, ed il collegamento con gli altri ecclesiastici importanti coinvolti (che si volevano stralciare), cioè della Noce e Ferrari. Viene informato il Papa e l’assessore Pietro Filippo Bernini, figlio del grande Gian Lorenzo Bernini, che non ci sta, e si scaglia contro Lancisi e contro la sentenza pilotata.

Iddio perdoni quelli che ebbero più a cuore qualche interesse e rispetto privato che la gloria di Dio e la salute dello stesso Lancisi che forse si sarebbe ravveduto ed emendato col castigo, il che non si può sperare in uno che precipitato nel baratro dell’empietà…non avendo sperimentato punto la giustizia di Dio per eccessi così detestabili è cosa molto probabile che sia sempre di più confermato nella sua empietà ed ateismo”. (Pietro Bernini)

Perché Lancisi si è potuto salvare? Ma sicuramente Lancisi è riuscito a salvarsi principalmente grazie alle conoscenze ed ai rapporti che personalmente aveva intessuto fino a pochi mesi prima stando costantemente al capezzale di Papa Innocenzo XI. Questi lo aiutarono prima e, gli permisero di continuare, anche in disgrazia, la sua vita professionale, poi. Fu allontanato ovviamente dalla cura del Papa, e l’insegnamento alla Sapienza, e per un po’ fu ridotto all’indigenza.

Nel 1699 viene richiamato a consulenza medica per Papa Innocenzo XII, torna ad ottenere insegnamenti accademici, diventa il medico del conclave seguente, e viene confermato medico privato dal Papa neo eletto, Clemente XI nel novembre 1700, fino alla sua morte cioè al 1720. Nel 1714 inaugura la Biblioteca Lancisiana e nel 1715 l’Accademia medesima, attive ancora oggi.

Sicuramente i tempi stavano cambiando ed iniziava una nuova era, l’illuminismo, ed il nostro Lancisi avrebbe potuto usare le stesse parole del Galileo di Bertold Brecht: “Tutto il mondo dice: d’accordo sta scritto nei libri antichi, ma lasciate un po’ che valutiamo anche da noi stessi”.


BIBLIOGRAFIA

Bacchini A. La vita e le opere di Giovanni Maria Lancisi. Roma: Sansaini, 1920.

Crescimbeni GM. Vita di monsignor Giovanni Maria Lancisi. Roma: Antonio de Rossi, 1721.

Frajese V. Dal Libertinismo ai Lumi. Roma: Viella, 2016.

Giordano R. Al Bivio, il giornale dell’ultima infermità di Papa Innocenzo XI di G.M. Lancisi. Roma: Palombi Editore, 2019.

Giordano R. Processo per Eresia all’archiatra G.M. Lancisi. Roma: Palombi Editore, 2020.