Anno Accademico 2021-2022
Vol. 66, n° 2, Aprile - Giugno 2022
ECM: Esperienza COVID Hospital: aspetti clinici e organizzativi
08 marzo 2022
U.O. Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, European Hospital, Roma
ECM: Esperienza COVID Hospital: aspetti clinici e organizzativi
08 marzo 2022
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La malattia da COVID-19
È dovuta al SARS-CoV-2, un ceppo di coronavirus, un noto gruppo di virus appartenente alla famiglia dei Coronaviridae il cui genoma è rappresentato da un singolo filamento di RNA+ e il cui nome è dovuto al loro profilo a corona.
Sono patogeni dotati di:
Questo virus, responsabile della patologia nota come Coronavirus Infection Disease 19 (COVID-19) ed inizialmente classificato come una semplice influenza da molti esperti, si è dimostrato molto più pericoloso, dando origine ad una sintomatologia prevalentemente respiratoria (in alcuni casi di contagio in pazienti pediatrici ha dato origine ad un quadro clinico vascolare che simulava la vasculite di Kawasaki) che dava quadri clinici nella maggior parte dei casi asintomatici, paucisintomatici o sintomatici lievi e moderati, ma in un 14% dei casi i pazienti sviluppavano un quadro clinico severo con polmonite interstiziale bilaterale, un 4,7% necessitava di ospedalizzazione e ricovero in unità di Terapia Intensiva ed il 2,3% andava incontro ad exitus per Multi Organ Failure (MOF).
Fisiopatologia del COVID-19
Ruolo da protagonista nell'inizio del danno che porta alla sintomatologia del COVID-19 è la sua proteina spike, formata da due subunità S1 e S2 che interagiscono al livello del recettore per ACE-2. La subunità S1 interagisce direttamente con il recettore ACE-2, mentre la subunità S2 facilita la fusione virale con la membrana della cellula ospite. L'internalizzazione e la replicazione del virus causano successivamente la degradazione del legame di membrana del recettore ACE-2, che a sua volta provoca un aumento della angiotensina II e del recettore dell'angiotensina di tipo 1 (AT1R). L'angiotensinogeno viene scisso dalla renina in angiotensina I (ANG I). ANG I è scisso da ACE in ANG II che può interagire liberamente con i recettori AT1R e angiotensina di tipo 2 (AT2R). L'ANG I e II in eccesso vengono idrolizzate da ACE-2 per diventare l'eptapeptidi ANG-(1-9)/ANG-(1-7), ma nella COVID-19 la presenza di ACE-2 ridotto o legato non è in grado di idrolizzare ANG I/II in quantità sufficienti, ciò si traduce in un'inefficienza del recettore Mas, deputato alla difesa nei confronti di complicazioni infiammatorie.
Tutto questo porta ad una abnorme risposta infiammatoria da parte del sistema immunitario nota come “tempesta citochinica". Questa condizione porta a diverse conseguenze che si traducono in:
Sintomatologia del COVID-19
La SARS-CoV-2 è definita da un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di almeno uno dei seguenti sintomi: tosse, febbre, dispnea, esordio acuto di anosmia, ageusia o disgeusia. Altri sintomi meno specifici possono includere: cefalea, brividi, mialgia, astenia, vomito e/o diarrea.
Il decorso della malattia è caratterizzato da alterazioni cliniche, strumentali e sierologiche variabili in funzione della gravità.
La Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) nelle sue “Raccomandazioni per la gestione del paziente critico CoVID-19” ha identificato 6 stadi di malattia:
Imaging dell’ARDS da COVID-19
La radiologia dell'ARDS è caratteristica, mentre la polmonite da COVID-19 sembra invece avere caratteristiche radiologiche uniche. Ciò probabilmente deriva dalla concomitanza di polmonite virale e ARDS, che consente ai Radiologi di essere piuttosto specifici nella diagnosi della polmonite COVID-19 e nello stimare lo score di gravità valutando le immagini TC. Le caratteristiche più discriminanti per la polmonite COVID-19 in Cina rispetto alla polmonite virale negli Stati Uniti includevano una distribuzione periferica dell'opacizzazione (80% vs 57%; p < 0,001), opacità a vetro smerigliato (91% vs 68%; p < 0,001) ed ispessimento o ingrossamento vascolare e dell'interstizio (58% vs 22%; p <0,001).
Utile nella valutazione al letto del paziente per la diagnosi di polmonite interstiziale da COVID-19 si è rivelata l'ecografia polmonare, metodica rapida e ripetibile per valutarne l'evoluzione. Il quadro ecografico correlato a polmonite interstiziale presenta linee B diffuse a tutti i campi polmonari, confluenti o meno a seconda della gravità del quadro clinico. La maneggevolezza dell'ecografo e la rapida curva di apprendimento hanno reso possibile l'applicazione di questa metodica diagnostica dall'ingresso in Pronto Soccorso ai vari reparti, così come in Terapia Intensiva.
L’ARDS
La Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS) è una forma di insufficienza respiratoria acuta ipossiemica causata da una lesione endoteliale alla parete capillare che provoca fuoriuscita di liquido che porta a un accumulo di fluido e all’innesco di una cascata citochinica, al danno della membrana alveolo-capillare ed al successivo collasso degli alveoli, alterando così i meccanismi di scambio tra ossigeno e anidride carbonica tra alveolo e capillare polmonare. La Sindrome da Distress Respiratorio Acuto si manifesta in genere come conseguenza di altre patologie.
La definizione di ARDS è stata recentemente sottoposta ad un processo di revisione da un gruppo di esperti dell’ESICM (European Society of Intensive Care Medicine) che ha portato a quelli che vengono definiti i “criteri di Berlino”.
I segni distintivi della sindrome clinica sono l'ipossiemia e le opacità radiografiche bilaterali (utilizzando la radiografia standard del torace o la tomografia computerizzata), associate a diversi squilibri fisiologici tra cui: aumento dello shunt polmonare, aumento dello spazio morto fisiologico e diminuzione della compliance del sistema respiratorio. I segni morfologici nella fase acuta sono: edema polmonare, infiammazione, membrane ialine ed emorragia alveolare (cioè danno alveolare diffuso); questi ultimi visibili solo su reperti autoptici, non esistono esami clinici che ne possano dimostrare l'evidenza.
L'insorgenza dell’insufficienza respiratoria da ARDS deve essere secondo i criteri di Berlino e i fattori scatenanti possono essere: polmonite, sepsi non polmonare, aspirazione di contenuti gastrici, trauma grave, contusione polmonare, pancreatite, gravi ustioni, shock non cardiogeno, overdose di droga, danno polmonare acuto associato a poli-trasfusione (TRALI), vasculite polmonare, annegamento.
Non è quindi necessario escludere l'insufficienza cardiaca nei nuovi criteri ARDS, cosa che veniva precedentemente considerata un criterio di esclusione per la diagnosi. Tuttavia, per soddisfare la definizione di ARDS, è necessaria una valutazione strumentale (ecocardiografia, misurazione del cardiac output, dei volumi di eiezione polmonare e dell’acqua polmonare intra- ed extravascolare).
La nuova definizione di Berlino per l'ARDS la classifica come lieve, moderato o grave sulla base dell'ipossiemia, secondo quanto indicato in Tab. 1.
Tab. 1. Classificazione dell’ARDS secondo i criteri di Berlino.
Fisiopatologia dell’ARDS
L’aumento della permeabilità delle barriere microvascolari, con conseguente accumulo extravascolare di fluido edematoso ricco di proteine, è una cardinale caratteristica di infiammazione acuta ed un meccanismo fisiopatologico centrale nell'Acute Lung Injury e nell'ARDS.
L'aumento della permeabilità può anche essere legato al trasferimento dei leucociti ed eritrociti nello spazio alveolare, così come alle citochine regolate dall'inflammasoma. Una varietà di mediatori, percorsi e sistemi molecolari contribuiscono ad alterare la permeabilità alveolare endoteliale ed epiteliale. L’insieme dei fenomeni descritti determina alterazioni della densità del polmone identificabili alla TC e all’RX torace.
Strategie terapeutiche dell’ARDS
Il punto fondamentale nel trattamento del paziente con insufficienza respiratoria acuta, è rappresentato dal tempestivo riconoscimento dell’eziologia e dall’intraprendere quindi rapidamente una terapia mirata.
Oltre a questo, il clinico deve mettere in atto trattamenti di supporto orientati al mantenimento delle funzioni vitali, al miglioramento degli scambi gassosi ed alla riduzione della probabilità di causare danno polmonare.
Nelle ARDS di grado moderato/severo è spesso necessario il ricorso alla ventilazione invasiva, sottoponendo il paziente ad intubazione per via oro-tracheale. Per tale motivo i fenomeni barotraumatici vengono genericamente identificati come Ventilator Associated Lung Injury (VALI) e sono stati studiati particolarmente al fine di prevenirne l’insorgenza.
I fattori più importanti che sono stati proposti come responsabili di VALI sono, in primo luogo, l'elevato volume polmonare, con elevata pressione transpolmonare e sovradistensione alveolare e, in secondo luogo, collasso e riapertura alveolare ripetuti per basso volume di fine espirazione; altri fattori che contribuiscono o possono aggravare la lesione includono: danno polmonare e/o infiammazione preesistenti, elevata concentrazione di ossigeno inspirato, livello di flusso sanguigno e produzione locale e rilascio sistemico di mediatori dell'infiammazione. Un volume alveolare eccessivo in combinazione con un aumento della pressione transalveolare è importante: l'aumento isolato della pressione delle vie aeree in assenza di un concomitante aumento del volume alveolare non è dannoso. L'alta pressione e il volume durante la ventilazione meccanica possono aumentare sia la permeabilità polmonare che le pressioni transmurali vascolari polmonari e quindi indurre edema polmonare o peggiorare l'edema preesistente.
Evitare la sovradistensione alveolare limitando il volume corrente e/o la pressione di plateau è stato identificato dagli esperti come metodo per ridurre al minimo questo tipo di lesione nei pazienti. Le disomogeneità locali della ventilazione, come potrebbero esistere a basso volume polmonare con danno polmonare, sono state modellate per provocare grandi forze di taglio applicate alle unità polmonari che si aprono e si chiudono ciclicamente. Il collasso e la riapertura ripetuti di unità polmonari a bassi volumi polmonari possono contribuire alla VALI.
È stato dimostrato che l'aggiunta di una pressione positiva di fine espirazione [PEEP] per mantenere il reclutamento alveolare durante tutto il ciclo respiratorio migliora il danno polmonare in alcuni modelli animali ed è stata proposta come un metodo per ridurre al minimo la VALI. Un diverso modello di danno polmonare acuto è l'elevazione della pressione vascolare transmurale nel polmone isolato, che induce cambiamenti nella barriera alveolo-capillare, visibili al microscopio elettronico, che assomigliano alle lesioni indotte dalla ventilazione meccanica. In questo modello, lo stress locale o regionale durante l'insufflazione polmonare può aumentare le pressioni transmurali microvascolari e la successiva rottura dei capillari, la cosiddetta insufficienza da stress capillare. Il danno meccanico del tessuto polmonare può attivare i mediatori dell'infiammazione. Nei modelli animali, la strategia di ventilazione meccanica influenza il rilascio locale di mediatori dell'infiammazione dal polmone: la prevenzione del collasso ripetuto e della riapertura e della sovradistensione riduce infatti il rilascio di questi mediatori, che però possono anche essere rilasciati nella circolazione sistemica. È possibile, anche se non confermato, che queste alterazioni della risposta infiammatoria possano modificare il danno polmonare stesso o plausibilmente portare a una risposta infiammatoria sistemica.
Tali considerazioni hanno determinato la proposizione di una strategia di ventilazione protettiva, caratterizzata da volumi correnti [Vt Tidal Volume] attorno ai 6 ml/kg di peso ideale per evitare il rischio di ingenerare danno polmonare determinato da eccessiva distensione degli alveoli polmonari, con conseguente incremento dell’infiammazione ed aggravamento della permeabilità capillare, ma anche rischio di stress della parete degli alveoli e dei bronchioli terminali con conseguente rischio di pneumotorace. Accanto ai bassi Vt in questi casi si può prendere in considerazione l’utilizzo di PEEP più elevate il cui scopo è quello di ridurre il rischio di de-reclutamento del polmone in fase espiratoria con conseguenti fenomeni di “stress and strain” ovvero ripetuti collassi e riaperture degli alveoli, i quali possono a loro volta generare rischio di rottura dell’alveolo e conseguente pneumotorace.
Tra i parametri che viene suggerito di misurare per definire il livello di gravità della ARDS la pressione di plateau [Pplat], che riflette gli effetti combinati di volume corrente, PEEP e compliance del sistema respiratorio ed è associata alla mortalità. La compliance statica [Cs] del sistema respiratorio cioè, la variazione del volume polmonare conseguente alla pressione applicata (volume corrente/pressione di plateau meno la PEEP) riflette il grado di perdita di volume polmonare. Il gruppo di esperti ha inizialmente suggerito di includerla (valore di soglia inferiore < 40 mL/cmH2O) come parte della definizione di ARDS grave, sulla base di una definizione precedente utilizzando un sistema di punteggio per ARDS. L'aumento dello spazio morto è comune nei pazienti con ARDS ed è associato ad un aumento della mortalità, come evidenziato da studi di coorte.
In tal caso è utile titolare la PEEP attraverso la misurazione della driving pressure [ΔP] espressa come differenza tra la pressione di plateau e la PEEP + PEEP intrinseca (misurata con una pausa espiratoria) e attraverso la valutazione dei flessi di reclutamento ed iperinflazione della curva Pressione-Volume.
Nei casi più gravi, quando il trigger spontaneo del paziente o l’elevato distress determinino un elevato rischio di disaccoppiamento del respiro spontaneo con quello del ventilatore può essere preso in considerazione l’utilizzo di bloccanti neuromuscolari.
Può inoltre essere utile l’utilizzo della pronazione allo scopo di migliorare il rapporto ventilazione/perfusione e consentire quindi un incremento dell’ossigenazione, rimanendo protettivi con le pressioni di ventilazione.
In caso di una ulteriore riduzione della superficie di scambio gassoso può verificarsi anche un aumento dello spazio morto, con conseguente aggravamento dell’ipossia e ipercapnia, ciò in relazione anche con la frequente insorgenza di trombosi a livello multi distrettuale, ivi compresi i capillari polmonari. In questi casi può essere preso in considerazione il supporto extracorporeo attraverso l’ECCO2-R (ExtraCorporeal CO2-Removal) e l’ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation). Ulteriore sfida appare essere la fase di svezzamento del paziente dal supporto ventilatorio meccanico. L’obiettivo è quello di escludere tutte le altre alterazioni o patologie che possano ritardare o far fallire il weaning respiratorio. Le varie strategie in funzione del livello di gravità della sindrome sono rappresentate nella Fig. 2.
Fig. 2. Strategie terapeutiche in funzione della gravità dell’ARDS.
Quadri barotraumatici e COVID-19
La letteratura che è stata prodotta durante la pandemia da COVID-19 ha riferito un significativo aumento dei quadri legati a baro-traumatismo, che ha coinvolto sia pazienti sottoposti a ventilazione meccanica che pazienti in respiro spontaneo.
Nel contesto del COVID-19 il barotrauma è una delle complicanze più riscontrate nei pazienti che presentano una sintomatologia di grado moderato/severo, con percentuali di manifestazione che si aggirano intorno al 15%, a differenza delle manifestazioni barotraumatiche evidenziate nel quadro ARDS classico 10%.
Questa maggiore incidenza di barotrauma è stata in un primo momento correlata all'utilizzo della ventilazione meccanica invasiva nei pazienti che presentavano un quadro sintomatologico grave; si ipotizzava che una possibile spiegazione fosse la risposta infiammatoria intensificata scatenata dall'infezione virale, più di altre eziologie infettive a causa della nostra mancanza di immunità precedente, che si manifestava come un danno alveolare diffuso e dilagante, associando così lo sviluppo di barotrauma con un aumento della gravità della sintomatologia e con un aumento della degenza in ospedale. Tuttavia Lemmers et al. hanno evidenziato come la frequenza delle VALI nei pazienti COVID-19 avvenga spesso in un contesto di ventilazione con strategia protettiva che male si sposa con i meccanismi classici del baro-traumatismo evidenziati prima della pandemia da SARS-CoV-2. Si è deciso pertanto di non utilizzare la dizione di baro-traumatismo ma di pneumotorace, pneumomediastino ed enfisema sottocutaneo associati alla malattia da COVID-19. In effetti alcuni autori affermano che il danno alveolare da malattia da COVID-19 sia associato piuttosto ad una iperattivazione citochinica che esita in una sindrome da attivazione macrofagica oppure ad una linfoistiocitosi emofagocitica.
Outcome dell’ARDS
L'ARDS per COVID-19 sembra avere esiti peggiori dell'ARDS per altre cause. La mortalità ospedaliera e in unità di Terapia Intensiva per ARDS tipica sono rispettivamente del 35,3% (95% CI, 33,3-37,2%) e del 40,0% (95% CI, 38,1-42,1%). Per COVID-19 la mortalità variava tra il 26% e il 61,5% se ricoverato in un ambiente di Terapia Intensiva e nei pazienti che hanno ricevuto ventilazione meccanica la mortalità può variare tra il 65,7% e il 94%. I fattori di rischio per esiti negativi includono l'età avanzata, la presenza di comorbidità quali ipertensione, malattie cardiovascolari e diabete mellito, una conta linfocitaria più bassa, il danno renale e livelli di D-dimero elevati. La morte per COVID-19 ARDS è dovuta a insufficienza respiratoria (53%), insufficienza respiratoria combinata con insufficienza cardiaca (33%), danno miocardico e insufficienza circolatoria (7%) o morte per causa sconosciuta.
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