Anno Accademico 2022-2023
Vol. 67, n° 1, Gennaio - Marzo 2023
Simposio: Impatto del lockdown e dell’isolamento: ciò che resta del COVID-19 nell’anziano
13 dicembre 2022
Simposio: Impatto del lockdown e dell’isolamento: ciò che resta del COVID-19 nell’anziano
13 dicembre 2022
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L'Italia è un paese che diventa ogni giorno più vecchio e quindi sempre più si trovano anziani in condizioni di vulnerabilità, fragilità e dipendenza.
Questa condizione si è molto accentuata durante l'emergenza sanitaria da COVID-19. È necessario quindi, comprenderne le cause e trarre da questa esperienza pandemica gli elementi che permettano all'anziano di non cadere in una via senza ritorno di abbandono, scoraggiamento, depressione, ansia e solitudine.
Secondo Eurostat nel 2080 la popolazione europea sarà di 520 milioni e il 30% di questa avrà più di 65 anni. Questa situazione riguarderà specialmente l'Italia che è il paese più vecchio dell'Unione Europea con un tasso percentuale di ultrasessantacinquenni che supera il 22% rispetto alla popolazione complessiva. Inoltre, il numero degli ultraottantenni è di quasi 7 persone su 100, cioè circa il 6,8%.
Questa situazione porta l'Italia ad avere un tasso di incidenza della popolazione anziana sulla popolazione in età lavorativa di circa il 46%, condizione purtroppo esclusiva del nostro paese, mentre l'Europa si aggira sul 34,8% circa. È necessario quindi attuare interventi sociosanitari di prevenzione, di comunicazione e di sostegno per queste persone affinché non siano per loro stessi e per la società un peso.
Va introdotto a questo punto, per comprendere la delicatezza della questione, il concetto di fragilità.
Fried nel 2001 e Van Campen nel 2011 hanno tentato di definire questo concetto come una condizione di vulnerabilità a livello biologico, medico, psicologico e sociale. Tale condizione consiste in un maggior rischio di incorrere in una perdita funzionale, totale o parziale, fino alla privazione della stessa autonomia.
Negli ultimi anni è stato introdotto il concetto di vulnerabilità che va considerato un indicatore di prefragilità e quindi permette l'identificazione di condizioni rischiose, che possono portare alla perdita graduale dell’autonomia con successiva disabilità e dipendenza.
In una indagine di Peek del 2012 sono stati indagati l'impatto dei fattori di stress sull'aumento della vulnerabilità e l'effetto che l’utilizzo del supporto sociale può avere come strategia per fronteggiarne gli effetti sulla fragilità.
Dall'analisi di questo autore emerge che i fattori di stress determinano sempre un aumento di questa, per cui, se non si interviene rapidamente si incorre in una definitiva perdita dell’autosufficienza.
Mai come in questo momento della pandemia da COVID-19 è evidente come questa situazione di rischio sia legata a fattori scatenanti, quali il ricovero e la paura di contrarre questa grave malattia.
La situazione demografica
Da un report del 10 gennaio 2022 dell'Istituto Superiore di Sanità vengono messi in evidenza alcuni elementi che ci fanno riflettere. Su 140.000 pazienti deceduti e positivi al SarsCov-2 l'età media è di 80 anni e prevalente è il sesso maschile. Solo nella fascia di età superiore ai 90 anni il numero di decessi di sesso femminile è superiore. Questo dato è da mettere in relazione al fatto che la popolazione ultranovantenne è costituita per il 72% da donne. Tale dato ci fa pensare che i più fragili sono gli uomini e che quindi la prevenzione per la vulnerabilità e la disabilità va attuata precocemente specialmente nel sesso maschile. Negli uomini, le patologie preesistenti in un campione di deceduti (di cui è stato possibile analizzare le cartelle cliniche inviate all’Istituto Superiore di Sanità dagli ospedali) dimostrano che le patologie prevalenti pre COVID sono per la maggior parte maschili, con un rapporto di 2 a 3 tra donne e uomini. Ricordiamo dunque, in ordine di frequenza, le patologie riscontrate: la cardiopatia ischemica, la fibrillazione atriale, lo scompenso cardiaco, l'ipertensione arteriosa e il diabete mellito di tipo 2. È da sottolineare che il confronto delle caratteristiche dei decessi COVID-19 positivi tra i casi non vaccinati e quelli con ciclo vaccinale completato mostra che, seppure il secondo non garantisca una efficacia vaccinale completa del 100%, permette comunque di prevenire casi di malattia severa tra l’89 ed il 95%.
L'analisi dei decessi in un anno della popolazione generale tra il febbraio 2021 e il gennaio 2022 dimostra che, su 46.572 decessi da COVID-19, l'84,4% non era vaccinato rispetto ad un 11% di vaccinati.
Un problema fondamentale per le persone anziane che si ricoverano è che il 30-40% di questi ha deficit cognitivi, per cui tale condizione compromette l'affidabilità dell'anamnesi, nonché delle diagnosi preesistenti ed aumenta il rischio di delirium durante la degenza ospedaliera. Questo elemento deve essere considerato nella organizzazione e nella programmazione terapeutica del paziente, anche per sapere se l'insorgenza del deficit cognitivo sia collegato ad altre cause o allo stress del ricovero stesso. Importante a questo proposito, dovrebbe essere la comunicazione tra i medici ospedalieri e quelli di Medicina Generale, anche perché al di là della terapia necessaria si possa pianificare una dimissione protetta che nel paziente anziano è molto complessa. Infatti, questa deve essere pianificata con l'aiuto delle risorse territoriali (infermieri, assistenti sociali e medici di assistenza primaria). Durante il ricovero l’ospedalizzazione espone i pazienti anziani ai gravi rischi dell’isolamento, dell’immobilità e del trattamento terapeutico diverso dall'abituale domiciliare. È noto infatti che gli esiti positivi della ospedalizzazione, si riducono notevolmente con l'età.
Circa il 75% dei pazienti ultrasettantacinquenni, anche se perfettamente indipendenti nello svolgimento delle attività del vivere quotidiano all’ammissione in ospedale, vengono sempre dimessi con una riduzione nella loro autonomia. Infatti non meno del 15% dei pazienti anziani viene trasferito in strutture alternative e non inviato al proprio domicilio, specialmente laddove abbiano contratto una malattia grave come il COVID-19.
BIBLIOGRAFIA
Fried LP, Tangen CM, Walston J, et al. Frailty in older adults: Evidence for a phenotype. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2001; 56: M146-M156.
Peek MK, Howrey BT, Ternent RS, Ray LA, Ottenbacher KJ. Social support stressor and frailty among older mexican American adults. J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci 2012; 67: 755-64.
Report Istituto Superiore di Sanità 10/01/2022. https://www.iss.it/publ.
WHO. World report on aging and health. https://www.who.int/publications/i/item/9789241565042