Prof.ssa Maria Caterina Federici

Cattedra di Sociologia Generale, Università degli Studi di Perugia

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 2, Aprile - Giugno 2023

Simposio: Rischio clinico e sicurezza del paziente. Conoscere per prevenire

17 gennaio 2023

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Salute, bene comune e Sicurezza

M. Federici

La Sociologia muove dall'apparente semplicità delle cose come Scienza trasversale in cui esistono spazi e linee per divulgare fatti complessi con strumenti metodologicamente e tecnicamente nuovi, al fine di cum-prendere i fenomeni umani.

Divulgare significa riflettere sull'ordine dei fenomeni e non meramente presentare i problemi complessi in modo semplice, bensì puntare lo sguardo su ciò che sembra semplice e scontato ma non lo è. La semplicità si configura così la sede della complessità in modo da condurre alla scoperta di scenari altrimenti impensabili, altri modi di osservare la realtà, contribuendo all'aprirsi di nuove prospettive e possibilità operative, una sfida per afferrare il senso delle cose in tutti i modi in cui è concepibile possano evolversi, a cominciare dalle azioni intenzionali e al loro portato inintenzionale e renderci responsabili, non soltanto delle nostre azioni ma anche delle loro conseguenze.

Il termine antico latino di salute rimanda a significati plurali, declinati all'interno dello stesso come "Commodum" e "Utilitas" dello stare bene. Salus Salutis, salute del corpo ma anche mancanza di pericolo, salvezza: i significati del termine rimandano al senso di sicurezza che si origina dal Bonum latino come concetto di bene.

I nostri antichi progenitori sentenziavano "Medicina ad salutem reducere aliquem".

Salus fu divinità venerata dagli antichi Romani, in stretta relazione con il benessere e la felicità ed anche con lo stato di pace. Divinità di origine sabina, il cui sacello fu rinvenuto sul colle del Quirinale, il suo culto fu abbinato al culto di Esculapio, importato da Epidauro. Salus fu identificato con Hygia, divenendo a poco a poco nume tutrice del benessere pubblico e protettrice della salute delle persone.

La Medicina odierna ha rigettato la tradizione mitica legata al culto di Salus, così facendo ha negato la valenza delle procedure e delle pratiche che non avevano nulla di magico, ma funzionavano in chiave psicosomatica come le abluzioni, le interdizioni di alcuni alimenti, i digiuni le preghiere e la meditazione.

L'antica sapienza della natura, interpretata dalla civiltà contadina, segnatamente femminile, in tutte le culture, contrastando le malattie e favorendo l'elaborazione del lutto, si è avvalsa del confronto umano tra cielo e terra, tempo e spazio.

Nelle nostre società, le definizioni e le condotte sociali relative alla salute e alla malattia dipendono, in larga misura, dall'orientamento della scienza medica e delle strutture sanitarie, mettendo così in evidenza anche rilevanti differenze nei territori nazionali e internazionali.

"Riparare i viventi" ripercorre il concetto del "Tikkun ha olam", la riparazione del mondo.

Durante la recente pandemia abbiamo scoperto le nostre fragilità che credevamo di aver sconfitto con l'affidarsi alla scienza e al suo progresso ma, al tempo stesso, è entrata in crisi la sicurezza dell'affidarsi alla scienza salvifica che, agli inizi della pandemia, non è riuscita a salvare molte vite.

Nel caso del medico, a queste valutazioni si aggiunge l'aspetto fiduciario della relazione medico-paziente e della coerenza che il medico stesso è tenuto a tenere per rendere duraturi i rapporti con il malato o con coloro che ricorrono ai suoi consigli. La fiducia si accumula come una sorta di capitale che deve essere costantemente coltivato e impegnato.

Perché si sviluppi un rapporto fiduciario è necessaria una certa familiarità, come si verifica con il medico di base o lo specialista di riferimento. La fiducia è una sorta di conoscenza induttiva e/o una sospensione di giudizio che attenua l'intensità dell'incertezza. Seguendo questo percorso, il rischio è il ponte che si deve attraversare ogni volta che si decide di affidarsi ad un medico di fiducia. La fiducia si rappresenta così come un’aspettativa di esperienze con valenza positiva per colui che in condizioni di incertezza, la malattia, si rivolge al medico con un carico cognitivo ed emotivo che gli permette di superare la soglia della pura speranza.

La gravità della delusione dell'aspettativa fiduciaria riposta nel medico, dipende dalla gravità ma anche dalla percezione, come effetto della decisione di concedere la fiducia. Ci sono poi casi, per es. il coma da incidente, in cui si verifica un passaggio dalla fiducia alla speranza.

Il legame sociale che si instaura nel rapporto medico-paziente rimanda ad uno stato rassicurante che deriva dalla persuasione dell'affidabilità del medico stesso da parte del paziente. La figura del medico, ben disposto verso il soggetto dialogante, influisce positivamente sul comportamento di colui che si rivolge a lui, favorendo la diminuzione delle inquietudini legate allo stato di malattia. Si tratta di un atteggiamento simile alla "fiducia di base" che coltiva il bambino accolto e amato, atteggiamento che gli consente di acquisire quella sicurezza che favorisce la crescita e l'apprendimento. Il venir meno di questo quadro fiduciario può avere ripercussioni gravi sull'andamento della malattia e sull'efficacia delle cure.

La fiducia nel medico curante, referente singolare, è fondamentale ma ad essa si aggiunge oggi la fiducia nelle strutture sanitarie. La fiducia è un aspetto fondamentale della vita sociale e si riflette sulle aspettative che si nutrono, ma anche sulle informazioni che si possiedono e che si possono assumere attraverso i siti specializzati. La fiducia si sviluppa all'interno di relazioni responsabili che permettono di non mettere in discussione l'operato del medico e della struttura sanitaria in cui opera.

Nell'epoca della trasparenza digitale, del "live" e dell'accesso globale alle informazioni, il peso della fiducia nella vita quotidiana è molto aumentato sia dal punto di vista personale, sia dal punto di vista sistemico. Il processo comunicativo sconta "la chiusura", in senso proprio e in senso figurato, e si riconverte in brevi traiettorie egotiche che si riavvolgono su sé stesse.

Il potere "buono" della rete, in questa contingenza temporale segnata dai postumi della pandemia e dal conflitto al centro dell'Europa, arriva a negare la realtà e crea un "nemico" che possa permettere di individuare la consapevolezza di sé, trasformando il senso dell'umano nella relazione e nella dittatura dell'Io fino alla difesa del particolarismo.

Alla base di questi processi ci sono le narrazioni basate sul sensazionalismo che fanno riferimento a realtà particolari legate a complottismi di varia natura nel solipsismo comunicativo.

La caduta della fiducia nella scienza e nella figura tradizionale del clinico ha origine nella mancanza del legame sociale necessario perché la relazione si sviluppi, da un lato per l'eccessiva iperspecializzazione e per l'uso estremo di affidarsi alla tecnologia; dall'altro per l'apertura a pratiche di cura alternative alla Medicina tradizionale occidentale, come la Medicina ayurvedica, omeopatica, cinese, ecc..

Il negare, senza assimilazione, le antiche pratiche rituali, sostituendole con un eccesso di tecnologia che spesso omette il contatto fisico (la visita, la palpazione, ecc.) ha prodotto una grave crisi fiduciaria che ha avuto il suo acme nel movimento di Di Bella, nei No-Vax, per citare alcuni casi. L'empatia è contatto di pelle, processo in cui i sentimenti si esprimono nei gesti e nelle mani, nel movimento del corpo, nella distanza sociale. È un processo mentale, un cammino che porta ad osservare noi stessi con lo sguardo altrui.

Emmanuel Lévinas, filosofo di origine lituana vissuto in Francia, sosteneva che una persona guarda colui che lo può aiutare e gli fa dono di riconoscerlo come un fratello.

La Medicina si candida come unico Sapere scientifico che concerne il corpo, togliendo legittimità a tutti gli altri Saperi siano essi religiosi, magici, di tradizione popolare, economici con una progressiva medicalizzazione delle nascite, della morte e della cura in genere, dei bambini, delle donne e degli anziani in particolare.

La Medicina diventa progressivamente scienza degli attori sociali non malati, in ottica preventiva, togliendo significato alle zone simboliche del corpo umano come i capelli, gli organi genitali, il naso, gli occhi, il sangue, ritenuti in passato rivelatori dello stato mentale e fisico di una persona sulla base della Fisiognomica tradizionale, in una integrità psicofisica che si è frantumata in una iperspecializzazione medica affidata in larga misura alla tecnologia.

D'altra parte questo stato dell'arte ha consentito a larghi strati della popolazione di accedere alle cure mediche cui precedentemente erano esclusi, con il vantaggio di riconoscere e definire malattie che un tempo erano celate, come quelle veneree e quelle mentali, con un deciso orientamento verso la prevenzione.

I bisogni sociali, in particolare il bisogno di salute, hanno un forte valore simbolico oltre che materiale. Non è possibile separare il corpo dalla percezione di sé, ma esiste anche il rapporto sociale che produce il bisogno e ne determina il valore simbolico e il modo per soddisfarlo.

Esistono comportamenti in cui la libertà di scelta è ampia come il fumo, il consumo di alcool e di droghe, l'abuso di cibo ma anche comportamenti in cui la libertà degli attori sociali è condizionata dall'esistenza di strutture e di servizi quali attività sportive, centri di interesse e di stimolo culturale, opportunità relazionali, soltanto per fare alcuni esempi, e ancora comportamenti in cui i margini di scelta personale e di prevenzione sono scarsi e vale l'azione collettiva, come si verifica nel caso dell'inquinamento ambientale.

La pandemia ha prodotto un elevato consenso verso Valori ecologici e post consumistici, a volte anche anti-industriali, con una forte attenzione all'efficienza fisica e alla salute, oltre a importanti mutamenti relativi all'aspetto estetico, alle forme del vivere e alle forme dell'abbigliamento. È aumentata la cura diretta verso le relazioni sociali primarie a partire dalla famiglia, ma anche verso i legami sociali più stretti e le amicizie, il vicinato, e si registra una crescente aspirazione al benessere e alla sicurezza. A questo si aggiunga, rinforzando l'efficacia di quanto sopra, che alcuni studi di Neuroscienze condotti da Philipp Tobler, attestano che i gesti di generosità hanno effetti positivi sul cervello, favorendo il benessere delle persone.

Si configura pertanto di primaria importanza la funzione del soddisfacimento dei bisogni che, come si è evidenziato, mutano con il mutare delle condizioni storiche e culturali.

Ora possiamo considerare la salute un bene primario che produce effetti di benessere immateriale. Per ottenere uno stato di benessere è necessario curare lo stile di vita, prevenire con una corretta igiene di vita, consumare farmaci, avere accesso ai servizi sanitari di prevenzione e alle strutture sociosanitarie sul territorio.

La salute può essere considerata un Bene comune, soprattutto nei sistemi socio sanitari che si riconoscono nel paradigma di lord Beveridge, dell'assistenza sanitaria pubblica. Bene comune è tutto ciò che è ritenuto atto a soddisfare un bisogno.

Fu Antonio Genovesi, nell'ultimo periodo della sua vita, che nelle "Lezioni di Commercio" del 1766-1767 per primo argomentò di beni comuni in senso economico e giuridico, considerati cose comuni che possono essere oggetto di diritti, come beni atti a soddisfare un bisogno. In Economia i Fisiocratici, per es. Quesnay, ritengono beni comuni soltanto quelli che si possono scambiare, definizione su cui concorda la maggior parte degli economisti.

Fu la Scuola Austriaca, segnatamente Menger, che mise in luce il concetto di limitatezza o rarità dei beni comuni, paradigma che possiamo estrapolare oggi nel campo della salute, un bene che non è illimitato bensì fondato sulle differenze di rapporto tra fabbisogno e quantità/qualità del bene disponibile.

Salute come bene comune nel tempo ha subito e subisce variazioni notevoli rispetto ai beni che concorrono al suo esercizio ma anche, direi soprattutto, rispetto alla percezione individuale dell’essere in salute. Nel primo caso ha effetti sui bilanci pubblici, sui profitti privati delle aziende farmaceutiche e di produzione di apparecchiature medicali, ecc.; nel secondo caso appaga un bisogno di ordine generale, il benessere, l'equilibrio psico-fisico delle persone.

La salute, esattamente come altri beni comuni, non è un bene durevole. Un recente sondaggio IPSOS identifica tra le preoccupazioni degli italiani la salute e la sicurezza in una fascia mediana di urgenza, mentre lavoro ed economia, welfare e assistenza occupano i primi due posti sia a livello locale, sia a livello nazionale. Va però evidenziato come welfare e assistenza riguardano anche il settore salute. A questo sondaggio si ritiene opportuno aggiungere, per completezza di analisi, la valutazione dell'annuale “Rapporto Censis” che fa riferimento ad una diffusa malinconia che pervade gli italiani, non rabbia o rancore ma tristezza e rassegnazione.

Il disincanto rispetto alla possibilità di avere un Paese più dinamico nel quale si riducano le disuguaglianze e si rimetta in moto "l'ascensore sociale", si esprime nella sfiducia, nella convinzione di essere lasciati soli, abbandonati a sé stessi. Questo Habitus mentale favorisce la ricerca di soluzioni alternative a quelle tradizionali, anche nel campo della cura.

Nella tarda modernità si palesa la nuova centralità del corpo anche come portato delle mutate relazioni intergenerazionali e di genere che contribuiscono a rendere il corpo un elemento di costruzione identitaria che non deve invecchiare, non deve conoscere l'ingiuria delle malattie, deve allontanare dal vissuto il disfacimento della morte.

Io sono Io = Io sono il mio corpo, il mio corpo è la mia immagine del mondo. Allontanare il dolore e la sofferenza da sé significa allontanare il dolore e la sofferenza dalla propria circostanza, parafrasando Ortega y Gasset.

La modernità ha "inventato" la giovinezza, un tempo sospeso tra infanzia e adultità che non esisteva nella società tradizionale, la postmodernità cerca di renderla più lunga fino a scindere l'età esteriore dall'età biologica.

Il corpo può essere manipolato, ristrutturato, reso diverso secondo modelli mutevoli, costruito come strumento di socialità e di una vita "buona", rieditando il paradigma greco di Platone in cui Etica/bontà ed Estetica/bellezza sono convergenti e conseguenti. La tecnologia contemporanea in Medicina ha diffuso la convinzione che sia possibile creare il proprio corpo attraverso la Chirurgia sia dal punto di vista estetico, sia da quello funzionale con il trapianto di organi, le donazioni di sperma, ovuli e organi, gli apporti farmacologici, ecc..

Paternità e maternità, vecchiaia, memoria, emozioni, percezioni della realtà sono e saranno oggetto di mutazioni antropologiche.

L'uso della tecnologia in Medicina attesta che essa si configura un "prodotto" che funziona e incide direttamente sulla professionalità del medico, riduce il tempo della diagnosi e dell'intervento terapeutico o chirurgico e la sua dimensione è quella del presente.

La malattia è uno stato di diminuita efficienza ancora compatibile con la vita, una sorta di "derivazione" da una situazione di benessere e di equilibrio. Essa si configura come uno stato transitorio verso la salute o verso la morte.

La Medicina opera oggi come "tecnica della salute", non più come strategia di ascolto compatibile con lo stato di equilibrio psico-fisico delle persone. Il concetto di malattia implica una varietà di quadri, alterazioni di determinate funzioni e di determinati organi. Questa alterazione incide su un tipo biologico in maniera differente da caso a caso.

La Scienza medica come Corpus scientifico e tecnico, è di fronte ad una fenomenologia specifica da comparare con il quadro clinico che fa il medico, da un lato ricercatore, dall'altro uno sperimentatore spesso in trincea, ovvero in situazioni limite.

Salute non è soltanto una piena efficienza funzionale ma, come si è cercato di dimostrare, anche una condizione di equilibrio relazionale in contesti interpersonali e sociali che necessita di ascolto e di empatia, di rielaborazione di antiche pratiche.

Tali condizioni dipendono dai contesti culturali e non possono essere esaurite nella categoria medica, bensì fanno riferimento ad un contesto più ampio che spazia da quello culturale, immaginario e segnico, a quello amministrativo giuridico e budgetario, ma è proprio nel contesto culturale e segnico che può "smorzare" il rischio clinico di un allontanamento o di un rifiuto della cura tradizionale ed esporre al rischio di un’accelerazione di esiti letali come la morte e l'invalidità per rifiuto delle cure. È bene sottolineare che il rischio sociale si genera in mancanza di legami di solidarietà e di comunità, aumentando il sentimento di paura.

Il rischio sociale esprime la difficoltà di combinare le sfide, i bisogni e i fini sociali con le risorse e i mezzi a disposizione. La caduta della fiducia nella Medicina e nei medici potrebbe condurre ad ulteriori disuguaglianze, a brutalità crescenti che non salvaguardano la vita e i diritti umani.


BIBLIOGRAFIA

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Federici MC. Dove fondano le libertà dell'uomo. Roma: Borla, 1990.

Federici MC. Azione umana e rischio sociale. Sicurezza e insicurezza alla prova delle teorie sociologiche. In "Studi di Sociologia" 1, 2017.

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