Anno Accademico 2022-2023
Vol. 67, n° 2, Aprile - Giugno 2023
Simposio: Innovazioni tecnologiche per il trattamento e la prevenzione delle malattie respiratorie
21 febbraio 2023
Direttore Pediatria Bios Prevention, Fondazione Livio Patrizi, Roma
Simposio: Innovazioni tecnologiche per il trattamento e la prevenzione delle malattie respiratorie
21 febbraio 2023
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Grazie prof.ssa Gasbarrone grazie a tutti voi presenti, è per me ogni volta un onore parlare in questa aula e pensare che da 300 anni e passa qui è veramente l’interfaccia tra la ricerca scientifica e la diffusione di questa ricerca polverizzata ai medici ed alla popolazione. Chi mi conosce sa che mi occupo di innovazioni tecnologiche, come ricordava Laura, tante volte è capitato di presentare qui i miei protocolli ratificati per la chirurgia a basso impatto sui pazienti, medical device, strumenti per la dilatazione degli spazi respiratori e le vie aeree, ma questa volta è diverso. Oggi è diverso perché grazie alla lungimiranza ed alla vision di Pasquale Alecce, che è stato l’ideatore di tutto questo insieme naturalmente al genio inventivo di Bruno Brandimarte, mi è stato consentito di collaborare con un selezionato quanto unico pool di Maestri da cui ho imparato veramente moltissimo, come il professor Novelli, Sacchini, Gualdi, Pellacani, Chimenti, Patrizi tutti qui presenti oggi; è stata l’occasione per me di muovermi in un percorso traslazionale che esulava dal mio interesse specifico per le vie aeree seppur da sempre affrontate nella loro globalità, nella loro interazione con l’organismo tutto. E quindi veramente ancora una volta grazie a tutti di essere qui, grazie alle persone presenti e collegate via web da remoto. Non sottraggo tempo alla presentazione dando subito la parola al professor Brandimarte che ci illustrerà la tecnologia nel suo cuore. Lui è un inventore biofisico, genio italico, che ha ideato questa forma di energia capace di vaporizzare i liquidi e trasformarli in forma di gas in un modo mai visto prima. Vedremo poi, nel corso della presentazione, una gran parte delle applicazioni del vaporizzatore e vedremo come questo sarà in grado probabilmente di sconvolgere i paradigmi terapeutici a cui eravamo abituati a pensare sino ad oggi.
Il titolo di questo simposio in effetti dovrebbe essere probabilmente modificato; queste innovazioni tecnologiche non sono solo per la terapia delle malattie respiratorie ma forse “una terapia inalatoria” sarebbe più opportuno; o probabilmente con il proseguire delle nostre attività di ricerca abbiamo compreso di essere di fronte ad una innovativa terapia sistemica; o più propriamente Bruno Brandimarte ha veramente ideato con una novità epocale una nuova via di somministrazione dei farmaci attraverso l’uso clinico del Vaporizzatore Molecolare. È esattamente come se ci trovassimo di fronte a un primo approccio alla terapia endovenosa piuttosto che una terapia intramuscolare, mentre fino ad ora fossimo a conoscenza della sola la via orale. Quindi veramente un plauso all’innovazione di Bruno Brandimarte. Tante sono le potenziali applicazioni, ne abbiamo elencate solo alcune di quelle di cui ci siamo occupati e ci stiamo occupando. Per rimanere sempre sul punto della relazione che mi è stata assegnata, è la versatilità di questo vaporizzatore molecolare che rappresenta il key tract, tratto fondamentale, la vera carta d’identità del device; e poi l’altra cosa che io ritengo unica, ne ha accennato il professor Sacchini nella sua presentazione, la possibilità di somministrare aggregati molecolari e non una moltitudine di farmaci come ricordava il professore Novelli per il plasma, un ammasso di sostanze biologicamente attive; soprattutto con il Microdroplet, viene da sé che ci troviamo di fronte a una rivisitazione delle concentrazioni minime efficaci rispetto alle altre vie di somministrazioni con immaginabili ricadute virtuose in termini di sicurezza, risparmio e nuove indicazioni.
Il lavoro oggetto della nostra Ricerca con il professor Novelli è focalizzato tra l’altro sulla via respiratoria che è il mio filone di ricerca e attività da molti anni, e quindi quello che ha rapidamente così attirato la nostra attenzione era la possibilità di somministrare per esempio i farmaci biologici, anche IL-4 e IL-13 che oggi sono somministrati per via sottocutanea, per esempio a livello respiratorio, utilizzando il tessuto linfatico del Waldeyer per assorbire l’Immunoterapia per il COVID, piuttosto che antiallergica desensibilizzante allergene-specifica per le patologie e iperreattività respiratoria mucosale. Quindi la vaporizzazione molecolare ci si palesa come una possibilità terapeutica incredibile per esempio in pediatria, come un completamento terapeutico per la chirurgia adenotonsillare e respiratoria. Noi, che personalmente crediamo moltissimo nella mini invasività, negli approcci funzionali a basso impatto traumatico sul paziente, soprattutto alle vie respiratorie specie se nei bambini, abbiamo l’opportunità oggi con Vaporizzatore Molecolare (VM) di minimizzare i trattamenti chirurgici o renderli addirittura alternativi, quando siamo in grado di somministrare un vaporizzato molecolare di un farmaco raggiungendo direttamente l’orecchio medio; penso al trattamento delle otiti del bambino, piuttosto che nei bronchi o negli alveoli semplice e intuitivo da pensare per la terapia dell’asma o BPCO; non è stato intuitivo pensare e documentare l’efficacia del VM nel raggiungere e medicare la regione dei seni paranasali che, come è noto, sono un santuario anatomicamente inaccessibile dai farmaci somministrati in via inalatoria tradizionale. Molto spesso per trattare le rinosinusiti siamo costretti, nostro malgrado, ad operare chirurgicamente, seppure con tecniche mini invasive o funzionali, privando dell’apparato di protezione i seni paranasali con delle amputazioni strutturali, con tante complicanze: perdite di ossido nitrico, alterazione dei meccanismi di clearence mucociliare e delle barriere anatomofunzionali. Quindi il VM modificherà in maniera radicale questo approccio, e l’abbiamo dimostrato con la nostra sperimentazione clinica di cui il professor Gualdi presenterà nella prossima relazione i risultati veramente inaspettati e dirompenti. Anosmia, iposmia, l’olfatto, il senso troppo spesso negletto, oggi abbiamo imparato tutti a conoscerlo con la pandemia COVID in quanto effetto patologico neuroinfiammatorio del virus sul bulbo olfattorio e sulla lamina cribrosa etmoidale, anche queste zone inaccessibili se non a prezzo di sacrificarla in maniera chirurgica, quindi danneggiandola. Con l’impiego del VM potremo quindi trattare iposmie, anosmie, disgeusie e ageusie con una semplice vaporizzazione di pochi secondi di differenti sostanze farmacologicamente attive. Con la Ricerca di cui riferivamo pubblicata su Journal of Biomedical Science, abbiamo dimostrato con il panel di ricercatori che mi onoro di coordinare come, ancora una volta, il VM si sia dimostrato in grado di attraversare un santuario del nostro corpo umano, la barriera ematoencefalica che sapete è una struttura compatta, unitaria di cui i neurochirurghi conoscono molto bene i pregi e i difetti ed esercita una naturale funzione di filtro impenetrabile a qualsiasi sostanza. Uno dei tratti del VM che abbiamo approfondito con i nostri studi è proprio questa regione della Barriera Emato-Encefalica, e anche quello è stato un altro grosso big bang che abbiamo rilevato dall’utilizzo del microdroplet. Passiamo a parlare della Patologia allergica, perché immaginate potremmo fare N simposi su ognuno di questi argomenti e non voglio rubare tempo agli altri relatori per presentare il resto dei risultati veramente pregevoli. La Rinite allergica, sapete, ha un impatto epidemiologico nelle nostre latitudini e nella popolazione occidentale, di circa il 30-35 % della popolazione generale; conosciamo i rapporti ormai consolidati dal documento Position Paper ARIA del 2000, in cui sappiamo che non si può prescindere da una buona salute delle alte vie aeree per un perfetto funzionamento delle basse vie aeree; la malattia infiammatoria respiratoria è unitaria, la terapia deve essere sempre contestuale. Con VM possiamo non solo somministrare tutta la moltitudine di farmaci ben nota e che tutti utilizziamo nei nostri centri, come gli antiinfiammatori steroidei, non steroidei, broncodilatatori, stabilizzatori di membrana, antisecretivi, mucoregolatori, ma soprattutto saremo in grado di somministrare le terapie desensibilizzanti, quindi ancora una volta utilizzando quel “cavallo di troia” di cui parlava il professor Novelli dei tessuti linfatici del Waldeyer, quindi adenoidi, tonsille, tonsilla peritubarica, base lingua. Questo consente il risparmio di tanti passaggi di assorbimento e metabolici e quindi minimizza le dosi efficaci, aprendo nuovi filoni terapeutici modificando la farmacocinetica, la farmacodinamica, compresi i farmaci biologici che rappresentano veramente il presente più che il futuro. Un piccolo flash su quello che è uno dei miei focus di ricerca da molti anni, la disfunzione tubarica e l’otite media che interessa principalmente i bambini; come sapete fino ai 6 anni di età interessa un bambino su tre, una vera e propria epidemia, ma interessa in realtà noi tutti che viaggiamo sui treni veloci piuttosto che sugli aerei e piuttosto che i subacquei, anche se rappresentati in maniera minoritaria rispetto ai viaggiatori. Ancora una volta abbiamo dimostrato che il Microdroplet può raggiungere e riempire la cavità dell’orecchio medio senza dover perforare il timpano, senza dover fare terapie sistemiche quindi immaginate che tipo di rivoluzione e a che tipo di innovazione ci consente l’utilizzo clinico di questo device. Riassumiamo velocemente le caratteristiche, in parte le abbiamo già dette, il tempo di vaporizzazione è molto breve, le dimensioni delle micro gocce, naturalmente il concetto della trasformazione in gas un tratto fondamentale, l’assenza di condensazione; uno dei punti critici delle Terapie Intensive, delle Rianimazioni, delle camere operatorie sono la condensazione dei vapori dei tubi e con VM questo problema viene superato. Uno dei grandi vantaggi è che la vaporizzazione molecolare prescinde dalla forza fisica quindi dalla volontà del paziente, quindi immaginate nel paziente anziano, defedato, paziente intubato, l’utilità di uno strumento che eroga terapia indipendentemente dalla forza inalatoria del soggetto. L’aerosolterapia era il benchmark, fino a ieri e l’equivoco che spesso si commette è scambiare il VM per un aerosol; sappiamo che la terapia inalatoria sia basa fondamentalmente su questi device, oggi sono molto utilizzati gli inalatori pressurizzati, ma ci sono alcuni svantaggi. All’opposto del VM il tempo di erogazione è troppo lungo, specie per i bambini, ma anche per tutti noi, le eccessive dimensioni delle gocce naturalmente sono la differenza più importante, la condensazione cui abbiamo accennato prima e poi soprattutto la difficoltà nell’erogazione; sapete che un farmaco per essere efficace deve essere utilizzato, se la inalazione del farmaco più raffinato rimane nel cavo orale del paziente che non è in grado di inalare e di raggiungere men che mai gli alveoli ma neppure i bronchi, naturalmente questo spiega una grandissima parte dell’inefficacia, spesa economica inutile e spesso porta a complicazioni peggiorative di questi pazienti respiratori che hanno troppo spesso una bassa utilità e scarsa aderenza alla terapia medica. Quindi, in conclusione, una rivoluzione ed evoluzione di indicazione terapeutica respiratoria. Si sono aperti nuovi scenari per la cura di patologie multiorgano e sistemiche, i numeri epidemiologici che tutti ben conoscete della sola asma piuttosto che delle bronchiti infettive, e quali sono i costi sociali, costi diretti, costi indiretti, assenza dal lavoro, presentismo, assenteismo, tutte cose a cui diamo un grande valore unito al valore principale che è quello della qualità della vita e a cui tutti vorremmo tendere. Avere un apparecchio che in maniera molto semplice, molto economica, puoi tenere in casa e con cui somministrarti una moltitudine di farmaci transdisciplinari, per un medico rappresenta veramente un big bang. La somministrazione del vaccino per il SARS Cov-2 nel COVID, mimando la via di assorbimento naturale dell’infezione attraverso le vie respiratorie, ci dà la possibilità di avere quel tipo di risultati in termini di efficacia e compliance che sono confermati dalla letteratura internazionale ormai consolidati in questi ultimi anni. E poi soprattutto uno dei vantaggi che ho voluto così lanciare come un sasso nello stagno oggi, è anche il ridotto quantitativo di vaccino; ritorniamo ancora una volta alla concentrazione minima efficace o necessaria, e poi una possibilità di somministrazione low cost, globalmente accessibile a tutti, quello che si cercava fino all’altro ieri di ottenere faticosamente con vaccini, cercando di utilizzare la Medicina di prossimità territoriale, quindi la possibilità di stimolare l’immunità locale mucosale, rappresenta forse il principale vantaggio di tutte le somministrazioni inalatorie dei vaccini. In modo particolare con il VM, questo sarà possibile farlo con le caratteristiche vantaggiose esposte di seguito nelle prossime sezioni.
Presentazione del Gruppo di ricerca e descrizione del VM e dei suoi effetti e sensore rilevamento patogeni. MICRODROPLET- VM
Il principio di funzionamento del MICRODROPLET- VM, è basato sulla vaporizzazione ottenuta mediante l’impiego di due tipi di energia applicati contemporaneamente ad un serbatoio contenente la soluzione da vaporizzare. La prima energia è di tipo vibratorio ultrasonico ad alta frequenza, 3 MHz, e permette di ottenere microgocce. La seconda è di tipo termico ottenuto mediante correnti indotte, alla frequenza di 40 KHz che mantengono la soluzione da vaporizzare a 40 °C, ovvero a temperatura fisiologica. Si ricorda che la vaporizzazione ottenuta da «MICRODROPLET» non avviene per ebollizione ma per una turbolenza circolare generata dalla vibrazione che ha il diametro corrispondente alla lunghezza d’onda dell’ultrasuono nella soluzione da vaporizzare. Il flusso d’aria esterno aspirato viene miscelato al vapore e convogliato ad un tubo erogatore completato da accessori di erogazione specifici.
I principali effetti ottenuti sono: Gocce piccolissime (200/300 nm di diametro), almeno 50 volte più piccole di quelle prodotte con un aerosol. La dimensione così piccola rende molto elevata la biodisponibilità. Le gocce così piccole provocano un comportamento del vapore simile a quello di un gas, quindi con scarsissima tendenza alla condensazione e ottimamente miscelabili con l’aria. Vaporizzazione rapida (da 1 a 3 minuti), rispetto a quella degli aerosol (da 10 a 15 minuti ed uscita a pressione positiva non richiedendo, quindi, aspirazione da parte del paziente (tipo uso pediatrico). Ottenuto il marchio CE, il dispositivo è immediatamente utilizzabile con farmaci aerosolici e spray sia per le patologie dell’apparato respiratorio del tratto inferiore, quali gola, trachea, polmoni, raggiungendo anche gli alveoli polmonari, che per il tratto superiore quali seni paranasali. Consentito l’uso immediato anche in cosmetologia. Dopo test di compatibilità, sarà possibile anche l’utilizzo di farmaci iniettabili o per uso orale ma con principio solubile.
Al momento sono in corso sperimentazioni autorizzate dai Comitati Etici:
A medio termine (2024) si propone di proseguire gli studi su:
A lungo termine (oltre il 2024) si propone di proseguire gli studi su:
Vaporizzatore di farmaci monoclonali e stabilità molecolare: indicazioni terapeutiche e strategie innovative di somministrazione di molecole biologiche
I dispositivi di nebulizzazione attualmente disponibili hanno un flusso di aerosol lento e producono vapore contenenti microgocce di dimensioni piuttosto grandi che spesso impediscono una loro distribuzione capillare. Per migliorare l'assistenza clinica dei pazienti sono necessari quindi dispositivi migliorati che raggiungano un flusso d'aria più elevato e producano microgocce più piccole. Per rispondere a questa esigenza critica, abbiamo utilizzato un nuovo sistema di vaporizzazione di sostanze liquide che si è rivelato particolarmente adatto per la somministrazione di farmaci tradizionali rispetto ai dispositivi attualmente disponibili. Abbiamo utilizzato questo nuovo dispositivo per verificare la possibile applicazione nella somministrazione di molecole biologiche complesse come gli anticorpi monoclonali. Gli anticorpi monoclonali (mAb o moAb) sono immunoglobuline identiche, generate da un singolo clone di cellule B. Questi anticorpi riconoscono epitopi unici o siti di legame su un singolo antigene. In Medicina, gli anticorpi monoclonali hanno un ruolo sempre crescente negli ultimi anni soprattutto nel trattamento delle malattie autoimmuni, nel cancro e nelle malattie infettive (virus respiratorio sinciziale, infezioni da Clostridium difficile, Ebola e SARS-CoV-2). La somministrazione di anticorpi vaporizzati, e quindi di peptidi o vaccini vaporizzati (come quelli con mRNA), presenta numerosi vantaggi rispetto alle tradizionali modalità di somministrazione. La vaccinazione polmonare, ad esempio, si è rivelata una strategia particolarmente utile per le malattie del tratto respiratorio come influenza, polmonite, pertosse e morbillo. Abbiamo dimostrato mediante esperimenti in vitro che il nuovo vaporizzatore non degrada molecole complesse come gli anticorpi monoclonali e potrà quindi essere utilizzato per fornire un trattamento mirato ad esempio, ai pazienti con COVID-19 grave tramite somministrazione selettiva di localizzazione polmonare non invasiva. Inoltre, il vaporizzatore potrebbe anche essere utilizzato per programmi di screening farmacologico utilizzando piattaforme organoidi derivate da cellule e cellule staminali per lo sviluppo di approcci di Medicina Personalizzata. Questo studio ha chiaramente dimostrato che la somministrazione di farmaco vaporizzato consente un rapido accesso agli spazi alveolari e all'epitelio nasale. Ciò costituisce un vantaggio rispetto ad altri approcci: ad esempio, i vaccini di seconda generazione possono essere somministrati al tratto respiratorio superiore, che ha un alto potenziale per limitare la diffusione di virus come SARS-CoV-2 in modo più efficace rispetto ai vaccini attuali. Naturalmente, la fattibilità clinica della somministrazione di farmaci vaporizzati e anticorpi terapeutici richiede prove a sostegno di studi preclinici e studi clinici attentamente progettati. Riteniamo inoltre che la disponibilità di questo dispositivo innovativo possa potenziare ulteriori studi sulla trasmissione virale, sulla patogenesi della malattia e su nuovi interventi terapeutici, anche per il trattamento farmacologico del COVID-19. La tecnologia risulta veloce, sicura, maneggevole e ad alta resa, risponde ai requisiti necessari per soddisfare le esigenze di molecole terapeutiche in grado di superare il problema della rapida mutazione virale.
Recent advances in breast cancer surgery
Surgery remains the single most effective treatment for breast cancer, and in recent decades breast cancer surgery has become increasingly conservative.
Sentinel lymph node (SLN) biopsy represents the extension of surgical conservatism to axillary lymph node staging and, in contrast, has entered practice with astonishing rapidity. The historic rationale for ALND (and for SLN biopsy) in breast cancer is threefold; stated in order of importance, these are:
The promise of SLN biopsy is equivalence to ALND in all three aspects, with the added advantage of sparing node-negative patients the morbidity of a larger operation from which they could not benefit. The debate over SLN biopsy is whether current data, largely observational, are sufficient to adopt SLN biopsy as standard care in the absence of final level I evidence from ongoing clinical trials.
If SLN biopsy is falsely negative in a small proportion of node-positive cases, this would seem to pose an increased risk for the development of axillary local recurrence (LR) among patients staged by SLN biopsy alone. Data from 9 observational studies and 1 randomized trial demonstrate that LR following a negative SLN biopsy is a rare event, occurring in 0.2% of cases, results which compares favorably to those of axillary sampling and of ALND. Longer follow-up and adequate simple size will answer the question of the possible impact on survival of false negative sentinel nodes.
In a recently published paper in The Journal of the National Cancer Institute, Vincent Vinh-Hung et al. conducted an analysis on fifteen carefully pooled, published, randomized clinical trials that investigated the impact of radiation therapy in breast conserving approaches to breast cancer. In all trials, the risk of ipsilateral recurrence was constant in the group of patients who received no radiation therapy. The increased rate of local relapse was independent of whether systemic treatment was administered or not. No significant difference in survival was noted in individual trials, but when the trials were pooled, an excess mortality of 8.6% was found in patients who did not receive radiation. In addition, to confirming the central role of radiation therapy in breast conservation, this paper confirms that local control matters, and that failure to achieve local control has a negative impact on survival.
Umberto Veronesi and Bernard Fisher were able to demonstrate that local control of breast cancer could be achieved while saving the breast. In clinical trials with strict inclusion criteria, standard pathology, skilled surgeons, and careful follow up, they demonstrated that the combined approach of conservative surgery plus radiation therapy was capable of curing the same percentage of patients as mastectomy with less disfigurement and with less psychological stress. Breast surgeons involved in clinical research continued to refine these techniques, becoming less and less aggressive, reducing the amount of breast tissue removed, preserving the axillary lymph nodes and avoiding or reducing radiation therapy.
From the beginning of the era of breast conservation therapy clinical trials, it was suspected that suboptimal local treatment (due in part to an insufficient dose of radiation therapy) could negatively affect prognosis. In the first clinical trial comparing Halsted mastectomy plus radiation therapy to lumpectomy and radiation therapy, a dose of 25-27 Gy was administered to the breast and the axilla. The group that received breast conservation therapy had a higher local recurrence rate and this was associated with a statistically worse breast cancer specific survival.
The NSABP published the 20-year follow up of the B-06 study comparing lumpectomy alone, lumpectomy plus radiation therapy, and total mastectomy. In spite of the fact that the lumpectomy alone group had a four times higher risk of local relapse compared to the lumpectomy plus radiation arm, there was no statistically significant difference in the overall survival when the cumulative incidence of death from all causes was considered. However, when breast cancer as the cause of death was considered, a significant advantage was observed in the group treated with radiation therapy. In this group, the incidence of death from other causes were increased, possibly owing to long-term toxic effects of now outdated techniques of radiation therapy. In the Milan III trial comparing lumpectomy with radiation therapy to lumpectomy without radiation therapy, the overall survival curves for the two groups did not differ significantly (P=0.326). However, a limited survival advantage was evident after radiotherapy for node positive women. In the current study, which demonstrated an 8.6% relative excess mortality if no radiation therapy was administered, the authors admit to the limits associated with a pooled analysis. These include possible publication bias, possible lack of transparency in patient allocation, questions concerning heterogeneity among the studies, problems with different methods used to assess and control confounding factors. The authors attempted to limit, as far as possible, this heterogeneity and publication bias by excluding selected trials from their evaluation.
It is difficult to believe that the excess mortality reported in this study is solely the result of an increased rate of local recurrence in the group receiving no radiation therapy. It seems much more likely that the radiation therapy prevented regional recurrences or, as the authors postulate, chest wall or dermal recurrences in the treated group. The limited radiation therapy to the breast using special tangential techniques in most of the trials considered for analysis, may have prevented the long-term sequelae responsible for an excess mortality rate from other causes in trials in which patients were heavily irradiated after mastectomy or conservative surgery.
The 8.6% excess mortality in the current study is far below the reported 35% excess relative mortality associated with omission of radiation therapy after conservative surgery, recently published in the Surveillance Epidemiology End Results (SEER study). The SEER data may have overestimated the excess mortality because of several biases. Nevertheless, the SEER data represents results achieved in general practice and in the general population. Breast conserving surgery and breast radiation therapy require a high level of skill, both from the surgeon, the radiation oncologist, and the pathologist. Results improved with standardization, strict inclusion criteria, and close and careful follow up of these patients. This point emphasizes the importance of using guideline compliance data as standard quality indicators for physician practice.
The socioeconomic problems related to radiation therapy, as well as the possible immediate and long-term side effects, are well known. For this reason, efforts are being made to select patients in which the real advantage of radiation therapy would be negligible, such as older patients with small, well differentiated invasive cancers or ductal carcinoma in situ. Pilot studies in clinical trials are in progress to verify whether partial breast radiation therapy, external, internal, or intraoperative, can replace the conventional treatment. The Vinh-Hung et al paper is a timely message that any exclusion of radiation therapy after conservative surgery should be carefully considered. The risks and the benefits of this approach, including comorbidities, should be discussed with the patient. The new high-dose rate, partial breast radiation therapy techniques are very promising but require further testing and validation in trials. In the meantime, Vinh-Hung et al have provided the world with confirmation of a basic premise that has been suspected since the time of Halsted.
That is, that local control matters and that local recurrences worsen survival.
Analisi dei risultati e valutazione efficacia con le tecniche di imaging
I radiofarmaci utilizzabili nello studio della ventilazione polmonare possono essere dei gas oppure degli aerosol. I gas utilizzati possono essere il cripton (81mKr) oppure lo xeno (133Xe) che si distribuiscono nel polmone come nell’aria inspirata.
Per quanto riguarda l’aerosol, la sostanza utilizzata e un chelante, DTPA, marcato con il tecnezio (99mTc).
Le goccioline di aerosol diffondono quasi del tutto per convezione tendendo a depositarsi nelle vie aeree distali in quanto più pesanti dell’aria (sedimentazione gravitazionale) oltre che lungo le pareti delle vie respiratorie alte (impatto inerziale). Flusso aereo e dimensione delle particelle influenzano inoltre la loro deposizione. Nelle vie aeree superiori il flusso è massimo e il tempo di transito basso (quindi prevale la componente da impatto), mentre nelle vie aeree inferiori il flusso è sempre più basso con conseguente maggiore tempo di transito e prevalenza della componente di sedimentazione.
Il tracciante scelto nel nostro studio di ventilazione è stato il 99m Tc-DTPA in quanto solubile in acqua, viene rimosso dagli alveoli con il circolo sanguigno ed eliminato tramite l’emuntorio renale con breve emivita biologica (50 minuti). Utilizzando il nebulizzatore per la vaporizzazione della soluzione Tc-DTPA, abbiamo condotto due esperimenti:
Nel primo esperimento abbiamo utilizzato DTPA marcato con tecnezio 99 metastabile (99mTc) ad una concentrazione di 4 mCi per ml (attività totale 24mCi in 6 ml). Il DTPA radiomarcato è stato poi nebulizzato attraverso il sistema di erogazione di aerosol e somministrato tramite maschera facciale. L’attività totale somministrata per via aerea al volontario sano è stata di circa un 1 mCi. Le immagini sono state ottenute con gamma camera subito dopo l’inalazione dell’aerosol, mediante acquisizioni planari con matrice di 256x256. Le immagini in anteroposteriore hanno dimostrato omogenea e simmetrica distribuzione delDTPA a carico dei polmoni. L’attività rilevata a livello delle vie aeree superiori risulta trascurabile, senza significativa presenza di DTPA marcato a carico della trachea e dei bronchi principali. Si è osservata attività, dovuta alla deglutizione, a livello dell’esofago e dello stomaco. La quota di DTPA assorbita a livello alveolare viene filtrata a livello dei reni, inclusi nella parte inferiore del campo di vista.
Nelle acquisizioni planari oblique anteriori destra e sinistra si è osservato corretta deposizione del DTPA anche a livello dei recessi costofrenici posteriori che sono le zone più distali dell’albero bronchiale.
Nel secondo esperimento si è utilizzato sempre la stessa concentrazione di 99mTc-DTPA (4 mCi/ml). Il DTPA radiomarcato è stato nebulizzato attraverso il sistema di erogazione di aerosol e somministrato tramite cannule nasali. Le immagini sono state ottenute con gamma camera subito dopo l’inalazione dell’aerosol, mediante acquisizioni planari con matrice di 256x256 e acquisizione tomografica su 360°. Sono state inoltre effettuate acquisizioni mirate sui seni paranasali. Sono state posizionate le ROI (regioni di interesse) per la valutazione semiquantitativa della distribuzione del tracciante, che ha dimostrato concentrazione superiore a livello delle cavità nasali, rispetto ai campi polmonari.
Nelle acquisizioni mirate a livello del massiccio facciale abbiamo notato che, oltre la buona distribuzione nella parte centrale della cavità nasale, si è osservata distribuzione del tracciante anche a livello dei seni paranasali. Probabilmente questo è dovuto alla velocità bassa di somministrazione del nebulizzato attraverso le cannule nasali.
Abbiamo inoltre condotto un terzo esperimento per la valutazione del passaggio di sostanze attraverso la barriera ematoencefalica (BEE). Il tracciante utilizzato è stato 99mTc-HMPAO(5mCi/ml), sostanza liposolubile che si utilizza normalmente nello studio della perfusione cerebrale con iniezione endovenosa.
La sostanza nebulizzata raggiunge la barriera emato-encefalica attraversando le strutture della volta delle cavità nasali che sono, in ordine, muco, epitelio, bulbo olfattorio, lamina cribrosa e infine la BEE.
Anche in questo caso abbiamo utilizzato la gamma camera subito dopo l’inalazione dell’aerosol, mediante acquisizioni planari con matrice di 256x256 e acquisizione tomografica su 360° della regione della testa.
Nelle acquisizioni planari laterali sono state posizionate le ROI sulla regione cerebrale ed a livello delle cavità nasali che hanno dimostrato un rapporto encefalo/naso del 6%. Normalmente la quantità del tracciante che passa la BEE quando iniettato endovena è del 3,5-7%. Pertanto, possiamo affermare che la via di somministrazione nasale di farmaci lipofilici potrebbe rappresentare una valida alternativa alla somministrazione endovenosa.
In conclusione, i risultati emersi da questo studio sono che nella scintigrafia dopo nebulizzazione con maschera facciale e farmaco idrosolubile, il tracciante diffonde nell’intero albero bronchiale e raggiunge le regioni distali del polmone; nella scintigrafia dopo nebulizzazione con cannule nasali e farmaco idrosolubile, il tracciante si «ferma» nelle vie aeree superiori, diffondendosi anche nei seni paranasali con minimo coinvolgimento polmonare; nella scintigrafia dopo nebulizzazione con cannule nasali e farmaco liposolubile, il tracciante diffonde tramite la volta delle cavità nasali, attraversa la BEE e raggiunge il tessuto cerebrale.
Trattamento delle pliche perioculari (zampe di gallina) con acido ialuronico erogato mediante VM
Il VM è un dispositivo medico multiuso, conforme al regolamento sui dispositivi medici MDR 2017/745, in grado di diffondere farmaci a temperatura fisiologica attraverso un mezzo gassoso.
Attraverso due energie, produce microgocce che si comportano come un gas e diffondono ad alta velocità senza formare condensa.
Questo principio è stato applicato per la vaporizzazione dell’acido ialuronico in uno studio preliminare per valutare la capacità di miglioramento delle rughe perioculare (zampe di gallina).
Lo studio comprendeva 8 soggetti di età sopra ai 40 anni. Nelle rughe perioculari di ogni metà del volto veniva vaporizzato o l’acido ialuronico al 2,5% o l’acido ialuronico al 2,5% plus o l’acqua (gruppo di controllo). È stato uno studio in cieco quindi i pazienti non erano a conoscenza di cosa veniva applicato su ogni metà del volto. Il tempo di vaporizzazione è stato di dieci minuti per ogni applicazione e per tre giorni consecutivi.
Per andare a valutare i risultati sono stati utilizzati diversi strumenti come VISIA-CR per calcolare la profondità e la dimensione della ruga e l’OCT che mostra la struttura del collagene e la vascolarizzazione.
I risultati sono stati promettenti, è stato riportato un netto miglioramento della luminosità, del riempimento della ruga perioculare, una texture della pelle migliorata e una riduzione del rossore.
Tra i benefici della somministrazione con il VM rispetto ad una normale crema abbiamo la riduzione del dosaggio, la velocità di diffusione della soluzione, la potenzialità di una maggiore efficacia.
Composti chimici usati in farmacologia e loro vaporizzazione molecolare
Alla luce del dato, che si riferisce al comportamento da gas, del particolato prodotto dal vaporizzatore, mi permetto di indurvi ad alcune considerazioni, che ancor di più vi facciano comprendere che assistiamo alla invenzione di uno strumento dalle potenzialità imprevedibili e clamorose. Tutto ciò perché il vostro atteggiamento non sia limitato da possibili scetticismi, deleteri, ma al contrario sia consapevole di avere in mano un’autentica bomba, non contrabbandabile, se non in seguito ad un’offerta clamorosa.
Dal punto di vista fisico, gas e vapore si distinguono perché il gas non può assolutamente essere condensato, se non dopo essere stato portato a temperatura inferiore a quella critica.
La temperatura critica è quella al di sopra della quale non è possibile liquefare il gas, indipendentemente dalla pressione esercitata. Per capirci definitivamente, il vapore ha una temperatura compresa tra la sua temperatura di ebollizione e la sua temperatura critica. Quando si trova al di sopra la sostanza aeriforme è detta gas.
Entriamo nel vivo del nostro discorso. Ciò che trovo estremamente importante è il rilevamento della massa del prodotto e delle dimensioni delle microbolle prodotte. Molto importante è che le microgocce siano in prevalenza costituite da diametro inferiore ad 1 micron.
Qui si rende necessario sapere cosa si intende per particolato molecolare: l’aria contiene una sospensione del pulviscolo che può essere innocuo se presente in piccole quantità, o dannoso, se abbondante ed inalabile.
A questo punto capiamo che il particolato grossolano è costituito da:
Queste particelle possono entrare nelle cellule, arrivando al nucleo, e portare a conseguenze drammatiche, fino alla mutazione del DNA.
Forse ora comprenderete quanto sia importante che il particolato prodotto si comporti da gas più che da vapore, mantenendo la dimensione fino al raggiungimento degli alveoli polmonari, senza alcuna tendenza alla condensazione.
Tutto ciò avviene a velocità talmente elevata che evita la deposizione del farmaco sia nella faringe che nella trachea, ma soprattutto consente di raggiungere Io stato patologico, senza diluizione nel sangue (come accade per via iniettiva). Il prodotto raggiunge così rapidamente la via ematica e la zona renale. Per cui oltre all’impiego neII’apparato respiratorio, è utile anche quello sulle patologie oncologiche con i farmaci monoclonali. I polmoni sono quindi trattati con soluzioni aerosol. Una conquista per la Ricerca e per la Scienza.
BIBLIOGRAFIA
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