Dott. Paolo Valle

U.O.C. Chirurgia Generale, Ospedale S. Eugenio, ASL Roma 2

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 4, Ottobre - Dicembre 2023

ECM: Ulcere vascolari degli arti inferiori: nuovi approcci ad una patologia antica

23 maggio 2023

Copertina Atti Quarto Trimestre 2023 per sito.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

Il percorso educazionale

P. Valle

Il mondo del Wound Care è costituito da molti e differenti soggetti che intervengo su tutti gli aspetti clinico-organizzativi: Università, Regione, ASL, Società Scientifiche, Personale Medico ed Infermieristico e, certamente non ultimo, lo stesso paziente. Questo fa sì che se noi consideriamo solo l’aspetto formativo rischiamo di non considerare tutti gli altri, che vanno dalla conoscenza al corpo docente, dall’informazione all’organizzazione, fino appunto a come, dove e quando inserire la formazione. Quindi dobbiamo necessariamente considerare una vera e propria Educazione Vulnologica che nel tempo ha subito la stessa evoluzione che ha avuto la vecchia Educazione civica che ci veniva tanti anni fa insegnata a scuola. L’Educazione civica dava priorità alla conoscenza delle istituzioni politiche (locali, regionali o nazionali) e delle sue leggi che bisognava conoscere e rispettare. Non differente dal vecchio concetto di formazione: io insegno e tu impari. Oggi, come stabilito dal Consiglio d’Europa nel 2000, si deve parlare di Educazione alla cittadinanza che implica una concezione “che porta in primo piano l’esperienza di ciascuno e la ricerca di pratiche adatte a sviluppare atteggiamenti e comportamenti rispettosi dei diritti dell’uomo e della cittadinanza”. L’educazione alla cittadinanza ha un ambito più esteso sul piano dei contenuti, in quanto coinvolge i diversi aspetti della vita sociale e delle istituzioni; inoltre non è soltanto limitata alla frequenza scolastica ma va oltre la scuola.

Ed è quello che dobbiamo fare noi cultori ed esperti della Vulnologia: coinvolgere tutti i protagonisti in un corretto percorso educazionale. Tutti docenti e discenti allo stesso modo.

In primo luogo Stato, Regioni ed ASL devono, una volta conosciuto e compreso l’argomento, essere in grado di dare a medici, infermieri ed ovviamente pazienti un setting assistenziale adeguato alle esigenze di tutti. Ma chi è il depositario dell’informazione? Le Università e le Società Scientifiche che hanno un doppio e strategico ruolo. Da una parte informare gli organismi legislativi e dall’altra formare il personale. Solo in questo modo si avranno servizi efficaci ed efficienti ma soprattutto consentire un feed-back continuo tra chi organizza e chi cura.


Il percorso educazionale. La formazione

Purtroppo ancora oggi il percorso formativo è costituito da momenti non consequenziali tra loro. Una volta conosciuto ed identificato l’argomento nel suo complesso, si dovrebbe costruire una formazione completa che abbia sede, obbiettivi e percorsi. Che sia verificabile e soprattutto applicabile, vale a dire abbia uno sbocco lavorativo. Questo purtroppo non avviene, perché alla Vulnologia che non è una specializzazione, i testi del corso di laurea dedicano soltanto poche righe. E quindi nel momento che iniziamo a formare dobbiamo chiederci:
• Quali conoscenze si vogliono costruire: cosa vogliamo che gli studenti SAPPIANO alla fine del percorso?
•  Quali abilità si vogliono costruire: cosa vogliamo che gli studenti SAPPIANO FARE alla fine del percorso?
• Quali competenze si vogliono costruire: in che senso il percorso potrà consentire agli studenti di SAPER INSEGNARE?

Oggi più che mai questi interrogativi devono essere posti perché i discenti dedicano tempo e impegno nelle cose che trovano “sensate”. Il percorso deve quindi avere un “senso” per loro, che non è detto coincida con il “senso” che l’insegnante dà al percorso (che naturalmente è ritenuto interessante, formativo, utile, ecc). IL SENSO OGGI È: DOVE APPLICO CIÒ CHE HO IMPARATO?

Siamo oggi noi vulnologi “di vecchia data” in grado rispondere? Purtroppo no! Perché la vulnologia, come molte altra attività (la flebologia o la proctologia ad esempio) la possiamo definire come una “non specialità di nicchia” che non ha un setting assistenziale definito, né uno specialista di riferimento. E non inseriamo le variabili regionali dei rimborsi!

Dobbiamo dire a gran voce che se oggi la Vulnologia ha la dignità che si merita e che gli viene riconosciuta in ambito nazionale ed internazionale è grazie a quei giovani medici specializzandi che, nella seconda metà degli anni ottanta, senza retribuzione e con una formazione pressoché esclusivamente teorica, hanno deciso di dedicarsi a quei settori considerati meno nobili ma che permettevano loro di rendersi economicamente indipendenti e professionalmente gratificati. Ma il grande pregio di questi pionieri è stato quello di impegnarsi in modo talmente professionale e costruttivo da arrivare a dare una tale dignità a questa materia che nel 1999 viene fondata l’AIUC che oggi rappresenta la società scientifica di riferimento per i cultori della materia.

Purtroppo oggi una tale officina di giovani idee non è più possibile avere, in quanto sono totalmente cambiate, in meglio ovviamente, le condizioni in cui si trovano i giovani specializzandi: sono ben retribuiti e con l’apertura degli ospedali viene permesso loro di eseguire interventi, trattamenti e prestazioni di livello medio alto. Ovviamente le “non specialità di nicchia” in questo contesto perdono la loro capacità attrattiva.

Chi saranno quindi i nuovi Vulnologi? Il problema quindi al momento rimane aperto. Tuttavia ne possiamo disegnare il profilo:

giovani, preparati, motivati, disponibili. Alla ricerca di uno spazio ‘specialistico’ non necessariamente istituzionale, in grado di trasferire le cure di queste patologie sul territorio”.

La ricerca è…….aperta.