Dott.ssa Cristiana Ferrari

UOSD Medicina del Lavoro, Policlinico "Tor Vergata", Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2023-2024

Vol. 68, n° 1, Gennaio - Marzo 2024

Simposio: La prevenzione dimenticata

19 dicembre 2023

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Gli screening oncologici

A. Magrini, C. Ferrari

La prevenzione è definita come l'insieme delle azioni ed attività che mirano a ridurre la mortalità, la morbilità o gli effetti dovuti a determinati fattori di rischio o ad una certa patologia (profilassi), promuovendo la salute e il benessere individuale e collettivo (salutogenesi).

Gli screening oncologici rientrano tra le misure di prevenzione secondaria, che hanno lo scopo di permettere diagnosi precoci di patologie tumorali, al fine di intervenire precocemente e migliorare l’outcome della patologia.

La pandemia da SARS-CoV-2 ha avuto un forte impatto su tutti gli aspetti inerenti all’ambito di tutela della salute. Infatti, le attività di routine degli ospedali sono state fortemente ridimensionate e riconvertite in assistenza ai malati COVID-19. Inoltre, l’accesso stesso nei presidi ospedalieri è stato contingentato e si è assistito a un’interruzione dei programmi di screening e delle attività ambulatoriali, più significativa nelle regioni del Nord, le più colpite dalla pandemia, ma anche nel Centro e nel Sud del Paese.

Le risorse in termini di attività degli operatori sanitari sono state concentrate nelle aree COVID-19, tralasciando, almeno temporaneamente, gli altri servizi routinari.

Una recente revisione, condotta tra il 1° gennaio 2020 e il 12 dicembre 2021, ha evidenziato che, purtroppo, le misure messe in campo per la gestione dell’emergenza, hanno comportato un’ampia riduzione dei servizi di screening oncologico, una diagnosi ritardata e un conseguente aumento della mortalità per patologie tumorali.

Nel 2020, secondo le stime di GLOBOCAN, si sono verificati 19,3 milioni di nuovi casi di cancro e circa 10 milioni di decessi a causa del cancro della mammella, del colon-retto e del collo dell’utero (rispettivamente primo, terzo e settimo tumore più diffuso a livello mondiale).

Andando a considerare dei numeri per contestualizzare l'impatto della pandemia sugli screening oncologici possiamo vedere che si è verificata una riduzione dello screening mammografico del 46,7% con punte del 74,3% nel mese di aprile 2020, mentre per lo screening per la ricerca del sangue occulto nelle feci la riduzione è stata pari al 44,9% con punte del 69,3% sempre in aprile, infine per lo screening per il tumore della cervice uterina si è assistito a una riduzione del 51,8% con punte del 78,8% a marzo 2020 (Fig. 1). 

 

Fig. 1. Decremento negli screening nei diversi mesi del 2020.

 

In accordo al “Terzo rapporto sui ritardi accumulati dai programmi di screening italiani in seguito alla pandemia da COVID-19 aggiornato al 31 dicembre 2020” del Gruppo di lavoro ONS (Osservatorio Nazionale Screening), la riduzione del numero di persone esaminate è dipesa non solo dalla riduzione del numero degli inviti, ma anche dalla tendenziale minore partecipazione nella fase immediatamente precedente il lockdown e successiva alla riapertura. Tale riduzione è dovuta, almeno in parte, alla elevata percezione del rischio infettivo da parte degli utenti, che può averli scoraggiati a recarsi in strutture di tipo sanitario.

È emersa inoltre una riduzione della propensione alla partecipazione che è risultata essere meno accentuata per lo screening cervicale e mammografico (-15%), mentre più elevata per lo screening colorettale (-20%).

Le stime italiane del 2023 riportano 395 mila nuove diagnosi di tumore: 208 mila negli uomini e 187 mila nelle donne. Purtroppo, con un trend in crescita, in tre anni, dal post pandemia, l’incremento è stato di 18.400 diagnosi (erano 376.600 nel 2020).

Il tumore più frequentemente diagnosticato è il carcinoma della mammella (55.900 casi), seguito dal colon-retto (50.500), polmone (44.000), prostata (41.100) e vescica (29.700). Nei prossimi due decenni, il numero assoluto annuo di nuove diagnosi oncologiche nel nostro Paese aumenterà, in media ogni anno, dell’1,3% negli uomini e dello 0,6% nelle donne.

Ancora oggi è presente un impatto diretto del COVID-19 sul percorso del paziente oncologico, in quanto sono presenti:

  • fattori che agiscono sul sistema sanitario nazionale: classificazione di rischio infettivo del SARS-Cov2, aumento di spesa sanitaria per contenimento infettivo (ad es. tampone nasofaringeo), perdita di posti-letto ospedalieri per isolamento, campagna vaccinale specifica, accesso a parenti/visitatori;
  • fattori paziente-dipendenti che agiscono sul collettivo dei malati: fragilità sanitaria del paziente oncologico (che rallenta l’organizzazione di accesso alle cure), necessità di monitoraggio con tampone naso-faringeo, vaccinazione (durata effettiva della copertura vaccinale, necessità di richiami vaccinali periodici);
  • fattori paziente-dipendenti che agiscono sul singolo paziente: ritardo dello screening, della diagnosi, del trattamento e/o delle cure palliative.

Un altro problema rilevante è l’imponente ritardo che si sta accumulando.

Complessivamente si osserva una riduzione di oltre due milioni e mezzo di test di screening (precisamente 2.532.035). Se volessimo tradurre questo dato in mesi standard, il ritardo diagnostico medio accumulato si sta allungando, ed in particolare possiamo quantificarlo in 5,5 mesi standard per le lesioni colorettali, 4,5 mesi standard per i tumori della mammella e 5,2 mesi per le lesioni della cervice uterina.

I dati della sorveglianza di popolazione PASSI sulla copertura degli screening oncologici riflettono l’impatto della pandemia di COVID-19 sulle attività di prevenzione dei tumori e convergono con quanto l’Osservatorio Nazionale Tumori ha evidenziato nei suoi rapporti sui ritardi accumulati dai programmi di screening in Italia.

Le azioni volte al “recupero” della mancata partecipazione allo screening dovrebbero tenere conto delle criticità già esistenti prima della pandemia rispetto a differenze geografiche e sociali, alle motivazioni personali e considerare l’efficacia delle azioni di promozione degli screening che raggiungono i cittadini.

Sarebbe opportuno potenziare i programmi di screening organizzati, tenendo conto delle diverse capacità di resilienza dei sistemi sanitari regionali, investire nella formazione degli operatori sanitari sul counselling, perché promuovano maggiormente e più efficacemente l’adesione dei cittadini ai programmi di screening e in generale alla prevenzione.

Sarebbe inoltre necessario promuovere interventi mirati ai gruppi di popolazione che più di altri restano esclusi dalla prevenzione per abbattere le eventuali barriere (culturali, sociali o economiche) di accesso ai servizi e per promuovere maggiore consapevolezza sull’importanza della prevenzione.

Concludendo si può affermare che l’emergenza sanitaria conseguente al COVID-19 continua ad avere effetti negativi sul sistema sanitario nazionale e questi purtroppo possono durare nel tempo, distogliendo risorse economiche destinate ad altri ambiti medico scientifici.

Quindi è davvero necessario implementare le campagne informative in favore della prevenzione ed è fondamentale che gli italiani colgano l'opportunità offerta dal nostro SSN e aderiscano all'invito gratuito a sottoporsi agli screening ricevuto dalle Asl.

Purtroppo i tassi di adesione agli screening continuano ad essere troppo bassi, come accadeva anche prima della pandemia.


Prof. Andrea Magrini, Direttore Sanitario Policlinico Tor Vergata

Dott.ssa Cristiana Ferrari, UOSD Medicina del Lavoro, Policlinico Tor Vergata

Per la corrispondenza: andrea.magrini@uniroma2.it