Dott.ssa Chiara Carducci

Psicologa, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia della Salute, U.O.S. Psicologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù IRCCS, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2023-2024

Vol. 68, n° 2, Aprile - Giugno 2024

Simposio: Metodologia di studio e trattamento dei pazienti pediatrici con disordini della differenziazione sessuale (DSD): l'esperienza OPBG

13 febbraio 2024

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Il bambino con DSD dalla valutazione alla presa in carico

C. Carducci

Con il termine Disordini della Differenziazione Sessuale (DSD) si fa riferimento ad un vasto gruppo di condizioni congenite in cui lo sviluppo sessuale (dal punto di vista cromosomico, gonadico, anatomico) è atipico.

Il termine racchiude un’ampia varietà di diagnosi da quelle con fenotipo simile tra persone affette e non affette a quelle in cui si pongono dubbi sull’assegnazione di genere, sul rischio di degenerazione gonadico, sulla necessità di interventi chirurgici e sulla fertilità.

La diagnosi può avvenire in un periodo altrettanto ampio che va dalla pre-natalità (diagnosi in amniocentesi o durante i controlli ecografici) fino alla pubertà (per la mancata progressione dello sviluppo sessuale). Possiamo affermare che la categoria diagnostico-terapeutica dei DSD rappresenta un’alta complessità di cura, pertanto richiama la necessità di un intervento bio-psico-sociale con una continua attenzione agli aspetti afferenti all’area dell’etica clinica.

Dal punto di vista psicologico la presa in carico, che parte dalla valutazione e si sviluppa fino al trattamento, deve essere Family Centered (American Accademy of Pediatrics, 2010-2018). L’approccio centrato sul/la paziente e sulla sua famiglia è basato sull’assunto che la famiglia è la prima sorgente di forza, supporto e cura del/della bambin*. Essi (bambino e genitori) sono partner integranti del team di cura.

L’approccio centrato sulla famiglia consente di porre come primo obiettivo il benessere del/della bambin* e della sua famiglia, partendo dalle singole rappresentazioni/esperienze di salute e malattia, considerando i valori e le credenze che il nucleo porta e inserendo il percorso di cura nel contesto sociale e culturale in cui il/la paziente e la sua famiglia vivono.

È necessario rivolgersi al/alla bambin* -non appena l’età lo consente- per renderlo/a partecipe di quanto lo/a riguarda e per informarlo/a di ciò che lo/a caratterizza. Ciò deve essere effettuato tendendo conto delle capacità cognitive della persona, utilizzando modalità giocose e accoglienti e un linguaggio accessibile.


La coppia genitoriale

Una prima accoglienza/valutazione, soprattutto nella presa in carico di neonati DSD, riguarda la coppia genitoriale.

È prioritario porre attenzione allo stile genitoriale e alle caratteristiche dei genitori stessi. Lo stile genitoriale riflette il clima emotivo, educativo, normativo nel quale vengono cresciuti i bambini e ne influenza lo sviluppo emotivo, adattivo e comportamentale. È presente un’ampia letteratura scientifica che sottolinea come i genitori di bambini con malattie croniche abbiano un aumentato rischio di sperimentare uno stile genitoriale disturbato; esso è posto in correlazione con outcome emotivi, comportamentali e sociali poveri nei rispettivi figli. L’impatto dello stile genitoriale disturbato riguarda sia i bambini affetti sia i siblings (fratelli sani dei bambini affetti da patologie croniche complesse).

È noto che gestire la malattia cronica di un figlio contribuisce ad aumentare i livelli di ansia, stress, depressione e impoverimento generale della qualità di vita percepita dai genitori; nello specifico numerosi studi sottolineano che le madri riportano maggior impatto emotivo della diagnosi di malattia cronica dei loro figli rispetto ai padri.

Tre elementi in particolare appaiono centrali nella valutazione emotiva della coppia genitoriale di bambini con DSD:
- La presenza di timore di stigma: i genitori temono che condividere informazioni circa la problematica del figli* con DSD provochi commenti, incomprensioni, giudizi e vergogna, ciò può determinare isolamento e riduzione di supporto sociale. I genitori possono percepire l’urgenza di agire in senso “normalizzante” per ridurre la percezione di giudizio in tal senso. Il timore dello stigma provoca il silenzio spesso nei confronti della famiglia stessa, molto spesso nei confronti dei contesti sociali più vicini, in molte occasioni nei confronti del bambino stesso.
- L’esperienza di distress: la nascita di un bambino con DSD e l’incertezza rispetto al suo futuro rappresenta di per sé una fonte di stress. I sintomi post traumatici possono trasformarsi in un vero e proprio disturbo post traumatico da stress in una percentuale variabile tra il 18 e il 31% dei genitori coinvolti. Viene riportato che la mancanza di informazioni rappresenta un fattore di rischio importante.
- Il dubbio relativo a questioni etiche: dubbi circa la correttezza di percorsi di cura scelti dai genitori in momenti in cui il bambino non può esprimere la propria posizione in merito.


Il/la bambin* con DSD

Per quanto concerne il/la paziente esiste un primo livello di valutazione sempre auspicabile. Esso consiste nell’analisi dello sviluppo neuropsicomotorio per accertarsi che questo avvenga in maniera tipica. Nello specifico appare indicato valutare:
- tappe di sviluppo, abilità e profilo cognitivo (neuropsicologia);
- adattamento ai compiti evoluti (famiglia, scuola, amici, salute);
- eventuale presenza di anomalie del comportamento/emotività.

Gradualmente risulta necessario coinvolgere il/la bambin* nel processo di cura e nella comprensione di ciò che lo/a riguarda in maniera progressiva, condividendo e discutendo delle scelte terapeutiche attuate e da attuare. Particolare attenzione va posta nel periodo periadolescenziale, nello specifico è necessario attenzionare la maturazione identitaria, la percezione di sé e gli aspetti relativi alla sessualità (psicosessualità). In aggiunta, periodicamente, deve essere effettuata la valutazione del rischio psicopatologico, con specifico riferimento ai disturbi d’ansia con isolamento sociale e ai disturbi depressivi.

Rispetto all’identità sessuale e alle scelte relazionali è importante ricordare che i domini dello sviluppo psicosessuale sono l’identità di genere (la propria autorappresentazione come maschio o femmina), il ruolo di genere (comportamenti sessualmente significativi) e l'orientamento sessuale (indicazioni di interesse erotico). L’incongruenza tra il genere assegnato alla nascita ed il genere esperito/percepito può avere diverse intensità, può assumere forme diverse e può essere associata a quote di angoscia. La presenza di elevate quote di angoscia, stress, impatto nella quotidianità depone a favore per una diagnosi di Disturbo dell’Identità di Genere (DIG). La letteratura segnala che essere affetti da DSD è associato con un ritardo e/o un blocco delle relazioni affettive/sessuali. Allo stesso tempo disfunzioni sessuali risultano maggiormente comuni. Rimane controversa, ampiamente dibattuta e di difficile valutazione in letteratura, la predizione dell’espressione dell’identità di genere in risposta alle scelte di allevamento e di esposizione agli ormoni pre-perinatali.

Sandberg e il suo gruppo di lavoro (2017) hanno proposto un protocollo di screening partendo dall’assunto che la diagnosi di DSD è un fattore di rischio per i genitori (alti livelli di stress) e per il/la bambin*.

L’obiettivo del protocollo è quello di individuare precocemente aree di fragilità sull’intero nucleo, senza intervenire solo su segnalazione di un problema già strutturato. L’applicazione inoltre favorisce la realizzazione di un processo di cura altamente standardizzato.

Alla base del protocollo è posto il colloquio clinico inteso come strumento principale ad uso dello psicologo- psicoterapeuta specializzato.

Le aree indagate nel protocollo riguardano:
- fattori di rischio/fattori di protezione della famiglia;
- adattamento psicosociale del/la paziente;
- percezione di sé, capacità di coping/resilienza e livelli di autostima del/la paziente;
- identità di genere;
- percezione corporea;
- assetto emotivo (ansia-depressione).


Presa in carico

Successivamente al percorso valutativo segue il progetto terapeutico che, generalmente, consiste in una presa in carico per i vari membri del nucleo. La psicoterapia (intesa come l’insieme degli approcci terapeutici utilizzati anche nelle altre aree di intervento afferenti alla Psicologia clinica pediatrica) favorisce un processo attraverso il quale la persona esprime le sue potenzialità, affronta le criticità e costruisce quanto di meglio può, in quel momento, per sentirsi bene.

Essa rimane la terapia da promuovere per bambini, genitori e famiglie, al fine di raggiungere il miglior benessere emotivo ed esistenziale. L’esito di un processo di tale complessità non può essere sempre replicabile in modo uniforme. L’obiettivo del percorso psicoterapico risiede nella possibilità di prevenire il distress psicologico e l’insorgenza di forme di psicopatologia, nel costruire interventi caso-specifici in relazione alle aree di vulnerabilità che emergono nel percorso valutativo. Esso permette di limitare il danno e potenziare la resilienza. Nella presa di carico del bambino/famiglia con DSD è necessario promuovere équipe multidisciplinari e interdisciplinari.


Conclusioni

Il management del/la bambin* con DSD e della sua famiglia deve essere altamente individualizzato. Per ogni caso discusso viene programmato un follow up la cui cadenza è strettamente personalizzata. È necessario individuare e gestire i bisogni psicologici del/la paziente e della famiglia in tutte le fasi del percorso diagnostico e terapeutico e in tutto il corso dello sviluppo. È prioritario fornire supporto psicologico al/alla bambin* ed alla famiglia fin dalla diagnosi anche se prenatale, ciò consente la creazione di un’alleanza terapeutica che risulta protettiva e vincente lungo tutto il percorso di cura, che, nella maggior parte dei casi, dura molti anni.

Dal punto di vista psicologico gli operatori sono chiamati a promuovere il benessere psichico e mentale del/della bambin* adattando gli strumenti utilizzati e il tipo di intervento all’età del/la paziente, monitorando sempre:

  1. la tipicità dello sviluppo;
  2. la presenza di dubbi/perplessità circa l’assegnazione sessuale avviata;
  3. la salute emotiva ed adattiva;
  4. la progressione della comunicazione della diagnosi e la progressione della consapevolezza del/la paziente in merito alla sua situazione clinica;
  5. la presenza di una progettualità futura sana ed equilibrata, compresa - nel passaggio alla vita adulta - la progettualità relazionale e di coppia.

Dott.ssa Chiara Carducci, Psicologa, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia della Salute, UOS Psicologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù IRCCS, Roma

Per la corrispondenza: chiara.carducci@opbg.net

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