Anno Accademico 2023-2024

Vol. 68, n° 2, Aprile - Giugno 2024

Simposio: Alterazioni acute e complesse del parenchima polmonare: clinica, imaging, fisiopatologia

27 febbraio 2024

Copertina Atti Secondo Trimestre 2024 per sito.jpg

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La reazione acuta del polmone. Dal polmone di Da Nang al CoViD

G. Munafò

La reazione acuta endogena del polmone dovuta a differenti noxae patogene sia extrapolmonari (come ad esempio un trauma grave degli arti inferiori) che intrapolmonari (quali ad esempio una polmonite o un trauma polmonare) è nota da tempo.

Possiamo anzi osservare che il primo approccio scientifico al problema si ebbe già durante la 1° Guerra Mondiale, quando, a seguito dell’esteso uso dei gas bellici si ebbe allora un considerevole numero di morti per asfissia, in alcuni casi con la morte pressoché immediata, primariamente insorta, ma molto frequentemente invece secondariamente insorta, ovvero insorta a distanza di ore dall’esposizione ai tossici.

D’altronde la corretta definizione di una malattia, fin dai tempi ippocratici, è la premessa dell’atto medico e come diceva Immanuel Kant “I medici pensano di fare molto per un paziente quando riescono a dare un nome al suo disturbo”. Il che, in definitiva, è corretto.

Così, come dicevamo, già durante la Grande Guerra, al tempo del grande clinico William Osler (morto all'età di 70 anni, nel 1919, durante l'epidemia di influenza spagnola), si ebbe il primo approccio scientifico alla reazione acuta endogena del polmone.

Durante quel drammatico evento bellico si ebbero migliaia di morti a causa dell’uso dei gas tossici. In molti casi, quando l’esposizione era modesta, l’insufficienza respiratoria si manifestava a notevole distanza dall’evento e fu chiaro che una severa infiammazione del polmone, indipendentemente dalla sua causa iniziale, può dar luogo a una sindrome caratterizzata da edema polmonare generalizzato.

Questa sindrome procede inesorabilmente verso l’insufficienza respiratoria acuta e spesso è fatale. Fu allora per la prima volta coniata la definizione, ancora attualmente in uso, di Polmone da Shock per definire questo grave quadro patologico.

Oltre alla Medicina, anche la letteratura e la poesia si occuparono di questo dramma. Wilfred Edward Salter Owen è considerato da alcuni come il poeta principale della prima guerra mondiale, conosciuto soprattutto per la sua war poetry sugli orrori delle trincee.  Wilfred Edward Salter Owen venne ucciso in azione il 4 Novembre 1918, durante l'attraversamento con il suo reparto del canale Sambre-Oise.

Egli descrive molto bene la drammatica morte di questi soldati.

Gas! GAS! Quick, boys! —An ecstasy of fumbling,
Fitting the clumsy helmets just in time;
But someone still was yelling out and stumbling,
And floundering like a man in fire or lime…

My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori

Gas! GAS! Veloci, ragazzi! —Un brancolare frenetico
Mentre indossiamo i goffi elmetti appena in tempo;
Ma qualcuno stava ancora urlando e inciampando,
E dibattendo come un uomo nel fuoco o nella calce viva...

Amico mio, tu non racconteresti con un simile entusiasmo
ai bambini ardenti per un po' di gloria disperata,
l'antica Menzogna: Dulce et decorum est
Pro patria mori.

Negli anni ‘40, durante la guerra successiva quindi, i medici aggiunsero un ulteriore tassello alla conoscenza di questa sindrome. Fu chiaro infatti che i traumatizzati, estratti dalle macerie di Londra durante i bombardamenti nazifascisti, in particolare i traumatizzati con schiacciamento degli arti inferiori, dopo alcune ore di relativa stabilizzazione, sviluppavano sovente un improvviso e drammatico peggioramento clinico, con insufficienza respiratoria e morte, pur in assenza di danno polmonare diretto. La patologia fu chiamata Crush syndrome (ovvero Sindrome da schiacciamento).

Per un’ulteriore conoscenza del quadro patologico che andiamo descrivendo, dobbiamo giungere a un ulteriore evento bellico successivo a questi ora rammentati, ovvero alla guerra del Vietnam. Durante la guerra del Vietnam questa patologia per la prima volta fu descritta col nome, attualmente più noto e diffuso, di ARDS (Acute respiratory distress syndrome).

Il fatto storico: a Da Nang, nel 1967, si svolse una terribile battaglia. La base USA di Da Nang fu assediata dai Viet Cong e molti Marines, feriti furono evacuati. Si trattò della più grande evacuazione in elicottero di militari feriti della storia bellica. Questi soldati, nelle ore successive al trauma, sviluppavano frequentemente un’Insufficienza respiratoria acuta e la morte. Il quadro fu definito inizialmente anche “Polmone di Da Nang”.

ARDS è a tutt’oggi uno degli eponimi, il più diffuso, di questa sindrome, che ha molti nomi. Citiamo quelli più noti: Edema polmonare non cardiogeno, Polmonite doppia, Polmone da shock, Polmone post-traumatico, Polmone da Respiratore, Polmone di Da Nang, Polmone bianco.

Nonostante la variabilità dei nomi (ritornando a Kant, che abbiamo citato all’inizio di questo articolo), la sindrome è ben definita dalle caratteristiche cliniche dell’ARDS (Berlin Definition):

  1. esordio acuto;
  2. infiltrati bilaterali alla radiografia frontale del torace;
  3. PaO2/FiO2 ≤300;
  4. nessuna evidenza di scompenso cardiaco sinistro o sovraccarico di liquidi;
  5. presenza di una condizione predisponente.

Vediamo in dettaglio queste caratteristiche. Si tratta di una patologia acuta che insorge a distanza di alcune ore, a volte giorni, dopo l’evento iniziale. La semplice radiografia del torace può essere diagnostica, ed il quadro può essere pressoché patognomonico, caratterizzato da infiltrati diffusi con il classico aspetto dell’edema polmonare, ma senza l’ingrandimento dell’ombra cardiaca che è invece caratteristica dell’edema polmonare cardiogeno.

I criteri diagnostici includono una caratteristica ipossiemia, con il rapporto PaO2, ovvero la pressione arteriosa di ossigeno nell’emogasanalisi arteriosa (EGA), fratto la FiO2 ovvero la percentuale di O2 nell’aria inspirata, inferiore o uguale a 300.

Il dato della PaO2 ottenuto dall’EGA, può essere sostituito dalla saturazione arteriosa (SpO2) ottenuta col pulsossimetro. Infatti una limitazione della definizione di Berlino è l'uso della misurazione dei gas nel sangue per la pressione parziale dell'ossigeno arterioso (PaO2). Quando la misurazione dei gas nel sangue non è disponibile, la saturazione di ossigeno tramite pulsossimetria può essere utilizzata come surrogato per evitare un sottorilevamento.

Osserviamo inoltre che un criterio “negativo”, criterio peraltro molto utile, può definirsi quello del punto 4, ovvero la mancanza di evidenza di scompenso cardiaco sinistro o sovraccarico di liquidi. Infine, dobbiamo aggiungere che la reazione acuta del polmone è endogena, ma trova come causa trigger una molteplicità di patologie. Vediamole in dettaglio.

Cause comuni di ARDS:
- Infettive in genere

  1. Polmonite
  2. Sepsi
  3. Shock traumatico
  4. Shock settico
- Non infettive
  1. Aspirazione del contenuto gastrico
  2. Emotrasfusioni ovvero transfusion-related acute lung injury (TRALI)
  3. Trauma multisistemico o importante (soprattutto a carico degli arti inferiori. Già definita Crush Syndrome)
  4. Pancreatite
  5. Sovradosaggio farmacologico

Ritorniamo al rapporto PaO2/FiO2. Sulla base del rapporto PaO2/FiO2 si possono individuare diversi gradi di gravità della patologia:

  1. Mild ARDS (ARDS lieve) con PaO2/FiO2 200-300 mm Hg
  2. Moderate ARDS (ARDS moderato) con PaO2/FiO2 100-200 mm Hg
  3. Severe ARDS (ARDS grave o severo) con PaO2/FiO2 ≤100 mm Hg

Rispettivamente con una mortalità a 90 giorni del:

  1. 27%
  2. 32%
  3. 45%

Per quanto riguarda la Patogenesi, si distinguono fondamentalmente tre fasi:

  1. Fase iniziale infiammatoria con attivazione della cascata infiammatoria
  2. Fase essudativa (Edema polmonare non cardiogeno), con aggregazione piastrinica e la formazione di microtrombi, nonché la coagulazione intraalveolare e la formazione di membrane ialine
  3. Eventuale evoluzione in Fibrosi.

Più in dettaglio, la lesione viene avviata da insulti diretti o indiretti alla delicata struttura alveolare del polmone distale e alla microvascolarizzazione associata. Nella fase essudativa, i macrofagi alveolari residenti vengono attivati, portando al rilascio di potenti mediatori proinfiammatori e chemochine che promuovono l’accumulo di neutrofili e monociti. I neutrofili attivati contribuiscono ulteriormente al danno rilasciando mediatori tossici. La lesione risultante porta alla perdita della funzione barriera, nonché all'allagamento interstiziale e intraalveolare.

L’espressione del fattore tissutale mediata dal fattore di necrosi tumorale (TNF) promuove l’aggregazione piastrinica e la formazione di microtrombi, nonché la coagulazione intraalveolare e la formazione di membrane ialine.


Note di Fisiopatologia

La successiva risposta infiammatoria alla lesione sottostante porta al danneggiamento delle barriere epiteliali (esacerbate dallo stiramento meccanico) e all'accumulo di liquido edema ricco di proteine negli alveoli. Nel tempo, l’integrità epiteliale viene ristabilita e il liquido alveolare viene riassorbito. La fibrosi può seguire e aumentare il rischio di mortalità.

Fisiopatologicamente, il danno alveolare determina un disaccoppiamento del rapporto ventilazione-perfusione (disaccoppiamento V/Q), come evidenziato dalle osservazioni di un aumento dello shunt (alveoli incapaci di scambiare ossigeno) e dello spazio morto (danno microvascolare che porta alla mancanza di perfusione). Meccanismi patogenetici piuttosto chiari quindi, attualmente (Fonte: Sindrome da distress respiratorio acuto; N Engl J Med 2017).

Riassumendo, le comuni cause di ARDS, si distinguono in Infettive e non Infettive (cause infettive: polmonite, setticemia, sepsi grave, shock settico; cause non infettive: aspirazione del contenuto gastrico, emotrasfusioni, trauma multisistemico, pancreatite, sovradosaggio farmacologico). A questo segue una patologia, l’ARDS, con caratteristiche cliniche molto ben definite (esordio acuto, infiltrati bilaterali alla radiografia frontale del torace, PaO2/FiO2 ≤300 mmHg, nessuna evidenza di scompenso cardiaco sinistro o sovraccarico di liquidi, presenza di una condizione predisponente).

Poiché non sono ancora noti biomarcatori affidabili per la lesione sottostante l’ARDS, la diagnosi si basa su criteri clinici. Nel 2012, i criteri per l'ARDS sono stati rivisti nella “Definizione di Berlino” (e revisioni successive) con l'obiettivo di identificare i pazienti con evidenza di edema alveolare all'imaging del torace causato da danno polmonare intrinseco piuttosto che da aumento della forza idrostatica (ad esempio, insufficienza cardiaca) e con ipossiemia (definita dal rapporto tra la pressione parziale dell'ossigeno arterioso [PaO2] e la frazione di ossigeno inspirato [FiO2]) che richiede un certo supporto ventilatorio (pressione positiva di fine espirazione [PEEP] ≥ 5). Le categorie di gravità sono correlate anche alla mortalità a 90 giorni.

Una limitazione della definizione di Berlino è l'uso della misurazione dei gas nel sangue per la pressione parziale dell'ossigeno arterioso (PaO2). Quando la misurazione dei gas nel sangue non è disponibile, la saturazione di ossigeno tramite pulsossimetria può essere utilizzata come surrogato per evitare un sottorilevamento (Source: Acute Respiratory Distress Syndrome; N Engl J Med 2017).


COVID-19

Negli anni recenti il mondo ha assistito con angoscia al dramma della più grave pandemia dal tempo della Spagnola (1919). Il COVID-19 è una patologia che, per quanto riguarda il dominante aspetto polmonare, presenta molte affinità con il quadro dell’ARDS che abbiamo descritto.

Il COVID-19 causa con elevata frequenza complicazioni polmonari come polmoniti e, nei casi più gravi, può causare ARDS, Acute respiratory distress syndrome, con caratteristiche del tutto simili alla ARDS “classica” che abbiamo descritto in precedenza. In questi pazienti il rapporto PaO2/FiO2 è gravemente compromesso con valori in genere inferiori a 200 mmHg.

L’ipossiemia COVID è spesso apparentemente ben tollerata, tant’è vero che è stato coniato il termine di “Ipossiemia felice” ed inizialmente viene rilevata solo attraverso l’uso del Pulsossimetro, uso che è stato fortemente incoraggiato dagli pneumologi durante la recente pandemia.

L’assenza apparente di sintomi iniziali nella ipossiemia del COVID è legata alla sua patogenesi, fondamentalmente dovuta al disaccoppiamento Ventilazione/Perfusione con conseguente iperventilazione da ipossiemia, ma senza ipercapnia.

La fame d’aria si fa invece drammatica con il progredire della patologia COVID relata.

L’Ipossiemia COVID relata è dovuta, come dicevamo, al disaccoppiamento Ventilazione/Perfusione, ed esso è prevalentemente dovuto alla immunotrombosi COVID relata (fenomeno che è presente anche nell’ARDS classico su descritto), con endotelite e neovascolarizzazione: effetto spazio morto respiratorio (con conseguente ipossiemia senza ipercapnia, ovvero cosiddetta “Ipossiemia felice”, almeno nelle prime fasi della patologia).

Vi è inoltre, come nell’ARDS classico, incremento dell’elastanza che misura la forza di retrazione elastica del polmone e del torace (è il contrario della distensibilità, che viene più comunemente considerata).

Un elevato Drive respiratorio può indurre un danno polmonare autoindotto ovvero Patient Self inflicted lung injury (P-SILI).

In definitiva, quali sono i danni polmonari da COVID-19?

La causa del danno polmonare da COVID-19 comprende il danno virale diretto, la risposta immunitaria dell’ospite e il barotrauma, ciascuna di queste cause ha il potere potenziale di causare danni polmonari a lungo termine. I comuni reperti TC che residuano dopo l'infezione da COVID-19 includono sfumate opacità a vetro smerigliato perilobulari, bronchiectasie e bande fibrotiche parenchimali.

Nei casi più gravi il COVID conduce a una Fibrosi polmonare interstiziale diffusa irreversibile.


Conclusione

L’ARDS è una patologia ben chiarita nelle sue caratteristiche cliniche e la clinica resta il criterio diagnostico prevalente. Anche le sue caratteristiche fisiopatologiche e i maccanismi che portano all’essudazione endoalveolare, tipica di questa patologia (cosiddetto edema polmonare non cardiogeno) sono piuttosto ben definiti.

A questi fenomeni essudartici si associano fenomeni di microtrombosi che portano a un effetto “spazio morto” che può indurre ipossiemia per disaccoppiamento Ventilazione/Perfusione, senza che si abbia, nelle fasi iniziali ipercapnia.

Fenomeni simili a questi sono alla base di molte patologie respiratorie e sono stati visti, in misura drammatica, negli ultimi quattro anni nel corso del tragico periodo della pandemia COVID.


Prof. Giuseppe Munafò, già Primario Pneumologo, già Docente Scuola di Specializzazione in Pneumologia, “Sapienza” Università di Roma

Per la corrispondenza: giuseppe.munafo@gmail.com                   

sito web: giuseppemunafopneumologo.wordpress.com

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