Anno Accademico 2023-2024
Vol. 68, n° 3, Luglio - Settembre 2024
Settimana per la Cultura
09 aprile 2024
Settimana per la Cultura
09 aprile 2024
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A Roma sua città natale, Giovanni Maria Lancisi (1654-1720) seguì alla Sapienza il corso di Medicina e nel 1684 fu nominato sempre alla Sapienza professore di Anatomia. Medico illustre assai stimato alla corte papale, nel 1688 fu nominato medico personale del Papa Innocenzo XI ed anche il suo quasi successore, Innocenzo XII, lo chiamò più volte a consulto. Ma fu specialmente Clemente XI ad avvalersi delle sue capacità cliniche e a sostenere per vent'anni, con munificenza, i suoi tentativi di trasformare l'ospedale di Santo Spirito in un più efficiente ed importante centro di cure mediche. Lancisi si interessò molto di epidemiologia e di Medicina Preventiva lasciando in questi campi validi contributi.
Quindi durante la sua carriera fu medico all'ospedale di Santo Spirito in Sassia e professore di Anatomia alla Sapienza. Acquistò fama europea con l'opera “De Subitaneis mortibus” del 1706, considerato tuttora un importante trattato di Cardiologia. Egli apportò con i suoi studi e ricerche un grande contributo scientifico sulla malaria: fu il primo ad intuire che la causa della malaria erano le zanzare ed erano pure il veicolo di diffusione, insetti che provenivano principalmente dai canali di scolo e dai territori alluvionati. Si è occupato di queste ricerche scientifiche e pubblicazioni in particolare negli ultimi venti anni della sua vita. Mentre prima fu preso in particolare dalla sua attività professionale e di crescita, o anche, oggi lo sappiamo, dall’Amore e dal Libertinismo. Infatti mi sono lungamente occupato del Processo per Eresia che gli fu intentato dal Santo Uffizio, del quale ho ritrovato gli atti e la memoria, raccontandolo in due libri ed in una commedia teatrale, mentre sto scrivendo su questa vicenda anche un romanzo storico. Tutto questo è documentato nei ritrovati “Sommari ed atti tra le carte di Prospero Bottini e negli archivi dei frati minori”. D’altronde quello in cui era vissuto il Lancisi era un periodo storico difficile per scienziati (vedi Galilei) e “menti pensanti” come testimonia un messaggio affidato proprio in quegli anni alla statua di Pasquino: “Chi parla è mandato in galera, Chi scrive è impiccato, Chi sta quieto va al Sant’Officio”.
Voglio citare a proposito quello che scrisse il Bernini (figlio del più famoso artista) contro Lancisi: “Iddio perdoni quelli che ebbero più a cuore qualche interesse e rispetto privato che la gloria di Dio e la salute dello stesso Lancisi che forse si sarebbe ravveduto ed emendato col castigo, il che non si può sperare in uno che precipitato nel baratro dell’empietà… non avendo sperimentato punto la giustizia di Dio per eccessi così detestabili è cosa molto probabile che sia sempre di più confermato nella sua empietà ed ateismo. Il processo è stato insabbiato”. Il processo a Lancisi ed alla setta dei Bianchi è del 1690, seguirono degli anni un po' bui in cui venne allontanato da tutti i suoi incarichi, ma dopo Giovanni Maria recuperò le sue posizioni di prestigio e dal 1700 alla morte, che avvenne nel gennaio 1720, intraprese una importantissima vita scientifica oltre che clinica, in contemporanea al ritorno all’incarico di archiatra papale con Clemente XI con la creazione della Biblioteca Lancisiana e la fondazione dell’Accademia Lancisiana. Nell’ultimo ventennio della sua vita, come dicevo, ha lavorato a moltissime pubblicazioni, per esempio ha scritto sui funghi della villa di Plinio, sulla causa dell’epidemia di buoi e cavalli tra la Campania ed il Lazio, scrivendo un testo basilare sul come difendersi dalle gravi epizoozie che a partire dai primi anni del Settecento decimarono il già scarso patrimonio zootecnico in tutta Europa. L'abbattimento coatto di tutti i capi infetti (il così detto stamping out) suggerito dal Lancisi si rivelò ben presto il mezzo più idoneo per arginare e prevenire il contagio. Messo in atto su vasta scala per la prima volta in Inghilterra, questo espediente si dimostrò tanto efficace contro la diffusione dei contagi da essere anche oggi praticato. Commentò le Tavole d'Eustachio, rinvenute in Urbino e donate a lui da Papa Clemente XI, con note erudite e le presentò agli intervenuti all’Inaugurazione della Biblioteca Lancisiana il 21 maggio 1714, alla presenza del Papa con venti Porporati. In anni giovanili aveva scritto anche su “se la paura possa suscitare i vermi nel corpo dei bambini”, “i vermi della scabia”, ed altre tematiche.
La malaria
Quindi veniamo al libro di Lancisi sulla malaria che si chiama: De noxiis paludum effluviis, libri duo (1707- 1717). Il libro che è conservato nella Biblioteca Lancisiana ha un frontespizio in rosso e nero con grande vignetta in rame su disegno di Io. Passeri raffigurante un'allegoria di Roma. Testatine, capilettera istoriati da vignette incise finemente in rame, una grande carta topografica delle paludi Pontine, sempre in rame, incisa dal Frezza, e ripiegata più volte, arricchita da una rosa dei venti con due legende in basso.
Nel De noxiis paludium effluviis, libri duo (Roma, 1717) Giovanni Maria Lancisi mise in rilievo il rapporto tra la malaria e la presenza di paludi malsane ricche di zanzare attribuendo a queste ultime la diffusione della malattia. Consigliò, purtroppo invano, di prosciugare le paludi e prescrisse un trattamento curativo a base di corteccia di china. Infatti a lui si deve l’intuizione della trasmissione della malaria attraverso il morso delle zanzare ed il consiglio di bonificare le paludi dell’Agro Pontino. Intuì che la malaria era un vera e propria forma di “pestem”, un’infezione che veniva trasmessa attraverso il contagio, scontrandosi così con i fautori dell’antico umoralismo. Arrivò ad ipotizzare che gli insetti depositassero organismi nei cibi che poi venivano assunti dagli uomini o che gli insetti iniettassero direttamente nelle ferite la loro saliva che secondo Lancisi, conteneva un “venifico liquido”. Il libro si apre con un sonetto di Andrea Lama in greco:
Ma Tu, Ippocrate precedi, divino erede,
Nella via che dischiuse ratta fuga,
alle pesti ed al nero Acre.
Forse Andrea Lama esagerava con questa lode a Lancisi, ma era arrivato a Roma e sperava nell’aiuto influente di Lancisi per trovare lavoro. Lancisi, professore di Chirurgia alla Sapienza, e l'abate napoletano Celestino Galiani, gli fecero conoscere l'opera di Newton, favorendo il suo passaggio dal cartesianesimo al newtonianesimo. Per ottenere un impiego nelle segreterie pontificie o una cattedra universitaria, tuttavia, il Lama doveva completare gli studi, a questo fine tornò a Napoli. A Roma, poi con l'interessamento dell’amico, il Lama riuscì ad esser assunto dai Colonna. È stato proprio Lancisi ad introdurre ufficialmente la parola mal'aria , “aria cattiva” per indicare la patologia. La parola malaria deriva da “mal’aria”, coniata a Venezia, nel 1571, ovvero all’aria malsana, ovvero l’aria “corrotta”, la cosiddetta “mal aere” o “mal aire” (locuzione peraltro già usata in precedenza, nel corso del ‘500, da tal Corsaro, veneto, che nelle sue Scritture della laguna voleva indicare la cattiva aria causata dalla formazione delle paludi alla foce dei fiumi che si immettevano nella laguna veneta, e che produceva “molte febbri”). Il termine “mal’aria”, passato in uso a Roma e nelle campagne laziali circostanti grazie a Lancisi, venne poi introdotto nella letteratura inglese da Horace Walpole che lo sentì a Roma nel luglio del 1740 e, da allora la parola “malaria” divenne ufficiale in tutto il mondo. Walpole, l’autore del “Castello di Otranto”, il primo romanzo gotico della storia, scrive:
That horrid thing called the malaria
that comes to Rome every years,
and kill one.
Storie di Paludes Fedidarum
Voglio fare una piccola digressione di tipo letterario citando alcuni brani e frammenti sulla malaria. Inizio con una antica leggenda vietnamita che narra che “le zanzare nacquero dalla triste storia amorosa di un amante tradito. In un villaggio sulle palafitte due giovani sposi vivevano amandosi felici, quando la sposa si ammalò e morì in pochissimi giorni. Il ‘Genio della palude’, toccato dal dolore dello sposo, punse il suo dito e da una goccia di sangue trasse nuova vita per la fanciulla morta: la sposa tornò a vivere e vissero a lungo felici, dimenticando l’orribile passato. Ma una sera la sposa fuggì e insensibile alla disperazione e alle preghiere del consorte ripagò la vita ricevuta pungendosi un dito e restituendo la goccia di sangue. Improvvisamente il suo corpo divenne polvere, la polvere cadde nell’acqua della palude e si animò: nacquero così le larve di zanzara. Ancora oggi la sposa non si rassegnerebbe al suo destino ed ogni notte punge, nella sua veste di zanzara, con la speranza che una goccia di sangue possa restituirle la vita”.
Poi una citazione dalle Novelle rusticane di Giovanni Verga: “È che la malaria v’entra nelle ossa col pane che mangiate, e se aprite bocca per parlare, mentre camminate lungo le strade soffocanti di polvere e di sole, vi sentite mancar le ginocchia, o vi accasciate sul basto della mula che va all’ambio, colla testa bassa”. Per concludere con un frammento della cantata del fantoccio lusitano di Peter Weiss: “Siamo noi a far ricca la terra, noi che sopportiamo la malattia del sonno e la malaria”.
De usu China
Ma torniamo al nostro libro. Lancisi parla anche della terapia con la china: “china tanquam altero specifico huius epidemia et quibus ea modis utiliter fuerint propinata”. Con La china del Perù aveva guarito il Caetani. Altra intuizione: aveva notato che erano colpite in modo particolare le donne, Vulgares Feminae decumberent, questo vedeva giornalmente tra i ricoverati del Santo Spirito.
Infine il nostro nel trattato segnala l’ipotesi di Strabone di Alessandria sulla partecipazione dei venti, ma nel volume cita moltissimo gli autori classici anche di letteratura: Svetonio, Virgilio, Lucano, Orazio, ovviamente Ippocrate. Insomma il trattato è una bellissima commistione di scienza e cultura. Ma a sorpresa ho trovato una citazione teatrale dall’Eunuco di Terenzio: “nihil dictum quod non dictum prius”. E su questo non ci sta alcun dubbio!!!! E Lancisi da uomo del “Nuovo Tempo” lo aveva capito bene!!!
Altre trattazioni non meno utili ed erudite
Tra le sue opere più importanti ricordiamo De subitaneis mortibus, libri duo (Roma, 1707, Francisci Buagni) dove descrisse molti casi di morte repentina avvenuti a Roma tra il 1705 e il 1706, attribuendoli ad una ipertrofia e dilatazione del cuore causati da vizi valvolari. All’indagine ed alla stampa dettero origine le frequenti morti improvvise che colpirono Roma nei primi anni del secolo XVIII. Infatti quando nel 1706 una misteriosa epidemia di morti repentine terrorizzò Roma, Clemente XI ordinò una inchiesta con autopsie dei cadaveri e la affidò a Lancisi. Lui usò per la prima volta la morte come risorsa politica per fondare l‘autorità del medico e affrontare le emergenze e per comprendere la malattia e la morte stessa. L'opera fu accolta con entusiasmo dagli Studiosi e dai filosofi. Bernardino Ramazzini dell'Università di Padova, scrivendo all'Autore, diceva: “Hai mostrato un grande documento della Tua fecondità”. E Luca Tozzi: “Con piacere e ammirazione leggo la Tua pubblicazione. Ammiro l'eleganza dello stile, lo splendore della Lingua Romana - era il Latino - il metodo conciso e la solida dottrina”. Questa opera di Lancisi segnò l’ingresso della Medicina nella gestione della morte oltre la religione!
Prof. Renato Giordano, UOC Diabetologia e Dietologia, ASL Roma 1
Per la corrispondenza: regiordano@libero.it
BIBLIOGRAFIA
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Lancisi GM. Dissertatio de nativis, deque adventitiis Romani coeli qualitatibus; cui accedit historia epidemiae rheumaticae quae per hyemem anni 1709 vagata est. Romae, apud Franciscum Gonzagam, 1711.
Lancisi GM. Dissertatio de recta medicorum studiorum ratione instituenda, habita ad novae Academiae alumnos et medicinae Tyrones in Archinosocomio S. Spiritus in Saxia. Romae: typis Jo. Mariae Salvioni, 1715.
Lancisi GM. Dissertatio epistolaris de ortu, vegetatione ac textura fungorum … Physiologicae animadversiones in Plinianam villam nuper in Laurentino detectam, in quibus de novis aggestionibus circa Ostia Tiberis ... disseritur. Roma: Gonzaga, 1714.
Lancisi GM. Dissertatio historica de bovilla peste, ex Campaniæ finibus anno 1713. Latio importata: deque præsidiis per sanctissimus patrem Clementem 11. pontificem maximum ad avertendam aeris labem, & annonæ caritatem opportune adhibitis. Cui accedit Consilium de equorum epidemia, quæ Romæ grassata est anno 1712. Romae: ex typographia Joannis Mariæ Salvioni, 1715.
Lancisi GM. Dissertazione epistolare (sulla epizoozia dei buoi e la preservazione dal morbo) scritta al p. Antonio M. Borromeo e riportata nell’Istoria, dello stesso Borromeo, dell’epidemia dei bovi. Venezia, 1712.
Lancisi GM. Epistolae tres.1°. Antonio Pacchioni, 2° et 3° Jo. Dominico Branciardo. (Considerazioni ed esperienze intorno alla generazione de’ vermi del corpo umano, fatte da Antonio Vallisnieri). Padova, 1710.
Mercati M. Michaelis Mercati Samminiatensis, Metallotheca. Opus posthumum auctoritate et munif. Clementis XI Pont. Max, e tenebris in lucem eductum. Opera autem et studio Jo. Mariae Lancisii archiatri pontificii illustratum. Romae : ex officina Io. Mariae Salvioni Romani in Archigymnasio Sapientiae, 1717.