Anno Accademico 2023-2024
Vol. 68, n° 3, Luglio - Settembre 2024
Simposio: Cuore Polmone
16 aprile 2024
Simposio: Cuore Polmone
16 aprile 2024
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Con la scoperta, nel XX secolo, della penicillina prima e delle varie classi di antibiotici dopo, sembrava che le malattie infettive fossero definitamente debellate. La peste, il vaiolo, la tubercolosi erano ormai alle nostre spalle. Un primo campanello d’allarme suonò sulla fine del secolo scorso quando comparvero i primi ceppi di Micobatteri tubercolari XDR e poi ceppi resistenti a qualsiasi antibiotico antimicobatterico; man mano altri batteri espressero resistenze sempre più complesse. Un noto esempio di batterio che ha sviluppato nel tempo la capacità di resistere a più antibiotici è lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente con la diffusione prima di ceppi resistenti alle penicilline penicillasi-resistenti, poi ai macrolidi, alle tetracicline, agli aminoglicosidi e infine ai glicopeptidi trasformando la terapia delle infezioni stafilococciche in una sfida globale.
La resistenza batterica è quel fenomeno per cui i batteri riescono a sopravvivere e moltiplicarsi in presenza di un farmaco antibatterico; ciò dipende dalle proprietà biologiche del singolo microrganismo. La resistenza acquisita si sviluppa quando in presenza di un farmaco antimicrobico i batteri sensibili muoiono, solo chi possiede il gene della resistenza sopravvive e diventa dominante su tutta la popolazione batterica. L’uso scorretto o l’abuso di antibiotici sono considerati le cause della crescita e della diffusione di microorganismi resistenti alla loro azione, con conseguente perdita di efficacia delle terapie e gravi rischi per la salute pubblica. Comunque la resistenza non è semplicemente la conseguenza dell’uso degli antimicrobici, ma parte integrante delle difese dei batteri che indica l’abilità di sopravvivere in un ambiente ostile: concetto darwiniano “quello più forte sopravvive”. In una prospettiva darwiniana è inevitabile stabilire una forte correlazione tra la quantità di antibiotici prescritti e l’emergere del fenomeno della resistenza. I livelli di consumo di antibiotici sono costantemente correlati ai livelli di resistenza agli antibiotici, vale a dire quanto più antibiotici vengono utilizzati in una popolazione, maggiore sarà la resistenza agli antibiotici da parte dei batteri responsabili delle infezioni in quella popolazione.
Secondo i dati dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel 2021 il consumo complessivo di antibiotici in Italia è stato pari a 17,1 DDD (Defined Daily Dose) per 1000 abitanti die, in riduzione del 3,3% rispetto al 2020, ma sempre maggiore della media europea (16.4 DDD/1000 abitanti die) per lo stesso anno; infatti l’Italia è tra le prime dieci nazioni per consumo totale di antibiotici.
Nei 34 paesi OCSE e UE/SEE ogni anno, circa 79.000 persone perdono la vita a causa di infezioni resistenti, ciò corrisponde a 2,4 volte il numero di decessi dovuti a tubercolosi, influenza e HIV/AIDS messi insieme nel 2020. Gli anziani e i bambini sopportano il peso maggiore del bilancio delle vittime della resistenza antimicrobica, con circa due decessi su tre avvenuti tra le persone di età superiore ai 65 anni.
La resistenza antimicrobica (AMR) è riconosciuta come una delle minacce più urgenti per la salute pubblica e danno per l’economia a livello globale.
Lo sviluppo di varie forme di resistenza è un fenomeno del tutto naturale, tanto è vero che geni per l’antimicrobico-resistenza sono stati individuati in fossili, reperti archeologici, nel permafrost e in ambienti remoti e incontaminati, dimostrando come la loro evoluzione non sia necessariamente causata da forzanti di natura antropica. È addirittura possibile mappare l’insieme dei geniche conferiscono resistenza ai farmaci e che sono presenti in un ambiente naturale: si parla, in questo caso, di resistoma ambientale. Ovviamente, lo sviluppo di questi geni non è legato all’interazione con i farmaci umani: i geni di resistenza svolgono varie funzioni ecologiche, e si sviluppano probabilmente in risposta a determinate interazioni all’interno degli ecosistemi, fornendo agli organismi che li acquisiscono un vantaggio adattativo. Oggi, tuttavia, questo fenomeno naturale è alterato dall’interazione con le attività umane. Ne è sintomo la distribuzione geografica dei geni di resistenza, che sono particolarmente concentrati negli ambienti più pesantemente modificati dalla mano umana, come le aree urbane e agricole. Inoltre, le attività umane hanno contribuito in modo significativo a modificare le modalità e la velocità di diffusione di questi geni: attività umane come il turismo, il commercio e lo smaltimento dei rifiuti sono responsabili del movimento dei microbi su scala globale e del superamento delle barriere geografiche.
La resistenza antimicrobica e il cambiamento climatico rappresentano un’interazione pericolosa. La crisi climatica infatti aggrava il problema dell’antibiotico-resistenza in modo diretto e indiretto. L’innalzamento delle temperature medie annuali del pianeta influisce sulla antimicrobicoresistenza aumentando i tassi di crescita dei batteri e favorendo il fenomeno del trasferimento genico orizzontale, che è il meccanismo primario attraverso cui i geni di resistenza vengono condivisi tra i batteri. Inoltre, con l’aumento delle temperature si estendono le nicchie ecologiche adatte alla sopravvivenza di animali vettori di agenti patogeni tipicamente tropicali come la Zika, o la dengue. In generale, esiste una correlazione tra l’aumento delle temperature, la densità di popolazione e l’aumento dei tassi di resistenza antimicrobica. L’aumento delle temperature locali e della densità di popolazione negli Stati Uniti è correlato con un aumento delle resistenze in comuni agenti patogeni come E. coli, K. Pneumoniae e S. aureus, suggerendo che la crescita della popolazione e il cambiamento delle condizioni climatiche peggioreranno ulteriormente la resistenza agli antibiotici.
La temperatura può facilitare il trasferimento genico orizzontale, che avviene attraverso lo scambio di geni di resistenza (es. beta lattamasi trasportate da plasmidi - ESBL) o l'assorbimento di materiale genetico libero. I paesi europei situati alle latitudini meridionali presentano una maggiore incidenza di infezioni dovute a enterobatteriacee produttrici di ESBL, che è stata generalmente attribuita all'uso di antibiotici e alla pressione selettiva, ma che può essere facilitata da fattori climatici inclusa la temperatura.
Batteri resistenti possono diffondersi attraverso gli ecosistemi e raggiungere luoghi distanti che si ritiene abbiano avuto uno scarso impatto antropico, come le remote regioni polari. Il movimento dell’acqua, del suolo, degli animali, dell’aria e delle tempeste di polvere contribuisce alla dispersione a lunga distanza dei microrganismi e, di conseguenza, alle resistenze. Le attività umane come il turismo, il commercio e lo smaltimento dei rifiuti sono responsabili del movimento dei microbi su scala globale e attraverso le barriere geografiche. Questi massicci movimenti di microbi e del loro carico genetico, che include i geni della resistenza, alterano invariabilmente la composizione e le dinamiche delle comunità locali poiché i microbi invasori competono per la sopravvivenza in condizioni ambientali mutevoli. L’esposizione a uno stress ambientale come la temperatura elevata induce i batteri a rispondere con dei pattern di espressione genica molto simili a quelli osservati in reazione all’interazione con alcuni antibiotici. Questo suggerisce che possa esserci un legame tra l’esposizione ad alte temperature e i meccanismi di resistenza agli antibiotici. L’inquinamento è un altro fattore che contribuisce ad aggravare questa emergenza. Le microplastiche, ormai pressoché onnipresenti in natura e nei tessuti degli organismi viventi, sono state riconosciute come potenziali vettori di geni di resistenza, poiché queste microscopiche molecole disperse nell’ambiente fungono da trasportatore per batteri e altri microrganismi, favorendo così il trasferimento genico orizzontale.
Il reclutamento di geni di resistenza può avvenire anche dal microbiota ambientale. Infatti gli antibiotici utilizzati in Medicina o nella zootecnia non vengono completamente metabolizzati, il che significa che la frazione attiva rimanente viene rilasciata nell'ambiente attraverso le acque reflue. Gli antibiotici raggiungono gli ecosistemi naturali anche tramite l’irrorazione dei raccolti. Gli ambienti acquatici sono particolarmente critici perché ricevono e disperdono contaminanti provenienti dalle principali fonti di inquinanti come gli effluenti industriali e agricoli, i sistemi di acque reflue urbane e gli impianti di trattamento, che eliminano solo parzialmente gli antibiotici. Gli agenti patogeni vengono introdotti nell'ambiente e nella catena alimentare anche attraverso fertilizzanti e acqua contaminata per l'irrigazione. Poi i cosiddetti fertilizzanti organici prodotti da materiale vegetale, letame animale e rifiuti di sottoprodotti agricoli o recuperati dalle acque reflue sono una fonte di batteri resistenti e agenti patogeni negli alimenti che raggiungono i consumatori.
Anche se le concentrazioni di antibiotici nella maggior parte degli habitat del suolo e dell’acqua scendono al di sotto delle MIC riportate per i batteri in laboratorio, esse influenzano comunque la fisiologia batterica perché:
- portano a estesi cambiamenti nella trascrizione
- inducono cambiamenti nel genoma
- promuovono la resistenza agli antibiotici.
Una parte del peso della resistenza antimicrobica nell’UE è dovuto anche agli antimicrobici utilizzati negli animali destinati alla produzione alimentare in quanto gli antibiotici utilizzati per trattare e prevenire le infezioni negli animali appartengono agli stessi gruppi chimici di quelli utilizzati nella medicina umana. Negli animali, l’uso di antimicrobici nei paesi OCSE si è dimezzato, passando da 181 a 91 milligrammi di antimicrobico per Kg di cibo animale tra il 2000 e il 2019, e le proiezioni suggeriscono che potrebbe diminuire di un ulteriore 10% entro il 2035. Ma la maggior parte delle vendite di antimicrobici per animali avviene al di fuori dei paesi OCSE e si prevede che la vendita di antimicrobici per uso animale nei paesi del G20 raggiungerà quasi il doppio della media OCSE entro il 2035.
È evidente quindi che la salute umana, la salute animale e la salute dell'ecosistema sono legate indissolubilmente: ONE HEALTH.
Necessita perciò un approccio olistico che riconosca le profonde interconnessioni tra i diversi aspetti problematici del rapporto tra le società umane e i sistemi naturali.
Nei paesi OCSE le vendite medie di tutte le classi di antibiotici sono aumentate di quasi il 2% dal 2000, mentre più di un terzo dei paesi non raggiunge l’obiettivo fissato dall’OMS per antibiotici di prima linea (Access) in modo che costituiscano almeno il 60% del consumo totale. Se le tendenze storiche dovessero continuare, il consumo di antibiotici negli esseri umani non diminuirà in modo significativo almeno fino al 2035. Nei paesi OCSE le proporzioni di resistenza a 12 combinazioni di antibiotici-batteri, alimentate da alti livelli di uso inappropriato, si attestano intorno al 20%, il che significa che un’infezione su cinque è causata da superbatteri.
I ceppi resistenti di E. coli, K. pneumoniae e Staphylococcus aureus sono i principali responsabili del carico di resistenza antimicrobica, causando quasi tre decessi su quattro a causa di infezioni resistenti e rendendo più difficile e costoso il trattamento delle patologie più complesse. Le infezioni resistenti acquisite in ambito sanitario sono particolarmente pericolose. Queste rappresentano circa una su tre infezioni resistenti, ma sono oltre il 60% dei decessi correlati alla resistenza antimicrobica. Molti fattori concorrono a rendere la resistenza antimicrobica nelle RSA una minaccia particolarmente impegnativa, non solo per i residenti e il personale, ma anche per le comunità più ampie in cui si trovano queste strutture. Quando il personale e i visitatori entrano ed escono dalle RSA, lo stesso fanno gli agenti patogeni resistenti. La maggior parte dei residenti delle RSA è anziana ( >65 anni) e fragile, spesso con comorbilità multiple, incontinenza, disorientamento, malnutrizione, mobilità limitata e ulcere da decubito e può rendersi necessario l’uso di dispositivi invasivi come sonde per alimentazione e cateteri urinari a permanenza. Fragilità, comorbilità e uso di dispositivi invasivi sono tutti fattori che rendono i residenti delle strutture a lungo termine più suscettibili alle infezioni, comprese quelle provenienti da organismi resistenti, rispetto alle persone anziane che vivono nella comunità. In media, nei paesi OCSE nel periodo 2016-2018, circa il 3,8% dei residenti nelle RSA ha avuto un’infezione associata all’assistenza, nello stesso periodo, quasi un isolato su tre di infezioni legate all’assistenza era resistente ai trattamenti antimicrobici di prima linea.
Se non controllata, la resistenza agli antimicrobici di terza linea potrebbe essere 2,1 volte più alta entro il 2035 rispetto al 2005. Ciò significa che i sistemi sanitari saranno più vicini all’esaurimento delle opzioni per curare pazienti affetti da infezioni gravi.
La resistenza antimicrobica rimane pericolosamente elevata in alcuni paesi come Grecia, India e Turchia. In questi paesi, si prevede che oltre il 40% di tutte le infezioni causate dalle 12 combinazioni antibiotici-superbatteri studiate dall’OCSE diventeranno resistenti agli antibiotici entro il 2035. Inoltre per alcune coppie di antibiotici-batteri come Acinetobacter baumannii resistente ai fluorochinoloni e ai carbapenemi, le proporzioni di resistenza previste possono raggiungere quasi il 90% nei paesi con le percentuali di resistenza più elevate. Si prevede che i tassi di crescita relativi della resistenza agli antibiotici di seconda e terza linea aumenteranno molto più rapidamente rispetto alla resistenza ai trattamenti di prima linea.
Dalla pubblicazione del Piano d'azione globale sulla resistenza antimicrobica (GAP-AMR) nel 2015, la maggior parte degli Stati membri della Regione europea dell'OMS ha intensificato gli sforzi per affrontare la resistenza antimicrobica. Nel 2017 solo 34 (68%) dei 50 Paesi hanno riferito di aver sviluppato un piano d'azione nazionale (PAN) sulla resistenza antimicrobica, ma ultimamente questo dato è salito a 44 (85%) dei 52 Paesi. La sfida che ci attende è quella di garantire un'attuazione completa e finanziamenti adeguati per i PAN.
L’OMS per favorire un corretto uso degli antibiotici ha provveduto a stilare una classifica di priorità il cui acronimo è AWaRe.
Gli antibiotici Access sono a spettro ristretto, hanno un buon profilo di sicurezza e un rischio generalmente basso di indurre resistenze. Sono raccomandati nella terapia empirica (come opzioni di prima o seconda scelta) delle infezioni più comuni. L’OMS ha stabilito come target per il 2023 che almeno il 60% dei consumi globali di antibiotici a livello nazionale attinga al gruppo Access. Fanno parte di questo elenco, fra gli altri, amoxicillina, amoxicillina/ac. clavulanico, cefazolina, doxiciclina, metronidazolo, nitrofurantoina, sulfametoxazolo/trimetoprim.
Da notare che i fluorchinolonici e i macrolidi sono assenti in quanto la resistenza a queste due classi di antibiotici ha raggiunto percentuali ragguardevoli che ne sconsigliano l’impiego in prima battuta.
Gli antibiotici della lista Watch sono antibiotici a spettro più allargato, hanno un maggior rischio di indurre resistenze e sono raccomandati come opzioni di prima scelta solo in pazienti con presentazioni cliniche più gravi o per infezioni il cui agente etiologico è molto probabilmente resistente agli antibiotici del gruppo Access. Di questa lista fanno parte, fra gli altri, azitromicina e i macrolidi, cefepime, cefixime, cefoxitina, ceftriaxone, minociclina, i fluorochinoloni, fosfomicina orale, i carbapenemi, neomicina orale ed EV, netilmicina, piperacillina/tazobactam, rifampicina, rifaximina, teicoplanina, vancomicina orale ed EV.
La lista Reserve comprende antibiotici da utilizzare quali ultima scelta in caso di fallimento clinico e microbiologico o per trattare infezioni pericolose per la vita e da germi resistenti a multipli antibiotici.
Nella lista Reserve troviamo, tra gli altri, aztreonam, cefiderocol, ceftaroline-fosamil, ceftazidime/avibactam, ceftolozane/tazobactam, dalbavancina, dalfopristin/quinupristin, daptomicina, eravaciclina, fosfomicina EV, imipenem/cilastatin/relebactam, linezolid, meropenem/vaborbactam.
Le linee d’azione di politica sanitaria per contrastare la resistenza antimicrobica sono:
• sorveglianza e monitoraggio in ambito umano e veterinario;
• prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza;
• promozione dell’uso appropriato degli antimicrobici in ambito umano e veterinario.
In particolare:
1. Politiche per ottimizzare l’uso degli antibiotici nella salute umana
• Rafforzare la gestione antimicrobica
• Incentivi finanziari
• Prescrizione antimicrobica ritardata
• Aumento dell’uso di test diagnostici rapidi
2. Politiche in materia di salute umana per ridurre l’incidenza delle infezioni
• Migliorare le pratiche di igiene delle mani
• Migliorare le pratiche di igiene ambientale
• Migliorare la copertura vaccinale (affrontare l’esitazione nei confronti dei vaccini)
3. Politiche volte a promuovere la consapevolezza e la comprensione della resistenza antimicrobica
• Potenziare la formazione degli operatori sanitari sulle competenze comunicative
• Aumentare le campagne sui mass media
4. Politiche esterne al settore della salute umana per ridurre l’incidenza delle infezioni
• Migliorare le pratiche di biosicurezza negli allevamenti
• Migliorare le pratiche di manipolazione degli alimenti
La corretta igiene delle mani rappresenta la misura più efficace per ridurre il rischio di trasmettere microrganismi potenzialmente patogeni in qualsiasi ambito assistenziale (ospedale, ambulatorio, struttura residenziale per anziani, assistenza domiciliare). In particolare in Italia dal 2021 è attiva la Sorveglianza Nazionale del Consumo di Soluzione Idro-Alcolica (CSIA) gestita dall’ISS per l’igiene delle mani in ambito ospedaliero. Nel 2022 si è riscontrata una ulteriore riduzione dei consumi mediani nazionali di soluzione idroalcolica, arrivati a 15,63 Litri/1.000 Giornate di Degenza Ordinaria (GDO), mentre era 20,66 nel 2021 e 24,47 nel 2020 a fronte di uno standard di 20 litri/1000 giornate di degenza.
L’efficacia delle politiche in materia di resistenza antimicrobica è più pronunciata quando vengono implementate come parte di un pacchetto di interventi, rispetto a una situazione in cui vengono implementate individualmente.
L’European Respiratory Society ha predisposto una piattaforma (AMR-Lung https://www.ersnet.org/science-and-research/clinical-research-collaboration-application-programme/amr-lung-antimicrobial-resistance-in-lung-infections) destinata a ricercatori e medici interessati alle resistenze antimicrobiche, atta ad unire in un’unica forza i contributi di quanti sono coinvolti e interessati alla problematica della antibiotico-resistenza nelle malattie polmonari croniche (pneumologi, infettivologi, microbiologi, addetti alla Sanità pubblica, aziende farmaceutiche e rappresentanti dei pazienti), per sviluppare un comune programma di ricerca per i prossimi anni e per iniziare ad affrontare le sfide poste dalla resistenza antimicrobica nelle malattie polmonari croniche con i seguenti obiettivi:
• analizzare l’epidemiologia delle resistenze antimicrobiche dei patogeni respiratori nelle malattie polmonari croniche;
• valutare i test diagnostici attuali e nuovi;
• definire i principi dell’uso prudente e mirato degli antimicrobici nelle infezioni polmonari croniche
e obiettivi a più lungo termine:
• fornire una piattaforma per unire le parti interessate del mondo accademico, industriale, della sanità pubblica e dei rappresentanti dei pazienti;
.• sviluppare un programma di ricerca per i prossimi anni.
Gli esseri umani, principale forza dietro i cambiamenti ambientali globali, hanno alterato praticamente tutti gli ecosistemi del nostro pianeta. Hanno cambiato i modelli di utilizzo del territorio attraverso l’agricoltura e l’urbanizzazione e aumentato la produzione di rifiuti dovuta alla produzione e al consumo.
- Queste attività antropiche hanno un impatto sulla qualità dell’aria e dell’acqua e sulle risorse terrestri, nonché sulla biodiversità, sulla salute e sulla produttività degli ecosistemi.
- Gli antibiotici stessi rappresentano un importante contaminante emergente ampiamente distribuito nella maggior parte degli ambienti.
L’idea che l’emergenza-antibioticoresistenza sia un problema che non riguarda il singolo deve essere mutata nella presa di coscienza che è in realtà una sfida globale:
- che deve interessare chiunque;
- che non conosce confini;
- che diventerà sempre più imponente ed ingestibile se non affrontata.
I cittadini devono mantenersi informati sull’argomento, selezionando fonti di informazione autorevoli, affidabili e scientificamente rigorose.
Prof. Alfonso Maria Altieri, Pneumologo, UPMC Salvator Mundi, Roma
Per la corrispondenza: alfoalt@tin.it
BIBLIOGRAFIA
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