Anno Accademico 2015-2016
Vol. 60, n° 4, Ottobre - Dicembre 2016
ECM: L’Insufficienza respiratoria acuta e cronica
24 maggio 2016
ECM: L’Insufficienza respiratoria acuta e cronica
24 maggio 2016
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L’insufficienza respiratoria viene definita come “incapacità dell’apparato respiratorio di fornire alle cellule dell’organismo un apporto di ossigeno adeguato a soddisfare il fabbisogno metabolico di base e ad espellere la CO2 prodotta dal metabolismo stesso”. Nella pratica clinica essa è definita dai valori di emogas-analisi: “ipossiemica” o di tipo 1° per una PaO2 < 60 mmHg; “ipercapnica” o di tipo 2° per una PaCO2 > 45 mmHg. Nel linguaggio pratico comune e, più specificamente nell’ambiente radiologico, viene usata l’espressione “dispnea” che corrisponde correttamente all’insufficienza respiratoria percepita dal paziente, non sempre correlata con la reale gravità della malattia.
Limitando il campo all’ambito toracico, le possibili cause di dispnea possono derivare dalle diverse componenti del torace stesso: cornice toracica prevalentemente scheletrica, pleura costale e diaframmatica, parenchima polmonare, vie aeree, strutture vascolari, mediastino, cuore e pericardio. La radiografia del torace (RT) resta il pilastro centrale dell’imaging attuale e comunque il primo accertamento, spesso sufficiente a soddisfare il quesito clinico, sia in positivo con la dimostrazione della causa della dispnea, sia in negativo per escludere o per poter indirizzare verso indagini diagnostiche più approfondite. Oltre alle informazioni di carattere morfologico la RT è in grado di offrire informazioni di significato funzionale, soprattutto relativamente alla densità di fondo del parenchima, alla distribuzione e al comportamento del disegno polmonare, al comportamento del parenchima e della pleura correlato con l’atto respiratorio.
Il trauma è l’evento più immediatamente rappresentativo della dispnea acuta correlata con l’insulto parietale contusivo o con fratture costali a volte difficili da dimostrare nonostante la sintomatologia. Le fratture costali possono costituire un dilemma diagnostico nei casi di “fratture spontanee” correlate con i colpi di tosse ripetuti e violenti nel corso di flogosi aspecifiche broncopolmonari prolungate, specialmente in soggetti per lo più femminili affetti da osteoporosi.
In questi casi è di fondamentale importanza un colloquio diretto fra paziente-clinico-radiologo per indirizzare la ricerca puntigliosa che giustifichi il dolore localizzato della dispnea.
I traumatismi della parete toracica, a seconda del livello di gravità, possono coinvolgere la pleura e il parenchima polmonare provocando emotorace, contusione polmonare con possibile evoluzione verso quadri di ARDS a volte difficili da distinguere rispetto a focolai di polmonite o di edema polmonare: tali complicanze ed i modelli evolutivi correlati sono fortemente dipendenti dalle condizioni generali del soggetto colpito (età, eventuali malattie preesistenti quali cardiopatie-BPCO-malattie metaboliche ecc.). E’ sempre bene che la diagnostica differenziale fra i modelli evolutivi vada affrontata collegialmente fra clinico e radiologo in considerazione delle possibili criticità non sempre prevedibili. Tuttavia la semeiotica radiologica, specie se affidata ai quadri di Tomografia Computerizzata (TC), è generalmente in grado di esprimere la diagnosi corretta.
Lo pneumotorace è un evento relativamente frequente e potenzialmente grave; raramente correlato con traumi, il più delle volte spontaneo e perciò subdolo sia nell’insorgenza che nell’evoluzione. La clinica deve porre il sospetto, la radiologia deve confermarne l’esistenza, il grado, l’evoluzione. Notoriamente le forme più gravi, oltre ai diversi gradi di collasso polmonare, possono coinvolgere le strutture vascolari (torsione dei grossi vasi) e mediastiniche creando le condizioni di ipertensione polmonare acuta e possibile insufficienza cardiaca destra. La radiografia del torace è generalmente sufficiente a descrivere il grado di collasso polmonare e le eventuali alterazioni architettoniche vascolari e mediastiniche.
La flogosi pleurica è una potenziale causa di dispnea: essa resta di pertinenza diagnostica della clinica fino a quando non si produce versamento documentabile radiograficamente. La dimostrazione radiologica di un versamento pleurico anche cospicuo non è scontata! I versamenti “sottopolmonari” anche abbondanti favoriti dalla condizione anatomica di legamento polmonare lungo e sottile, possono simulare semplicemente un moderato sollevamento diaframmatico morfologicamente regolare con buona conservazione di aperture dell’angolo costofrenico! In questi casi è strategico il confronto con l’emidiaframma controlaterale e quindi l’esecuzione di un radiogramma in decubito o, meglio, integrazione diagnostica con ecografia. L’eventuale versamento sottopolmonare a sinistra è più facilmente sospettabile per aumento di spessore del profilo diaframmatico rispetto alle raccolte gassose addominali gastrica e colica. Com’è noto, uno degli eventi clinici più gravi è costituito dalla trombo-embolia polmonare acuta che, a seconda della entità, è potenzialmente mortale nelle prime ore dell’evento per insufficienza cardiaca acuta! A fronte del sospetto clinico (dispnea e dolore toracico acuto in presenza di fattori di rischio noti), già la radiografia del torace può presentare segni orientativi: caduta distrettuale della vascolarità, aumento di calibro del tratto prossimale del ramo principale dell’arteria polmonare omolaterale. La TC con mezzo di contrasto confermerà facilmente la diagnosi attraverso segni diretti.
La “polmonite” costituisce una delle occasioni più comuni e frequenti di dispnea acuta. Senza entrare nel merito di una trattazione dedicata, vale tuttavia l’opportunità di ricordare che la diagnosi è innanzitutto clinica, sul singolo evento e sul singolo soggetto, tenuto conto tuttavia dei dati epidemiologici. Dal punto di vista radiologico è bene tenere distinti tre modelli di presentazione: polmonite lobare, bronco-polmonite, polmonite interstiziale.
La polmonite lobare o polmonite franca è caratterizzata da un’area di consolidazione alveolare più o meno estesa, limitata dalle scissure pleuriche interlobari. Poiché la consolidazione degli spazi alveolari è dovuta alla rapida produzione locale di fluido gelatinoso con coinvolgimento limitato delle diramazioni bronchiolari periferiche, sul radiogramma del torace e meglio ancora sulle scansioni TC, si assiste al reperto del “broncogramma aereo” che caratterizza questo tipo di flogosi parenchimale. Lo stesso reperto è apprezzabile nei quadri di ARDS configurandosi come prezioso marker di diagnostica differenziale rispetto all’edema polmonare di origine cardiogena. La broncopolmonite si presenta sul radiogramma del torace con l’aspetto di circoscritte opacità cotonose parzialmente confluenti spesso a focolai multipli anche bilaterali. Le forme interstiziali si presentano con pattern micronodulare, a vetro smerigliato, reticolare o in forma mista, per lo più espressione di edema flogistico, per territori più o meno estesi e spesso bilaterali, generalmente legati ad eziologia virale. Una particolare forma di polmonite è costituita dalla “polmonite organizzativa = OP” (Organizing Pneumonia). Si tratta di una forma di flogosi reattiva, non infettiva, la cui eziologia resta il più delle volte sconosciuta (COP= Cryptogenic Organizing Pneumonia), non raramente correlata con l’assunzione di farmaci. Si presenta raramente come malattia primaria; più spesso accompagna altre manifestazioni acute e croniche quali le malattie fibrosanti (alveolite allergica estrinseca, asbestosi, fibrosi polmonare idiopatica ecc). Nella forma primaria si presenta alla RT come opacità unica o a focolai multipli anche bilaterali con gli stessi caratteri della polmonite lobare. Non risponde alla terapia antibiotica. Dopo terapia steroidea si osserva generalmente un progressivo miglioramento nel corso del quale possono comparire nuovi focolai flogistici: questo modello di comportamento resta misterioso e tipico! Dopo la guarigione si può ripresentare nello stesso soggetto a distanza di anni anche con ritmo ricorrente, accompagnato da febbre, dispnea e dolore toracico.
L’edema polmonare è un evento relativamente frequente, definito come “eccesso di acqua extra-vascolare nei polmoni”. Tale eccesso riconosce due meccanismi patogenetici: il primo è costituito dalla “trasmissione ai capillari polmonari dell’ipertensione venosa da insufficienza cardiaca sinistra” ed identifica l’edema polmonare cardiogeno (EPC); il secondo è correlato con “aumentata permeabilità acuta della barriera endoteliale nei capillari polmonari” conseguente ad insulti di diverso genere (tossici, da sepsi, traumi-emorragie cerebrali, aspirazione di succhi gastrici) ed assume la denominazione di Acute Respiratory Distress Syndrome (ARDS).
Lo sviluppo dell’EPC può essere diviso in due momenti evolutivi ben correlati con l’imaging e con la manifestazione clinica. Nella prima fase, definibile come “fase interstiziale” accompagnata da dispnea progressiva, si assiste radiologicamente a: incremento della densità di fondo dovuto ad imbibizione dei setti interlobulari (strie di Kerley sul radiogramma), comparsa delle “cuffie” peribronchiali, ispessimento delle scissure interlobari, versamento pleurico. In questa fase la pressione nei capillari si attesta sui valori compresi fra 18-25 mmHg. Nella fase successiva o fase alveolare, si assiste radiologicamente alla comparsa di noduli rapidamente confluenti dovuti ad inondazione degli spazi alveolari e delle vie aeree, fino alla comparsa di aree di consolidazione omogenee a distribuzione gravitazionale, bilaterale preferenzialmente basale e parailare. La pressione nei capillari è compresa fra 25-30 mmHg. La dispnea diventa intensa. A causa dell’inondazione delle vie aeree, nel contesto degli addensamenti parenchimali non si osserva broncograma aereo: tale assenza costituisce un prezioso marker distintivo rispetto alle polmoniti e all’ARDS.