Prof. Antonio Crucitti

Professore Associato Università Cattolica del Sacro Cuore. U.O.C. di Chirurgia Generale e Minivasiva Ospedale Cristo Re, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2016-2017

Vol. 61, n° 1, Gennaio - Marzo 2017

Simposio: Il paziente anziano ovvero la Medicina delle complessità!

10 gennaio 2017

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Il paziente anziano: ovvero la medicina delle complessità

La complessità in chirurgia

A. Crucitti, A. Mazzari, P. Tomaiuolo

Introduzione

Per affrontare l’argomento “anziano” oggi bisogna innanzitutto conoscere i dati epidemiologici e l’aspettativa di vita di una popolazione che, nei paesi sviluppati, è cresciuta in media dai 49 anni nel 1900 ai 79 nel 2000.

Il vantaggio in termini di allungamento della vita che si è ottenuto in questi ultimi 30 anni è equivalente a quello guadagnato dai tempi dell’antica Roma fino al 1900. Va anche aggiunto che sia l’Europa che molti altri Paesi in tutto il mondo vanno incontro a problematiche di popolazione con complessità crescenti e a modifiche sistemiche delle loro società.

In seguito al miglioramento delle cure, al crescente benessere, ai progressi della medicina, al miglioramento della salute, ai migliorati standard di vita l’aspettativa di vita è drammaticamente aumentata durante le ultime decadi. La Terra vedrà in vita più 80enni e 90enni di quanto sia mai accaduto prima, anche perché stiamo aspettando con fiducia che la generazione dei baby boomer prima cresca e poi diventi anziana.

Le previsioni degli statistici fanno sì che tra il 2010 e il 2060, il numero degli europei sopra i 65 anni raddoppi, passando da 88 a 153 milioni: circa il 30% della popolazione Europea sarà sopra i 65anni.

La crescita dei vecchi anziani, cosiddetti “oldest old” è, tra l’altro, la porzione più veloce nella crescita della popolazione totale, al punto tale che coloro che avranno 80 anni quasi triplicheranno passando dai 24 ai 62 milioni.

Un ulteriore aspetto, non del tutto trascurabile, è il significativo incremento dei costi sia in senso generale ma, e soprattutto, di carattere assistenziale medico che questa crescente popolazione provocherà alle nostre amministrazioni.

            Alcuni Autori riferiscono che ad oggi l’1% dei pazienti in età avanzata copre ben il 70% delle spese per la salute; tra questi coloro i quali hanno patologie croniche multiple e assumono molti farmaci. Le Compagnie Assicurative Statunitensi spenderanno in modo rilevante, con un incremento dai 555 bilioni di dollari del 2011 a 903 bilioni del prossimo 2020.

Un altro dato interessante proviene da Lancet; secondo gli Autori in uno studio retrospettivo su una coorte di pazienti anziani, suddivisi in varie fasce di età, la maggior parte della spesa sanitaria viene erogata tra i 65 ed i 75 anni.

Sono questi i più salenti dati allarmanti che spingono sempre di più i ricercatori, gli economisti, gli addetti del mondo della salute tutto alla ricerca di nuovi percorsi, di maggiori risorse, di più efficaci protocolli e di un personale “dedicato” a questa speciale categoria di pazienti, così innocentemente esigenti, così estremamente fragili.

 

La medicina a loro dedicata non può pertanto non essere che una medicina della complessità, ovvero una medicina che giustifica la necessità di un approccio integrato, multiprofessionale, dove il medico di medicina generale, l’anestesista, il chirurgo, il fisioterapista, il nutrizionista, il cardiologo, l’infermiere, il farmacologo …. e quanti più professionisti, siano impegnati nella gestione del paziente anziano …che deve rimanere  al centro della nostra attenzione.

 

Il Comprehensive Geriatric Assessment

 

La Società Italiana di Chirurgia Geriatrica ha recentemente tradotto e pubblicato un piccolo manuale, redatto dall’American College of Surgeons NSQIP, dall’AGS, (American Geriatric Society) la Società Americana di Geriatria, dal titolo “La gestione ottimale del paziente chirurgico geriatrico”.

Il testo precisa un concetto ben noto: prima di proporre o effettuare qualsiasi atto chirurgico è oggi mandatorio effettuare il CGA, il Comprehensive Geriatric Assessment (Tab. 1).

Ma cos’è il CGA? Una buona definizione potrebbe essere questa: “… una valutazione multidisciplinare del paziente nella quale le molteplici problematiche delle persone anziane sono evidenziate, descritte e comprese, un momento fondamentale nel quale se possibile, le risorse, le riserve e le necessità dei pazienti sono catalogate e vengono coordinati e implementati piani di cura”.

Quello che certamente risulta dalla Letteratura è che l’applicazione del CGA in questi pazienti ha modificato, in diverse esperienze, il piano di trattamento con percentuali variabili dal 21 al 49 % a seconda dei casi.

Con il passare degli anni, molti Autori si sono interessati a tale argomento, soprattutto per quanto riguarda la chirurgia maggiore effettuata in elezione così come quella in urgenza; tra le numerose esperienze spesso gli Autori analizzano i risultati in chirurgia colo rettale, una delle specialità più considerate anche perché una delle più frequenti.

Il progressivo incremento della popolazione geriatrica ha comportato inevitabilmente un incremento della popolazione onco-geriatrica; il numero dei casi di cancro trattati nel mondo nel 1990 era intorno agli 8.5 milioni, nel 2013 siamo passati a 14,9 milioni, il 35,6% dei quali attribuibili proprio all’invecchiamento della popolazione.

 

Tabella 1: Comprehensive Geriatric Assessment

 

Tanto più questa specifica e fragile popolazione si espande, si sente la necessità di effettuare un assessment preoperatorio per selezionare un trattamento corretto per ogni paziente per così dire “sartoriale”, ovvero adeguato e soprattutto non eccessivo per le sue proprie condizioni generali, proprio al fine di migliorare i risultati immediati e a medio termine.

Molto interessante a tale proposito la metanalisi pubblicata da Huisman e coll. sull’European Journal of Surgical Oncology nella quale vengono presi in considerazione 3972 records in 9 reviews sistematiche e vengono considerati ed analizzati 8 parametri, qui di seguito elencati.

Il primo parametro ad essere stato considerato è lo Stato Funzionale del Paziente ovvero i parametri relativi alle attività della vita quotidiane (ADL) o le attività strumentali del vivere quotidiano (IADL). Gli Autori concludono che una riduzione dell’ADL si è dimostrata statisticamente predittiva di un aumentato tasso di mortalità nei pazienti oncologici in 4 studi; non altrettanto significativa sotto questo punto di vista, una minor performance nelle IADL.

Un secondo indice analizzato è stato quello dello Stato Nutrizionale che risulta spesso molto alterato nei pazienti anziani e soprattutto in quelli onco-geriatrici (dal 32 al 45.5%).

Tra i numerosi strumenti di screening che vengono costantemente utilizzati riconosciamo il MNA (Mini Nutritional Assessment), il NRS 200 (Nutritional Risk Screenig) ed il MUST (Malnutrition Universal Screening Tool); pur tuttavia nessuno di questi indici si è rivelato significativamente predittivo di complicanze postoperatorie.

Un altro strumento utilizzato nel CGA è lo stato cognitivo. Anche in questo caso uno score è stato preso in considerazione: il MMSE (Mini Mental State Examination). In questo parametro solo 1 tra 4 studi ha documentato un incremento di mortalità a 6 e 12 mesi in caso di ridotta funzione cognitiva, mentre 1 su 4 ha confermato un aumento di rischio di complicanze postoperatorie.

Molto spesso gli anziani in genere sono assai carenti di una rete di supporto emozionale, fisica e informazionale; per questo motivo è stato individuato questo nuovo strumento, il MOS-SSS ( Medical Outcome Study – Social Support Survey Score proprio per valutarne l’impatto in caso di  carenza. Pur tuttavia questo strumento si è rilevato di limitato utilizzo.

Sebbene i risultati non abbiano documentato relazioni statisticamente significative va detto che, al di là di tutto, la carenza di un supporto sociale o peggio ancora familiare si è dimostrata interferire con la durata della permanenza in ospedale, con un aumento del rischio di dimissione presso un istituto post acuzie, un centro di riabilitazione o comunque in una istituzione del territorio e non certo al proprio domicilio.

La sindrome depressiva si è dimostrata avere una profonda influenza sia sulla morbilità che sulla mortalità in questa categoria di pazienti; per tale motivo gli studiosi hanno proposto e sottoposto i pazienti a questionari quali il GDS (Geriatric Depression Scale) che hanno documentato, in pazienti con punteggi elevati, un significativo aumento del rischio di complicazioni o di eventi avversi in generale.

Ultima ma non meno importante è la valutazione dei cosiddetti indici di comorbidità, punteggi in utilizzo da molti anni ed universalmente conosciuti come il Charlson Comorbidity Index (CCI) o il Cumulative Index Rating Scale for Geriatrics (CIRS); la valutazione dei pazienti geriatrici con questi parametri si è rivelata altamente predittiva di mortalità postoperatoria; tra i due presi in considerazione il CIRS si è dimostrato superiore al CCI, sebbene non in tutti gli studi.

Un ulteriore parametro valutato da molti Autori, è l’utilizzo di farmaci ed in particolare l’utilizzo di più farmaci. Il numero dei farmaci assunti varia da un 6,2% per pazienti che assumono più di 8 farmaci al dì, fino al 48% per pazienti che assumono più di 5 farmaci die.

In tre studi è stata investigata l’associazione tra la poli-farmacoterapia e le complicanze postoperatorie. E’ fuori di dubbio che molti Autori identificano l‘assunzione di più farmaci come un chiaro sintomo di fragilità del singolo paziente.

Un concetto che da alcuni anni viene sottolineato da molti Autori è la definizione di “fragilità” che viene definita dai più come “un individuale, naturale, età relato declino in salute”; in una parola sola un aumento della vulnerabilità.

Per questa ragione sono stati proposti diversi questionari per calcolare questa “fragilità”: il Groningen Frailty Index (GFI), il Vulnerable Elderly Survey (VES-13), il Triage Risk Screening Tool (TRST) ed il Geriatric 8 (G8).

Nello studio da noi preso in considerazione, i pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi: fragili, non fragili e pre-fragili. Solamente in tre dei sei studi presi in considerazione, alti punteggi in questi questionari si sono rivelati in ultimo associati ad un aumento delle complicanze postoperatorie.

Va tuttavia sottolineato che la varietà e la complessità nell’utilizzo di questi parametri al momento presenti in letteratura sembrano non consentire, ad oggi, il raggiungimento di un consenso universale per riconoscerli come modo migliore per ottenere un necessario CGA del paziente anziano; al  tempo stesso tuttavia tutti i nostri sforzi debbono tendere sempre di più ad una valutazione quanto più uniforme ed universale del paziente, per correttamente selezionarlo e modulare una eventuale chirurgia.

 

Anziano e neoplasie

 

Come già detto nel 2030 la popolazione anziana rappresenterà il 20% della popolazione totale e questa fascia di età rappresenterà il 70% delle diagnosi di cancro.

Tra le molteplici neoplasie che affliggono il genere umano, quella del colon-retto è tra le più frequenti per incidenza e mortalità e, di conseguenza, la chirurgia colo-rettale è certamente quella più studiata e pertanto la migliore sulla quale possiamo fare le nostre valutazioni anche in considerazione di questo tipo di pazienti.

I progressi dell’ingegneria e dell’industria nel settore della chirurgia generale in questi ultimi 30 anni hanno rivoluzionato l’approccio al paziente soprattutto con l’introduzione delle tecniche mininvasive laparoscopiche e, successivamente, della chirurgia robotica: è pertanto lecito chiedersi se queste due modalità di approccio chirurgico possano essere applicate anche nel paziente geriatrico.

Infatti i tempi chirurgici, generalmente maggiori, l’utilizzo del pneumoperitoneo, le aumentate resistenze polmonari, la dinamica cardiaca del paziente anziano e la sua generale fragilità possono affrontare questa modalità di approccio?

Diversi sono invece i lavori che confermano, al di là di una selezione preoperatoria anche nel paziente geriatrico, i vantaggi di tali metodiche, tra questi: una riduzione delle perdite di sangue, del dolore, una più precoce ripresa della peristalsi, una riduzione del tasso di infezioni della ferita, e la riduzione della degenza postoperatoria… sono questi alcuni dei vantaggi acquisiti anche in questa categoria di pazienti. Ulteriori studi sono e saranno necessari per confermare questi risultati.

Nel lavoro di She WH e collaboratori, a fronte di una significatività statistica della laparoscopia per items come le ridotte perdite ematiche intraoperatorie, una più breve degenza postoperatoria ed un aumento dei tempi per la chirurgia mininvasiva, tutti gli altri parametri dai tassi di fistola anastomotica, alle altre complicanze chirurgiche specifiche e non, alla mortalità e al tasso di reintervento sono risultati sovrapponibili nei due gruppi.

Per ciò che riguarda invece la chirurgia robotica nel paziente anziano non sono molti i lavori presenti in letteratura. Tra questi il lavoro di Graziano Ceccarelli e collaboratori documenta senza ombra di dubbio che questo tipo di chirurgia può essere affrontato anche in questi pazienti. L’Autore riporta 402 procedure di chirurgia robotica maggiore; la popolazione considerata è stata suddivisa in 3 gruppi:

al di sotto dei 65,  tra i 65 ed i 79 anni e sopra gli 80 anni.

La tabella 2 dimostra i dati relativi alle resezioni coliche dx. e la tabella 3 quelli relativi alle resezioni gastriche. I risultati, cosi come evidenziato dal lavoro, non sono dissimili tra i tre gruppi per le caratteristiche cliniche, per i risultati a breve e medio termine. L’Autore conclude che l’età non è una controindicazione per questo tipo di chirurgia ma sottolinea altresì che queste procedure devono afferire a centri di riferimento ed essere affidate a chirurghi con esperienza in chirurgia minivasiva.

Anche per ciò che riguarda i risultati oncologici a breve e medio termine sono sovrapponibili nei tre gruppi; tuttavia bisogna, soprattutto nei casi di pazienti anziani, accuratamente selezionarli e procedere ad un trattamento chirurgico “misurato” al tipo di paziente che si ha davanti.

 

Tab. 2 Resezioni coliche robotiche

 

Tab. 3 Resezioni gastriche robotiche

 

Anziano e chirurgia in urgenza

 

Un altro aspetto rilevante relativo al trattamento chirurgico del paziente anziano è quando l’intervento debba essere eseguito in regime di urgenza.

Le varie casistiche riportano percentuali che oscillano tra il 25 ed il 38% per quanto riguarda la patologia colo-rettale; la presentazione di questa patologia in urgenza varia dal 19% al 29% quando si superano gli 85 anni.

Su questo argomento molti sono gli Autori che hanno valutato i risultati e pubblicato in letteratura review, metanalisi o studi prospettici.

Molto interessante appare la review pubblicata da McLean e coll. sull’International Journal of Surgery nel 2016, relativa ad una analisi retrospettiva sull’epidemiologia e i risultati nei pazienti anziani accettati al Pronto Soccorso negli ultimi 15 anni presso gli ospedali del Nord-Est dell’Inghilterra.

Il lavoro tiene conto di oltre 105.000 accettazioni dal PS, suddivise in tre fasce di età: da 70 a 79 aa, da 80 a 89 e dai 90 anni in su. Le caratteristiche demografiche e cliniche hanno evidenziato risultati sorprendenti nei tre gruppi.

Gli Autori riportano innanzitutto che il sesso femminile è statisticamente più frequentemente oggetto di urgenza chirurgica; nella popolazione osservata il tasso di morbilità, valutato con lo score di Charlson, è in progressivo aumento nei due sessi più si eleva l’età; indipendentemente invece dalla fascia di età il tasso di interventi è aumentato anche nei pazienti più anziani, così come la percentuale di interventi entro le 48 ore. Questi risultati dimostrano che il progresso delle conoscenze nelle procedure anestesiologiche e nei protocolli per la stabilizzazione dei pazienti ha consentito un più precoce trattamento dei casi migliorando, tra l’altro, i risultati a breve termine.

Gli Autori passano poi ad analizzare le modifiche delle abitudini chirurgiche suddividendo la popolazione per periodi di tempo. Con il progredire degli anni l’età media dei pazienti con presentazione in urgenza è aumentata in modo statisticamente significativo, in particolare per la fascia di età tra i 70 ed i 79 anni. Parallelamente si è osservato anche un aumento significativo dei pazienti con più elevato Charlson Score e peggior Deprivation Quintile, ovvero il livello di malnutrizione dei pazienti.

Un altro risultato degno di osservazione è dato dal fatto che negli anni sempre più un maggior numero di pazienti giunge in ospedale in quanto inviati più dalle strutture come le RSA piuttosto che dai medici del territorio e con classi di rischio significativamente inferiori. Significativo infine è il progressivo incremento della percentuale di interventi, fenomeno che conferma come, con il passare degli anni, l’esperienza chirurgica acquisita e le maggiori conoscenze hanno spinto sempre più chirurghi a procedere, indipendentemente dall’età dei pazienti e quindi dal progressivo incremento della loro fragilità.

Una ultima analisi è effettuata dagli Autori anche relativamente alla durata della degenza, al tasso di riammissione e alla mortalità intraospedaliera. La durata della degenza è stata significativamente maggiore nel gruppo dei pazienti più anziani così come anche il tasso di mortalità. Anche per quanto riguarda la morbilità il Charlson score è risultato più elevato. Per ciò che riguarda invece il tasso di malnutrizione questo parametro ha dimostrato valore statistico solo relativamente alla lunghezza della degenza ed alla percentuale di mortalità.

 

Il futuro

Non c’è nessun dubbio che si possa affermare che il trend di invecchiamento della popolazione non possa che crescere per poter arrivare fino ad una percentuale del 50% nel 2037.

I progressi ottenuti sul tasso di complicanze, di mortalità e di ridotta durata della degenza sono sotto gli occhi di tutti e sembrano suggerire che anche di fronte ad ulteriori modifiche future nulla sarà del tutto insormontabile. Inoltre il fatto che le 10 diagnosi più frequenti debbano rimanere tali nei prossimi decenni, consente di valutare in anticipo modelli di trattamento e protocolli di selezione dei pazienti abbastanza prevedibili per assicurare che questi siano applicabili a tutti.

Certamente in futuro gli studi dovranno sempre più prendere in considerazione questa categoria di pazienti, valutando attentamente i risultati ottenuti non solo in termini di morbilità e mortalità ma anche come risultati funzionali.   

 

Conclusioni

 

La crescita della popolazione in termini numerici ed il progressivo aumento della percentuale degli anziani è senza precedenti nella storia e crea una situazione di urgenza di fronte alla necessità di assicurare assistenza sanitaria alla popolazione

Tra l’altro la popolazione chirurgica anziana si sta modificando nel tempo ed il numero di persone in età geriatrica sottoposte a procedure chirurgiche complesse è incrementata più di quanto non accada per la percentuale di invecchiamento della popolazione stessa.

Lo sviluppo della chirurgia mininvasiva e della chirurgia robotica ha posto problemi di indicazione in questi pazienti ma la letteratura dimostra che esse non sono controindicate anche in età geriatrica, anche per procedure più complesse, sebbene l’adozione di questi approcci chirurgici debba essere selezionata caso per caso.

Prima di procedere a qualsiasi atto chirurgico è mandatoria una valutazione adeguata e completa del rischio attraverso modelli predittivi per i pazienti acuti, basati sul concetto di fragilità (AdL, IAdL, CGA, Cr-Possum,GDS, CIRS …).

Nonostante i significativi progressi in campo anestesiologico, in campo chirurgico  e  in tecnologia applicata alla stessa, all’utilizzo di procedure meno invasive, l’età cronologica rimane una delle variabili statisticamente indipendenti nel predire le prognosi peggiori.

Altrettanto importante però è interrogarsi su come potranno i chirurghi, che sono un gruppo di professionisti molto radicati sulle tradizioni e spesso lenti o restii a modificare le proprie abitudini, adottare questa filosofia basata su approcci così complessi.

I risultati ottenuti dalle numerose valutazioni preoperatorie finalizzate alla selezione dei pazienti anziani in base alla gravità del rischio dovranno alla fine essere condivisi e confrontati tra i vari interpreti. Infine quali amministrazioni potranno affrontare l’ingravescente spesa per l’organizzazione di questi protocolli e favorire una pratica chirurgica corretta?

In conclusione un principio dovrà essere sempre tenuto a mente da tutti gli addetti ai lavori: la chirurgia non solo deve tendere a migliorare la salute o garantire la sopravvivenza del paziente, chiunque esso sia, ma anche, e soprattutto, a mantenere una adeguata qualità della vita.


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