INTRODUZIONE
Storicamente attribuiamo alla scienza vaccinologica poco più di due secoli di vita: se è vero che E. Jenner approntò il suo medicamento anti-vaiolo a cavallo fra ‘700 e ‘800 del millennio trascorso1, tuttavia passarono diversi decenni prima che fossero allestiti nuovi vaccini, efficaci e sicuri, sfruttando le conoscenze microbiologiche emerse nel XIX e XX secolo. Così abbiamo avuto un vaccino anti-tifo sul finire della I guerra mondiale; fra le due guerre anti-difterite, tetano e colera nonché, a partire dal 1922, il BCG, unico vaccino veramente efficace in grado di stimolare l’immunità cellulo-mediata. Ancora, nel ventennio dopo la seconda guerra mondiale, i vaccini anti-pertosse, anti-influenza (per alcuni ceppi, incrementati negli anni successivi), anti-febbre gialla e i due fondamentali vaccini anti-poliomielite, Salk e Sabin, che hanno ridotto drasticamente l’impatto della malattia. Infine, nel ventennio fra il 1960 e il 1980 sono stati introdotti i vaccini anti-parotite, morbillo, rosolia, meningite meningococcica, infezioni pneumococciche, epatite B, influenza b e, da ultimo, papillomavirus2. In effetti, il vaccino anti-HPV è stato l’ultimo introdotto, di rilevanza globale: negli ultimi trent’anni assistiamo ad una certa stasi nel settore della ricerca di nuovi vaccini in infettivologia o miglioramento e superamento di altri ormai datati, cosa che, come vedremo, ha ricadute importanti, in senso negativo, sull’intero settore della prevenzione delle malattie infettive a livello mondiale. Ricordiamo le previsioni di R. Gallo e L. Montagner, i “padri” di HIV, i quali, in disaccordo su tutto, nel 1986 erano concordi solo sul fatto che di lì a 5-10 anni avremmo avuto sicuramente un vaccino contro l’infezione da HIV!3 E quello contro il virus dell’immunodeficienza acquisita non è il solo bersaglio vaccinale mancato negli ultimi decenni: epatite C, malaria, tubercolosi per un nuovo vaccino, tante infezioni tropicali continuano a rimanere “orfane” di un qualsivoglia efficace e sicuro presidio preventivo e terapeutico su base vaccinica4.
In duecento anni molti modi, storici, obsoleti e attuali, metodi e approcci sono stati utilizzati per preparare un vaccino5: ricordiamo brevemente l’impiego di materiale patologico; microrganismi vivi ma inattivati o attenuati (apatogeni), microrganismi uccisi, microrganismi like, tutti con inalterate e forti capacità immunogene; microrganismi modificati; sub-unità microbiche; vaccini coniugati e/o trasportati da carriers molecolari; vaccini con adiuvanti naturali o sintetici; peptidi sintetici; vaccini genetici (geni microbici inseriti in plasmidi e introdotti nell’ospite); vaccini a base di molecole, proteiche o glucidiche, ricombinanti; DNA nudo; geni veicolati da virus; vaccini a base di cellule immuni, naturali o modificate, ad es., cellule dendritiche; vaccini che sfruttano nuove tecnologie di editing genetico, ad es., CRISPR-Cas96.
Efficacia e sicurezza, queste le due prerogative maggiori che si richiedono ad un vaccino anti-infettivo, specie se impiegato nell’infanzia: nella stragrande maggioranza dei casi le risposte sono state positive, se analizziamo risultati e maneggevolezza relativamente all’elenco su riportato. L’impiego dei vaccini nell’infanzia è stato ed è uno degli interventi più efficaci di salute pubblica per combattere le malattie infettive; la vaccinazione è vitale non solo per prevenire le infezioni, ma anche per mitigare la gravità della malattia infettiva7, 8 e persino per prevenire alcune forme di tumore (ad es., carcinomi della cervice e del fegato)9. EPI, il programma di intensificazione delle vaccinazioni, stabilito dall’OMS nel 1974, ha fortemente ridotto il peso globale di poliomielite, morbillo, tetano, epatite B, difterite e altre malattie infettive. Comunque, la copertura vaccinale rimane bassa in molti LMICs (Low and Middle Income Countries). Di conseguenza, milioni di bambini in questi paesi continuano a morire a causa di quelle malattie infettive che potrebbero essere prevenute con i vaccini10.
La sicurezza, oggetto da sempre di dibattiti e contestazioni, può essere dimostrata in migliaia di pubblicazioni di ieri e di oggi: per riportare un esempio, relativo ai tanto discussi rapporti tra vaccini e patologie neuropsichiche, in un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità non è segnalata alcuna complicanza in merito né a breve né a lungo termine in seguito alla somministrazione di oltre 38.000 dosi di vaccini obbligatori nell’infanzia11.
Contestazioni ed oppositori i vaccini li hanno sempre avuti, ma mai come in questi anni ci troviamo di fronte ad un’avversione massiccia, organizzata e crescente, nonostante ci troviamo in un’epoca in cui notizie e informazioni corrono e raggiungono tutti in tempo reale; o, forse, ci chiediamo, proprio per questo? Due frasi sintetiche tratte da altrettanti libri usciti di recente fotografano la situazione: “I vaccini hanno salvato la vita a milioni di persone, eppure, dopo decenni di ottimismo, tornano a intimorire, soprattutto i genitori” (E. Biss)12; “Il paradosso: i vaccini sono uno degli interventi medici più sicuri ed efficienti, probabilmente quello che ha salvato più vite, ed altrettanto probabilmente il più contestato” (A. Grigoglio)13.
In questa breve rassegna passeremo in esame la situazione vaccinale internazionale e italiana, in particolare, soprattutto riguardo le vaccinazioni dell’infanzia, le cause dell’attuale momento di stagnazione o persino di regresso della copertura vaccinale, lo stato delle cose riguardo la ricerca di nuovi vaccini, preventivi o curativi, in patologie tra le più diffuse e letali al mondo.
BREVI NOTE STATISTICHE
Nel 1974 fu lanciato dall’OMS l’EPI (Expanded Program on Immunization), con gli obiettivi di vaccinare tutti i bambini con BCG, DTP (difterite-tetano-pertosse), anti-polio e anti-morbillo; il completamento delle 3 dosi di trivalente entro il 1° anno di vita fu adottato come indicatore di immunizzazione ottimale11.
Dopo 26 anni, nel 2000, la copertura globale era attestata intorno all’ 85%, almeno per DTP; in seguito, si sono registrati solo modesti incrementi, un solo punto percentuale nel 2014, ma diverse regressioni in varie parti del mondo.
Tra gli altri risultati, tutti al di sotto delle aspettative iniziali, segnaliamo come la vaccinazione anti-morbillo si sia attestata oggi intorno al 36-38% entro il 2° anno di vita, 55-56% negli anni successivi. 12 milioni di bambini nel mondo non ricevono nessuna dose di DTP e 7 milioni non completano il ciclo: si trovano soprattutto in India, Nigeria, Pakistan, Indonesia, Congo ed Etiopia. 30 paesi rimangono, come copertura vaccinale, tra l’85 e l’80%, 20 tra il 70 e il 79%, 15 paesi < il 70%. Per l’epatite B, la copertura completa (3 dosi) rimane insufficiente nei paesi con maggior diffusione della malattia, Africa e sud-est asiatico. Il ciclo completo dell’antipolio rimane insufficiente in Africa (77%).
In definitiva, Africa e larga parte dell’Asia rimangono fortemente deficitari nella copertura vaccinale dell’infanzia, mentre l’unico continente veramente virtuoso e l’Australia.
La fondazione Bill e Melissa Gates, che da anni finanzia la ricerca per nuovi vaccini, ha lanciato un programma di monitoraggio, basato sull’indice VCI: “Vaccine Confidence Index”14, che valuta l’atteggiamento verso i vaccini in diversi paesi. L’indice si basa su un questionario sottoposto ai genitori di bambini < 5 anni: si chiede loro se e quanto avessero esitato prima di vaccinare i figli e se l’esitazione si fosse trasformata in rifiuto; per ora l’inchiesta ha coinvolto 5 paesi: Gran Bretagna, Pakistan, India, Georgia e Nigeria, ma presto verrà estesa ad altre nazioni. Fra i risultati: il persistere dopo 10 anni dai boicottaggi nella Nigeria del nord (vedi oltre) di pregiudizi e riluttanza a vaccinare contro la polio (74.2% della popolazione); una discreta % di riluttanti anche in Gran Bretagna (24%), nelle contee dove lavorava Wakefield; ma anche in un paese come la Georgia, non coinvolto da boicottaggi o campagne antivaccinali in loco, la % di contrari è notevole, 60%.
Un raffronto fra la situazione vaccinale vent’anni fa e oggi, nel mondo, per quanto riguarda le tre vaccinazioni base DTP, dimostra che le aree con minor copertura sono rimaste sostanzialmente invariate in Africa, mentre progressi anche consistenti sono da registrare in Asia centro-settentrionale e America del sud atlantica, ma anche vistosi cali in paesi sconvolti da guerre civili e nel sub-continente indiano. Questi dati indicano chiaramente dove i programmi internazionali di intensificazione dell’immunizzazione dell’infanzia hanno fallito e dove bisogna agire con ancor maggior energia, nonostante le difficoltà locali, i rischi e i pericoli per gli operatori sanitari.
Vediamo ora qualche altro dato significativo, in Italia e nel mondo. Le vaccinazioni anti-morbillo e anti-poliomielite presentano dati simili: i paesi con copertura vaccinale ottimale, pari o superiore al 95%, sono pochi (Messico, Scandinavia e Asia, eccetto l’India per il primo, Brasile, Scandinavia, Cina e Asia centrale per la seconda) e a risentirne sono soprattutto i paesi belligeranti, Siria, Nigeria, Afghanistan e Pakistan, in cui la % di vaccinati è in calo anche vistoso (vedi oltre per i reports di alcune situazioni locali) tanto da registrare il riaffacciarsi della poliomielite o l’esplodere di epidemie, anche con numerosi decessi, di morbillo. L’anti-HBV è ottimale in Asia, tranne l’India, tant’è che registriamo un marcato decremento dell’infezione nelle nuove generazioni, mentre è largamente insufficiente in Africa, America del nord e molti paesi europei. Infine il BCG, le cui indicazioni e limiti saranno illustrate più avanti, è largamente impiegato in Cina, Messico, Sud-America e persino in alcuni stati africani, specie quelli d’influenza francese; in Occidente, nord-America, Europa, nonché in Australia è consigliato in casi eccezionali.
Passiamo ora al nostro paese. La quota protettiva, per i singoli e per la comunità, del 95% per le vaccinazioni obbligatorie dell’infanzia, dopo essere stata sfiorata nei primi anni del 2000 si è ora più allontanata e la media nazionale per DTP è attestata intorno al 93.3%, ma con trend in calo. Poche le regioni virtuose con % ≥ al 95% per i tre vaccini, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna; l’Alto Adige, regione di frontiera ove passano o si fermano migliaia di migranti provenienti perlopiù dai Balcani e dal medio-oriente, è fortemente deficitario, con valori dell’87% nella popolazione autoctona. Stessa situazione per l’anti-poliomielite: copertura nazionale media del 95.3%, regioni virtuose distribuite a macchia di leopardo, Alto Adige < al 90% e in ulteriore calo. L’anti HBV è attestata intorno al 92%, ma all’ Alto Adige si aggiunge, con una bassa copertura, il Friuli, altra regione di frontiera e critica nel passaggio dei migranti provenienti dall’est. Infine, le altre vaccinazioni dell’infanzia sono attestate attorno all’85%, con valori regionali simili a quanto finora illustrato.
SITUAZIONE VACCINALE INTERNAZIONALE: ALCUNI ESEMPI DI CATTIVA GESTIONE NELLA PREVENZIONE E NELLA SALUTE PUBBLICA
Riportiamo ora una serie di eventi, politici, economici o di (mal) gestione della salute pubblica, di un passato più o meno recente o contemporanei, che hanno avuto conseguenze negative se non decisamente nefaste sui programmi di vaccinazione della popolazione, soprattutto infantile.
Gli esempi, negativi, che vengono dall’America. Anche in USA la copertura vaccinale è inadeguata: se la quasi totalità dei bambini, fra gli otto mesi e i sei anni, inizia il ciclo di vaccinazioni obbligatorie, anche e soprattutto per iscriversi a scuola, tuttavia le successive dosi-richiamo spesso vengono disattese e molte vaccinazioni rimangono incomplete. Solo il 46% dei bambini bianchi e il 34% dei bambini afroamericani completa le vaccinazioni obbligatorie. Entro i 2 anni, solo il 67% dei bambini completa le vaccinazioni trivalente, morbillo, parotite, rosolia e poliomielite. Quando i bambini entrano nella scuola dell’obbligo solamente il 16% è immunizzato contro HBV. Una battuta che gira in Texas: “Vacciniamo di più il bestiame dei nostri figli!”. Nel 1994 il presidente B. Clinton avviò un programma di vaccinazioni di massa gratuito, soprattutto per i bambini senza assicurazione, ma negli stati a maggioranza repubblicana il programma non fu attuato. Dato che il governo americano comprava i vaccini dai produttori privati ad un prezzo scontato del 50-80%, molti produttori, non avendo più i guadagni previsti, sospesero la produzione di vaccini. I pediatri americani chiedono fino a 300 dollari per un ciclo di vaccinazione completa a bambino: molti non possono permetterselo. Inoltre, in alcuni stati del sud, la distribuzione e l’arrivo dei vaccini nelle zone più decentrate incontra ancora notevoli difficoltà: accesso alle cure negato negli USA
5!
L’impatto delle crisi economiche in Grecia e sud-America. La crisi economica in Grecia ha determinato, in campo sanitario, un peggioramento dello stato di salute complessivo, un ridotto accesso e fruizione delle cure, specie di quelle più costose e per malattie croniche, la cui domanda è invece incrementata, aumento delle differenze fra classi sociali, anche in tema di salute e cure. I prestiti onerosi da restituire ad altri stati membri della CEE hanno comportato pesanti tagli e limitazioni alla spesa pubblica (- 24%). Le prestazioni sanitarie garantite sono diminuite, tra queste anche alcune vaccinazioni: anti-HBV, anti-morbillo, anti-influenza. Dati epidemiologici dimostrano il peggioramento dello stato di salute complessiva, tra cui l’aumento globale delle malattie infettive (nell’ordine del 13%/anno) o il riaffacciarsi di infezioni che sembravano dimenticate: tra queste, si sono registrati casi di malaria (40 dei 63 nuovi casi del 2014 sono autoctoni!); l’HIV è aumentato del 57%. Tutto ciò è conseguenza di un calo della prevenzione, della soglia di attenzione e dello smantellamento delle reti di sorveglianza precedentemente attive
15.
I paesi dell’America latina, che nonostante la crisi economica e la richiesta di tagli da parte degli investitori stranieri, non hanno proceduto in tal senso, hanno visto rimanere lo stato di salute della popolazione sui medesimi livelli: il caso Grecia dimostra che le politiche di austerità non pagano in termini di buona salute e assistenza ai cittadini, innescando una pericolosa spirale verso il peggioramento della salute pubblica.
La “leggenda” della diffusione dell’AIDS mediante un vaccino anti-polio. Nel 1992 su alcune riviste fu pubblicata la notizia che l’HIV si era diffuso, alla fine degli anni ’50, in seguito ad una campagna vaccinale anti-poliomielite in Congo, Burundi e Rwanda: il vaccino era stato preparato coltivando il poliovirus in cellule di rene di cercopitechi, scimmie suscettibili all’infezione da retrovirus. Oggi conosciamo diversi ceppi di HIV diffusi nella zona e non possiamo attribuirne la propagazione ad un solo evento, compreso un ipotetico vaccino contaminato, ad esempio quello incriminato del 1957-60. Alcune dosi di vaccino residue sono state esaminate nel 2000: erano negative sia per il DNA di primati che per acidi nucleici di retrovirus. HIV-1 ha acquisito la sua struttura genetica attuale e, per ora, definitiva, circa 80 anni fa, dunque molto prima degli eventi incriminati accaduti in Congo. La trasmissione del virus dell’AIDS mediante vaccini è dunque smentita da studi molecolari. Tuttavia l’area attorno al fiume Congo, oltreché una delle più colpite dalla pandemia HIV, è rimasta anche una delle meno recettive in fatto di vaccinazioni di massa, circostanza alla quale gli eventi narrati, le notizie infondate diffuse e non smentite e le paure scaturite hanno senz’altro contribuito
16.
Nigeria: guerra e vaccini. L’obiettivo di eradicare la poliomielite nel mondo dal 2005 è fallito. Molte le cause, diverse a seconda delle realtà locali: ad esempio, in seguito a boicottaggi, la vaccinazione era stata molto ridotta negli stati della Nigeria del nord alcuni anni prima. Di recente, poi, nello stesso paese e in altri in guerra (Siria, Pakistan, Afghanistan) abbiamo assistito al calo di questa e altre vaccinazioni per gli eventi bellici e per il crollo dei sistemi sanitari; la malattia si è riaffacciata, specie nei campi profughi. In Nigeria il boicottaggio, gestito probabilmente da terroristi affiliati a Boko Haram o altre fazioni islamiche estremiste, consistette nel diffondere notizie false quali l’insorgenza di sterilità o dell’infezione da HIV legate a vaccini manipolati dai cristiani; la popolazione ancora oggi nel 75% dei casi mantiene pregiudizi o è riluttante a vaccinare
17.
Poliomielite: Pakistan e l’“affair” Bin Laden. Clamorosi errori sono stati fatti anche da noi “occidentali”. Il segretario americano alla Difesa L. Panetta ha confermato voci insistenti secondo cui nella caccia a Osama Bin Laden in Pakistan nel 2011 è stata sfruttata anche una campagna porta a porta per la vaccinazione anti-polio con l’obiettivo di raccogliere informazioni sul jihadista più ricercato al mondo. L’anno dopo medici dell’OMS e del volontariato sono stati massacrati dalla popolazione locale e nell’area non si vaccina praticamente più contro la poliomielite
18.
Il ritorno della poliomielite. Una delle conseguenze della guerra civile in Siria è il disastro sanitario, senza precedenti negli ultimi 70 anni, che ha comportato, tra l’altro, un crollo delle vaccinazioni dell’infanzia e il riaffacciarsi di malattie infettive come la poliomielite. In precedenza, in Siria, grazie a una campagna globale di vaccinazione iniziata nel 1988 si era azzerato il numero di casi della malattia dal 1999: dopo 14 anni sono stati segnalati diversi casi, ad Aleppo e nei campi profughi al confine con la Turchia. Attualmente la polio è endemica ancora in Afghanistan, Pakistan e Nigeria, paesi in cui la trasmissione del virus non si è mai interrotta, sconvolti da guerre civili, che rendono difficile, se non impossibile, la vaccinazione. In Siria i tassi di vaccinazione sono crollati dal 95% del 2010, anno precedente lo scoppio della guerra civile, al 45% del 2013 e tendono ancora a scendere. Nel frattempo aumentano anche i casi di morbillo, tifo, epatite A, tubercolosi, leishmaniosi e crolla o cessa la copertura vaccinale anche per altre patologie infettive. Il 60% degli ospedali ha subito danni irreparabili, il 78% delle ambulanze è stato danneggiato, 87 tra medici e infermieri sono stati uccisi, 104 feriti e 21 rapiti. I farmaci primari non sono più prodotti o non disponibili
19.
L’Italia è stata dichiarata polio-free nel 2002, quasi 50 anni dopo l’inizio delle vaccinazioni20.
Alcuni esempi di epidemie legate a inadeguata copertura vaccinale:
- Tra il 1989 e il 1991: epidemia di morbillo, 55.000 casi e 139 decessi, in USA, in stati ove la vaccinazione era stata sospesa;
- 1993: OLANDA, epidemia di poliomielite in aderenti a sette religiose autoctone che rifiutano la vaccinazione;
- 1993: RUSSIA, 4000 casi di difterite in seguito alla sospensione della vaccinazione per mancanza di dosi del vaccino;
- 2014/5: nuova epidemia di morbillo, in USA, in seguito ad abbassamento della copertura vaccinale in alcuni stati; epicentro: Disneyland21-24.
Un problema ricorrente: il morbillo. Ricordiamo che la riduzione della mortalità per morbillo è uno dei 3 indicatori proposti dall’OMS per valutare lo stato di benessere dell’infanzia (gli altri riguardano la polmonite e la diarrea). Nel 2000 l’OMS ha lanciato un’ulteriore campagna d’immunizzazione contro il morbillo, per aumentare la copertura vaccinale e ridurne morbilità e mortalità
25. Un primo report, nel 2014, ha evidenziato, in alcuni stati-guida di tutti i continenti, che là dove la vaccinazione anti-morbillo era stata adottata ed eseguita in maniera massiccia, pur non arrivando in nessun caso a superare il 90% di copertura, indicato dall’OMS quale obiettivo primario, la morbilità era scesa del 73%, passando da 146 a 40 casi per milione, mentre la mortalità era scesa del 79%, con un numero di decessi anno passato da 546.000 a 115.000. Si stima che il vaccino abbia salvato 17 milioni di bambini e che in 22 paesi la malattia sia stata eradicata. Morbilità e mortalità rimangono su valori elevati con scarsa o nessuna decrescita in Nigeria e Congo, che racchiudono la maggioranza dei decessi. In Etiopia e Angola si sono avute forti epidemie. Un aumento dei casi è stato segnalato in Somalia, Russia e alcuni stati del Pacifico.
Ricordiamo anche le conseguenze della frode di Wakefield sui presunti rapporti fra vaccini e autismo: nonostante la sconfessione del medico inglese e la sua radiazione, nelle contee ove praticava, la percentuale di bambini vaccinati rimane ancora al di sotto della media britannica di oltre il 25%26.
L’epidemia di Ebola in Africa occidentale ha determinato un ulteriore collasso dei sistemi sanitari in paesi già poveri e la riduzione della copertura vaccinale, nei bambini, verso morbillo, poliomielite, tubercolosi, tetano, difterite, pertosse, HBV; ridotte sono anche le risorse per le terapie farmacologiche contro tubercolosi, malaria e HIV. In alcune zone la vaccinazione anti-morbillo è calata del 75% e si registrano focolai epidemici, anche con diversi decessi27.
La copertura vaccinale inadeguata è stata un fattore determinante della recente epidemia di morbillo che ha colpito gli Stati Uniti da dicembre 2014. Negli USA, il morbillo era stato praticamente debellato fin dall'anno 2000, grazie alla diffusione del vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia: negli ultimi 15 anni i casi registrati sono stati solo un centinaio. L'ultima epidemia, iniziata poco prima del Natale 2014 e protrattasi nei primi mesi del 2015, ha avuto come epicentro Disneyland. Il tasso di copertura vaccinale negli stati americani più colpiti è compreso tra il 50 e l'86%, quindi ben al di sotto del 95% necessario per avere un effetto protettivo sull'intera comunità24.
CALO O STAGNAZIONE DELLA COPERTURA VACCINALE: SINTESI DELLE CAUSE; DIFFERENZE TRA PAESI OCCIDENTALI E LMICs
Mentre nei paesi occidentali sono da imputare perlopiù fattori culturali, sociali e psicologici e, da alcuni anni, il fenomeno della disinformazione, tutti materia di approfondimento nei prossimi paragrafi, nei LMICs le cause della regressione o quanto meno della mancata progressione della copertura vaccinale vanno ricercate in eventi, talora drammatici, quali: guerre, crisi economiche e socio-sanitarie, difficile accesso alle cure, differenti culture sanitarie, sfiducia nella medicina occidentale. Dobbiamo inoltre considerare le caratteristiche della famiglia, le abitudini dei parenti, conoscenze o inadeguate informazioni. Gli operatori della sanità, per quanto riguarda le vaccinazioni dei bambini, sono spesso in contrasto sull’argomento con i parenti e non riescono a informare adeguatamente sulla sicurezza e i rischi connessi con le vaccinazioni o con le malattie infettive stesse, in caso di mancanza di profilassi vaccinale. Pertanto, è importante che i “caregivers” siano ben preparati, così da divulgare e informare adeguatamente in una popolazione (spesso la stessa cui appartengono) sulle vaccinazioni dei bambini. Buona informazione significa anche spiegare gli schemi di vaccinazione, l’importanza della compliance, sgombrare il campo da notizie false e dai cosidetti “antivaccination rumours”; gli operatori devono saper entrare in empatia con i bambini e i loro familiari o tutori, in modo da spiegare tutto questo, farsi accettare, far accettare il vaccino e saper rispondere ad ogni tipo di domanda28.
IL “CASO” ITALIA
Il nostro paese si trova in un situazione particolare: dopo aver raggiunto nel 1995 un valore superiore al 90% di copertura nazionale media per le vaccinazioni obbligatorie (tra i più alti in assoluto al mondo), si è assistito ad un periodo di stagnazione durato 10-12 anni e quindi ad un lento, costante calo. Il fenomeno riguarda anche le vaccinazioni facoltative e consigliate, come ad esempio l’anti influenzale stagionale. In occidente, un evento così particolare interessa solo il nostro paese (e, da poco, anche la Francia), tanto da essere stati richiamati dall’OMS ad una maggior vigilanza e attenzione, anche perché l’Italia è un paese cruciale e critico di transito e soggiorno di migliaia di migranti e non siamo colpiti da devastanti crisi economiche, come ad esempio la Grecia o altri fenomeni socio-sanitari in senso peggiorativo, come il sud-America. Anzi, il nostro SSN è ancora portato a modello di assistenza capillare, almeno per le prestazioni essenziali. Quali, allora, le cause? Si tratta di una fenomenologia complessa e multifattoriale, che sintetizziamo nei punti seguenti29.
¨ Rapporti tradizionalmente difficili tra la nostra prevalente cultura umanistica, scienza e politiche socio-sanitarie.
¨ Crescente sfiducia nella medicina ufficiale di stampo occidentale, cui si contrappone una lenta ma costante diffusione di “medicine” e pratiche alternative cosiddette “naturali” o legate a miti e culture a noi estranee ed esotiche, comunque non scientifiche e non mediche.
¨ Paure più profonde, radicate nella mente e nell’inconscio umano, non sempre facilmente esprimibili e razionalmente giustificabili; a ciò si intrecciano culture e tradizioni locali.
¨ Rifiuto del progresso, asocialità, tendenza a chiudersi in isolati familiari o comunque clan avulsi da quanto proposto dalla comunità scientifica e sanitaria.
¨ Ricerca scientifica e produzione dei vaccini, da parte delle multinazionali del farmaco, in scarsa considerazione, poco conosciuta se non addirittura osteggiata: i legami tra vaccini e produttori sono visti solo nell’ambito di interessi economici, un intreccio negativo e non coincidente con la salute del singolo o della comunità; la prospettiva scientifica non è considerata.
¨ I vaccini sono ritenuti come realtà esterne ed estranee, mostri chimici e artificiali o, peggio, geneticamente modificati, che si devono combattere e rifiutare.
¨ Enorme diffusione da parte dei mass-media degli insuccessi, poca attenzione ai buoni risultati ottenuti (MALASANITA’!!!).
¨ Mancata comprensione che i vaccini proteggono non solo i singoli, ma la popolazione intera, interrompendo la catena epidemiologica del contagio (una società di singoli, non di gruppo: caratteristica tipicamente italiana).
¨ Ipervalutazione della unità madre-figlio, intoccabile dall’esterno, comprese le pratiche mediche e l’inoculazione di fattori estranei, vaccini inclusi.
¨ Fiducia eccessiva negli stili di vita naturisti, iperigienisti e genericamente naturali: chi li segue non si ammala, non ha bisogno di cure o prevenzione.
¨ Incompleta o superficiale comunicazione e informazione da parte della classe medica, spesso troppo generica e massimizzata, che non tiene conto delle differenze culturali e di preparazione dei singoli; in questo scenario si inserisce:
¨ La maggior risonanza mediatica da parte degli anti-vaccinisti, con argomentazioni anche e soprattutto non scientifiche, spesso “di pancia”, in grado comunque di far presa sull’emotività, le paure, le credenze, le suggestioni.
Ma, a parer nostro, la causa più importante che in Italia e nei paesi occidentali sta contribuendo a (ri)mettere in discussione l’importanza e il valore delle vaccinazioni, soprattutto in età pediatrica, è la disinformazione e la diffusione di informazioni false, specie attraverso la rete informatica, internet e i social network.
VACCINI E DISINFORMAZIONE: IL RUOLO DELLA RETE
La situazione è stata studiata e approfondita dal gruppo di W. Quattrociocchi, dell’IMT Alti Studi di Lucca, che afferma: “E’ questa l’era della disinformazione? La diffusione di informazioni false, leggende metropolitane e teorie del complotto attraverso internet e i social network è semplicemente inarginabile. I meccanismi di aggregazione delle informazioni sui social da una parte e i confirmation bias o i pregiudizi di conferma, dall’altra – per cui tendiamo a privilegiare le informazioni che confermano le nostre opinioni – concorrono a polarizzare le posizioni. Se una persona ritiene che i vaccini siano dannosi per la salute, troverà in rete innumerevoli conferme alla propria tesi e non si curerà delle informazioni di segno opposto. E poco importa se le seconde siano accreditate da tutta la comunità medica e scientifica: l’autorevolezza non è un fattore. La tanto celebrata democrazia dell’informazione in rete potrebbe mettere in profonda crisi la relazione tra informazione e conoscenza acquisita, favorendo i meccanismi della disinformazione. Con buona pace di chi aveva auspicato la nascita di una nuova era dell’informazione”. In rete i confini tra informazione e disinformazione sono spesso sottili.
La diffusione incontrollata di tesi pseudoscientifiche, secondo il World Economic Forum, è uno dei rischi principali per la società, al pari del terrorismo: l’era della disinformazione. La selezione dei contenuti avviene per pregiudizio di conferma, portando alla formazione di gruppi solidali su specifici temi che tendono a rinforzarsi e ignorare tutto il resto. Fermare una notizia infondata diventa praticamente impossibile. La disinformazione è indipendente dal livello di istruzione e riguarda molti temi sanitari, come le medicine alternative e i vaccini. Il ruolo dei social media nella diffusione e nella popolarità di tesi alternative è decisivo. Tra i maggiori pericoli per la società vi è la viralità legata a informazioni infondate o false e loro diffusione (massive digital misinformation). Il WEB ha cambiato il modo in cui le persone si informano, interagiscono tra loro, trovano amici, argomenti e comunità di interesse, filtrano informazioni e formano le proprie opinioni. Questo scenario, unito all’incapacità di comprendere efficacemente un testo scientifico (in Italia il fenomeno riguarderebbe il 50% della popolazione fra 15 e 65 anni), e all’esposizione selettiva del contenuto, guidata principalmente dal pregiudizio di conferma (il confirmation bias, CB) a determinati contenuti può creare veri e propri fenomeni di massa attorno a informazioni false. Ecco dunque nascere la misinformation30-32.
La nostra razionalità viene meno, soppiantata da un sistema di informazione che permette di prendere tutto ciò che a ognuno più aggrada ed è più conforme al proprio pensiero, alimentando la formazione di argomentazioni strampalate o false o addirittura pericolose. Il passo successivo è la diffusione e la viralità delle notizie, comprese quelle che, nate per scherzo o colpevolmente false, acquistano credito come vere.
Sono nate diverse associazioni internazionali sul WEB che si battono contro ogni tipo di vaccino: tra queste, la COMILVA conta il maggior numero di “affiliati” ed ha ormai una diffusione capillare.
Nei nostri social network il numero di utenti che segue fonti di informazione alternativa e si aggregano tra loro è tre volte quello di coloro che seguono le informazioni scientifiche. La selezione dei contenuti avviene per pregiudizio di conferma o CB, e questo porta alla formazione di gruppi solidali su specifici temi o narrazioni che tendono a rinforzarsi e nello stesso tempo a ignorare tutto il resto. Questo contesto rende di fatto molto difficile informare correttamente e fermare una notizia infondata diventa impossibile. Che sia il caso di cambiare la dicitura di era dell’informazione in era della credulità?
Di recente è stato lanciato in rete un sondaggio per rilevare, fra favorevoli e contrari ai vaccini, il numero di contatti e le conseguenti aggregazioni tra utilizzatori dei social network: dopo tre giorni i secondi superavano i primi in ragione di 3:1.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE PRIMA PARTE
Vi è una generalizzata, mancata comprensione che i vaccini proteggono non solo i singoli, ma la popolazione intera, interrompendo la catena epidemiologica del contagio: è una misura preventiva per l’intera società.
Manca una corretta valutazione dei rischi (ad es.: senza vaccini, quali scenari si aprirebbero in tema di salute pubblica, in infettivologia in particolare, e dunque anche da un punto di vista socio-economico? Mancano queste valutazioni da opporre e confrontare, in un contesto con e senza vaccini).
La propaganda anti-vaccini è stata spesso montata con frode, con dati infondati e inventati (vedi caso Wakefield), successivamente svelati dalla scienza e anche da inchieste giudiziarie, ma i mass-media raramente riportano le fonti della parte lesa, le condanne per frode e diffusione di notizie false e pericolose, la conclusione dei dibattiti.
Nei paesi in via di sviluppo (LMICs), secondo la dizione e la classificazione della Banca Mondiale, sono fondamentali le strategie per trasmettere informazioni precise sui vaccini ai vaccinandi (o, meglio, ai loro tutori, dato che parliamo di bambini) da parte degli operatori della sanità (caregivers), come misura fondamentale e imprescindibile per arrivare ad una copertura vaccinale ottimale. Pertanto è ancor più importante e prioritario informare ed educare i caregivers in questi paesi critici.
Ma in un mondo globalizzato, anche e soprattutto nella diffusione delle notizie, disinformazione e ignoranza costituiscono due concreti pericoli nel settore della prevenzione delle malattie infettive e delle vaccinazioni; ci tornano a mente le ammonitrici parole di E. Boncinelli: “i peggiori pericoli per la conoscenza sono l’ignoranza e la presunzione di sapere: chi presume di sapere non studia, non ricerca, non s’informa, non riflette”.
NUOVI VACCINI PER INFEZIONI CRITICHE: SARANNO UN DETERRENTE POSITIVO PER TUTTO IL MOVIMENTO?
A livello internazionale, sottolineiamo invece un altro fattore: Il deterrente negativo rappresentato da una certa stasi nella ricerca scientifica da trent’anni a oggi (gli ultimi vaccini sono stati quelli anti-HBV e anti-HPV, concepiti negli anni ’80 del secolo passato), da una serie di insuccessi e dall’incapacità (finora) di allestire vaccini contro malattie infettive diffuse e letali (tubercolosi, malaria, HIV, HCV, dengue e altre infezioni tropicali), la cui introduzione, al contrario, costituirebbe un deterrente positivo e una nuova spinta a tutto il settore. Un successo della ricerca in questo campo e l’introduzione di nuovi vaccini di provata efficacia e sicurezza contro una o più fra queste patologie preminenti, nonché il miglioramento dei vaccini già in uso, agirebbero da traino nell’immunoterapia e nella medicina preventiva, stimolerebbero nuova ricerca e nuovi fondi pubblici e privati, abbattendo barriere di paure e incertezze, complessivamente, anche nell’impiego dei vaccini in altre malattie infettive.
Nuove metodologie, in genetica e biologia molecolare, per i prossimi vaccini. Ricordiamo, in particolare:
- CRISPR-Cas96, 33: nuova tecnica di editing genetico, che permette di manipolare tratti specifici di un genoma in maniera semplice, economica e rapida, introducendo o eliminando sequenze, inducendo mutazioni, interferendo con l’espressione dei geni. Riproduce un meccanismo naturale di difesa dei batteri. La CRISPR non genera OGM, perché non introduce nelle cellule materiale genetico esogeno, ma semplicemente modifica tratti del DNA endogeno, proprio della cellula. Pertanto non necessita della procedura di registrazione del brevetto.
- Chemical glycobiology34-37: un nuovo sintetizzatore di carboidrati complessi o glicani ad alta automazione. Tecnica e macchina collegata aprono una nuova strada, simile a quella che ha portato in genetica e proteomica alla sintesi e al sequenziamento di DNA e proteine. E’ possibile costruire carboidrati complessi anche molto ramificati, come antigeni naturali, superando le problematiche che fin qui hanno consentito di assemblare solo molecole più piccole, poco ramificate e in tempi lunghi.
In questa seconda parte della nostra trattazione faremo il punto sulla ricerca di un vaccino in 4 infezioni critiche e diffuse, quali malaria, tubercolosi, HCV e HIV; “lo stato dell’arte” è sintetizzato bene da R. M. Zinkernagel, premio Nobel per la Medicina nel 1996 per i suoi studi sull’immunità cellulo-mediata: “tutti i vaccini che funzionano bene (vaiolo, varicella, tetano, poliomielite) conferiscono protezione attraverso la stimolazione della produzione di anticorpi neutralizzanti. Viceversa, tutti quelli che non funzionano (malaria, tubercolosi, lebbra, HCV, HIV), non sono efficaci perché non sono in grado di stimolare l’immunità cellulare T-dipendente”38.
Quante e quali sono le probabilità di avere a breve/medio termine vaccini efficaci e sicuri nelle 4 infezioni di cui ci occuperemo? Mentre per la tubercolosi non si parte da zero, dal momento che, in alcune situazioni, soprattutto in età pediatrica, disponiamo ancora del “vecchio” BCG, per le altre infezioni siamo ancora alla ricerca di un primo vaccino, efficace e sicuro: la prospettiva sembra buona per un anti-malarico a breve termine, più complessa per un anti-HIV e ancor più difficoltosa per un anti-HCV.
Esaminiamo ora brevemente, nelle quattro infezioni citate, problemi; indicazioni, obiettivi e bersagli; conoscenze più recenti; sperimentazioni in atto; prospettive dei vaccini allo studio e in allestimento.
MALARIA
Ci sono attualmente molti progetti per lo sviluppo di più vaccini: sono tutti perlopiù ancora in fase di sperimentazione, in trial clinici preliminari; dovranno necessariamente essere accompagnati ad un impegno parallelo per migliorare gli strumenti diagnostici e la biodisponibilità nelle zone a rischio.Il complesso ciclo vitale dei plasmodi, che comprende fasi diverse in ospiti diversi, condiziona l’allestimento di un vaccino: quello che si dimostrasse efficace nel neutralizzare il plasmodio in uno stadio del suo ciclo vitale, potrebbe non riuscire a inibire la crescita dei patogeni in uno stadio diverso. Pl. falciparum ha un genoma complesso, con oltre 5.400 geni e le proteine codificate sono solo in parte note e sequenziate39-41; inoltre < 10% sono immunogene e la risposta immunitaria evocata nell’ospite, umorale o cellulare, talora non è né protettiva né tantomeno neutralizzante. La risposta immune di un ospite dopo contatto con i plasmodi è imprevedibile: spesso non riscontriamo anticorpi efficienti e in quantità accettabile nemmeno nei sani esposti, nei malati l’immunoreazione è inevitabilmente ancor meno pronta e valida42.
I plasmodi variano le molecole di superficie, eludono il sistema immunitario e creano problemi per l’allestimento di vaccini. Un nuovo approccio consiste nel riprodurre gli anticorpi ad ampio spettro prodotti da soggetti immuni in aree endemiche, capaci di neutralizzare quasi tutti gli antigeni di superficie del plasmodio43. Bersaglio di questi anticorpi sono alcune proteine di superficie, dette RIFIN, codificate da più geni e contenenti una frazione altamente immunogena, detta LAIR-1, a sua volta codificata da un gene specifico. RIFIN+LAIR-1 si candidano per nuovi vaccini attualmente in sperimentazione44. I primi vaccini sperimentati, con scarso ed effimero successo, hanno avuto come bersaglio un solo stadio del parassita, sporozoite, merozoite o gametocita; abbiamo ora compreso che un vaccino risolutivo deve colpire più stadi, neutralizzando antigeni o proteine in comune alle diverse forme del parassita e pertanto è auspicabile il passaggio a questo nuovo approccio. Per ora siamo in grado di allestire vaccini il cui bersaglio sono antigeni maggiori di una determinata fase del parassita, come CSP (circumsporozoite) degli sporozoiti, vaccini che con determinati accorgimenti stimolano sia l’immunità umorale che quella cellulare45, 46.
Sono stati sequenziati i genomi sia delle zanzare anofele che dei plasmodi che infettano l’uomo e le scimmie antropomorfe: sono stati dedotti molti dati sull’origine filogenetica e sull’evoluzione dei parassiti patogeni41, 42.
Sono stati inoltre individuati:
- I geni (geni FIKK, specie-specifici) che permettono al parassita di rimodellare gli eritrociti e di eludere il sistema immunitario41.
- In Pl. falciparum due geni, chiamati RH5 e CyRPA, essenziali per l’infettività, che mostrano una grande variabilità, tale da determinare continue mutazioni, rendono i parassiti elusivi per l’immunità dell’ospite e, finora, quasi impossibile allestire un vaccino. Si tratta di proteine di superficie essenziali per l’adesione del parassita ai globuli rossi41.
Una molecola che agisce dopo la penetrazione dei plasmodi nell’organismo e risulta tossica scatenando una reazione infiammatoria e contribuendo all’anemia; è un glicosilfosfatidilinositolo (GPI) e nelle zone endemiche per la malaria tutta la popolazione presenta elevati anticorpi verso di essa; ha potenzialità immunogena e si pensa di utilizzarla, inattivata, in un vaccino35.
Proteine dell’immunità innata che interferiscono con la crescita dei plasmodi nelle zanzare: TEP1 e LRIM1 che legano il parassita e lo uccidono, impedendo la trasmissione; invece CTL4 e CTLMA2 favoriscono la crescita dei parassiti e la possibilità di infezione47, 48.
Una resistenza naturale alla malaria legata a mutanti del gene per la glicoforina C eritrocitaria, che di norma lega la proteina BAEBL di Pl. falciparum permettendone la penetrazione nei globuli rossi49.
I vaccini attualmente in sperimentazione, almeno 20 secondo le rassegne più aggiornate39, 40, possono essere classificati in: 1) vaccini pre-eritrocitari; 2) vaccini eritrocitari o della fase ematica; 3) vaccini delle fasi post-eritrocitarie; 4) vaccini bloccanti la trasmissione della malaria (da soggetto infetto a sano, tramite le zanzare); 5) vaccini associati alla gravidanza. Tutti questi hanno come bersaglio Pl. falciparum; nei confronti dell’infezione da Pl. vivax, sono in sperimentazione due ulteriori vaccini, uno della fase pre-eritrocitaria e uno eritrocitario.
Il vaccino più promettente, appartenente al primo gruppo, è noto come RTS-S50. Stimola sia l’immunità umorale che quella cellulare, sì da prevenire l’invasione degli epatociti. La proteina CSP (circumsporozoite) è il bersaglio maggiore. Viene coniugato con HBsAg. Si tratta di una molecola antigenica comprensiva delle sequenze conservate del ceppo standard di laboratorio 3D7 di Pl. falciparum; include la porzione R (repeat), che è una singola catena polipeptidica corrispondente alla sequenza di CSP tetrapeptidica altamente conservata con ripetizioni tandem e la porzione T (epitopi T), che a sua volta include epitopi separati di cellule T, ovvero gli epitopi immunodominanti di Cd4+ - Th2R – e Cd8+ - Th3R-. Il peptide ottenuto RT è fuso con l’N-terminale di HBsAg, la porzione S, a cui è infine aggiunta una seconda porzione S non fusa di HBsAg, da cui il nome completo di RTS-S. Il vaccino in trials clinici di fase 3 ha protetto dalla malaria giovani e bambini per 18 mesi dopo 3 dosi. Per ora, l’unico mezzo di laboratorio per controllarne l’efficacia è la titolazione degli anticorpi indotti e la conta Cd4+.
I vaccini anti-malaria non potranno mai essere risolutivi al 100% e le cure farmacologiche, compresa la recente ed economica artemisina, nonché le misure antizanzare dovranno sempre affiancare gli auspicabili, efficaci vaccini: questo perché nelle popolazioni vaccinate i tassi di protezione non raggiungeranno, nemmeno da vicino, il valore del 90-100% ottenibile in altre infezioni. Molti continueranno a non avere accesso alle cure e il problema si trasferirà anche ai vaccini, proprio là ove l’infezione incide maggiormente, specie < 5 anni, prevale la povertà, i sistemi sanitari sono deficitari; parliamo soprattutto dell’Africa sub-sahariana.
Inoltre ci chiediamo: a) quanto durerà l’effetto protettivo; b) se avremo un vaccino universale, indipendente da 3 variabili: variabilità del vettore zanzara, variabilità dei plasmodi, variabilità delle risposte immuni; c) se si verificheranno resistenze ai vaccini da parte dei plasmodi nel prosieguo del loro utilizzo.
Un nuovo approccio nella lotta alla malaria (e non solo…): modificazioni genetiche indotte nei vettori. Con la tecnica CRISPR e la procedura detta “Gene Drive”
51, 52 si cerca di ottenere zanzare immunogeneticamente resistenti alla malaria. Con la CRISPR, la velocità di trasmissione del nuovo carattere di generazione in generazione è molto più alta di quanto previsto, la reazione genetica diviene autocatalitica; il gene modificato produce nuove e numerose copie di molecole che eseguono la CRISPR: una reazione esplosiva. In poche generazioni, assistiamo alla nascita anche del 97% di mutanti: partendo da un unico insetto modificato, in una sola stagione la resistenza indotta potrebbe interessare l’intera popolazione di zanzare in una data area geografica. Altri progetti riguardano: Aedes aegypti, vettore della Dengue
53; sono state create femmine che, una volta accoppiate, generano solo maschi, così che dopo diverse generazioni l’area in cui sono state liberate queste femmine, per mancanza di esemplari dei due sessi che possano accoppiarsi, diviene priva di insetti; Anopheles Gambiae, nel cui genoma è introdotto un gene letale per le larve o in cui si induce una mutazione che rende il parassita infertile
54.
Sussistono tutti i problemi relativi alla liberazione nell’ambiente di insetti OGM, specie con tecniche nuove, dagli effetti ancora imprevedibili e non controllabili, ad esempio la liberazione di insetti con altre mutazioni geniche, non previste, potenzialmente nocive. Al riguardo manca una legislazione adeguata e al passo con le velocissime novità tecnologiche; in alcuni paesi endemici per la malaria la liberazione di insetti OGM è proibita. Ma la CRISPR-Cas9, come già detto, non genera mutanti OGM in senso stretto del termine.
TUBERCOLOSI
Superare in sicurezza ed efficacia il BCG: questo è il primo obiettivo di chi si occupa di allestire un nuovo vaccino anti-tubercolare. Introdotto nel 1922, molte nazioni utilizzano ancora il BCG nei programmi di controllo e prevenzione della tubercolosi, specialmente per i bambini. L'efficacia protettiva del BCG nel prevenire forme gravi di tubercolosi, come la meningite e la miliare diffusa, nei bambini è > all'80%, mentre la sua efficienza nel prevenire la malattia polmonare negli adolescenti e negli adulti è decisamente scarsa, < 40-50%. Negli adulti è pertanto raccomandato e praticato, come prassi clinica consolidata, nei soggetti immunodepressi, specie se con patologie e infezioni croniche concomitanti, quali l’AIDS, ma in associazione con la chemioprofilassi con isoniazide. In molti paesi africani e asiatici il vaccino è distribuito a tutti i bambini < i tre anni. Negli USA il BCG è raccomandato in alcune situazioni specifiche:
Bambini con test cutaneo negativo, frequentemente esposti a pazienti non trattati o sottotrattati o con tubercolosi multi-resistente.
Operatori sanitari che lavorano in ambienti in cui è stata riscontrata un'alta concentrazione di pazienti con tubercolosi multi-resistente e là dove il controllo contro la malattia non è risultato efficace.
La tubercolosi rimane una delle massime emergenze sanitarie a livello mondiale, soprattutto nell’ Africa australe, in America del sud e Asia; si pone concordemente l'urgenza dello sviluppo di un nuovo vaccino più efficace, che prevenga tutte le forme della patologia tubercolare, comprese quelle che rappresentano un’emergenza nell’emergenza: infezione multi-resistente, fasce d'età più deboli, persone coinfette con HIV, malaria, HBV/HCV, sifilide.
Da un punto di vista biologico, i micobatteri, all’interno di cellule dell’ospite ove rimangono protetti anche per anni, non possono essere attaccati dagli anticorpi neutralizzanti, ma è richiesto l’intervento dell’immunità cellulare e in particolare dei linfociti T attivati e specifici: situazione che si riflette sulla produzione di un vaccino specifico.
Tra le conoscenze acquisite di recente sulla biologia di M. tuberculosis, che possono aiutare a preparare un nuovo vaccino, sono emersi diversi geni e numerose mutazioni implicate nella virulenza e nella immunoevasione del batterio; ricordiamo:
- Mutanti capaci di bloccare la maturazione dei fagosomi: in questi micobatteri la sintesi di particolari glicolipidi, contenenti acil-trealosio, è alterata, suggerendo che queste molecole e loro varianti abbiano un ruolo critico nella protezione intracellulare dei micobatteri e nel parassitismo e nella sopravvivenza endomacrofagica58.
- Mutazioni dei geni coinvolti nella biogenesi dell’involucro cellulare (fadD28), nel sistema di secrezione (esplL/Rv3880), nella biosintesi della molibdopterina (moaC1 e moaD1), nonché geni di un nuovo locus scoperto (Rv1503c-Rv1506c): sono proprio questi ultimi geni mutati implicati nella sintesi dell’acetil-trealosio.
- Geni (secA2) coinvolti nell’apoptosi dei macrofagi infettati e loro eliminazione da parte di Cd8+, nonché un’inibizione o un’esaltazione dell’apoptosi in micobatteri secA2-mutanti, quest’ultimo evento utilizzato in vaccini sperimentali59.
Per sviluppare nuovi vaccini, più efficaci, dobbiamo stimolare tanto l’immunità adattativa e la memoria immunologica che si ottiene attraverso di essa quanto i percorsi dell’immunità innata, recuperando su base moderna, genetica e molecolare, i sempreverdi concetti di recettività e resistenza.
Le reviews più aggiornate55-57 segnalano complessivamente una decina di vaccini preventivi in avanzata fase di sperimentazione e almeno tre terapeutici; il più promettente, fra i primi, è l’MVA85A: è basato sull’antigene 85A espresso dal vaccinia-virus modificato tipo Ankara. Si usano protocolli di vaccinazione costituiti da BCG cui segue di rinforzo il nuovo vaccino. E’ sperimentato in trials di fase II su bambini piccoli e adulti HIV+, in cui si è dimostrato sicuro ma di efficacia non superiore al vecchio BCG. Nei soggetti vaccinati si evidenzia un aumento di cellule Cd8+ citotossiche specifiche per l’Ag85. Stimola cellule Th1 e Th17 antigene-specifiche, nonché cloni Cd4+ antigene-specifici con la capacità, una volta attivati, di secernere gamma-IFN o TNF-alfa. Sembra sia in grado di stimolare anche cellule T Cd1 ristrette che riconoscono antigeni a base di glicolipidi/glicoproteine.
Il “gold standard” sarà comunque raggiunto solo quando potremo disporre di più tipi di vaccini: preventivi; in grado di impedire la progressione delle infezioni latenti; terapeutici, che affianchino gli antibiotici antitubercolari; polivalenti.
I nuovi vaccini dovranno tener conto, e dunque differenziarsi, a seconda se i soggetti non siano mai venuti a contatto con M. tuberculosis o se al contrario abbiano già subito una immunosensibilizzazione, per via naturale o con altri vaccini (BCG). Prima di abbandonare completamente Il BCG, ricordiamoci che ha dimostrato una certa efficacia anche nella lebbra e come supporto immunostimolante in numerose terapie di malattie neoplastiche e degenerative, nelle quali continuerà ad essere impiegato ancora a lungo.
EPATITE C
L’enorme successo della terapia antivirale, nell’infezione da HCV, che negli ultimi anni ha radicalmente modificato storia naturale e prognosi della malattia, spinge sempre più a investire su nuovi farmaci: la ricerca di un vaccino risente di fondi che si sono assottigliati drammaticamente. Eppure, un vaccino anti-HCV resta in prospettiva il miglior presidio preventivo per evitare la progressione della malattia verso la cirrosi epatica e l’epatocarcinoma. Il problema maggiore nell’allestimento di un vaccino anti-HCV rimane la variabilità del virus (10 volte superiore a HIV), arma di adattabilità e strumento di immunoevasione nei confronti dell’ospite.
Il primo incontro fra HCV e ospite è con l’ immunità innata di questi, seguito in un secondo tempo da quella adattativa, cellule Cd4+, Cd8+ e B; non conosciamo bene la transizione dall’una all’altra, ma sappiamo che si tratta di meccanismi da cui dipende o meno la clearance spontanea del virus nell’infezione primaria, in una fase anteriore all’ evoluzione in danno d’organo e malattia epatica cronica. La prima linea di difesa è regolata dall’interferon in diverse tipologie, alfa/beta, lambda e gamma e dai geni successivamente attivati dall’interferon. Le cellule NK nel fegato sono aumentate: insieme alle cellule dendritiche (DCs) costituiscono una importante componente cellulare dell’immunità innata intraepatica. NK possono uccidere gli epatociti infettati dal virus e producono IFN-gamma e TNF-alfa che limitano la replicazione virale. DCs attivano le NK e inducono un’adeguata risposta Cd4+ e Cd8+, inoltre possono giocare anche un ruolo determinante nel mantenere uno stato di tolleranza inducendo cellule Treg. L’immunità naturale anti-HCV è estremamente complessa e polimorfa: potremo mai riprodurla, sia pur solo in parte, in un vaccino efficiente, che deve tener conto anche e soprattutto della variabilità del virus?
Fra le conoscenze più recenti, utilizzabili per allestire un vaccino, segnaliamo:
- Diversi tipi di alleli HLA e aplotipi sono riconosciuti in chi elimina spontaneamente HCV;
- Sottotipi NK sono associati ad una miglior clearance del virus e alla sua eradicazione, altri all’evento opposto;
- Il fenomeno è stato segnalato anche per DCc: il subset BDCA3+CD141+ rilascia forti aliquote di IFNlambda;
- SNPs nella regione promoter del gene per IL28B/IFNlambda3 sono criticamente coinvolti nell’efficacia dei trattamenti con interferon in pazienti con HCV cronico. Gli stessi SNPs per IL28B sono implicati anche nell’eradicazione spontanea di HCV, anche se non ne conosciamo i meccanismi e, sembra, nella risposta individuale ai vaccini in sperimentazione.
Pertanto si cerca di riprodurre queste situazioni favorevoli legate a mutazioni di geni cruciali per l’immunità dell’ospite, nel preparare i nuovi vaccini.
Rassegne aggiornate60-62 segnalano una dozzina di vaccini in corso di sperimentazione in trials clinici nell’uomo e una decina che lo saranno a breve, dopo aver superato le prime osservazioni negli scimpanzé (cosa consentita solo in alcuni paesi); si tratta in tutti i casi di vaccini allestiti con le procedure più innovative, a base di proteine ricombinanti, peptidi antigenici sintetici, genetici a DNA, veicolati da vettori virali modificati, impostati su cellule immunitarie. Nessuno di questi tuttavia si è finora segnalato per efficacia e sicurezza superiore agli altri, come invece avviene per alcuni vaccini anti-malaria o anti-tubercolosi (vedi sopra).
Comunque numerosi sono ancora gli interrogativi e le questioni aperte; la gravità della malattia epatitica e la risposta ai farmaci antivirali sono influenzate dal genotipo: sarà così anche per i futuri vaccini? A seguito dell’infezione con HCV, l’organismo reagisce con una risposta immune precoce mediata da anticorpi neutralizzanti che legano le particelle virali circolanti, ma si può arrivare ad una spontanea clearance del virus solo mediante una potente, specifica, diretta e a lungo termine reazione delle cellule T che deve essere innescata anche da un auspicabile efficace vaccino.
In definitiva un vaccino anti-HCV ideale dovrebbe indurre una potente risposta anticorpale e cellulare, riconoscere tutti i genotipi e inibire la trasmissione da cellula a cellula. Pertanto si devono includere epitopi di HCV sia delle proteine strutturali (core, E1, E2), soprattutto per stimolare una robusta risposta di anticorpi neutralizzanti, sia epitopi delle proteine NS3-4-5, riconosciute perlopiù da cellule T in modo da evocare una forte reazione di queste.
Lo sviluppo di vaccini protettivi e/o terapeutici anti-HCV potrà essere uno dei punti fondamentali nella strategia che aiuterà a risolvere i problemi sanitari e socio-economici legati all’infezione da HCV. La terapia con farmaci anti-HCV è estremamente costosa: è dunque necessario sviluppare vaccini preventivi e terapeutici. Un vaccino profilattico veramente efficace dovrebbe indurre sia una forte risposta anticorpale neutralizzante, sia stimolare l’immunità cellulare, entrambe a lungo termine in modo da controllare l’infezione globalmente. Inoltre, i vaccini terapeutici dovrebbero essere impiegati insieme ai nuovi farmaci e agli schemi di terapia IFN-free. E’ stato stimato che una strategia anti-HCV che comprenda vaccini preventivi, vaccini terapeutici e farmaci anti-virali innovativi potrebbe eradicare l’infezione nel mondo in 15-20 anni.
HIV
L’aderenza variabile alla terapia HAART, la limitata accessibilità ai farmaci, la carenza di infrastrutture sono ostacoli nei percorsi di salute pubblica che dimostrano come un vaccino anti-HIV sia necessario. Mentre la terapia HAART ha mostrato clamorosi progressi nel trattamento dell’AIDS, il virus persiste nei suoi reservoirs che possono provocare nuove infezioni acute, suggerendo che c’è solo una piccola finestra temporale nella quale un vaccino possa agire63-65. Se siamo riusciti ad ottenere una risposta anticorpale neutralizzante verso antigeni virali dell’envelope, peraltro funzionalmente insufficiente, siamo ancora ai primi passi per ottenere vaccini che stimolino una valida reazione T citotossica; per quest’ultima bisogna arrivare al cuore dell’HIV, alle proteine codificate dai geni pol, gag, nef, tat. I vaccini attivi contro l’HIV dovranno andare oltre la produzione di anticorpi, attivando l’intero sistema immunitario66-68. “Per ottenere un vaccino efficiente contro l’AIDS, probabilmente sarà necessario simulare una risposta immunitaria che non esiste in natura” (M. Essex, Harvard School of Public Health)69.
Diverse sono state negli ultimi anni le conoscenze sull’interazione virus HIV – ospite che saranno senz’altro indispensabili nella preparazione di vaccini, preventivi e/o terapeutici, finalmente validi e sicuri: ricordiamone alcune.
La glicoproteina ENV è un trimero: ogni monomero include la più piccola gp41 infissa nel capside e la più grande gp120 che forma la parte superiore. Ogni particella virale possiede in superficie circa 15 di questi trimeri, disponibili per agganciare i recettori Cd4 e CCR5; ogni trimero muta frequentemente, soprattutto gli epitopi più periferici ed esposti che pertanto non vengono riconosciuti né da anticorpi né da cellule dell’ospite. Al contrario, epitopi più interni sono meglio conservati (come quelli attaccati dagli anticorpi naturali VRC01/2): verso questi dobbiamo indirizzare la risposta anticorpale, evocata da vaccini cosiddetti “universali”. Finora, indirizzando la risposta anticorpale verso gli epitopi esterni, abbiamo sbagliato bersaglio70, 71.
Punto critico è la scelta dei vettori virali che esprimono geni di HIV nei vaccini: adenovirus hanno talvolta propagato l’infezione, citomegalovirus si è dimostrato più affidabile72.
Diverse sono le nuove acquisizioni sulla resistenza naturale e l’immunità adattativa verso HIV: iperespressione di SERIN5, che neutralizza Nef; proteine anti-HIV APOBEC3G e TRIM5, prodotte da T-memory; anticorpi naturali VRC01/2 che neutralizzano il 90% dei ceppi di HIV legandosi a epitopi non-mutanti73-78.
Conosciamo più in dettaglio la struttura delle molecole Env di HIV (gp160,gp41/gp120), antigeni verso i quali gli anticorpi fino ad oggi impiegati nei vaccini sperimentali hanno fallito e la struttura dei recettori (Cd4, CCR5) attraverso i quali il virus entra nelle cellule; CCR5 ha siti di legame diversi per farmaci, chemochine specifiche e gp120 virale e di questo ne dobbiamo tener conto nell’uso di anticorpi neutralizzanti79.
Infine, sono meglio noti i meccanismi di integrazione e latentizzazione di HIV nelle cellule dell’ospite e la persistenza in reservoir particolari, come subsets T memory: da questi dobbiamo cercare di snidare il virus con nuovi farmaci e vaccini67,74.
Le rassegne più complete e aggiornate al riguardo63-65, riportano i tanti fallimenti degli ultimi trent’anni: vaccini perlopiù in grado di stimolare solo la produzione di anticorpi neutralizzanti verso proteine dell’envelope; oggi, come abbiamo detto, si cerca di allargare il panorama dei bersagli virali da colpire e di coinvolgere soprattutto l’immunità cellulare. In varie parti del mondo, tenendo conto anche della diversità geografica di HIV, suddiviso in 5 cladi e alcune centinaia di ceppi, cui corrispondono differenti risposte immunitarie, sono oggi in sperimentazione almeno 23 vaccini preventivi che rispondono ai seguenti, nuovi approcci e possono essere classificati in: vaccini che stimolano una risposta anticorpale V2-specifica, zona vulnerabile di HIV; vaccini che stimolano una risposta anticorpale polifunzionale; vaccini che stimolano una forte risposta di anticorpi neutralizzanti; vaccini che stimolano cellule T della memoria effettrici, nei siti d’infezione delle mucose.
In generale, i nuovi vaccini genetici, allestiti pertanto con le tecnologie più moderne, hanno come obiettivi: impedire a HIV di entrare nelle cellule umane, bloccando o competendo con i recettori e corecettori di superficie dei Cd4+; impedire a HIV di replicarsi, introducendo nei Cd4+ geni codificanti per piccoli frammenti di RNA regolatori, in grado di bloccare la replicazione del virus; impedire a HIV di passare da cellula a cellula.
Per quanto riguarda i vaccini terapeutici, gli ultimi approcci prevedono l’utilizzo del corpo virale di HIV privato di gp120, o di vaccini genetici a base di antigeni singoli o multipli di HIV o geni codificanti, o di cellule dendritiche autologhe. I vettori virali, abbandonati perlopiù gli adenovirus, sono poxvirus, canarypox, fowlpox.
In conclusione, nella lunga e ancor piena di ostacoli, strada che conduce ad un vaccino efficace e sicuro anti-HIV, si deve tenere ben presente di:
- stimolare la sintesi di anticorpi neutralizzanti che tengano conto della diversità geografica del virus, distribuito in 5 cladi e alcune centinaia di ceppi;
- stimolare una robusta risposta T citotossica;
- stimolare una immunoreazione polimorfa verso le proteine prodotte da geni dell’envelope, del core e funzionali;
- stimolare una forte immunoreazione locale a livello delle mucose;
- percorrere la doppia strada dei vaccini preventivi e terapeutici, questi ultimi in combinazione con HAART.
Gli istituti di ricerca pubblici e privati e le organizzazioni internazionali dovranno trovare anche il modo di rendere i vaccini disponibili a quanti ne hanno più bisogno e cioè a quelle popolazioni “sfavorite” che oggi sopportano la gran parte del peso della pandemia da HIV.
CONCLUSIONI GENERALI
Chiudiamo con alcune brevi riflessioni28, 80, 81.
La sorveglianza della copertura vaccinale non è semplice da rilevare, mancando indicatori e sistemi universalmente validati: qualunque metodo, convenzionale o elettronico, non è esente da errori e può condurre ad una raccolta dati imprecisa. Inoltre vi è differenza dei tempi e degli intervalli di tempo delle notifiche: in alcuni paesi si possono avere dati sulle vaccinazioni solo ogni 3-5 anni, come è stato evidenziato soprattutto per il morbillo e la poliomielite. Anche l’analisi statistica in questo settore appare non uniforme e alquanto imprecisa, proprio perché alla base vi sono errori nella raccolta dei dati presentati. Gli stessi problemi si riflettono su altri aspetti della sorveglianza, che riguardano la programmazione, i costi, la registrazione dei risvolti clinici e delle complicanze.
Sappiamo che anche per i vaccini, come per i farmaci, esistono in diversi paesi problemi di accesso e disponibilità. Nei paesi del “terzo mondo” spesso i vaccini vengono somministrati tardi, con conseguenze infettivologiche nei primi mesi/anni di vita; chiamiamo in causa barriere psicologiche e culturali, mancanza di educazione sanitaria delle madri o dei tutori, difficoltà a ripetere le dosi-richiamo, schemi vaccinali troppo complessi per quei paesi (non simultaneità delle vaccinazioni), specie là dove deve reiterarsi la necessità di andare in ambulatori lontani e sia difficoltoso l’arrivo di sanitari nei villaggi, condizioni economiche o sociali o politico-militari mutevoli nell’arco di poco tempo, improvvise carenze di dosi. Talora un programma vaccinale subisce non solo ritardi, ma brusche interruzioni quando in un paese o sua parte accadono eventi drammatici, come un conflitto (Siria) o un disastro ambientale (Haiti): cosa si interrompe, la campagna vaccinale, la registrazione statistica o entrambe?
Scopo delle vaccinazioni non è solo di immunizzare il singolo ricevente, ma anche e soprattutto di ridurre progressivamente la frequenza della malattia nella popolazione e la circolazione del patogeno, fino alla scomparsa dell’una e all’eradicazione dell’altro; si possono ottenere tali scopi se la quota di vaccinati supera costantemente, senza riduzioni del tasso, il 95%. Se la vaccinazione viene praticata sistematicamente, rimangono suscettibili solo i nuovi nati, a loro volta vaccinati e quindi in un paese, in pochi anni, con questa strategia, si può arrivare a debellare una malattia infettiva al 100%.
Ribadiamo l’importanza di un sostenibile accesso ai vaccini: nel 2014 50 paesi (il 26% degli aderenti all’OMS) ha dichiarato di aver avuto problemi di approvvigionamento e stoccaggio superiori a 1 mese, tanto da dover sospendere i programmi di vaccinazione; il 62% di queste nazioni era LMICs.
Stante una stagnazione nella copertura vaccinale globale, miglioramenti nei servizi di immunizzazione devono essere cercati e attuati, affinché tutti i bambini siano protetti da vaccini preventivi contro le malattie infettive. Lasciamo, da ultimo, questo messaggio:
“Vaccinare e vaccinarsi è un obbligo civile nei confronti della collettività”.