Dott.ssa Patrizia Mattacola

U.O.C. Medicina Interna, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2016-2017

Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017

ECM: Cuore Polmone 2017

14 marzo 2017

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Il Beta-bloccante è un trattamento da evitare nella broncopneumopatia cronica ostruttiva?

G. Minardi, P. Mattacola

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia frequente, prevenibile e trattabile, caratterizzata da una limitazione persistente al flusso aereo; è in genere evolutiva e si associa ad una aumentata risposta infiammatoria cronica agli inquinanti inalatori a carico delle vie aeree e dei polmoni1. Le riacutizzazioni del quadro clinico-sintomatologico e la frequente coesistenza di altre morbilità croniche contribuiscono alla gravità complessiva del singolo paziente, con un impatto negativo sui sintomi e sulla funzione respiratoria residua, sulla qualità della vita, sull’aumento dei costi sanitari e sulla sopravvivenza. La BPCO riconosce, dal punto di vista etiopatogenetico, un substrato infiammatorio, caratterizzato da rilascio di citochine (interleuchina-8 e TNF-alfa), incremento della PCR e attivazione dei radicali liberi di O2, che determinano broncocostrizione, aumento delle secrezioni bronchiali, diminuzione delle antiproteasi difensive2. Tale substrato infiammatorio sarebbe la spiegazione del maggior rischio di altre affezioni cui possono andare incontro i pazienti con BPCO: malattie cardiovascolari come l’infarto miocardico o lo scompenso cardiaco3, osteoporosi, infezioni respiratorie, ansia e depressione, diabete mellito, tumori polmonari. Per tali motivi attualmente la BPCO viene inserita tra i “fattori di rischio” cardiovascolare4. La presenza di co-morbilità nei pazienti con BPCO condiziona la prognosi. Il trattamento della BPCO può avere effetti positivi/negativi sulle co-morbilità; le co-morbilità a loro volta richiedono specifici trattamenti, anch’essi con possibili effetti sul quadro clinico della BPCO. Tali trattamenti, sebbene non differiscano dai trattamenti che andrebbero effettuati nei pazienti senza BPCO, pongono tuttavia il problema delle interazioni farmacologiche, della riduzione/ampliamento degli effetti farmacologici e degli effetti collaterali.

Molte sono le classi di farmaci che si possono utilizzare nella BPCO:

  • Beta-2 agonisti (a breve o lunga durata di azione)
  • Anticolinergici (a breve o lunga durata di azione)
  • Methilxanthine
  • Steroidi inalatori o sistemici
  • Inibitori della fosfodiesterasi 4

 

Molti sono gli standard diagnostico-terapeutici poco o troppo utilizzati nei pazienti con BPCO. Sottoutilizzati sono la spirometria, l’Ecocardiografia, il test cardiopolmonare, l’educazione a norme igienico-comportamentali (abolizione del fumo, riabilitazione etc.), l’uso di broncodilatatori a lunga durata o di beta-bloccanti; troppo utilizzati sono i broncodilatatori a breve durata e i corticosteroidi da soli o in combinazione a beta-agonisti a lunga durata).

Per quanto riguarda i farmaci beta-bloccanti ed il loro sottoutilizzo, è opportuno rivedere la classificazione dei beta-bloccanti in base alle loro caratteristiche e alle proprietà. Come è noto, i beta bloccanti vengono classificati in:

 

Selettivi Beta-1 Non selettivi Alfa+Beta
Atenololo Nadololo Carvedilolo
Metoprololo Propanololo Lasbetalolo
Esmololo Timololo  
Con ISA Con ISA Con proprietà vasodilatatrici
Acebutololo Mepindololo Nebivololo
Xamoterolo Oxprenololo  
  Pindololo  
Liposolubili Idrosolubili  
Pindololo Atenololo  
Bisoprololo Sotalolo  

 

Tali caratteristiche permettono un loro utilizzo in funzione dei presumibili effetti positivi auspicabili e degli indesiderati effetti evitabili nel singolo paziente. Ad esempio il Metoprololo ed il Bisoprololo bloccano selettivamente i recettori Beta-1 e perciò sono da preferire quando si vuole ottenere un blocco selettivo dei recettori Beta-1, come nello scompenso cardiaco (SC), nella BPCO etc.), mentre il Carvedilolo blocca i recettori Beta-1,  Beta-2 e Alfa-1, ma avendo anche proprietà antiossidanti e antiproliferative può essere utilizzato nei pazienti con SC, per migliorare la disfunzione endoteliale e prevenire l’apoptosi, rallentando cosi la progressione dello stesso SC. Nell’ipertensione arteriosa i beta-bloccanti vengono utilizzati per le varie utili proprietà: riduzione della frequenza cardiaca e della gittata, resettaggio barorecettoriale, attività antireninica, attività diretta sul SNC, aumento delle prostaglandine, sempre tenendo conto delle caratteristiche cliniche del singolo individuo, della tollerabilità etc. Gli effetti collaterali consistono in: astenia, disturbi del sonno, estremità fredde, impotenza ed in alcuni effetti metabolici, che risultano più marcati nei Beta-bloccanti non selettivi e meno in quelli selettivi e/o con ISA (aumento dei trigliceridi, aumento del colesterolo LDL, diminuzione del colesterolo HDL, ridotta tolleranza glucidica). Per quanto riguarda l’utilizzo dei beta-bloccanti nei pazienti con BPCO, molti studi hanno valutato l’efficacia e la tollerabilità in diverse condizioni cliniche associate: pazienti con associata cardiopatia ischemica5, 6, pazienti con SC4, pazienti con varie patologie7-9, e in tutti è stata dimostrata una riduzione statisticamente significativa del rischio di mortalità e di esacerbazione della BPCO7-11. E’ stato dimostrato che i beta-bloccanti (in particolare i beta-selettivi) riducono la mortalità e le esacerbazioni della BPCO quando aggiunti alla terapia inalatoria della BPCO (inclusi i farmaci b-stimolanti a lunga durata e gli antimuscarinici), oltre ai benefici attribuibili al controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, senza effetti avversi sulla funzione polmonare8. Analoghe conclusioni sono ricavabili dai vari studi di Salpeter12, 13, che afferma: “dai vari studi emerge l’effetto benefico dei beta-bloccanti sia nei pazienti con ostruzione severa e cronica delle vie aeree sia in quelli con ostruzione reversibile, in quanto non peggiorano la FEV1, né i sintomi respiratori, né influenzano la risposta ai beta-2 agonisti e pertanto essi non devono essere esclusi dalla terapia nei pazienti con BPCO”. Circa il rapporto tra BPCO e SC va rilevato che la BPCO è presente in circa 1/3 dei pazienti con SC e spesso rappresenta il motivo di un sottoutilizzo o di un sottodosaggio della terapia beta-bloccante14, con evidenti implicazioni prognostiche negative. Nei pazienti con BPCO e SC, la coesistenza di una patologia primitiva del polmone modifica significativamente la prognosi del paziente; la stessa patologia cardiaca a lungo andare condiziona la comparsa di una disfunzione polmonare secondaria. Non va inoltre dimenticato che le patologie respiratorie nell’insufficienza cardiaca cronica non sono esclusivamente una conseguenza della patologia cardiaca ma possono essere il primum movens che innesca la comparsa di una alterazione cardiovascolare: le due problematiche quindi possono coesistere come elementi distinti, ma, interagendo tra loro, amplificano la gravità del quadro clinico15 e possono rendere problematici anche i trattamenti. Sicuramente il trattamento con beta-1 bloccanti selettivi rappresenta le terapia elettiva nei pazienti con SC, con indiscusse conferme di efficacia per quanto riguarda la riduzione dell’incidenza dello SC e/o delle esacerbazioni della BPCO14. Va ricordato tuttavia che uno studio ha dimostrato un aumento della mortalità nei pazienti con BPCO di grado severo O2dipendenti, trattati con beta-bloccanti9. E’ stata anche valutata la possibilità di passare da un betabloccante non selettivo ad uno beta-1selettivo, in particolare da Carvedilolo a Metoprololo/Bisoprololo16, con dimostrazione di modificazioni della funzione respiratoria (miglioramento della FEV1), ma di aumento del NT-proBNP, a significare che il Carvedilolo, diversamente da quanto sortisce sulla funzione respiratoria, dimostrava una maggiore efficacia sul compenso emodinamico dei pazienti. E’ stata altresì proposto di utilizzare in modo personalizzato i vari tipi di beta-bloccanti, sfruttando gli effetti specifici di ogni farmaco desiderabili in quello specifico paziente17. Il trattamento della BPCO con broncodilatatori si è rivelato un predittore indipendente di peggioramento dello SC, di aumento delle ospedalizzazioni per SC e di aumento della mortalità cardiovascolare e per tutte le cause18. Un successivo studio19 ha rilevato un aumento della mortalità nei pazienti trattati con beta2-agonisti, ma se i dati venivano corretti per età, sesso, farmacoterapia, comorbilità, fumo, BPCO e livelli di BNP, la mortalità globale risultava simile. Successivi studi hanno indagato sul rapporto tra trattamenti della BPCO ed eventi cardiovascolari. In uno studio su 6112 pazienti con BPCO, il trattamento con Salmeterolo e Fluticasone ha dimostrato di non aumentare il rischio di eventi cardiovascolari20. In una recente metanalisi su 30 trials è stato valutato il profilo di sicurezza del trattamento con Tiotropio nei pazienti con BPCO ed è stata rilevata una diminuzione della mortalità nei pazienti trattati con Tiotropio rispetto a quelli trattati con placebo21. Circa l’utilizzo dei beta-bloccanti nei pazienti infartuati e anziani con BPCO, uno studio ha dimostrato la riduzione della mortalità a 1 anno dal 16% al 10% nei pazienti con BPCO di grado lieve, ma non in quelli con forma severa o in trattamento con beta-stimolanti5. Circa il rapporto tra Fibrillazione Atriale (FA) e BPCO va ricordato che questa aritmia è molto frequente in questi pazienti e spesso risulta confondente nell’insorgenza o persistenza di dispnea e disabilità. Essa va trattata analogamente a quanto si fa nei pazienti senza BPCO, con un utilizzo preferenziale dei Beta-1 bloccanti selettivi, mentre la BPCO deve essere trattata con le abituali terapie, con particolare attenzione all’utilizzo di alte dosi dei beta-stimolanti, data la difficoltà a controllare adeguatamente la frequenza cardiaca. In conclusione i beta-bloccanti si dimostrano efficaci nel ridurre la mortalità nei pazienti con malattie cardiovascolari (in particolare con SC, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa etc.). I beta bloccanti cardioselettivi possono essere usati con sicurezza ed efficacia nei pazienti con BPCO, non determinando effetti negativi sulla FEV1, sui sintomi respiratori o sulla risposta ai beta-agonisti, anche nei pazienti con ostruzione severa delle vie respiratorie; nei pazienti con SC e BPCO l’antimuscarinico Tiotropio bromuro, dimostratosi efficace quanto i beta-stimolanti, ma più sicuro dal punto di vista cardiaco, dovrebbe  essere usato come farmaco di prima scelta22.


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