Anno Accademico 2016-2017
Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
14 marzo 2017
U.O.C. Cardiologia 1, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma
ECM: Cuore Polmone 2017
14 marzo 2017
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HIV e AIDS: Sintesi fisiopatologica
HIV, acronimo inglese (Human immunodeficiency virus) del virus, genere Lentivirus, famiglia delle Retroviridae.
Ha la caratteristica di essere un virus lento che infetta la cellula ospitante, ma si esprime con sintomatologia tardiva.
E’ un Retrovirus contenente nel patrimonio genetico un filamento di RNA che, tramite l’enzima trascrittasi inversa, utilizza per sintetizzare il suo DNA, integrandolo nel DNA della cellula infettata, utilizzata per la propria riproduzione.
I linfociti T, responsabili della difesa immunitaria, sono le cellule bersaglio preferite. Sulla superficie della cellula del virus vi sono glicoproteine deputate al riconoscimento dei linfociti T CD4 per facilitarne la penetrazione.
Sommariamente nel sistema immunitario distinguiamo le seguenti classi linfocitarie:
1) CD4 C (valore normale tra 500/1500 mm3): segnalano alle altre cellule del sistema immunitario di combattere una infezione;
2) CD8 Killer (valore normale 150/1000 mm3): riconoscono e distruggono le cellule anomale;
3) CD3 = totale dei linfociti: (CD4+ CD8).
Si identifica come AIDS la sindrome da immunodeficienza acquisita. Maggiore è la carica virale più veloce sarà la distruzione del sistema immunitario. E’ una infezione con manifestazioni tardive. Anche se si rilevano anticorpi anti HIV dopo circa 12 settimane dalla infezione, questi risultano inefficaci a proteggere l’organismo dall’attacco di infezioni opportunistiche.
I primi sintomi dell’infezione sono sudorazione, tremori, febbre, perdita di peso, infiammazione del cavo orale, diarrea, ingrossamento dei linfonodi.
Quali malattie definiscono l’AIDS?
Si definisce HIV-1 il paziente con conta CD4<200, HIV-2 il paziente con presenza di infezioni opportunistiche.
Tutti i pazienti asintomatici o sintomatici con CD41, 2.
I farmaci antiretrovirali riducono la proliferazione del virus; essi non portano a guarigione, ma ritardano la progressione verso l’AIDS e la morte aumentando il livello dei CD4 e riducendo le infezioni opportunistiche.
I farmaci sono: 1) Inibitori delle proteasi IP; 2) inibitori non nucleotidi della trascrittasi inversa NNRTI; 3) inibitori nucleotidi della trascrittasi inversa NRTI; 4) inibitori della fusione della membrana cellulare.
In genere si associano due NRTI ed un NNRTI o IP3.
Cuore e HIV. Cenni di fisiopatologia
Le miocarditi, le pericarditi, la patologia cardiovascolare, l’ipertensione polmonare sono le manifestazioni dell’AIDS sull’ apparato cardiovascolare.
La terapia antiretrovirale, rallentando la progressione verso l’AIDS, ha modificato in modo significativo la morbilità e mortalità, ma è essa stessa aterogena. Numerosi studi hanno rilevato un incremento della patologia coronarica nei pazienti HIV in terapia antiretrovirale rispetto alla popolazione non infetta.
Gli inibitori delle proteasi causano dislipidemia, insulinoresistenza. I fattori di rischio (fumo) hanno un peso maggiore nel definire il rischio CV.
Le manifestazioni coronariche si manifestano più precocemente rispetto alla popolazione non infetta cosi come la disfunzione endoteliale. Il danno è realizzato dalla tempesta infiammatoria con riscontro di elevate concentrazioni di molecole infiammatorie adesive quali la P-selectina, l’attivatore del plasminogeno, la PCR etc.
Il danno endoteliale è sostenuto dalla TATproteina, un polipeptide rilasciato dalla cellula infetta che aderisce a 3 recettori della cellula endoteliale attivando le molecole di adesione, la attivazione piastrinica e i fattori di crescita endoteliale. La morte dei linfociti CD4 favorisce la presenza di questa proteina sulla membrana cellulare, con conseguente inibizione di produzione di ossido nitrico e di prostaglandine e induzione della vasocostrizione. Si sottolinea che sia l’immunodeficienza che l’immunoricostruzione siano aterogenetiche. I CD4 infatti, nell’attivare la difesa, producono citochine proinfiammatorie, interleuchine, tumor necrosis factor. Questa è la reazione che produce aterosclerosi con un meccanismo identico all’aterosclerosi che si riscontra nei pazienti trapiantati immunodepressi3.
Il rischio di infarto è maggiore nei pazienti HIV+ trattati con IP; il rischio cresce con la durata della terapia. L’incidenza dei casi aumenterà con l’invecchiamento di questa popolazione. E’ caratteristico il frequente riscontro di una placca singola1.
Attualmente il paziente con patologia coronarica in genere è maschio, giovane, fumatore e con TIMI risk score basso. L’outcome è buono, ma i risultati delle angioplastiche a distanza sono peggiori di quelli che si osservano nei pazienti non HIV+.
Uno studio pubblicato su Circulation nel 20042 rilevava una recidiva di restenosi in pazienti HIV+ di 15 su 29 pazienti (52%) vs 3 su 21 nei pazienti non HIV+ (14%). Il dato era relativo al periodo di utilizzo di stent non medicati. La rivascolarizzazione chirurgica può essere prevista nei pazienti HIV con una sopravvivenza stimata a tre anni dell’80%. Risulta invece limitata la pervietà dei graft venosi per la aterosclerosi aggressiva in questa classe di pazienti2.
I valori di HDL sono più bassi negli HIV+ rispetto al gruppo di controllo, mentre i valori di LDL sono più elevati.
A livello carotideo si osservano placche in età più precoce, a rapida progressione, concomitanti alla presenza di fattori di rischio quali fumo, ipertensione arteriosa, bassi livelli di LDL.
Nel pazienti HIV+ sono presenti anche eventi trombotici per riduzione della Prot S, alti livelli del fattore di Won Willembrand e per maggiore attivazione piastrinica4.
In conclusione la disfunzione endoteliale, l’attivazione piastrinica e l’ipercoagulabilità realizzano il danno cardiovascolare.
Come già accennato, al danno da immunodeficienza si associa il danno da immunoricostruzione, ma anche il danno da causa farmacologica e tra questi si sottolinea la possibile rabdomiolisi da associazione di Simvastatina con IP, la tossicità mitocondriale da NRTI con possibili neuropatie, lipodistrofie, steatosi epatica, danno pancreatico. Le IP causano inoltre ipertrigliceridemia e riduzione delle LDL. Positiva è invece l’associazione di NRTI e NNRTI per una osservata riduzione dei trigliceridi, un aumento delle HDL ed una riduzione delle LDL.
Miocardite
Etiologia del danno miocardico: danno diretto del virus sui miociti, produzione di citochine infiammatorie, danno tossico della terapia, infezioni opportunistiche, fumo, droga, disordini nutrizionali.
In epoca pre terapia l’infiltrazione del virus causava miocarditi nel 60% dei casi. La terapia antiretrovirale ne ha ridotto l’incidenza e modificato il fenotipo; si è osservato infatti un viraggio da forme a prevalente insufficienza cardiaca sistolica nelle forme avanzate di HIV o nella malattia di AIDS verso forme asintomatiche con alterazioni diastoliche. La disfunzione diastolica osservata è correlata ad ipertrofia delle fibrocellule, a fibrosi e steatosi come esito di miocarditi, come rilevato da studi con RMN cardiache.
La sopravvivenza è ridotta di 4 volte rispetto ai pazienti non infetti. La morte improvvisa per cause aritmiche è la causa più frequente, con incidenza 5 volte maggiore rispetto ai pazienti non infetti e 7 volte maggiore nelle forme con disfunzione sistolica5, 6.
Dubbi terapeutici: l’utilizzo dell’ICD? Nelle forme avanzate e non controllate non vi è indicazione per l’elevato rischio infettivo e la scarsa aspettativa di vita. VAD? Vi sono segnalazioni sporadiche in letteratura di utilizzo di VAD. Un case report segnala la sopravvivenza a 5 anni di un paziente sottoposto ad impianto di VAD, in cui la terapia immunosoppressiva potrebbe avere coadiuvato la terapia antiretrovirale nella stabilizzazione della patologia del paziente7.
Ipertensione polmonare
Causa incerta. Sembrerebbe correlata alla presenza del virus HHV8 (Herpes virus 8), causa di ipertensione polmonare di pazienti non affetti da HIV, virus causa a sua volta di Kaposi. Uno studio svizzero ha dimostrato l’efficacia della terapia antiretrovirale nella riduzione della ipertensione. Questi pazienti rispondono bene alla terapia con inibitori endoteliali (Bosentan).
Pericarditi
Riconoscono gli stessi meccanismi infiammatori sopra citati. Si osservano frequentemente versamenti pericardici. Il coinvolgimento cardiaco è presente anche quando si instaurano neoplasie di Kaposi o linfomi a cellule B.
HIV e patologia polmonare. Cenni di fisiopatologia
L’epidemia da HIV, nonostante i progressi della terapia antiretrovirale, resta un grosso problema medico per l‘elevata prevalenza di malattie polmonari tra le persone affette, con un incremento di patologia respiratoria cronica e disabilità polmonare8-10.
Nell’apparato polmonare, come in quello cardiovascolare, esiste un sinergismo tra virus, infezioni opportunistiche, fumo, inquinamento e danno da terapia antiretrovirale.
Il polmone è l’organo bersaglio dell’infezione da HIV, venendo esposto ad infezioni o a complicanze non infettive. Le bronchiti, le polmoniti batteriche, la tubercolosi, la polmonite da Pneumocystis Carinii, l’ipertensione arteriosa polmonare, i tumori HIV correlati (sarcoma di Kaposi) sono le manifestazioni più frequenti. Nei bambini le bronchioliti obliterative e le bronchiectasie sono le prime manifestazioni del danno polmonare.
L’avvento della terapia antiretrovirale e la terapia antimicrobica hanno ridotto le infezioni ricorrenti, opportunistiche, con riduzione della mortalità, ma con un incremento di patologie respiratorie croniche come osservato in Europa e negli USA11.
Le cause sono multifattoriali: una conseguenza della ricostruita immunità, della terapia antiretrovirale, della permanenza dell’HIV nel tessuto polmonare con accentuazione della risposta infiammatoria12.
Si stima che nel 2030 la maggiore sopravvivenza dei pazienti affetti comporterà un incremento della mortalità per patologia polmonare cronica ostruttiva del 30%.
Sono causa di malattia cronica polmonare ostruttiva le malattie interstiziali, le polmoniti interstiziali linfocitiche, aspecifiche, le bronchiectasie HIV correlate.
Nella fase pre-terapia antiretrovirale (ARV) prevaleva l’aspetto enfisematoso, nella fasi successive le forme ostruttive, in esito ad infezioni pregresse, ai danni da fumo o da uso di droghe (cocaina).
In sintesi il danno capillare post infettivo, il danno interstiziale da processo infiammatorio, l’ipertensione polmonare primitiva o secondaria a malattia cardiaca correlata costituiscono la base della alterata diffusione e ventilazione10. La percentuale di riduzione della FEV1 è maggiore nei pazienti con alta carica virale e CD4 < 100 e minore se CD4 >100, così come risultano alterati i test di diffusione. I bambini affetti da HIV sviluppano una precoce patologia restrittiva e manifestano l’asma quando sottoposti a terapia ARV (come conseguenza della risposta immunitaria attivata).
Patogenesi dei danni strutturali polmonari
Vi sono cause multifattoriali: nella fase iniziale dell’infezione i linfociti Killer CD8 hanno una azione citolitica negli alveoli con distruzione del tessuto e conseguente enfisema. Vi è un eccesso di produzione di metallo proteinasi nelle cellule adiacenti a quelle infette in risposta alla presenza del virus, con degradazione della matrice extracellulare. Vi è poi un danno diretto del virus sul tessuto polmonare e un danno indiretto conseguente alle infezioni opportunistiche ad esso correlate. HIV rimane il maggiore attivatore di infezioni da TBC. Controverso invece è il ruolo della terapia ARV nello sviluppo della malattia polmonare: la disfunzione endoteliale potrebbe essere correlata allo stato infiammatorio conseguente al recupero di immunità e alla persistenza degli antigeni. Comunque studi prospettici hanno evidenziato un prevalente effetto protettivo10.
Il peggioramento della funzione polmonare è rapido nella malattia da HIV non controllata. Nei bambini infettati dalla madre, che sopravvivono all’infanzia, il ritardo di inizio della terapia ARV comporta bronchioliti obliterative.
In conclusione oggi nei paesi in via di sviluppo sappiamo come un tempestivo inizio della terapia ARV, una profilassi antibiotica, una pronta risoluzione delle infezioni opportunistiche, la sospensione del fumo e dell’uso di droghe permettono un maggior controllo della malattia con una più lunga e migliore sopravvivenza; ma, a parità di fattori rischio, resta elevata la prevalenza di morte per tumore polmonare anche nei pazienti HIV trattati, con anticipo di circa 30 anni rispetto alla popolazione non infetta.
BIBLIOGRAFIA