Anno Accademico 2016-2017
Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
21 marzo 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
21 marzo 2017
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La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia progressiva e distruttiva delle vie aeree e del parenchima polmonare; è caratterizzata da ostruzione bronchiale persistente che, solitamente, si associa ad una risposta infiammatoria cronica ai danni delle vie aeree e del polmone1.
Dal punto di vista epidemiologico la BPCO rappresenta una importante causa di morbilità e mortalità nel mondo e in Italia, dove, in presenza di ricovero ospedaliero per riacutizzazione, la mortalità intraospedaliera varia tra il 5 e il 7% e quella nei due anni successivi può superare il 20%2.
In Italia purtroppo soloil 36% dei Pazienti è diagnosticato e l’81% è in trattamento.Infatti la malattia resta di solito non diagnosticata fino a quando non è clinicamente evidente e già avanzata, per lo più diagnosticata nella sesta decade di vita quando la funzione respiratoria è significativamente compromessa. Si può affermare che la BPCO è una delle patologie croniche con maggiore sottodiagnosi. Persino Pazienti ricoverati in Pronto Soccorso per una chiara riacutizzazione di BPCO non avevano mai ricevuto una corretta diagnosi di BPCO pur assumendo regolarmente LABA/LABA/ICS da soli o in associazione3.
Una delle cause si può far risalire alla scarsa percezione del problema BPCO da parte dell’opinione pubblica e alla discordanza nella percezione dei sintomi e della loro gravità da parte di medico e paziente4.
I processi patologici a carico delle grandi vie aeree sono responsabili dei sintomi cardine della BPCO quali tosse e produzione abnorme di espettorato, mentre quelle a carico delle piccole vie aeree e del parenchima spiegano le alterazioni della funzione respiratoria.
Diversi elementi fisiopatologici sono importanti nella malattia. Il più rilevante è sicuramente l’ostruzione al flusso aereo che risulta solo parzialmente reversibile. L’ostruzione al flusso è poi diversamente associata ad aumento del volume residuo e alterazione del rapporto volume residuo/capacità polmonare totale, una distribuzione non uniforme della ventilazione e un alterato rapporto ventilazione/perfusione. Il paziente BPCO presenta caratteristicamente una riduzione del rapporto VEMS/CV con una risposta scarsa ai broncodilatatori. L’ostruzione è il risultato di una eccessiva limitazione del flusso aereo dovuta alla riduzione di calibro delle vie aeree e distruzione parenchimale associate a fenomeni di infiammazione e rimodellamento soprattutto delle vie aeree più periferiche.
L’interessamento delle vie aeree induce quindi, ostruzione al flusso legata principalmente a restringimento del lume bronchiale, ipertrofia e contrazione della muscolatura bronchiale e distorsione e obliterazione dei bronchioli terminali.
Nell’interessamento del parenchima polmonare con danno enfisematoso l’ostruzione al flusso è prevalentemente connesso a cause estrinseche conseguenti alla riduzione del ritorno elastico per distruzione proteolitica della trama elastica polmonare.
Le due situazioni fisiopatologiche spesso si intrecciano e l’ostruzione al flusso aereo è il risultato della combinazione delle due cause. Queste alterazioni patologiche determinano iperinsufflazione polmonare statica e iperinsufflazione polmonare dinamica, mal distribuzione del rapporto ventilazione/perfusione che si associano ad importanti complicanze e comorbilità molto comuni specie nei soggetti anziani.
La diagnosi clinica di BPCO si basa sulla identificazione di una anamnesi positiva per fattori di rischio per la malattia e sulla presenza di sintomi quali dispnea, di solito progressiva e peggiorata dall’esercizio, tosse cronica e/o presenza di catarro. In questo contesto clinico la spirometria è indicata come l’esame essenziale per la conferma diagnostica.
Il trattamento della BPCO ha come scopo principale: migliorare i sintomi, la funzione respiratoria, e la tolleranza allo sforzo riducendo la resistenza delle vie aeree e quindi l’intrappolamento dell’aria, inoltre può condurre ad una riduzione della velocità di decadimento funzionale, la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni così come il numero e il tempo di degenza in ospedale.
In questo contesto il trattamento di prima linea è rappresentato (evidenza A) dai broncodilatatori a lunga durata d’azione (beta2 agonisti a lunga durata d’azione LABA e anticolinergici a lunga durata d’azione LAMA). Nei pazienti sintomatici la combinazione a dose fissa di un LAMA e di un LABA è una strategia per ottimizzare la broncodilatazione vs le monoterapie.
Il razionale per la terapia broncodilatatrice di combinazione nella BPCO è legata alla distribuzione dei due diversi recettori sull’albero bronchiale così che gli antimuscarinici sono più efficaci nelle vie aeree prossimali e i beta-agonisti sono relativamente più efficaci nelle via aeree distali.
LABA e LAMA agiscono a livello della muscolatura liscia bronchiale con meccanismo distinto e complementare. I LAMA inibiscono la broncocostrizione bloccando il recettore M3 a livello della muscolatura liscia (ma anche bloccando M2), mentre i LABA broncodilatano direttamente agendo sul recettore beta2 adrenergico: la conseguenza fisio-meccanica è una maggiore stabilità clinica e meno sintomi. Le interazioni tra i due sistemi sono complesse: si può parlare anche di sinergia o meglio di complementarietà. La combinazione fissa di LAMA+LABA nello stesso device è utile per massimizzare la risposta senza aumentare i dosaggi, incrementare la compliance e semplificare la gestione della BPCO.
La Commissione Europea ha approvato alla fine del 2014 l’associazione precostituita LAMA-LABA per i pazienti con BPCO, sulla base dei risultati di 11 studi clinici, condotti in 29 paesi di tutto il mondo.
Attualmente sono disponibili le combinazioni:
- Indacaterolo/glicopirronio
- Vilanterolo/umeclidinio
- Olodaterolo/tiotropio
che si somministrano una sola volta al giorno, mentre
- Formoterolo/aclidinio due volte al giorno.
Ognuna di queste combinazioni ha un suo particolare device che ben si può adattare alla diversità dei singoli pazienti.
Le evidenze desunte dalle numerose sperimentazioni condotte in questi ultimi anni hanno potuto dimostrare che le associazioni sono sicuramente superiori per quanto riguarda la funzione polmonare, la qualità di vita, l’utilizzo di rescue medication e la riduzione del tasso di riacutizzazioni da moderate a gravi rispetto alla somministrazione di un solo componente. Il dato più convincente riguarda il profilo di sicurezza: nessun aggiustamento del dosaggio è necessario nei pazienti con insufficienza renale, o con insufficienza epatica lieve/moderata, o in pazienti di età superiore a 65 anni. La presenza di eventi avversi, in particolare cardio-cerebro-vascolari, noti per essere legati all’utilizzo dei LABA e/o LABA, è sovrapponibile a quella del gruppo placebo.
- Al momento attuale si può concludere che tutte le associazioni sono migliori rispetto a un singolo monocomponente in termini di miglioramento del trough FEV1, dell’indice di dispnea transizionale, e del SGRQ
- Non è possibile in termini significativi stabilire un gradiente di efficacia.
- Solo un confronto diretto tra le varie associazioni potrà documentare la superiorità dell’una sull’altra.
- La doppia broncodilatazione è migliore di un singolo broncodilatatore indipendentemente dal farmaco impiegato senza aumentare il rischio cardiovascolare5.
Per far fronte alla complessità della BPCO la medicina dovrà essere:
- PREDITTIVA: basata sulle mappe genetiche della malattia
- PREVENTIVA: attraverso la riduzione dei fattori espositivi ambientali
- PERSONALIZZATA: orientata alla “fenotipizzazione” della malattia
- PARTECIPATIVA: Basata sull’attiva e consapevole co-gestione medico/paziente.
BIBLIOGRAFIA