Anno Accademico 2016-2017
Vol. 61, n° 3, Luglio - Settembre 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
21 marzo 2017
ECM: Cuore Polmone 2017
21 marzo 2017
Versione PDF dell'articolo: Download
L’intuizione sull’importanza di utilizzare un sistema di “ventilazione esterna” al paziente per supportarne il respiro si perde nella notte dei tempi: il primo a parlarne fu il medico romano Galeno, che fece le prime osservazioni in merito sugli animali morti. Il primo modello di “ventilatore meccanico” invece, fu messo a punto, ed utilizzato sempre sugli animali, nei primi del ‘900, dal prof. George Poe. Da lì a poco, verso la fine degli anni ’20, iniziò l’utilizzo dei primi ventilatori meccanici sugli esseri umani, e fu subito dopo, con l’epidemia di Poliomelite in Australia, che venne messo a punto il primo respiratore artificiale o polmone d’acciaio.
Sono ormai passati decenni da quei primi tentativi, che spesso hanno cambiato la storia clinica e la prognosi di pazienti affetti da patologie prima fatali come la poliomelite; oggi disponiamo di ventilatori sempre più sofisticati e meno ingombranti, che hanno reso migliore la qualità di vita dei pazienti che ne necessitano l’utilizzo, ed anche la scelta delle modalità ventilatorie e la maneggevolezza degli stessi ha notevolmente migliorato la compliance e gli outcomes.
La ventilazione può essere impostata a Pressione Negativa e/o Positiva: nel primo caso possono essere utilizzati principalmente il polmone d’acciaio, il poncho e la corazza, la seconda tipologia, sia invasiva che non invasiva, la più utilizzata, permette una più ampia scelta di apparecchi e modalità ventilatorie.
Nella ventilazione a Pressione Negativa, il ventilatore esercita sul torace una Pressione subatmosferica secondo le modalità indicate nella Tabella 1.
P negativa intermittente | P negativa in Inspirazione – Espirazione passiva |
P negativa/positiva | P negativa in Inspirazione – P positiva in Espirazione |
P negativa continua | P negativa durante tutto il ciclo respiratorio |
Tabella 1: Modalità ventilatorie a P negativa
Il vantaggio nell’utilizzo della ventilazione a P Negativa risiede nella scarsa incidenza di ripercussioni emodinamiche e nell’essere una tecnica più “fisiologica”; i contro, soprattutto con l’utilizzo dei ventilatori più “datati” risiedono nelle più frequenti dis-sincronie ventilatore – paziente.
Come detto in precedenza, la ventilazione a Pressione Positiva offre un ampio spettro di modalità ventilatorie e di ventilatori, soddisfacendo praticamente tutto lo spettro di necessità cliniche e di tutte le tipologie di pazienti, permettendo un efficace monitoraggio del paziente stesso e l’utilizzo agevole anche nel trattamento cronico.
Le principali modalità ventilatorie a P Positiva, che siano a Volume definito (Volumetrica) o a Pressione definita (Pressometrica), sono riassunte nella Tabella 2.
Assistita | A supporto parziale |
Controllata | A supporto totale |
Assistita/Controllata | |
Obbligatoria Intermittente Sincronizzata (SIMV) | Il paziente respira ad una FR propria e, ad una FR stabilita dall’operatore, viene erogato un atto assistito |
CPAP | Pressione continua positiva durante tutto il ciclo respiratorio |
ASV | Modifica la P erogata secondo un algoritmo basato sulla rilevazione di eventi apnoici |
Tabella 2: Modalità ventilatorie a P positiva Volumetrica/Pressometrica
La sincronizzazione tra paziente e ventilatore viene garantita dai Trigger (di flusso, pressione, movimento o misto) inspiratori ed espiratori; tali trigger permettono il riconoscimento dello sforzo in-espiratorio del paziente e quindi la sincronizzazione.
L’aderenza al trattamento ventilatorio da parte del paziente dipende soprattutto dai trigger di cui sopra, dalla corretta scelta della modalità più adatta al caso, e non ultimo, dalla scelta opportuna delle interfacce. E’ cruciale inoltre l’esperienza del team ospedaliero nel campo della ventilazione1.
L’utilizzo della NIV è aumentato significativamente nel tempo tra i pazienti ospedalizzati per riacutizzazione di BPCO e la NIV è stata studiata attraverso studi randomizzati- controllati, dimostrando una percentuale di successo del 80-85%; inoltre, l’esperienza maturata nel corso degli anni nell’utilizzo di tale tecnica, ha fatto si che numerose indicazione per la Ventilazione Meccanica Invasiva vengano trattate con successo con la Non Invasiva1.
Le Linee Guida Gold del 2017 hanno ribadito le evidenze già sottolineate nel corso degli ultimi anni, e cioè che la Ventilazione Meccanica Non Invasiva (NIV) è lo standard di cura per ridurre la mortalità e la morbilità nei pazienti con Insufficienza Respiratoria Ipercapnica e BPCO riacutizzata che necessitano del ricovero ospedaliero. E’ stato inoltre dimostrato che l’utilizzo della NIV può migliorare la sopravvivenza libera da ricoveri in pazienti selezionati con ipercapnia persistente. E’ infine sottolineato come, nei pazienti affetti da Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS), l’utilizzo della CPAP, migliori la sopravvivenza e riduca il rischio di ospedalizzazione2.
Le Indicazioni all’utilizzo della NIV sono la presenza di acidosi respiratoria (pH arterioso < 7,35), di ipercapnia (paCO2 > 45 mmHg), dispnea severa con utilizzo dei muscoli respiratori accessori e ipossiemia persistente. La durata del trattamento ventilatorio è estremamente variabile e dipende dalla gravità e dalla risposta del paziente, potendo arrivare anche a 2-3 settimane complessive; un miglioramento dei parametri emogasanalitici entro 1-4 ore sono predittivi di un “outcome” positivo tanto quanto la presenza di un team esperto della metodica3. Lo svezzamento (weaning) può essere un processo molto difficile e prolungato.
Le complicanze della NIV sono legate principalmente alla “malpractice”: ulcere facciali e congiuntivite per errato posizionamento o scelta dell’interfaccia oppure distensione gastrica, barotrauma e polmonite ab-ingestis per inidonea impostazione del ventilatore o errata indicazione al trattamento non invasivo.
La Ventilazione Invasiva è da prendere in considerazione quando fallisce la Non Invasiva, quando c’è uno scarso controllo delle secrezioni o quando è presente una instabilità emodinamica severa non corretta da terapia medica massimale2.
Fatte queste premesse sull’importanza e le indicazioni al trattamento ventilatorio Non Invasivo, è necessario porre l’attenzione sul fatto che, se è cruciale tale terapia per i pazienti con patologie respiratorie, questi stessi pazienti sono spesso affetti anche da malattie cardiovascolari. Infatti è dimostrato1-4 che le patologie cardiovascolari e soprattutto lo scompenso cardiaco (30% dei pazienti BPCO) e la cardiopatia ischemica, sono tra le principali patologie concomitanti nella BPCO, e che la loro compresenza aumenta la morbilità e la mortalità in questi pazienti. Anche l’ipertensione arteriosa e le aritmie cardiache sono frequenti nei pazienti con patologie respiratorie, e questo è vero soprattutto per i soggetti affetti da Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS)5-8.
L’OSAS è caratterizzata da episodi parziali o completi di ostruzione delle vie aeree durante il sonno associati a fasiche cadute dell’ossiemia, a russamento notturno e sonnolenza diurna. Tale sindrome, alla cui presenza sono correlate numerose alterazioni chimico-enzimatiche ed ormonali e un’iperattivazione del Sistema Nervoso Simpatico, è da considerarsi una malattia sistemica per le implicazioni di queste modificazioni sull’emodinamica, l’anatomia cardiaca ed il funzionamento di molteplici organi ed apparati. È infatti dimostrato che l’OSAS è anche associata a ipertrofia del ventricolo sinistro e moderata riduzione della funzione sistolica9.
È per i motivi suddetti che negli anni l’attenzione si è focalizzata anche sugli effetti del trattamento ventilatorio sulle patologie cardiovascolari; ed è, ad esempio, per il trattamento del respiro periodico di Cheyne-Stokes legato allo scompenso cardiaco che è stata studiata, anche se con risultati contrastanti, una modalità ventilatoria come la ASV (tab 2)10.
In conclusione, le più recenti Linee Guida Gold del 2017 affermano che la NIV è lo standard di cura per ridurre morbilità e mortalità nei pazienti ricoverati in ospedale per insufficienza respiratoria e riacutizzazione di BPCO, e che può migliorare la sopravvivenza libera da ricoveri in pazienti selezionati. La CPAP invece, ha mostrato di migliorare la funzionalità cardiaca attraverso la riduzione della Pressione Arteriosa e l’attività del Sistema Nervoso Simpatico, di ridurre il post-carico del ventricolo sinistro e di determinare una regressione dell’ipertrofia del ventricolo sinistro nei pazienti con OSAS11.
È quindi fondamentale il riconoscimento precoce delle patologie respiratorie, spesso misconosciute, sottostanti le principali malattie cardiovascolari, soprattutto nei pazienti “non responders” alle terapie farmacologiche convenzionali, perché un opportuno trattamento ventilatorio delle prime, comporta anche un adeguato ed efficace trattamento delle seconde.
BIBLIOGRAFIA