Dott. Roberto Luca Meniconi

POIT-Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti, U.O.C. Chirurgia Generale e Trapianti d'Organo, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 2, Aprile - Giugno 2018

ECM: Universo Fegato

16 gennaio 2018

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La chirurgia laparoscopica epatica per HCC: ieri, oggi e domani

N. Guglielmo, M. Colasanti, A. Scotti, P. Lepiane, G. Vennarecci, R. Meniconi, A. Campanelli, M. Maritti, M. Antonini, G. Ettorre

Gli albori della chirurgia epatica laparoscopica risalgono agli inizi degli anni ’90 con le primissime pubblicazioni nel 1991 e nel 19921, 2. Gagner et al.3 pubblicò nel 1992 i primi 2 casi di epatectomia laparoscopica: si trattava di 2 pazienti che erano stati sottoposti a resezione atipica rispettivamente per iperplasia nodulare focale e per metastasi da primitivo colorettale. Azagra et al.4 pubblicò nel 1993 il primo caso di epatectomia anatomica laparoscopica (si trattava di una lobectomia sinistra). Cherqui et al.5 riportava nel 2000 la prima serie di 30 pazienti sottoposta a epatectomia laparoscopica in uno studio che aveva come endpoint primario dimostrare la fattibilità e riproducibilità dell’approccio mininvasivo laparoscopico evidenziando le giuste indicazioni e i limiti stessi della procedura. Negli anni successivi la chirurgia laparoscopica epatica ha avuto diversi ostacoli nella diffusione in virtù delle difficoltà tecniche e della lunga learning curve rispetto alla chirurgia epatica open tradizionale ma nello stesso tempo venivano evidenziati già nei primi lavori i vantaggi: le ridotte perdite ematiche, la minore morbidità postoperatoria, le degenze più corte e l’impatto cosmetico cicatriziale. Nel 2016 veniva pubblicata da Ciria et al.6 un’ampia review di chirurgia epatica laparoscopica prendendo in considerazione circa 9000 casi di ben 463 lavori pubblicati (il 65% per tumori maligni e il 35% per tumori benigni). In questa metanalisi viene realizzata un confronto case-matched con 2900 casi di epatectomie con approccio tradizionale open, dimostrando che nei pazienti operati in laparoscopia si aveva meno mortalità e morbidità, meno perdite ematiche, meno trasfusioni e degenze più brevi. Dal suddetto lavoro emerge che la principale indicazione all’approccio laparoscopico è il carcinoma epatocellulare (HCC). Una recente metanalisi di Komorowski et al.7 che include 16 studi descrittivi (927 epatectomie laparoscopiche e 1049 open) mostra gli stessi risultati evidenziando soprattutto le minori perdite ematiche e meno complicanze post-operatorie; l’unico aspetto negativo è un maggior rischio di resezioni con infiltrazione neoplastica dei margini. Nelle prime serie pubblicate emerge fin da subito che l’indicazione principale per l’approccio laparoscopico è l’HCC, soprattutto su epatopatia cronica. Nel 2008 si svolgeva a Louisville la prima consensus mondiale di chirurgia epatica laparoscopica (CEL) con la quale veniva sancita la fattibilità e sicurezza della CEL e venivano pubblicate le seguenti conclusioni:

-       le giuste indicazioni sono i pazienti con lesioni uniche, con diametro fino a 5cm, con localizzazione nei segmenti periferici da S2 a S6;

-         l’approccio laparoscopico è uno “standard practice” per la lobectomia sinistra (segmenti S2 e S3);

-       le epatectomie maggiori possono essere affrontate con approccio laparoscopico ma solo in centri con esperienza maggiore in chirurgia laparoscopica;

-       la conversione non va considerata come un fallimento ma come un’opzione tecnica in caso di resezioni difficoltose, tempi troppo lunghi e soprattutto per la sicurezza del paziente;

-       in caso di sanguinamento maggiore bisogna cercare di controllare la fonte del sanguinamento e non precipitarsi sulla conversione in chirurgia open8.

Nel 2014 si è svolta a Morioka la seconda consensus mondiale sotto forma di “jury conference”, ovvero con esperti di chirurgia epatica open e laparoscopica messi a confronto come in un processo giuridico. Le conclusioni sono state che, pur mancando un gran livello di “evidence” in letteratura, le epatectomie minori laparoscopiche sono uno standard practice mentre per quelle complesse l’approccio laparoscopico è ancora in una fase esplorativa9. Il ruolo della laparoscopia nel management dell’HCC è passato dal semplice staging alle epatectomia sempre più complesse con un interesse sempre più crescente per la sicurezza e fattibilità tecnica dell’approccio mininvasivo soprattutto nei pazienti con HCC su cirrosi. Cheung et al.10 ha pubblicato uno dei primi studi comparativi confrontando un gruppo di 110 epatectomie laparoscopiche con un altro di 330 con approccio open per HCC su cirrosi, mediante un’analisi con propensity score. In questo studio, il gruppo laparoscopico presentava minori perdite ematiche, tempi chirurgici più brevi e degenze più corte. La overal survival era di 136 mesi versus i 120 mesi del gruppo open. La disease-free survival era di 66 mesi nel gruppo laparoscopico e di 52 mesi in quello open. Questo studio dimostra in maniera chiara che l’approccio laparoscopico per HCC su cirrosi è una procedura sicura con dei benefici maggiori anche sul piano oncologico. Un’aspetto molto interessante della laparoscopia è la potenzialità di estendere l’indicazione chirurgica nei pazienti con cirrosi associata ad ipertensione portale in virtù di alcune peculiarità tecniche: ridotto apporto di liquidi, preservazione dei circoli collaterali in caso di ipertensione portale evitando le ampie cicatrici della chirurgia open, minore manipolazione del parenchima epatico e minore stress respiratorio. Un altro aspetto vantaggioso dell’approccio laparoscopico è di facilitare le ri-resezioni o il trapianto in caso di recidiva per le ridotte aderenze. Yoon et al.11 ha pubblicato recentemente un lavoro in cui confronta un gruppo di epatectomie destre laparoscopiche con uno di epatectomie open, eseguite all’Asian Medical Center a Seoul: non ci sono differenze statisticamente significative tra l’approccio laparoscopico e quello open per quanto riguarda il tasso di complicanze, l’overall survival e la disease-free survival. Come già detto in precedenza, l’approccio laparoscopico riduce la formazione di aderenze post-operatorie. Lo studio di Laurent et al.12 mostra bene quest’aspetto confrontando 2 gruppi di trapianto di fegato dopo resezione epatica open e laparoscopica. Il trapianto dopo epatectomia laparoscopica presenta minori perdite ematiche, meno trasfusioni e tempi operatori più corti, pertanto per un paziente con HCC su cirrosi che rientra in un’ottica trapiantologica di “salvage” in caso di recidiva è preferibile l’approccio laparoscopico. Il lavoro di Kanazawa et al.13 confrontando l’approccio open e quello laparoscopico per HCC su cirrosi, dimostra che l’incidenza di ascite post-operatoria è più alta (71% vs 11%) per i pazienti sottoposti a laparotomia. La laparoscopia permette la preservazione degli shunt porto-sistemici e in alcuni casi del legamento rotondo nonché minori perdite ematiche e meno trasfusioni per le seguenti ragioni: lo pneumoperitoneo che “comprime” i vasi sanguinanti, la magnificazione delle immagini laparoscopiche che permette un’emostasi più accurata e lo strumentario sempre più tecnologico13, 14. Le perdite ematiche sono un fattore prognostico importante in tutte le serie pubblicate15. Zhong et al.16 ha realizzato una metanalisi di tutti i trials randomizzati controllati che comparano epatectomie laparoscopiche e con approccio open per HCC (10 studi con un totale di 2275 pazienti): il 90% dei pazienti ha un nodulo singolo e nell’84% dei casi viene eseguita un’epatectomia minore. Questa metanalisi dimostra che i pazienti nel gruppo laparoscopico hanno una sopravvivenza a 5 anni maggiore del gruppo con chirurgia open ma un medesimo tasso di recidiva. Questa conclusione riflette probabilmente la minore manipolazione tissutale e quindi una minore potenziale disseminazione ematogena delle cellule maligne utilizzando un approccio “no touch” anteriore tipico della laparoscopia. Oggi la chirurgia laparoscopica per l’HCC su cirrosi ha un ruolo importante sia per la sicurezza che per i risultati oncologici dimostrati dalla letteratura degli ultimi anni. Le epatectomie minori con approccio laparoscopico sono ormai realizzate dalla maggior parte dei centri mentre quelle maggiori sono in progressivo aumento ma riservate solo a gruppi con esperienza maggiore in chirurgia laparoscopica ed epatica. La chirurgia laparoscopica non è solo uno strumento in più per il chirurgo epatico ma presuppone l’acquisizione di skills peculiari, necessitando di un’appropriata curva di apprendimento e lo svilupparsi di società internazionali che garantiscano degli standard formativi.


BIBLIOGRAFIA

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