Dott.ssa Carolina Mosoni

Istituto di Medicina Interna e Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 2, Aprile - Giugno 2018

ECM: Universo Fegato

23 gennaio 2018

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Caso Clinico: quale tipo di Encefalopatia?

C. Mosoni, G. Gasbarrini

Introduzione:

Con il termine di encefalopatia si intende una vasta gamma di patologie a carico del sistema nervoso centrale, determinate da processi tossici, metabolici, infettivi, neoplastici e degenerativi. Le manifestazioni cliniche sono variegate e interessano l’ambito neurologico e psichiatrico; così come la diagnosi, la terapia e la prognosi, sono fortemente influenzate dalla causa scatenante. È inoltre importante considerare che varie tipologie di encefalopatia possono coesistere nel medesimo paziente.

Caso clinico:

Il caso clinico di seguito trattato riguarda una paziente donna, di 52 anni, giunta in pronto soccorso per amnesia e confusione mentale insorte nel corso di alcuni giorni. La paziente era una fumatrice di circa 15 sigarette/die e aveva una lunga storia di abuso alcolico (8-10 unità alcoliche/die per 20 anni), interrotto circa un mese prima. Era inoltre recentemente stata vittima di un incidente stradale, privo di conseguenze.

Alla visita la paziente si mostrava sonnolenta e disorientata nel tempo e nello spazio, tachipnoica e con pressione arteriosa, frequenza cardiaca e saturazione di ossigeno nella norma. Non si rilevava nulla di patologico all’esame obiettivo toracico e cardiologico, mentre all’esame obiettivo dell’addome emergeva un fegato di consistenza aumentata, palpabile a circa un centimetro dall’arcata costale. La milza era palpabile a livello dell’arcata costale. Dal punto di vista neurologico non emergevano deficit focali, ma era evidente la presenza di asterixis. Da segnalare la presenza di numerosi spider naevi sovra-diaframmatici e di edemi declivi lievemente improntabili agli arti inferiori.

Sono stati eseguiti esami ematochimici, che mostravano un innalzamento di MCV (101.2 fL), AST (52 UI/L), GGT (169 UI/L), INR (2,1) e ammoniemia (149 gamma/dL) ed una riduzione della conta piastrinica (94 x 10^9/L) e dell’albuminemia (28 g/L). I markers per HCV e HBV e l’alcolemia sono risultati negativi.

Venivano inoltre eseguiti una ecografia dell’addome (che documentava fegato aumentato di dimensioni, ad ecostruttura disomogenea, finemente irregolare, privo di lesioni focali, vena porta di calibro aumentato, pervia, con flusso epatopeto e milza di dimensioni aumentate, senza versamento libero endoaddominale) ed un’elastografia epatica, con 13.5 KPa di rigidità.

La paziente ha dunque ricevuto diagnosi di cirrosi epatica potus-relata di stadio B8 secondo la classificazione di Child-Pugh, complicata da encefalopatia epatica di grado II secondo i criteri di West-Haven.

Al momento del pasto, la paziente ha riferito di essere affetta da malattia celiaca da circa 10 anni, nei quali però ha seguito in maniera irregolare la dieta aglutinata, soprattutto nelle settimane precedenti.

È stato dunque ipotizzato che parte della sintomatologia lamentata dalla paziente fosse attribuibile al consumo di glutine, che può portare alla comparsa di sintomi neurologici in alcuni pazienti celiaci.  È infatti noto che in una minoranza di pazienti celiaci il consumo di glutine può determinare la comparsa di manifestazioni neurologiche severe, come atassia e neuropatia periferica. Se queste manifestazioni sono nel complesso rare, ancora in attesa di validazione sono condizioni psicopatologiche e alterazioni neurologiche minori che si manifestano in una importante parte dei pazienti celiaci, come lievi danneggiamenti transitori alla memoria, alla attenzione e rallentamenti nelle funzioni cognitive («brain fog»). Questi sintomi solitamente migliorano dopo 12 mesi di dieta aglutinata. Il meccanismo patologico non è ancora ben definito, ma non sembra correlato direttamente all’esposizione al glutine1. Altre manifestazioni neurologiche attribuite al consumo di glutine in pazienti celiaci sono state la schizofrenia, l’ansia, la depressione maggiore, l’ipoperfusione cerebrale2-4.

Dopo aver escluso che la paziente avesse presentato i principali fattori favorenti l’encefalopatia epatica, tra cui la stipsi, il sanguinamento gastrointestinale, le patologie renali, la disidratazione, le alterazioni elettrolitiche e le infezioni, è stata presa in considerazione la possibilità che la encefalopatia epatica presente nella paziente potesse essere correlata ad una situazione di disbiosi intestinale, frequente sia nei pazienti cirrotici sia nella celiachia, e che potrebbe aver determinato l’innalzamento dell’ammoniemia.

Il microbiota intestinale infatti influenza il sistema nervoso centrale in molti modi: innanzitutto attraverso il sistema immunitario, in quanto componenti strutturali dei batteri determinano una stimolazione di basso grado del sistema immunitario innato; un’eccessiva stimolazione dovuta a stati di disbiosi potrebbe produrre un’infiammazione del SNC. Inoltre, proteine batteriche potrebbero cross-reagire con antigeni umani e stimolare risposte disfunzionali nel sistema immunitario adattativo. Enzimi batterici potrebbero produrre metaboliti neurotossici (ammonio, D-lattato). I batteri intestinali possono produrre ormoni e neurotrasmettitori identici a quelli prodotti dall’uomo. Infine i batteri stimolano direttamente i neuroni afferenti del sistema nervoso enterico e mandano segnali al cervello tramite il nervo vago. Questi processi potrebbero avere un effetto sulla memoria, sull’umore, sulle funzioni cognitive e hanno un’utilità terapeutica in un ampio range di disordini, tra cui la sindrome da “fatigue” cronica, la fibromialgia e la sindrome delle gambe senza riposo5.

La paziente è stata trattata con lattulosio, aminoacidi ramificati e dieta aglutinata. Alla scomparsa della sintomatologia, è stata dimessa in condizioni stabili con l’indicazione a seguire una dieta aglutinata, mantenere la totale astensione dalle bevande alcoliche, iniziare una terapia preventiva per encefalopatia epatica con Lattulosio e eseguire un regolare follow up alcologico ed epatologico.

Circa una settimana dopo la dimissione, la paziente ritornava in ospedale, a causa dell’insorgenza di tachicardia e perdita di conoscenza, non accompagnata da sintomi prodromici.

Episodi simili si erano verificati anche alcuni anni prima, ma la paziente non aveva eseguito esami strumentali specifici.

È stata sottoposta ad un ECG, che ha permesso la diagnosi di Sindrome di Brugada, trattata con il posizionamento di un defibrillatore impiantabile (ICD), per la prevenzione dello sviluppo di aritmie maligne con alterazioni acute ed importanti della funzionalità cerebrale.

Nei mesi successivi, la paziente ha presentato ulteriori episodi di confusione mentale, spesso con ammoniemia negativa; è stata presa in considerazione la possibilità che la paziente avesse sviluppato un’encefalopatia di Wernicke, tuttavia la mancata risposta al trattamento con tiamina e l’assenza di caratteristiche alterazioni di segnale alla Risonanza Magnetica hanno portato ad escludere tale patologia. Nei mesi successivi il quadro di encefalopatia epatica di cui soffriva la paziente si è stabilizzato, non essendo più responsivo alle terapie nonostante l’aggiunta della Rifaximina.

Per la gestione terapeutica della paziente è stato preso in considerazione il trapianto di microbiota intestinale, basandosi su alcune evidenze:

  • Dati molto promettenti suggeriscono che il trapianto di microbiota fecale possa rivestire un ruolo importante nel trattamento dell’encefalopatia epatica: è stato descritto che un paziente di 57 anni  affetto da encefalopatia epatica di grado I-II, su una cirrosi epatica alcol e HCV relata, che aveva in precedenza risposto al trattamento con rifaximina e lattulosio ma non poteva più permetterselo, ha tratto benefici dal trapianto di microbiota6.
  • Numerosi studi suggeriscono che il trapianto di microbiota fecale possa avere un ruolo in vari disordini gastrointestinali associate ad alterazioni del microbiota intestinale7.
  • Non c’è ancora alcuna evidenza che la modulazione del microbiota intestinale possa apportare dei benefici nei sintomi neuropsichiatrici che possono verificarsi nei pazienti celiaci che consumano glutine, tuttavia il trapianto di microbiota intestinale è stato eseguito per un’infezione da Clostridium Difficile recidivante in una paziente affetta da malattia celiaca di tipo II refrattaria, con risoluzione della sintomatologia e del danno istologico ai villi intestinali8.

BIBLIOGRAFIA

  1. Yelland GW. Gluten-induced cognitive impairment ("brain fog") in coeliac disease. J Gastroenterol Hepatol 2017; 32 (Suppl 1): 90-3.
  2. Addolorato G, Leggio L, D'Angelo C, et al. Affective and psychiatric disorders in celiac disease. Dig Dis 2008; 26: 140-8.
  3. Leggio L, Abenavoli L, D'Angelo C, et al. Gluten-related cerebral hypoperfusion and neurologic disorders in coeliac patients. Aliment Pharmacol Ther 2004; 20: 821-2.
  4. Abenavoli L, Leggio L, Di Giuda D, et al. Neurologic disorders in patients with celiac disease: are they mediated by brain perfusion changes? Pediatrics 2004; 114: 1734.
  5. Galland L. The gut microbiome and the brain. J Med Food 2014; 17: 1261-72.
  6. Kao D, Roach B, Park H, et al. Fecal microbiota transplantation in the management of hepatic encephalopathy. Hepatology 2016; 63: 339-40.
  7. Cammarota G, Ianiro G, Tilg H, et al. European consensus conference on faecal microbiota transplantation in clinical practice. Gut 2017; 66: 569-580.
  8. Van Beurden YH, van Gils T, van Gils NA, et al. Serendipity in refractory celiac disease: full recovery of duodenal villi and clinical symptoms after fecal microbiota transfer. J Gastrointestin Liver Dis 2016; 25: 385-8.