Anno Accademico 2017-2018
Vol. 62, n° 3, Luglio - Settembre 2018
ECM: Cuore e Polmone 2018
27 marzo 2018
ECM: Cuore e Polmone 2018
27 marzo 2018
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La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è definita come una forma specifica di polmonite interstiziale fibrosante progressiva da cause sconosciute, come evidenziato dalle linee guida internazionali ATS/ERS/JRS/ALAT pubblicate nel 20011. L’IPF è associata al pattern istopatologico e/o radiologico definito UIP (Usual Interstitial Pneumonia). Tali linee guida hanno dato un importante contributo nell’uniformare i criteri diagnostici, che sono poi stati adottati nel disegno di vari trials indirizzati alla ricerca di molecole efficaci per il trattamento della patologia. In particolare, sono stati individuati tre pattern TC definiti come “Definite UIP” (presenza di opacità reticolari, honeycombing con o senza bronchiectasie da trazione, distribuzione prevalentemente periferica, basale, bilaterale), “Possible UIP” (presenza di opacità reticolari, distribuzione prevalentemente periferica, basale, bilaterale, in assenza di segni di polmone ad alveare o honeycombing) ed “Inconsistent with UIP”. Quest’ultimo pattern raccoglie in sé alcuni segni che, se presenti, rendevano la diagnosi di UIP/IP meno probabile (alterazioni prevalenti ai lobi superiori, distribuzione peribroncovascolare, micronoduli profusi, cisti diffuse non subpleuriche, diffusa attenuazione a mosaico, ground glass diffuso). Ciononostante, varie sono state le critiche della comunità scientifica, soprattutto riguardo alla necessità di effettuate una conferma istologica in caso di quadro TC definito come “possible UIP” (presenza di opacità reticolari, bronchiectasie da trazione, distribuzione prevalentemente periferica, basale, bilaterale, in assenza di segni di polmone ad alveare o honeycombing)2. Infatti, l’analisi retrospettiva di numerosi trials su IPF ha rivelato come, nel giusto contesto clinico, la presenza di un pattern TC di “possible UIP” sia altamente predittiva di un pattern UIP istologico3, 4. In questo contesto, pertanto, la biopsia polmonare chirurgica non sarebbe necessaria per formulare una diagnosi di UIP/IPF. La recente pubblicazione di un White Paper da parte della Fleischner Society5 ha fornito importati contributi e novità per quanto riguarda la diagnosi di IPF, anticipando la pubblicazione delle nuove linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT, attesa per quest’anno. L’obiettivo di questa pubblicazione è quello di identificare nuovi criteri clinici, radiologici e patologici per la diagnosi di IPF. Il documento è diretto soprattutto a un uso clinico, ma i nuovi criteri potrebbero essere usati anche per la ricerca. Il documento identifica 4 pattern TC. Il pattern “typical for UIP” sostanzialmente va a sostituire il pattern Definite: in presenza di tale pattern, nel giusto contesto clinico, non è necessaria una biopsia polmonare chirurgica per formulare una diagnosi di UIP/IPF. Viene introdotto il pattern “probable UIP”, molto simile al pattern “possible UIP” per l’assenza di honeycombing, ma diverso per la presenza necessaria di bronchiectasie o bronchiolectasie da trazione. Di fronte a tale pattern, nel giusto contesto clinico, non è più necessaria una biopsia polmonare chirurgica per formulare una diagnosi confidente di IPF. Questa è senza dubbio la maggiore novità introdotta dal White Paper. Altra importante novità è la separazione del pattern CT “Inconsistent with UIP” in 2 diversi pattern: “Indeterminate for UIP” e “Most consistent with non-IPF diagnosis”. Il pattern “Indeterminate for UIP” è caratterizzato da distribuzione variabile e diffusa, con evidenza di fibrosi ma con caratteristiche suggestive di un pattern non UIP. Il pattern “Most consistent with non-IPF diagnosis” racchiude molte caratteristiche provenienti dalla categoria “Inconsistent with UIP”. Il White Paper indica anche quando è necessario effettuare una biopsia chirurgica di conferma, ovvero in un contesto clinico compatibile con IPF ma con pattern CT “Most consistent with non-IPF diagnosis” o “Indeterminate for UIP”, o nei casi di contesto clinico non tipico (es. pazienti inferiori ai 40 anni) con qualsiasi pattern TC. E’ evidente l’importanza che il contesto clinico assume in questo nuovo documento, rispetto alle precedenti linee guida del 2011. Un ulteriore innovazione è la possibilità di effettuare una “working diagnosis” di IPF in assenza di conferma bioptica. La working diagnosis può essere formulata da un tema multidisciplinare in presenza di un quadro di polmonite interstiziale fibrosante progressiva, in assenza di cause secondarie, tenendo in considerazione il contesto clinico, l’età, la storia di fumo, ed eventuali dati laboratoristici provenienti dal lavaggio broncoalveoare. Viene sottolineata anche l’importanza di osservare longitudinalmente il decorso della malattia, poiché la diagnosi può eventualmente cambiare nel tempo. Questo è senza dubbio un importante snellimento dell’iter diagnostico in IPF, che permette di incasellare in una precisa categoria diagnostica un discreto numero di pazienti, che altrimenti rimarrebbero orfani di diagnosi.
Importanti passi avanti sono stati fatti anche per quanto riguarda la terapia dell’IPF6. La novità forse più rilevante recentemente emersa è la pubblicazione di uno studio multicentrico di combinazione terapeutica fra i due farmaci antifibrotici approvati, Nintedanib e Pirfenidone. In precedenza uno studio giapponese aveva evidenziato una maggiore insorgenza di effetti collaterali, soprattutto gastrointestinali, in pazienti trattati con una combinazione dei due farmaci. Veniva inoltre osservato un trend verso una minore esposizione a nintedanib e metaboliti quando questo farmaco veniva aggiunto ad una sottostante terapia con pirfenidone. Non venivano invece osservati effetti farmacocinetici sul pirfenidone7. Lo studio Injourney è uno studio randomizzato open-label, in cui ad una sottostante terapia con Nintedanib veniva aggiunto pirfenidone o placebo8. Durante le 12 settimane della durata dello studio, gli eventi avversi della terapia di combinazione sono stati simili a quelli della monoterapia. Diarrea, nausea e vomito sono stati gli eventi avversi di maggior numerosità. Nausea e vomito sono stati evidenziati maggiormente nel braccio di combinazione rispetto a monoterapia. Dal punto di vista farmacocinetico, non sono state osservate interazioni far i due farmaci, a differenza del trial giapponese. Durante le 12 settimane, un ridotto declino di FVC è stato notato nei pazienti trattati con la combinazione, rispetto alla monoterapia con nintedanib. Tuttavia, il trial non era stato disegnato per valutare l’efficacia, e inoltre è durato solo 12 settimane. Pertanto le conclusioni riguardo all’efficacia vanno interpretate con molta cautela.
Ulteriori novità dal punto di vista terapeutico sono rappresentate dalle numerose molecole in via di sperimentazione, in fase I o fase II9, 10. Fra queste, FG-3019, un anticorpo monoclonale anti connective tissue growth factor (CTGF) e PRM-151, pentraxina-2 ricombinante, sono verosimilmente pronte ad essere testate in fase III. Nuovi trial di fase I sono in corso. Una nuova molecola, BI 1015550 inibitore delle fosfodiesterasi, sta per essere inoltre testata in fase I, così come altri composti in via di sperimentazione iniziale.
BIBLIOGRAFIA