Anno Accademico 2017-2018
Vol. 62, n° 3, Luglio - Settembre 2018
Settimana per la Cultura
17 aprile 2018
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Facoltà di Medicina e Psicologia, "Sapienza" Università di Roma.
Settimana per la Cultura
17 aprile 2018
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Introduzione
Fin dal 1868, anno in cui la Sclerosi Multipla (SM) venne riconosciuta dal medico neurologo francese Jean-Martin Charcot come un’entità nosologica a sé stante1, questa patologia ha suscitato un grande interesse medico e scientifico rivolto alla definizione degli aspetti biologici che sottendono alla sua patogenesi con la prospettiva di migliorare la qualità e l’aspettativa di vita di questi pazienti. Le scoperte che si sono susseguite hanno quindi definito il carattere autoimmune di questa malattia e hanno evidenziato una complessa interazione tra le cellule del sistema immunitario.
Nella letteratura medica si ritrovano numerosi studi finalizzati alla definizione del ruolo dei linfociti T, in particolare dei linfociti T CD4+, e delle cellule del sistema monocito-macrofagico residenti nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) nelle reazioni autoimmuni che portano al danno delle strutture del sistema nervoso. Per molto tempo, invece, il ruolo dei linfociti B non ha destato pari interesse nonostante fossero numerose le evidenze di un coinvolgimento di queste cellule nella patogenesi della malattia. Tuttavia, circa 10 anni fa, la scoperta di follicoli ectopici di linfociti B nelle meningi dei pazienti affetti da Sclerosi Multipla secondariamente progressiva ha nettamente modificato questa tendenza2. Sulla base delle evidenze attuali non c’è più dubbio che le cellule B siano rilevanti nell’eziopatogenesi della SM ma i meccanismi cellulari e biologici che sottendono alla reazione autoimmune di queste cellule risulta ancora indefinito.
Lo studio di questa Tesi di Laurea è nato dunque sul filone di questa ricerca scientifica con l’obiettivo di dare un contributo al raggiungimento di una piena visione dei meccanismi molecolari che sottendono la patogenesi.
Analisi e risultati
Guidato dal prof. Marco Salvetti e dal suo gruppo di ricerca, da tempo impegnati nello studio di migliori strategie terapeutiche attraverso la definizione dei meccanismi patogenetici della malattia, ho ricercato eventuali alterazioni del profilo d’espressione genica dei linfociti B isolati dal sangue periferico di pazienti affetti da SM con decorso clinico remittente-recidivante attraverso l’analisi dell’intero trascrittoma di queste cellule.
L’analisi ha interessato 10 pazienti (8 femmine e 2 maschi di età media di 38 anni e affetti da SM Remittente-recidivante mediamente da 4 anni) e, al fine di eseguire un confronto dei livelli di espressione genica, anche 10 donatori sani (9 femmine e 1 maschio).
Questa è stata eseguita dapprima per le molecole di mRNA codificanti utilizzando due piattaforme Microarray per valutare non solo i livelli d’espressione degli mRNA a livello del gene ma anche a livello dei singoli esoni.
L’analisi degli mRNA a livello dei singoli esoni, considerando un fold change > |1.5| e un p-value < 0.05, non ha mostrato differenze significative negli eventi di splicing alternativo nel confronto tra i pazienti e donatori sani. Al contrario l’analisi degli mRNA a livello genico, considerando parametri statistici stringenti, ovvero un fold change > 1.5 e un p-value < 0.02, ha mostrato l’alterazione dell’espressione genica di 6 geni, come indicato nella Tabella 1.
Tab. 1. GENI RISULTATI DISREGOLATI CONSIDERANDO UN FOLD CHANGE ≥ |1.5| E UN P-VALUE < 0.02.
Dall’analisi dei risultati, i geni che hanno destato maggiore interesse sono stati i geni IRF-1 e CXCL10 in quanto era già noto dalla letteratura che IRF-1 fosse un fattore di trascrizione implicato nella regolazione dell’espressione del gene CXCL10 nonché per il fatto che il coinvolgimento di questo pathway genico nella patogenesi della malattia era già stato dimostrato in due studi precedenti.
Al fine di validare i risultati del Microarray è stata successivamente realizzata l’analisi RT-PCR dei linfociti B periferici isolati da un totale di 26 pazienti (22 femmine e 4 maschi, di età media di 36 aa con caratteristiche cliniche paragonabili a quelle del gruppo sottoposto ad analisi Microarray) e di 21 donatori sani (18 femmine e 3 maschi, di età media di 34 aa); i risultati hanno confermato la down regolazione dei trascritti di entrambi i geni nei pazienti rispetto ai donatori (Figura 1).
Fig. 1. BOX-PLOT DEI RISULTATI DELL'ANALISI RT-PCR DELLA TRASCRIZIONE DEI GENI IRF-1 E CXCL10 NEI LINFOCITI B PERIFERICI DEI PAZIENTI (SM) E DEI DONATORI SANI (DS)
Un’altra scoperta significativa della nostra analisi Microarray è stato il riscontro di una discreta correlazione lineare positiva della ridotta espressione di IRF-1 e CXCL10 nei pazienti con SM ma non nei donatori (Figura 2).
Fig. 2. CORRELAZIONE NON PARAMETRICA ρ DI SPEARMAN DEI LIVELLI DI ESPRESSIONE DI IRF-1 E CXCL10 NEI PAZIENTI (SM) E NEI DONATORI SANI (DS)
Questo risultato ci ha fatto ipotizzare l’esistenza di una relazione tra gli alterati livelli di espressione dei due geni suggerendo la presenza di un fattore di regolazione a monte per questi geni.
Al fine di identificare questo fattore con effetto modulatorio negativo, abbiamo eseguito nel primo gruppo di pazienti (10 pazienti e 10 donatori sani) l’analisi del trascrittoma anche per gli RNA non codificanti includendo le molecole di microRNA; queste sono molecole di RNA a singolo filamento, presenti comunemente nel trascrittoma delle cellule dove svolgono un ruolo importante nel silenziamento genico post-trascrizionale mediante l’accoppiamento di sequenze oligonucleotidiche con regioni complementari delle molecole di mRNA.
Il risultato del Microarray per gli RNA non codificanti ha dimostrato l’alterazione del profilo di espressione di numerosi microRNA, sia nel senso di una up-regolazione che di una down-regolazione, nel confronto tra i pazienti e i donatori (Tabella 2).
Tab. 2. microRNA RISULTATI DIFFERENZIALMENTE ESPRESSI NEI PAZIENTI RISPETTO AI CONTROLLI (SM/DS)
Attraverso un’analisi integrata tra l’alterazione del profilo di espressione genico e quello dei micro RNA, è emerso che le molecole di mRNA dei geni IRF-1 e CXCL10 presentavano sequenze nucleotidiche complementari per hsa-miR-424 (Figura 3), che era risultato essere uno dei miRNA iperespressi all’analisi Microarray (Tabella 2).
La differenza di espressione di hsa-miR-424 è stata poi confermata mediante RT-PCR in campioni di RNA estratti dai linfo B di 13 (dei 21 totali) donatori sani e di 14 (dei 26 totali) pazienti (Figura 4).
Fig. 3. SCHEMA DELLA SEQUENZE COMPLEMENTARI DI hsa-miR-424 per IRF-1 e CXCL10
Fig. 4. BOX PLOT RELATIVO AI RISULTATI DELL'ANALISI RT-PCR DELL’ESPRESSIONE DI HSA-MIR-424 NEI LINFOCITI B CD19+ ISOLATI DAL SANGUE PERIFERICO DI 13 DONATORI SANI (DS) E 14 PAZIENTI (SM)
Infine, per verificare che hsa-miR-424 fosse effettivamente in grado di regolare l’espressione dell’mRNa codificante per IRF-1 e della sua proteina, abbiamo eseguito uno studio in vitro su colture cellulari di Namalwa che sono state trasfettate con miRNA mimics per questa molecole e miRNA mimic di controllo. Sono stati quindi analizzati, a distanza di 24 ore dalla trasfezione, i livelli di espressione proteica di IRF-1 mediante immunoblotting nei due gruppi di cellule e i risultati hanno confermato la supposta ipotesi: hsa-miR-424 è in grado di ridurre in modo statisticamente significativo l’espressione della proteina IRF-1 nelle cellule in cui risulta iperespresso (Figura 5).
Fig. 5. VALIDAZIONE FUNZIONALE DELL'AZIONE DI hsa-miR-424 SULLA SINTESI DI IRF-1
Discussione
Questo studio, attraverso una rigorosa analisi del trascrittoma e le successive analisi di validazione, ha portato alla scoperta dell’alterazione del pathway IRF-1/CXCL10 tramite una ridotta espressione nei linfociti B periferici dei pazienti affetti da SM-RR rispetto ai soggetti sani.
Inoltre, è significativa la scoperta della iperespressione di hsa-miR-424 e il fatto che i nostri studi di validazione abbiano definito per questa molecola una funzione modulatoria negativa sull’espressione di IRF-1.
Queste scoperte suggeriscono un anomalo stato di sopravvivenza dei linfociti B quale uno degli aspetti caratterizzanti il loro ruolo patogenetico nella SM.
Infatti, per il gene IRF-1 è noto da tempo l’effetto anti-proliferativo e pro-apoptotico sulla linea cellulare B, mimando di fatto l’effetto dei gammaherpesvirus quando infettano queste cellule3, 4.
Un anomalo stato di sopravvivenza dei linfociti B nei pazienti con SM potrebbe inoltre essere favorito dalla down-regolazione del gene CXCL10. Quest’ultima può essere considerata il risultato di un effetto sinergico dell’iperespressone di hsa-miR-424 e della down-regolazione della proteina IRF-1.
Abbiamo dimostrato infatti che hsa-miR-424 e l’mRNA codificante per CXCL10 presentano sequenze oligonucleotidiche complementari (Figura 3), per cui è ipotizzabile, in quanto non è stata da noi dimostrata, una inibizione post-trascrizionale dell’espressione di questa molecole con modalità simili a quanto abbiamo dimostrato per IRF-1.
La ridotta espressione della proteina IRF-1 induce invece una down-regolazione di CXCL10 essendo noto per questa proteina il ruolo di cofattore positivo per l’espressione di CXCL10 mediante il legame con una regione del promotore ad alta affinità per la stessa proteina5.
La modalità con cui la down-regolazione di CXCL10 favorisca la sopravvivenza dei linfociti B è complessa. È stato dimostrato che alcuni geni espressi dall’EBV, durante la fase di latenza dell’infezione, siano in grado di deprimere pathways genici destinati alla sintesi delle chemochine al fine di favorire la persistenza del virus nelle cellule ospiti.
In particolare, uno studio ha dimostrato che l’infezione da EBV altera il pathway molecolare CXCR3/CXCL10 mediante l’espressione dell’antigene nucleare EBNA 3C. CXCR3 è il recettore per CXCL10 che, quando espresso sulla superficie delle cellule del sistema immunitario, ne permette la migrazione verso i linfociti B che secernono CXCL10 inducendoli in apoptosi: ne consegue quindi che la ridotta espressione di CXCR3 favorisca la sopravvivenza dei linfociti B infettati, riducendone il turnover6.
Inoltre, la down-regolazione di CXCL10 in queste cellule potrebbe essere significativa nel facilitare il processo infiammatorio a livello del SNC.
Uno studio precedente, infatti, ha dimostrato che, nel modello animale di SM, il gene CXCL10 non sia tanto coinvolto nel passaggio dei linfociti T a livello del SNC ma piuttosto a livello periferico, aumentando la soglia di suscettibilità della malattia7 suggerendo indirettamente che una sua down-regolazione faciliti lanneuroinfiammazione.
Quindi, considerando i nostri risultati e quelli degli studi precedenti, sembra emergere per il pathway IRF-1/CXCL10 un ruolo nella patogenesi della malattia più ampio; infatti, mentre gli studi precedenti avevano dimostrato il coinvolgimento di questi geni nel processo infiammatorio che si svolge a livello del SNC8, 9, le scoperte di questo studio suggeriscono un effetto regolatorio sulle cellule immunitarie periferiche e, in particolare, sui linfociti B.
L’analisi dei microRNA non codificanti di origine microbica ha dimostrato un’aumentata espressione del microRNA ebv-miR-BART9 nei pazienti affetti da SM rispetto ai donatori sani (Tabella 2); questa alterazione è suggestiva di un effetto sinergico, da parte di questo microRNA di natura virale, sulla anomala capacità anti-apoptotica e proliferativa dei linfociti B. È noto infatti che ebv-miR-BART9 incrementi l’espressione della proteina latente di membrana – 1 (LMP-1), una delle proteine di membrana del virus EBV, caratterizzata da attività oncogeno-simile sui linfociti B10 ma questa è un’ipotesi che dovrà essere confermata.
Questo studio suggerisce anche altri spunti per la futura ricerca scientifica. Saranno necessarie infatti studi ulteriori per conciliare le nostre scoperte, relative all’iperespressione di ebv-miR-BART9, con uno studio precedente che ha dimostrato, invece, una ridotta espressione di ebv-miR-BART7, ebv-miR-BART19-5pb e ebv-miR-BART-11-5p nei linfociti B dei pazienti affetti da SM11.
Allo stesso modo sarà necessario capire il ruolo biologico degli altri miRNA risultati differentemente espressi tra pazienti e controlli sani nei linfociti B (Tabella 2) e per i quali non esistono precedenti evidenze di associazione con la SM12, 13.
Inoltre, saranno necessarie indagini per capire la plausibilità biologica dell’alterazione degli altri trascritti cellulari risultati alterati (PPAPDC1B, SLC7A1, SLC38A11, TAS2R19) al fine di delinearne un ruolo nei processi cellulari e molecolari che sottendono al processo autoimmune.
Sarà interessante indagare l’effetto della down-regolazione di SLC7A1 nei linfociti B, essendo stato suggerito per questo gene un coinvolgimento nel processo infiammatorio demielinizzante14 ed essendo già stato scoperta la sua down-regolazione nei linfociti T dopo il trattamento con IFN-β15.
In conclusione, la scoperta dell’alterazione di IRF-1/CXCL10 nei linfociti B periferici dei pazienti affetti da SM-RR contribuisce a delineare per queste cellule un ruolo che è ben più complesso rispetto a quanto noto finora.
Queste evidenze rientrano in una serie di scoperte che in passato hanno permesso di identificare alcune molecole in grado di agire in senso positivo o negativo nel loop patogenetico della SM: la possibilità che alcune molecole possano agire da old witch o da pretty girl suscita grande interesse per la prospettiva di poter agire su queste stesse molecole con l’immunoterapia, come già è stato sperimentato e approvato per altre molecole utilizzate nel trattamento della SM16, 17.
Tuttavia, le ultime strategie terapeutiche mirate alla deplezione dei linfociti B hanno dimostrato una grande efficacia ma presentano ancora lacune sul profilo della sicurezza che potrebbero essere superate con una migliore conoscenza dei meccanismi molecolari e, quindi, con l’utilizzo di terapie mirate all’attacco delle sole cellule coinvolte nel processo autoimmune18, 19.
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Facoltà di Medicina e Psicologia - Università degli Studi di Roma “Sapienza".
Relatore: Prof. Marco Salvetti
BIBLIOGRAFIA