Anno Accademico 2017-2018
Vol. 62, n° 3, Luglio - Settembre 2018
Settimana per la Cultura
17 aprile 2018
Settimana per la Cultura
17 aprile 2018
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Obiettivi dello studio
Scoperta per la prima volta quasi 90 anni fa, la prolattina (PRL) è un ormone polipeptidico secreto principalmente dalle cellule lattotrope dell’ipofisi anteriore che esercita la propria funzione biologica per indurre la lattazione ed inibire la capacità riproduttiva1. Numerosi studi hanno dimostrato la secrezione di una PRL extra-ipofisaria (ePRL) in molteplici tessuti ed organi periferici tra cui la decidua, la ghiandola mammaria, l’ovaio, la prostata, il testicolo, le cellule endoteliali, l’encefalo ed i linfociti2. Le strutture polipeptidiche della ePRL e della PRL secreta a livello ipofisario (pPRL) sono identiche ed entrambe legano il recettore per la prolattina (PRL-R)3 la cui attivazione genera una cascata molecolare intracellulare mediata da JAK2/STAT54. In aggiunta alle sue molteplici funzioni biologiche, la PRL svolge un’importante ruolo di citochina nel sistema immunitario poiché è in grado di regolare l’immunità cellulo-mediata interagendo con il proprio recettore espresso sulla membrana dei linfociti T con meccanismi di natura paracrina ed autocrina. Sebbene sia la pPRL che la ePRL linfocitaria possano modulare la risposta immunitaria cellulo-mediata, ad oggi la maggior parte delle informazioni riguardano gli effetti della pPRL5. Inoltre, secondo la letteratura scientifica, è ancora incerto se la PRL agisca favorendo l’attivazione o l’inibizione della risposta immunitaria mediata dai linfociti T. Negli ultimi anni, i progressi nella comprensione del sistema immunitario hanno reso l’immuno-oncologia una nuova frontiera nel trattamento del cancro. L’introduzione di nuovi farmaci anti-neoplastici che agiscono attivando i linfociti T attraverso il blocco dei checkpoint immunitari ha rivoluzionato l’approccio terapeutico alle neoplasie del polmone. Un esempio è rappresentato dalla scoperta del PD-1 (Programmed Cell Death Protein 1), un recettore espresso sulla superficie del linfocita T, il cui legame con il proprio ligando PD-L1 (Programmed Death - Ligand 1) determina un’inibizione della risposta cellulo-mediata. Uno studio randomizzato di fase III ha recentemente dimostrato che la somministrazione di Nivolumab (NIVO), un anticorpo monoclonale completamente umanizzato contro il PD-16, ha incrementato la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da progressione in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) metastatico precedentemente trattato con chemioterapia a base di sali di platino in confronto con docetaxel7. In considerazione della partecipazione della PRL all’immunità cellulo-mediata, l’obiettivo del nostro studio è stato di valutare l’associazione fra lo sviluppo di iperprolattinemia in pazienti con diagnosi di NSCLC IV stadio in trattatmento con NIVO ed il verificarsi di outcome clinici sfavorevoli.
Materiali e metodi
È stato condotto uno studio osservazionale prospettico su 26 pazienti con diagnosi di NSCLC IV stadio trattati con NIVO che hanno avuto una progressione di malattia in seguito ad un trattamento chemioterapico sistemico di prima linea con derivati del platino. L’arruolamento dei pazienti ha avuto inizio a Settembre 2015 ed è terminato a Gennaio 2016. Secondo i criteri di inclusione, i pazienti dovevano avere un’eta maggiore o uguale a 18 anni, un valore di ECOG PS pari a 0 o 1 (su una scala fra 0 e 5, con i numeri maggiori ad indicare una progressiva inabilità alla attività quotidiane a causa della neoplasia) e valori di ACTH, TSH, PRL, funzionalità epatica, renale ed ematologica al basale nei limiti della norma e permissive per la somministrazione della terapia come indicato nella scheda tecnica del NIVO. I criteri di esclusione sono stati la presenza di malattia polmonare interstiziale sintomatica, patologie autoimmunitarie e una terapia immunosoppressiva in atto. I pazienti con coinvolgimento del sistema nervoso centrale sono stati inclusi nello studio solo nel caso di metastasi cerebrali precedentemente trattate e stabili al momento dell’arruolamento. Come indicato nelle tabelle 1 e 2, all’interno del campione dei partecipanti allo studio, il 77% dei pazienti era di sesso maschile mentre il restante 23% di sesso femminile. L’età mediana dei pazienti arruolati all’inizio dello studio era di 65 anni (con un range di età di 55-79 anni). Abbiamo anche valutato lo status di fumatore dei partecipanti e solo il 12% dei pazienti non aveva mai fumato, al contrario del restante 88% che era un’attuale o pregresso fumatore. Per quanto concerne il sottotipo istologico delle neoplasie, all’88% dei pazienti era stato diagnosticato un adenocarcinoma polmonare mentre nel solo 12% un tumore a cellule squamose. In ultimo, stratificando i pazienti secondo i profili mutazionali delle diverse neoplasie polmonari, solamente il 3% dei tumori presentava una o più mutazioni a carico del gene di EGFR al contrario del riarrangiamnento di ALK che non è stato riscontrato in alcuna neoplasia. La somministrazione del NIVO è stata effettuata come da scheda tecnica del farmaco, secondo lo schema di 3 mg/kg ev in 60 minuti ogni 14 giorni, senza pre-medicazioni. L’esame emocromocitometrico e gli esami ematochimici per valutare la funzionalità renale ed epatica insieme ai livelli di ACTH, TSH e PRL basali sono stati effettuati in ogni paziente prima dell’inizio della terapia con NIVO. La stessa procedura è stata ripetuta prima di ogni successiva somministrazione. I prelievi di sangue sono stati eseguiti tre giorni prima della somministrazione del farmaco e conservati a temperatura ambiente, processati ed analizzati secondo i protocolli standard. Le variazioni dei livelli ormonali sono state monitorate durante l’intero trattamento insieme ad eventuali sintomi correlabili all’insorgenza di una condizione di iperprolattinemia (amenorrea, galattorrea e infertilità). Il cut-off utilizzato per la definizione di iperprolattinemia è stato il riscontro di livelli di PRL >15 ng/dL e PRL >18 ng/dL per gli uomini e per le donne rispettivamente. Ogni otto settimane dopo l’inizio della terapia con NIVO, i pazienti sono stati sottoposti ad una TC total/body per effettuare una ri-stadiazione della malattia, utilizzando i criteri IrRECIST, fino alla progressione di malattia. I risultati delle indagini strumentali sono stati comparati con un esame TC total/body effettuato al basale, prima dell’inizio della terapia con NIVO. In aggiunta, sono stati valutati anche i benefici di natura clinica della terapia al fine di evitare un precoce abbandono dei partecipanti allo studio per pseudo-progressione dopo la ri-stadiazione con indagini strumentali.
Tabella 1
Tabella 2
Risultati
Tutti i partecipanti allo studio hanno ricevuto la terapia con NIVO, con un valore medio di quattordici somministrazioni del farmaco per ogni paziente arruolato (con un range fra 8 e 18). Al momento dell’analisi dei dati, il tempo mediano di follow-up è stato di circa otto mesi. Venti pazienti (77%) hanno sviluppato iperprolattinemia durante la somministrazione di NIVO, mentre sei pazienti (23%) hanno mantenuto livelli stabili di PRL durante l’intero trattamento (Tabella 2) (Figura 1) (p<0,001 T-test). Abbiamo anche valutato l’intervallo di tempo fra l’inizio della terapia con NIVO e l’eventuale sviluppo di iperprolattinemia, definendo con i termini di EIP (Early Increase of Prolactin) e DIP (Delayed Increase of Prolactin) lo sviluppo precoce e tardivo dell’iperprolattinemia. Infatti, con EIP abbiamo identificato i pazienti in cui l’iperprolattinemia è esordita in un arco temporale inferiore alle 4 settimane, mentre abbiamo definito la DIP come lo sviluppo dell’iperprolattinemia dopo le 5 settimane dall’inizio del trattamento. Nel gruppo di pazienti con iperprolattinemia, abbiamo registrato 6 pazienti (30%) con un EIP mentre i restanti 14 pazienti (70%) hanno avuto un DIP. Nessun sintomo legato all’iperprolattinemia o all’ipoprolattinemia è stato riportato fra i partecipanti allo studio. I livelli di TSH e ACTH sono stati sempre entro i limiti considerati normali durante l’intero trattamento per i tutti i pazienti. Secondo i risultati della TC effettuata per la stadiazione durante il trattamento, nel 95% dei 20 dei pazienti con iperprolattinemia è stata riscontrata una progressione di malattia durante la terapia con NIVO, mentre tale evenienza si è verificata solo in 2 pazienti (33%) del gruppo di pazienti con PRL entro i limiti normali (Figura 2) (p= 0,004, Test di Fisher). Per quanto concerne il profilo molecolare dei carcinomi non a piccole cellule nel gruppo dei pazienti con iperprolattinemia in cui è stata registrata una progressione di malattia durante la somministrazione del NIVO, l’89% delle neoplasie erano adenocarcinomi e solamente l’11% era di natura squamosa. Al contrario, nel gruppo dei partecipanti allo studio con livelli stabili di PRL andati incontro a progressione di malattia durante la terapia, il 100% delle neoplasie era adenocarcinoma. In diciassette pazienti (89%) su 19 con diagnosi di adenocarcinoma e 2 pazienti (66%) su 3 con neoplasia di tipo squamoso è stata riscontrata una progressione di malattia dopo la stadiazione effettuata tramite TC.
Figura 1
Figura 2
Discussione
Il tumore al polmone rappresenta la neoplasia con maggiore mortalità sia negli Stati Uniti che nella restante parte del mondo. Sebbene in questi anni ci siano state numerose rivoluzioni nel trattamento di questa patologia tra cui l’uso delle terapie a bersaglio molecolare nei tumori con mutazioni di EGFR o riarrangiamento di ALK, il ruolo dell’immunoterapia con gli inibitori dei checkpoint immunitari sta diventando sempre più protagonista fra i possibili approcci terapeutici del NSCLC7. Infatti, i farmaci diretti contro il PD-1, come il NIVO e il Pembrolizumab, hanno dimostrato di migliorare i valori di sopravvivenza globale e di intervallo libero da progressione in confronto agli standard terapeutici di prima e seconda linea di natura chemioterapica nei pazienti con NSCLC metastatico8-9. Ciononostante, numerose questioni riguardo l’uso degli inibitori dei checkpoint immunitari nei pazienti con NSCLC IV stadio sono ancora da risolvere, tra cui la ricerca di potenziali ed affidabili fattori predittivi e prognostici di risposta al trattamento. I fattori predittivi consistono in determinate caratteristiche cliniche e/o biologiche del tumore che permettono di conoscere a priori la probabilità di risposta al trattamento. Sono pertanto di cruciale importanza nell’identificazione dei pazienti che con maggior probabilità trarranno beneficio da un determinato trattamento, evitando l’utilizzo di terapie che si rivelerebbero inefficaci. Sfortunatamente, esistono molteplici ragioni che possono spiegare la mancanza di fattori prognostici e predittivi per l’immunoterapia. Prima di tutto è difficile trovare un marker surrogato universale adattabile a tutte le classi di immunoterapici a causa della nostra incompleta conoscenza dei meccanismi con il quale agiscono questi farmaci10. In secondo luogo, i dati disponibili relativi a potenziali fattori predittivi per l’immunoterapia sono retrospettivi e con una limitata valutazione da parte di studi prospettici. Il biomarcatore maggiormente esaminato è stato il PD-L1, il quale è stato proposto come fattore predittivo di risposta in pazienti con NSCLC IV stadio. Infatti, i dati degli studi di fase I KEYNOTE-00111 e fase III KEYNOTE-01012 indicano che i pazienti con NSCLC avanzato, in cui è stata rilevata l’espressione di PD-L1 su almeno il 50% delle cellule tumorali, hanno una maggiore probabilità di rispondere al Pembrolizumab rispetto a quei tumori con una percentuale minore di espressione del PD-L1. In aggiunta, il PD-L1 non sembra avere un ruolo di fattore predittivo nella terapia con NIVO. Infatti lo studio effettuato da Brahmer et al.8 mostra come i pazienti trattati con NIVO hanno una migliore sopravvivenza globale, intervallo libero da progressione e tassi di risposta indipendentemente dall’espressione di PD-L1. I dati dello studio di fase I del Checkmate-012 mostrano la potenzialità del NIVO in combinazione con Ipilimumab come prima linea di trattamento nei pazienti con NSCLC come anche la potenzialità del NIVO di essere utilizzato anche in monoterapia. Pertanto, da questi studi si evince non solo che il NIVO sta acquisendo sempre più un ruolo centrale nel trattamento del NSCLC, ma anche la necessità di una ricerca mirata all’identificazione dei fattori predittivi di risposta a tale trattamento così da poter selezionare i pazienti che trarranno maggiore beneficio da questa terapia. Da qui l’idea di disegnare questo studio osservazionale prospettico per valutare se la PRL possa costitutire un potenziale fattore predittivo di risposta al trattamento con NIVO nei pazienti con NSCLC IV stadio. Allo stato delle nostre attuali conoscenze, nonostante altri biomarcatori sierici siano stati valutati in diversi tumori tra cui melanoma e carcinoma a cellule renali13-14, questo è il primo studio che ha pensato di valutare la PRL in questo senso. La PRL determina un doppio effetto sul sistema immunitario intervenendo sia sulla maturazione che sulla differenziazione dei linfociti T15. Venti dei 26 pazienti arruolati nello studio hanno sviluppato iperprolattinemia durante la terapia con NIVO, mentre 6 pazienti hanno avuto livelli stabili di prolattina durante il trattamento. Il 95% dei pazienti con iperprolattinemia ha avuto una progressione di malattia. Inoltre, esclusivamente 2 pazienti su 6 con livelli stabili di prolattina sono andati incontro ad una progressione di malattia durante la somministrazione del NIVO. Entrambi i risultati hanno raggiunto una significatività statistica (p= 0,004, Test di Fisher). Questi dati sperimentali supportano il ruolo della PRL di possibile fattore predittivo di risposta al NIVO in pazienti con diagnosi di NSCLC IV stadio.
Conclusioni
L’iperprolattinemia rappresenta un possibile fattore predittivo negativo di risposta nei pazienti con diagnosi di NSCLC IV stadio in trattamento con NIVO, anticipando la progressione di malattia riscontrata alla TC. Ciononostante, è importante confermare questi dati in uno studio prospettico che abbia un campione di partecipanti più ampio non solo per comprendere quale sottogruppo di pazienti possono beneficiare maggiormente da questa terapia, ma anche quali categorie di pazienti hanno una bassa probabilità di risposta a questo trattamento. È altrettanto importante indagare il meccanismo molecolare alla base di questi risultati clinici, valutando i legami che sussistono tra sistema endocrino, sistema immunitario e microambiente tumorale.
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Facoltà di Medicina e Odontoiatria - Università degli Studi di Roma “Sapienza".
Relatore: Prof. Enrico Cortesi
BIBLIOGRAFIA