Anno Accademico 2017-2018
Vol. 62, n° 4, Ottobre - Dicembre 2018
Simposio: Patologie pancreatiche: dalla diagnosi alla terapia
08 maggio 2018
Simposio: Patologie pancreatiche: dalla diagnosi alla terapia
08 maggio 2018
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La chirurgia pancreatica, nonostante i progressi sia in ambito tecnico-chirurgico che in quello gestionale postoperatorio, rappresenta ancora una branca della chirurgia generale di estrema difficoltà tecnica, che richiede l’acquisizione di particolari “skills” chirurgici ed esperienza di volume, trattandosi di una chirurgia ancora gravata da una morbilità e mortalità non indifferenti.
Il pancreas è una ghiandola situata profondamente nel retroperitoneo, adiacente a numerose strutture vascolari e viscerali, che ne determinano la difficoltà nell’approccio chirurgico resettivo.
I tipi di resezione pancreatica attualmente eseguiti sono: la duodenocefalopancreatectomia (DCP) con o senza conservazione del piloro (tecnica di Traverso-Longmire), la pancreatectomia sinistra o distale (PD), associata o meno a splenectomia, la pancreatectomia centrale (PC) e l’enucleoresezione. La scelta sul tipo di intervento da eseguire dipende essenzialmente dalla localizzazione (testa, corpo, coda), dalle dimensioni e dall’istotipo della neoplasia (adenocarcinoma, tumore cistico, tumore neuroendocrino). L’approccio tradizionale o mini-invasivo dipende essenzialmente dal tipo di resezione da eseguire e dall’esperienza del chirurgo, essendo le pancreatectomie distali o le enucleoresezioni più approcciabili per via mini-invasiva rispetto alla classica duodenocefalopancreatectomia più frequentemente eseguita per via open. A prescindere da ciò, l’intervento resettivo deve obbligatoriamente perseguire due obiettivi fondamentali: la resezione R0 e una linfadenectomia “standard”. Per quanto riguarda la resezione R0, per i tumori della testa pancreas è necessario eseguire una DCP con exeresi totale del cosiddetto mesopancreas, una struttura anatomica retroperitoneale e retroportale situata tra testa pancreas e vasi mesenterici superiori, costituita da tessuto neurolinfatico che, se non adeguatamente asportato, pone il paziente a rischio di recidiva. Per i tumori del corpo-coda, invece, la tecnica che maggiormente garantisce un margine R0 con riduzione delle recidive locali è la pancreatectomia anterograda modulare (RAMPS) che comporta l’asportazione del corpo-coda pancreas e milza in blocco con la fascia di Gerota associata o meno alla surrenectomia. La linfadenectomia “standard” si è dimostrata avere una efficacia in termini di sopravvivenza uguale alla “extended”, con una minore morbilità postoperatoria, ed è pertanto considerata il gold standard negli interventi resettivi sul pancreas per cancro.
Dal punto di vista tecnico, la chirurgia aperta del pancreas consta di alcuni passaggi fondamentali, sia per la DCP che per la PD.
Duodenocefalopancreatectomia
L’incisione ideale per accedere alla regione pancreatica è rappresentata da quella bisottocostale oppure dalla mediana xifo-sottombelicale. I divaricatori sottocostali tipo Rochard o Takasago, o quelli addominali tipo Thompson consentono una eccellente esposizione del campo operatorio attraverso le loro valve. Il primo passaggio della DCP consiste nell’esposizione del blocco duodeno pancreatico, attraverso lo scollamento coloepiploico, l’abbassamento dell’angolo colico destro e la manovra di Kocher che consentono di repertare la neoplasia e valutarne grossolanamente la resecabilità anche attraverso la palpazione dei vasi mesenterici superiori. Segue tradizionalmente la manovra di svincolo dell’istmo pancreatico dall’asse porto mesenterico, classicamente considerato un passaggio chiave per giudicare la neoplasia resecabile. Tuttavia tale approccio viene attualmente sostituito dal cosiddetto approccio “artery first” sull’arteria mesenterica superiore, che viene dissecata ed isolata come primo step dell’intervento per valutarne i rapporti con la neoplasia e contemporaneamente per garantire un maggiore tasso di resezioni R0 in quanto il mesopancreas viene da subito distaccato dalla regione retro portale adiacente all’arteria stessa1. Constatata la resecabilità della neoplasia, si procede con l’intervento resettivo di asportazione del blocco duodenopancreatico, con o senza conservazione del piloro. Importante considerare nella chirurgia pancreatica anche la necessità di resecare l’asse porto mesenterico per garantire una maggior radicalità dell’intervento, soprattutto quando l’infiltrazione è evidente all’imaging e dopo appropriata terapia neoadiuvante. I tipi di resezione maggiormente eseguiti sono tangenziale o segmentaria con ricostruzioni dirette oppure tramite patch o graft autologhi (vena renale, giugulare, ecc.) o, come nella nostra esperienza, graft omologhi da cadavere2.
La fase ricostruttiva, variabile nel numero di tecniche riportate negli anni dai vari Autori, prevede l’esecuzione dell’anastomosi pancreatica con un’ansa digiunale o con lo stomaco (tecnica da noi preferita), dall’anastomosi biliodigestiva e gastro-digiunale.
Pancreatectomia distale.
Anche in questo caso le incisioni più frequentemente eseguite sono quella sottocostale oppure mediana. Dopo scollamento coloepiploico ed acesso alla retro cavità degli epiploon, l’intervento di pancreatectomia distale con o senza splenectomia può essere eseguito secondo tecnica classica da sinistra a destra, mobilizzando prima il blocco splenopancreatico e successivamente sezionare i vasi e il pancreas, oppure più modernamente approcciare da subito il corpo pancreatico ed i vasi e procedere poi all’exeresi da destra verso sinistra secondo tecnica RAMPS.
Per quanto riguarda la scelta del tipo di approccio chirurgico tra quello tradizionale (open) e quello mini invasivo, attualmente esiste solo un unico studio randomizzato che ha comparato la DCP open a quella mini-invasiva, a favore di quest’ultima tecnica per quanto riguarda le perdite ematiche postoperatorie e la degenza, a prezzo di una durata dell’intervento maggiore. Tuttavia i casi sottoposti a DCP mini-invasiva erano per la maggior parte ampullomi o tumori duodenali, notoriamente più facili da resecare rispetto ai tumori primitivi della testa pancreas, rappresentando questo un bias importante di questo unico studio3. A conferma di ciò, una recente meta-analisi che ha incluso 21 studi retrospettivi, ha comparato i risultati a breve e lungo termine dopo DCP open vs laparoscopica, individuando un vantaggio per la chirurgia laparoscopica in termini di morbilità postoperatoria e perdite ematiche, segnalando tuttavia un aumento di mortalità nei centri a basso volume e la presenza di numerosi bias negli studi analizzati4. Tali limiti sono stati sottolineati anche in un altro studio di un centro ad alto volume francese che ha comparato i risultati tra DCP open e laparoscopica, individuando nei casi laparoscopici un aumento del tasso di fistole pancreatiche postoperatorie di grado B-C, non correlato alla “learning curve” del chirurgo operatore5. Nel caso delle PD, non esiste attualmente alcuno studio randomizzato che compari la tecnica open rispetto alla mini-invasiva. Esistono invece numerose meta-analisi che analizzano i diversi studi retrospettivi riportati in letteratura, individuando nelle perdite ematiche e nella durata della degenza un vantaggio a favore della tecnica mini-invasiva, senza tuttavia certezze per quanto riguarda i risultati oncologici. In particolare un recente studio di coorte multicentrico europeo (studio DIPLOMA) ha riportato dei tassi di resezione R0 e numero di linfonodi asportati significativamente inferiori nella tecnica mini-invasiva rispetto alla tecnica open6.
BIBLIOGRAFIA