Prof. Mario Antonini

POIT - Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti, Direttore U.O.C. Rianimazione, terapia intensiva e sub-intensiva, INMI "Lazzaro Spallanzani" IRCCS, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 4, Ottobre - Dicembre 2018

Simposio: Patologie pancreatiche: dalla diagnosi alla terapia

08 maggio 2018

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L’insufficienza epatica dopo resezione epatica in un Centro ad alto volume. Esperienza personale

M. Antonini, M. Maritti, L. Marchioni

La definizione di Centro ad alto volume è arbitraria ed è stata stimata tra i 20 ed i 60 interventi per anno. Il concetto di Centro ad alto volume non è solo numerico ma qualitativo: presuppone infatti, oltre la qualità dei risultati con una mortalità bassa, la presenza di varie competenze dedicate (anestesiologiche, radiologiche, oncologiche etc.) e, da ultimo, l’accessibilità al trapianto epatico per offrire all’epatopaziente un ventaglio completo di possibilità terapeutiche personalizzate. Nei Centri ad alto volume la mortalità postoperatoria dopo resezione epatica è correntemente riportata <5% per le malattie metastatiche e <10% per l’HCC primario1.

La nostra equipe, che si è formata all’IFO-IRE nel 2001 e che opera presso il POIT (INMI “L. Spallanzani” - A.O. San Camillo-Forlanini), dal 2007 ad oggi ha eseguito 1838 resezioni epatiche totali in 16 anni, ed essendo anche Centro di trapianto epatico si può considerare a tutti gli effetti Centro di riferimento ad alto volume per la chirurgia epatica.

La complicanza più temuta dopo resezione epatica è lo sviluppo di un’insufficienza epatica refrattaria e progressiva che in letteratura si aggira sotto l’1,6% nei Centri ad alto volume2. D’altra parte, va considerato che le resezioni epatiche sono eseguite sempre di più su pazienti ad alto rischio e con età sempre più avanzata proprio a causa degli incoraggianti risultati degli ultimi anni e dei progressi tecnici e tecnologici delle ultime due decadi.

La definizione di insufficienza epatica postoperatoria è stata felicemente sintetizzata dall’International Study Group of Liver Surgery (ISGLS) nel 2011: “Deterioramento postoperatorio nella capacità del fegato di mantenere le sue funzioni di sintesi, escrezione e detossificazione, caratterizzato da un aumento dell’INR e della bilirubina a partire dal quinto giorno postoperatorio”. L’insufficienza epatica può essere suddivisa in tre livelli di gravità:

  • A) Alterazioni negli esami di laboratorio che non comportano modifiche nella condotta clinica
  • B) Insufficienza epatica che fa deviare il normale trattamento clinico senza richiedere interventi invasivi
  • C) Insufficienza epatica che obbliga ad una modifica del normale trattamento e che richiede interventi invasivi

Altre definizioni, altrettanto sintetiche, sono state proposte in passato:

  • Prolungata iperbilirubinemia non dovuta ad ostruzione biliare o a lesione delle vie biliari, ascite, coagulopatia persistente che richiede somministrazione di plasma fresco congelato e/o encefalopatia epatica3
  • “50-50 criteria”: PT <50% (INR>1,7) con bilirubina >50mol/L (3mg/dL) in quinta giornata postoperatoria (predittore accurato di insufficienza epatica e mortalità)4

La fisiopatologia dell’insufficienza epatica post-resezione è molto simile a quella della sindrome “small-for-size” ben conosciuta in campo trapiantologico. La sola massa epatica, tuttavia, non è in grado di offrire una corretta previsione: l’iperafflusso portale nel fegato residuo provoca, infatti, un’attivazione di cascate infiammatorie che provocano danno ai sinusoidi epatici, il quale, sommato a danni da ischemia-riperfusione intraoperatori ed a una ridotta fagocitosi di batteri translocati, contribuisce allo sviluppo di insufficienza d’organo postoperatoria. Il paziente cirrotico può presentare un meccanismo protettivo dall’iperafflusso, per i suoi circoli collaterali già sviluppati, ma mostra sempre una rigenerazione cellulare compromessa e il quadro clinico risulta difficilmente prevedibile nel postoperatorio anche nelle cirrosi non gravi.

          La valutazione preoperatoria della riserva epatica è quindi fondamentale per l’indicazione clinica, anche se, purtroppo, non si può avvalere di metodiche certe (clearance indocianina, livelli di fosfato, etc.). Nel paziente con parenchima epatico normale, convenzionalmente, si può resecare fino all’80% del fegato in sicurezza, mentre nel paziente cirrotico (piastrine, diametro portale >1,5 cm, rivascolarizzazione della vena ombelicale ed ipersplenismo) occorre usare molta prudenza e, nelle situazioni migliori, non resecare oltre il 60% della massa epatica.

          Le manifestazioni cliniche dell’insufficienza epatica postoperatoria sono molto variabili e vanno ricercate ed interpretate precocemente. Un persistente livello di lattati, un prolungamento dell’INR con scarsa ripresa del livello di fibrinogeno (Clauss) e l’insidiosa e lenta salita della bilirubina plasmatica sono i segnali più comuni di una possibile défaillance epatica postoperatoria. Nelle forme estreme si aggiungono l’aumento dell’ammonio, l’alterazione dello stato mentale ed i segni emodinamici di una sepsi (che può comunque complicare il quadro dato che “l’epatectomia causa sepsi e la sepsi blocca la rigenerazione epatocitaria”).

          Le strategie di prevenzione che hanno permesso di limitare le complicanze postoperatorie della chirurgia epatica sono l’embolizzazione portale, l’epatectomia in due tempi (ALPPS), le migliorate tecniche chirurgiche e anestesiologiche volte ad azzerare il bisogno trasfusionale, l’ottimizzazione nutrizionale e la normoglicemia postoperatoria. Sono ancora in fase di studio le strategie, chirurgiche e mediche, per ridurre la pressione portale nel postoperatorio. Una volta instaurata l’insufficienza epatica postoperatoria, tuttavia occorre provvedere precocemente a delle strategie di trattamento delle complicanze, in particolare dell’ipotensione, delle infezioni, del metabolismo glicidico e dell’equilibrio idro-elettrolitico.

          La nostra esperienza di Centro ad alto volume ha permesso di effettuare 1838 resezioni epatiche (448 maggiori, 33 ALPPS) con una mortalità da insufficienza epatica postoperatoria pari allo 0,4%. Questa esperienza, che si è svolta tra il 2001 e l’inizio del 2018, ha generato un aumento delle conoscenze ed un affinamento continuo delle tecniche chirurgiche e anestesiologico-intensivistiche che permetteranno in futuro di far avanzare i limiti della chirurgia resettiva epatica.


BIBLIOGRAFIA

  1. Qadan M, Garden OJ, Corvera CU, Visser BC. Management of postoperative hepatic failure. J Am Coll Surg 2016; 222: 195-208.
  2. Rahbari NN, Garden OJ, Padbury R, et al. Posthepatectomy liver failure: a definition and grading by the ISGLS. Surgery 2011; 149: 713-24.
  3. Jarnagin WR, Gonen M, Fong Y, et al. Improvement in perioperative outcome after hepatic resection: analysis of 1803 consecutive cases over the past decade. Ann Surg 2002; 236: 397-406.
  4. Balzan S, Belghiti J, Farges O, et al. The “50-50 criteria” on postoperative day 5: an accurate predictor ofliver failure and death after hepatectomy. Ann Surg 2005; 242: 824-28.