Prof. Luigi Valenzano

Già Primario Dermatologo Istituto Dermatologico San Gallicano, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 1, Gennaio - Marzo 2016

Conferenza: Pelle e devozione

15 dicembre 2015

Copertina Atti primo trimestre 2016.jpg

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Pelle e devozione

L. Valenzano

La pelle o cute, in quanto «organo di senso e di confine», non può non essere coinvolta dal fenomeno delle religioni, qualunque esse siano, soprattutto per il loro fondamentale ruolo nella società. A questo proposito Comba E. in Antropologia delle religioni. Un'introduzione1, efficacementeafferma che «le religioni si materializzano inevitabilmente nei più vari fenomeni della devozione».

Non a caso anche Ferraiuolo A., antropologo docente dell’Università di Boston, asserisce che «la pelle separa l’Io dal modo esterno...luogo dinamico, teatro di intense comunicazioni tra l’individuale e il sociale. Luogo dove la concezione del corpo, apparentemente oggettiva, media con la soggettività, con le sue valenze tra il singolare e il plurale». Perciò i legami fra pelle e religione investono in maniera complessa la dimensione culturale, storica, spirituale e medica, costituendo in tal modo un capitolo affascinante e meritevole di ulteriori studi e approfondimenti.

Ed ancora Comba E. precisa che «le concezioni religiose si esprimono in simboli, miti, forme rituali devozionali e rappresentazioni artistiche, che formano sistemi generali di orientamento del pensiero e di spiegazione del mondo, di valori ideali e di modelli di riferimento».

Tra i vari aspetti, quelli di maggior interesse per il Dermatologo sono rappresentati dalle testimonianze sulla cute delle più antiche pratiche religiose. Sappiamo per esempio che, fin da 60 mila anni orsono, gli aborigeni australiani, probabilmente il popolo più antico giunto sino ad oggi alquanto poco modificato, continuano ad esprimere efficacemente sulla pelle credenze religiose e sociali sotto forma di marchiature, scarificazioni, tatuaggi, piercing etc.

Nel nostro continente una testimonianza molto significativa è quella della mummia di Oetzi, il cosiddetto “Uomo di Simulaun”, risalente al 5.300 a.C., che le nevi perenni ci hanno restituito perfettamente conservata e che oggi è custodita nel Museo Archeologico dell’Alto Adige. Sulla sua cute sono visibili evidenti marchiature o tatuaggi quali probabili segni di appartenenza ad una tribù, ad una etnia o forse anche ad un credo religioso.

Il rapporto fra pelle-medicina e devozione viene assai da lontano. Nelle più antiche civiltà, le due pratiche in effetti coincidevano sotto forma di atti cerimoniali, pratiche di pietà, terapie empiriche sacerdotali, pratiche salutistiche, digiuno, esaltazione etc. Così pure nella civiltà romana pelle e religione-politica sono riassunte nel concetto della Pietas: il sommo Augusto nelle cerimonie ufficiali si presenta con il capo coperto (velato), come chiara espressione del rispetto verso gli dei, la patria, i genitori e gli altri.

Ma è soprattutto nella medicina ieratico-sacerdotale di Ippocrate (V secolo a. C.) che si concretizza l'associazione fra religione, intesa come intervento divino, e salute, intesa come un complesso di pratiche mediche. Nella mitologia greca questo legame si esprime nel supremo ideale del “καλὸς καὶ ἀγαθός”, principio ispiratore che spiega anche come qualsiasi alterazione della cute possa essere intesa quale massima espressione di perdita di bellezza e bontà, ossia di salute, e quindi quale comparsa dell’evento malattia, nel senso più ampio del termine.

Il rapporto fra pelle e identità del soggetto è molto significativamente espresso anche nel mito di Ercole e Marsia. La leggenda narra che il satiro Sileno aveva osato sfidare e vincere il dio Apollo in una gara di flauto, per cui il nume sdegnato lo aveva punito con il massimo supplizio della scorticatura. Episodio poi emblematicamente rappresentato dal Tiziano nel suo magnifico dipinto “La punizione di Marsia” del 1575.

Da tutto ciò si evince che nell’immaginario collettivo la pelle è sempre più intesa come «universo corporale», secondo quanto descritto da Guillet G. in Peau et religions2, e che la devozione sia interpretata come voto, ovvero sacrificio, nelle sue diverse declinazioni di adorazione, venerazione, applicazione, affezione, culto etc.

Ed ancor più efficacemente questo concetto è illustrato dal sommo Michelangelo nel suo capolavoro «Il Giudizio Universale» nella Cappella Sistina di Roma, in cui al centro della scena campeggia un personaggio con un coltello in mano, probabilmente San Bartolomeo, nell’atto di esibire la sua pelle scuoiata, il cui il volto è proprio quello dell'artista stesso.

Chiaro segno di convinzione e intensa partecipazione emotiva dell’artista al significato del sembiante-identità ed ancor più della sua alterazione o privazione.

E’ evidente che la perdita della pelle sotto forma di decorticazione o scuoiamento costituisce la massima perdita dell'identità e da ciò deriva il duplice concetto di malattia come punizione e devozione come religione. Tematica anche ripresa dai cosiddetti “scorticati di Milano”, fra cui in primis quello di San Bartolomeo, uno dei dodici apostoli condannato al supplizio dello scuoiamento, e come tale oggi considerato Patrono della Dermatologia. Analoghe pratiche si riscontrano anche in molte antiche civiltà, fra cui quella atzeca, efficacemente riferite nel nel ‘500 in un celebre resoconto fatto da Cortez all’Imperatore Carlo V.

Ancora oggi l’offerta del corpo alla divinità viene praticata dai devoti di talune sette come ad esempio dagli Sokushinbutsu, monaci giapponesi seguaci dello Shugendô. Questi religiosi, attraverso la meditazione e il digiuno spingono l’ascesi fino all'estremo, divenendo così lentamente e irreversibilmente vere e proprie mummie sclerotiche, oggetto di devozione da parte degli adepti.

Su un diverso piano la mancanza di pigmento o vitiligine, nella sua massima versione genetica ossia l’albinismo totale o universale, in talune popolazioni africane è ancora oggi interpretata come una malefica espressione diabolica. Perciò in Burundi, Zimbawe e Tanzania, i nero-albini per la loro diversità di colorito, sono considerati “zeru-zeru” ossia figli del diavolo e come tali devono essere protetti ed isolati dalla loro comunità, perchè possibili vittime di fanatiche violenze e mutilazioni fino alla morte. Addirittura è diffusa la credenza che il rapporto sessuale con una vergine albina possa guarire l’AIDS.

In una importante relazione al Congresso Nazionale di Dermatologia del 2015 ad Amantea, Luigi Bruni3 sostiene che il dermatologo possa e debba essere necessariamente un osservatore privilegiato di queste situazioni e delle relative espressioni cliniche.

Precisa inoltre che «i movimenti epocali delle popolazioni portano con se’ anche le esigenze legate all’esercizio delle religioni, razze ed etnie di appartenenza. La pratica di una religione, confessione, culto o appartenenza a una setta, è accompagnata da riti, rituali, cerimonie o celebrazioni che scandiscono la vita dei praticanti. La loro frequenza e la loro durata sono  variabili, ma possono provocare dermatosi specifiche».

Sul piano classificativo e clinico-morfologico, i legami fra cute e devozione possono essere distinti in diretti (causa-effetto) ovvero le dermatosi devozionali; indiretti (mediati) ovvero manifestazioni cutanee in stigmatizzati, mistici, dermopatie diaboliche; oppure interessare il rapporto fra pratiche religiose e salute (preghiere, intercessioni, guarigioni, miracoli).

Certamente più comuni e frequenti sono le cosiddette “dermatosi devozionali”, di cui le più ovvie e banali sono quelle fisiche e traumatiche per ripetizione di gesti, rituali, indumenti etc. Queste possono essere sia legate alle modalità di preghiera, variabilmente definite “noduli del priore”, “prayer’s marks”, “pew blister” etc., ma ancor più alle modalità di abbigliamento come hijab, burka, turbanti, acconciature etc.

Altrettanto frequenti le dermatosi devozionali irritative e allergiche (contatti irritanti o allergizzanti) dovute all’azione di profumi cerimoniali, cosmetici rituali, tatuaggi temporanei o permanenti e molte altre sostanze coloranti impiegate nei diversi riti.

Negli adepti di religioni che prevedono pellegrinaggi, grandi spostamenti di massa, abluzioni, immersioni in acqua etc., si possono facilmente riscontrare specifiche dermopatie infettive quali micosi, piodermiti anche meticillino-resistenti (SARM), virosi e parassitosi, di solito ricollegabili ad ambienti inadeguati ed intensa promiscuità umana e animale. Addirittura nelle ormai rare  pratiche di sacrificio animale è possibile la comparsa dell’ectima contagioso (ORF) o di altre infezioni polimicrobiche. Queste ultime si possono osservare anche nel corso di circoncisioni rituali, spesso effettuate da personale non qualificato e in situazioni ambientali ed igieniche inadeguate.

Certamente molto più complesse e misteriose sono le dermatosi devozionali che compaiono in un contesto di delirio mistico (lesioni autoinflitte, patomimie, stimmate, transverberazioni...) e che sembrano confermare il tanto invocato principio del «valore individuale e sociale della sofferenza che emerge nell’ambito di rituali cruenti e dolorosi».

A questo proposito Jacques Martel in Les saints, la peau et les images4, descrive le stigmate come «piaghe di piccola taglia e arrotondate, ulcerate o cicatriziali, anche triangolari, croste rilevate e rotondeggianti, asciutte o umide, più raramente bolle emorragiche o ecchimosi. Costantemente dolorose, spesso sedi di secrezioni siero emorragiche o francamente sanguinanti…nel linguaggio religioso, ferite o cicatrici che compaiono misteriosamente sulla cute di mistici, nelle sedi delle piaghe di Cristo (mani, piedi, costato...), causa di sofferenze e resistenti ad ogni trattamento medico».

Talune complesse ed oscure patologie da delirio mistico, quali porpora psicogena, ematoidrosi, emolacria etc., sono ancora oggi oggetto di molte indagini, studi e pubblicazioni in diversi Paesi del mondo (Manonukul J., Hematidrosis: a pathologic process or stigmata, Am J Dermatopathol, 20085; Praveen BK et al., Hematidrosis and hemolacria, Indian J Pediatr, 20126, etc.).

Due importanti dermatologi di scuola francese, Kluger N. e Cribier B., in Stigmata: From Saint-Francis of Assisi to idiopathic haematidrosis7 hanno analizzato il complesso caso di San Francesco, Patrono d’Italia.

A questo punto si pone un interrogativo: esiste realmente un rapporto tra pratica religiosa e salute umana? Secondo l’OMS esisterebbe «un’influenza della preghiera sulla salute globale». In effetti la preghiera di intercessione sarebbe in grado di produrre un beneficio in termini di serenità, rilassamento, abbassamento della soglia del dolore e del prurito, ottimismo e benessere. Nella medesima direzione Martel J. parla di «interrelazione fra psiche e sistema immunitario» (Journées Dermatologiques de Paris, 12 Dic 20128) ed insieme a Cribier B., Halioua B., Kluger N., in Dans la peau du Dévot: regards dermatologiques sur la religion9, ipotizza che la fede possa essere considerata addirittura una medicina alternativa. A questo proposito la Société Francaise des Sciences Humaines sur la peau si chiede persino se la preghiera possa avere efficacia anche a grande distanza.

Alla luce di quanto esposto, ed in attesa di ulteriori indispensabili approfondimenti su una materia tanto complessa, oscura ed intricata, possiamo comunque concordare con il già citato Ferraiuolo A., quando asserisce che «la pelle è, e rimane, il confine molto dinamico tra l’io e il mondo, luogo delle metamorfosi fisiche e simboliche... mediante le quali il corpo si trasforma, e con esso, si modifica il tessuto sociale che lo circonda».


BIBLIOGRAFIA

1. Comba E. Antropologia delle religioni. Un'introduzione. Bari: Edizioni Laterza, 2008.
2. Guillet AG. L'àme à fleur de peau: la peau et l'empreinte religieuse. Ed Albin Michel,1995.
3. Bruni PL. Dermatosi devozionali. Atti XV Congresso Nazionale ADMG "Non solo pelle". Amantea 1-3 ottobre 2015.
4. Martel J. Le grand dictionnaire des malaises et des maladies. 1950.
5. Manonukul J, Wisuthsarewong W, Chantorn R, Vongirad A, Omeapinyan P. Hematidrosis: a pathologic process or stigmata. A case report with comprehensive histopathologic and immunoperoxidase studies. Am J Dermatopathol 2008; 2: 135-9.
6. Praveen BK, Vincent J. Hematidrosis and hemolacria: a case report. Indian J Pediatr 2012; 79: 109-11.
7. Kluger N, Cribier B. Stigmata: From Saint-Francis of Assisi to idiopathic haematidrosis.
Ann Dermatol Venereol. 2013; 140: 771-7.
8. Martel J. Interrelazione fra psiche e sistema immunitario. Journées Dermatologiques de Paris, 12 Dic 2012.
9. Cribier B., Halioua B., Kluger N, Martel J. Dans la peau du Dévot: regards dermatologiques sur la religion. Journées Dermatologiques de Paris 10-14 dicembre 2013.