Dott. Nicola Petrosillo

Direttore Dipartimento Clinico e di Ricerca in Malattie Infettive, INMI "Lazzaro Spallanzani" IRCCS, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 4, Ottobre - Dicembre 2018

Simposio: Osteomielite ematogena in Africa

19 giugno 2018

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Etiologia e principi di gestione infettivologica delle osteomieliti ematogene

N. Petrosillo

Le osteomieliti ematogene acute e subacute rappresentano nei bambini una malattia potenzialmente devastante gravata da elevata morbosità. Un ritardo nella diagnosi e un trattamento inappropriato possono portare a quadri settici, infezioni croniche, anomalie/arresti della crescita longitudinale dell’osso e deformazioni angolari 1-3.

Per osteomielite si intende una infiammazione dell’osso causata da germi piogeni; per questa patologia sono stati usati vari sistemi descrittivi. In termini temporali si distingue tra forme acute (< 2 settimane dall’esordio), subacute (che dura da almeno 3 mesi) e croniche (che durano da 3 e più mesi). A differenze di molte osteomieliti dell’adulto che sono di origine post-traumatica, la maggioranza delle osteomieliti pediatriche è secondaria a diffusione ematogena4.

L’infezione si insedia a livello delle metafisi dove il flusso sanguigno è ricco ma lento. Nelle sedi anatomiche dove la metafisi ossea è intracapsulare, come la porzione terminale superiore del femore, l’omero prossimale, la tibia prossimale e la fibula distale, può verificarsi una diffusione subperiostale dell’infezione allo spazio articolare adiacente.

Caratteristiche clinico-diagnostiche

Da una revisione sistematica della letteratura del 2012 relativa alle osteomieliti pediatriche ematogene acute e subacute, emerge quanto segue5. L’incidenza nei paesi sviluppati varia dall’1,94 al 13/100.000; tra i paesi in via di sviluppo è 43/100.000 in Polinesia e 200/100.000 tra gli aborigeni. Nei bambini sotto i 3 anni l’incidenza è intorno a 28 casi su 100.000 individui. L’età media di queste osteomieliti è di 6,6 anni (il 40% dei casi si verifica nei bambini in età prescolare), ed il rapporto maschi/femmine è di 1,82/1. Nel 47% dei casi non si conoscono fattori di rischio; nel 29,4% un trauma contusivo e nel 37,4% una infezione sistemica recente costituiscono la causa5.

La sintomatologia all’esordio è caratterizzata da dolore nell’81,1%, segni e sintomi localizzati nel 70%, febbre nel 61,7%, riduzione dell’ampiezza dei movimenti nel 50,3% e riduzione di carico nel 49,3%.

I tratti ossei interessati sono rappresentati da femore (26,9%), tibia (26%), pelvi (9,2%), omero (8,1), piede (7.7%), avambraccio (4,8%), calcagno (4,6%), vertebre (3,8%), fibula (3,7%), mano (2%), clavicola (0,8%), costa (0,6%), patella (0,2%), altro (1,2%)5.

La diagnosi si basa su segni/sintomi clinici, segni radiologici, esami di laboratorio e microbiologici.

La microbiologia è molto importante. La maggior parte delle linee guida raccomanda che i campioni microbiologici siano presi prima della somministrazione della terapia antibiotica, purché questa non ritardi il trattamento in bambini con grave sintomatologia. I campioni vanno mandati in laboratorio per la coltura e per eseguire con urgenza una colorazione di Gram. Nelle artriti settiche la concentrazione di globuli bianchi nel liquido sinoviale è superiore a 50.000 cc/ml con più dell’80% di polimorfismo. La sensibilità della colorazione di Gram varia dal 30 all’80%6.

Vanno sempre fatte anche emocolture prima del trattamento antibiotico nonostante i tassi di positività siano bassi, perché talora l’emocoltura è il solo test positivo presente.

I tassi di risposta positiva agli esami colturali da sangue o tessuti varia, a seconda della letteratura, dal 34 all’82%. Recentemente, l’aggiunta di test di biologia molecolare ha identificato la resa diagnostica. Inoltre sui campioni deve essere eseguito anche un esame istopatologico perché le neoplasie infantili possono avere presentazioni similari.

Agenti infettivi causa di osteomielite ematogena

Tra gli agenti responsabili di osteomielite ematogena Staphylococcus aureus è il più frequente nelle infezioni acute osteoarticolari, seguito da Streptococco ( S. pyogenes e S. pneumoniae) e da germi Gram negativi. Nei pazienti con anemia falciforme l’agente più importante è la Salmonella; Haemophilus influenzae è divenuto raro a seguito dei programmi mondiali vaccinali.

Riguardo Staphylococcus aureus, il “Community-acquired methicillin-resistant Staphylococcus aureus (CA-MRSA) è in incremento in molte parti del mondo ed è riportato come causa di osteomieliti nei bambini dal 9 al 30% dei casi. Spesso i ceppi di CA-MRSA producono una tossina, la leucocidina di Panton-Valentine, la quale ha una azione necrotizzante e distruttiva dei globuli bianchi. Tali ceppi si caratterizzano per una maggiore morbosità e mortalità5.

Recentemente si è aggiunto un nuovo agente causale, Kingella kingae, un bacillo Gram negativo causa di osteomieliti e artriti settiche in bambini, soprattutto sotto i 4 anni di età. Questo agente, la cui epidemiologia non è ancora ben chiara, è un frequente colonizzante dell’orofaringe, e come tale la sua potenzialità di trasmissione è elevata. Da una infezione dell’orofaringe può scaturire una batteriemia con disseminazione ematogena nell’osso.

La gestione terapeutica

Le principali linee guida esprimono raccomandazioni di evitare una gestione chirurgica routinaria delle osteomieliti acute ematogene. La chirurgia deve essere riservata per quei casi che non rispondono al trattamento medico. Anche la presenza di un ascesso può non rappresentare una indicazione assoluta. Nell’artrite settica va tentato sempre un drenaggio precoce del liquido infiammatorio intraarticolare. L’artrite settica dell’anca di un infante deve esser drenata con una procedura artrotomica. Negli altri casi si può utilizzare una procedura artroscopica5.

Riguardo alla durata e alla via di somministrazione degli antibiotici, tradizionalmente sono stati utilizzati cicli prolungati di antibiotici somministrati per via parenterale, ma non esistono linee guida in proposito. Le evidenze scientifiche depongono ormai per cicli di terapia più breve7-10, con passaggio appena possibile dalla via endovenosa a quella orale11-13. La risposta al trattamento, rappresentata da un miglioramento della sintomatologia clinica (dolore e movimento), dalla scomparsa della febbre e dalla riduzione dei marcatori di infiammazione (VES, PCR, globuli bianchi) può guidare consapevolmente il clinico a un passaggio sicuro dalla via endovenosa a quella orale, riducendo le complicanze associate alle linee venose e i tassi di ospedalizzazione.

La durata ideale del trattamento è ancora mal definita, ma ci sono crescenti evidenze scientifiche che cicli brevi (3 settimane) e un passaggio precoce (4 giorni) alla somministrazione orale siano sicuri ed efficaci. È inoltre opportuno che ciascuna struttura disponga dei dati locali relativi agli agenti infettivi maggiormente in causa e ai loro profili di sensibilità antimicrobica.

Non esiste evidenza che la somministrazione intraarticolare di antibiotici sia efficace. È invece importante un approccio multidisciplinare di queste infezioni. La gestione di questi piccoli pazienti dovrebbe essere condotta in stretta collaborazione tra pediatri di Medicina Generale, medici dei dipartimenti di emergenza, pediatri ospedalieri, chirurghi ortopedici, microbiologi, infettivologi, radiologi e infermieri specializzati.


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