Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 1, Gennaio - Marzo 2019

Simposio: Ruolo e funzione dei Comitati Etici alla luce della nuova Normativa Europea

11 dicembre 2018

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Il Consenso Informato: una occasione di educazione

A. Dalle Ore

 

“…il medico deve trovare l'opportunità di curare non valutando quello che appare a prima vista, ma sulla base di osservazioni e ispezioni lunghe e accurate; non sulla base dei nomi dati alle malattie dai suoi predecessori, ma studiando il perché e il quando e il come quel singolo morbo si è manifestato in quel singolo paziente” Giovanni Maria Lancisi (traduzione a cura di Adele Simonetti p. 40).

 

Mutano le circostanze spazio-temporali, muta il linguaggio ma, nella sostanza, l’intuizione del medico Giovanni Maria Lancisi giunge integra, a noi oggi, in forza della sua verità espressa a Roma nel 1715.

“Ruolo e funzione dei Comitati Etici alla luce della nuova normativa europea”: il tema proposto da cui si dipana una riflessione che ha profonde radici culturali nate e diffuse a partire da una passione per l’uomo nei riguardi dei simili o, più in generale, del mondo abitato; una passione alla conoscenza ed alla cura che, tentativamente indaga su ogni aspetto del reale analogamente a come indicava Lancisi nell’educazione al giovane medico raccomandando lo studio della chimica, dell’anatomia, della filosofia e della zoologia.

Ciò che è mutato, potremmo dire “con guadagno”, è la consapevolezza dell’identità del proprio assistito divenuto protagonista-partecipe dell’atto di cura.

“Il medico è come l'agricoltore: le certezze della medicina sono semi che egli fa crescere con la cura e l'impegno” G. M. Lancisi (p. 9).

La certezza della Medicina diviene certezza della relazione tra i due protagonisti: medico e paziente in un rapporto che esprime una profondità ed unicità che ben possiamo sintetizzare come Rapporto di Fiducia: “La relazione tra medico e paziente è costruita sulla libertà di scelta e sull’individuazione e condivisione delle rispettive autonomie e responsabilità. Il medico nella relazione persegue l’alleanza di cura fondata sulla reciproca fiducia e sul mutuo rispetto dei valori e dei diritti e su un’informazione comprensibile e completa, considerando il tempo della comunicazione quale tempo di cura (Codice di Deontologia Medica, Maggio 2016) o “È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante è il consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza professionale, l’autonomia e la responsabilità del medico” (Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari, Art. 1).

 

Lo strumento, potremmo sostenere, privilegiato è il Consenso Informato come la modalità di veicolare la libertà-responsabilità del Clinico e del Soggetto che aderisce ad una proposta terapeutica nella certezza per colui che dovrà usufruire di questo strumento in termini di qualità dell’informazione, comprensione dell’informazione, libertà decisionale e capacità decisionale (Comitato Nazionale di Bioetica, Informazione e consenso all’atto medico, 1992).

Consenso Informato: reale oggetto di attenzione non solo medico-legale ma anche, e soprattutto, etico quale veicolo oggettivo e misurabile che conclude il processo di comunicazione che accerta l’inizio volontaristico di un nuovo percorso di cura. Si tratta di un processo: un colloquio preliminare, la proposta di un nuovo percorso di cura, il coinvolgimento di un familiare, il coinvolgimento del medico di fiducia, poi domande, poi risposte ed in fine la firma; ciò implica la dedicazione di tempo, spazi su cui riflettere per addivenire ad una libera e consapevole adesione.

Il processo di comunicazione: “come”, “a chi”, “quando” e “in che modo”…e se fosse possibile una comunicazione come occasione privilegiata di educazione, come introduzione ad una realtà ricca di elementi e sfumature che il più delle volte non siamo in grado di prevedere e non abbiamo il potere di risolvere, ma sempre gli strumenti per affrontarle! Ecco: esattamente la pre-occupazione etica che deve cogliere il valutatore quando si trova dinnanzi al prezioso strumento Consenso Informato.

L’accuratezza nella stesura di un Consenso ha la finalità etica e morale di avere certezza che la Persona è consapevole della sua assunzione di responsabilità in questo grande gesto di libertà; analogamente il Clinico proponente che eticamente si rende garante, non solo della correttezza formale della proposta di Sperimentazione, ma anche della continuità della relazione di fiducia medico-paziente.

Dal Processo di Norimberga in poi: qualsiasi studio o ricerca che esuli dalla corrente prassi clinica che implichi la volontaria adesione di una Persona, sana o malata, deve necessariamente essere accompagnata da un Consenso Informato, completo in ogni sua parte, firmato dal paziente e dal clinico proponente; ciò non prevede eccezione1: vero è che anche gli studi che coinvolgono un minore debbono essere accompagnati da un Consenso Informato adeguato per fasce di età.

Il presupposto Etico che governa questa prassi è la garanzia che la Persona che aderisce spontaneamente ad una nuova proposta di Cura, o un nuovo percorso, sia considerata dal Ricercatore non un oggetto di Cura ma un Soggetto di Cura che liberamente aderisce, assumendosene responsabilità, ad un percorso condiviso. In ciò risiede il dato attinente all’etica nel formale reperimento del Consenso Informato.

Il compito che il Comitato Etico si assume, proprio come Comitato Etico e non come Commissione di Vigilanza, risiede, potremmo sinteticamente affermare, nella valutazione degli studi proposti secondo: 1) innovazione scientifica; 2) corretta metodologia di ricerca; 3) tutela della Persona malata o sana; 4) tutela dell’Azienda Sanitaria e del Diritto alla Cura garantito nel nostro Paese. Tutte le competenze vocate all’espressione di un parere nella condivisione con i diversi Membri che studiano le proposte di Ricerca non possono esimersi dall’analisi di questi diversi aspetti che, a prescindere dalla specifica competenza professionale o expertise curricolare, rientrano tutti negli indicatori di ogni disciplina coinvolta nel parere; anzi risiede proprio in questo particolare, ma sostanziale, aspetto la differenza tra un Comitato Etico ed una “qualsiasi” altra forma comunicativa o divulgativa (dichiarazioni, tavole rotonde, articoli…o peggio comunicati di “Principio”…) legata al “mondo della Cura”.

Proprio in forza di questa certezza morale che lega indissolubilmente il mondo della Ricerca e dell’innovazione con la cagionevolezza e finitudine della Natura Umana le Istituzioni e gli Organi che, a vario titolo e per diverse autorevoli sedi, sono chiamati a normare questo nobile intendimento, nella sua origine, auspicano un progresso scientifico, una innovazione tecnologica (digitalizzazione della Cartella Clinica e del Consenso Informato) ed un ampliamento delle Cure da e per l’umano.

A prescindere dalla forma del Consenso ciò che lo rende lecito e adeguato strumento è:

“Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato il consenso libero e informato.

Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e le sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso” (Convenzione di Oviedo, Consiglio d’Europa 1997; cap. II art. 5).

Dal punto di vista Etico l’espressione del Consenso Informato-Scheda Informativa, in ogni sua forma, è, nella sostanza e nell’intento del medico, un efficace strumento che rende visibile la natura del rapporto fiduciario: la persona, più o meno malata, ripone la sua fiducia nel clinico competente che lo rende protagonista partecipe e consapevole del suo cammino di cura; non è una visione “romantica” ma una espressione concreta che, anche il dibattito attuale sulle Disposizioni Anticipate di Volontà, in qualche modo, ripone al centro del percorso di cura. A maggior ragione, come nel caso della sperimentazione, quando proponiamo una “nuova strada”, una possibilità positiva per la persona malata ma anche per coloro che in futuro potrebbero beneficiare dei risultati ottenuti dalla personale e volontaristica disponibilità.

Questo è il motivo, etico, per cui domandiamo accuratezza e completezza di informazione, a prescindere dalla forma della comunicazione, ma nella valorizzazione di ogni forma, ad ogni persona coinvolta in una ricerca in ordine alla salute; al fine di rispondere alla centralità data al Paziente ed alla Libertà del Ricercatore.

Nessuna ricerca può essere intrapresa a meno che le condizioni seguenti non siano riunite…il consenso donato espressamente e per iscritto” (Convenzione di Oviedo, Consiglio d’Europa 1997art. 16).

Le osservazioni circa il consapevole, partecipe e volontario coinvolgimento in uno Studio sperimentale che coinvolge i minori sono perfettamente e correttamente mutuate dal “mondo dei maggiorenni”; con l’ulteriore specifica:

“…il protocollo sia stato approvato da un comitato etico con competenza anche pediatrica o che si sia preventivamente avvalso di una consulenza in merito a questioni cliniche, etiche e psicosociali in ambito pediatrico” (Decreto Legislativo 211/2003).

“La sperimentazione clinica sui minori può essere intrapresa soltanto se esistono le seguenti condizioni…il consenso deve rispettare la volontà del minore; …il minore abbia ricevuto, da personale esperto nel trattare con minori, informazioni commisurate alla sua capacità di comprensione sulla sperimentazione, i rischi e i benefici” (Decreto Legislativo 211/2003).

Con il termine minore, nel nostro Paese, si indicano genericamente tutte le persone dalla nascita al compimento del diciottesimo anno; non esiste ad oggi una definizione condivisa di “minore maturo” tuttavia si considera che tra i 10-12 anni il minore consolidi la sua personalità ed acquisisca una capacità di discernimento. Per la vigente Legge sulla IVG una ragazza di 14 anni deve avere comunicazione del risultato del test di gravidanza solo a lei diretta interessata; sarà lei, eventualmente, a comunicare ai genitori o indirizzata ai servizi sociali che l'aiuteranno a gestire il risultato. Questo è un importante indicatore temporale per codificare il livello di responsabilità a cui una giovanissima è autorizzata ad assumersi, non da sola, ma o con i genitori o con un tutore nominato dal Tribunale.

È interessante osservare, seppure non ascrivibile al mondo della cura o della sperimentazione medica, che il Nuovo Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati indica nei 16 anni, o comunque non inferiore ai 13, l’autonomia nell’assenso alla diffusione-condivisione dei propri Dati (Nuovo Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, Gazzetta Ufficiale Europea 4 maggio 2016, Art. 6).

Quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di dare il consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. Il parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità (Convenzione di Oviedo, Consiglio d’Europa 1997; cap. II art. 6).

Il tentativo del clinico, analogamente a quello del legislatore, è coinvolgere il minore nel percorso di cura e nelle scelte ad esso legate. Certo, analogamente a quanto accade nelle considerazioni sul “mondo degli adulti”, un Consenso Informato scritto, dettagliato, datato ed autorizzato da un Comitato Etico non sostituisce il rapporto e la comunicazione tra il medico ed il bambino-adolescente ma è certamente un efficace strumento facilitante; possiamo, dobbiamo, analogamente domandarlo per un minore adattandone il contenuto o il linguaggio.

La competenza pediatrica ci suggerisce che sono tante e tali le stimolazioni che i piccoli ricevono oggi che possiamo garantire loro una maggiore “considerazione” domandando per iscritto l’espressione di un “sentimento” in positivo o in negativo sulla loro esperienza di cura.

Ribadendo con fermezza: “L’interesse del paziente prevalga sempre sugli interessi della scienza e della società” (Decreto Legislativo 211/2003).

L'ottimo medico sarà rispettoso del volere divino, caritatevole verso i malati, disponibile verso i discepoli (G. M. Lancisi p. 34) in unaalleanza terapeutica” (Edmund Pellegrino, Per il bene del paziente. Tradizione ed innovazione nell’etica medica, Paoline, Cinisello Balsamo 1992) con il proprio assistito.


  1. In rispetto alla Responsabilità del Clinico ed alla Centralità dovuta al Paziente è stato previsto (Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano, e che abroga la direttiva 2001/20/CE: Sperimentazione in stato di Emergenza) che un percorso di Ricerca possa coinvolgere anche Persone che temporaneamente non sono in grado di firmare un Consenso a condizione che: 1) non è prevedibile un format generico predisposto ad hoc per questi pazienti perché, per le ragioni sopra dettate, il Consenso (completo in ogni sua parte) deve essere pensato, strutturato e disegnato dal Ricercatore in vista dell’arruolamento di una “determinata” persona; 2) la parte scientifica, dello Studio o della Ricerca, deve essere molto ben dettagliata perché non “nasca” nel valutatore il “sospetto” che si tratti di Ricerca Pura o peggio una mercificazione della Persona trattata come “caso clinico interessante”; 3) deve essere previsto un Consenso Informato doppio: a) quando il Paziente non è in grado di esprimere il proprio Consenso sarà espresso formalmente da un fiduciario, un familiare o un tutore (realisticamente il termine “tutore” prevede un iter legale che rende inattuabile la tempestività dell’arruolamento del Paziente, molto più onesto e rispettoso del Clinico e del malato prevedere la firma di un familiare) b) un Consenso Informato da somministrare al Paziente quando sarà in grado di firmarlo completo in ogni sua pare con l’aggiunta di: “…abbiamo iniziato questo nuovo percorso di cura, discutendone con suo familiare, perché convinti che potesse portare benefici diretti anche alla sua persona…”; 4) il Comitato Etico, secondo le specifiche competenze dei diversi Membri, si assume onere e responsabilità, come per altro già accade, ma in questo caso con maggiore attenzione a che l’ipotesi di innovazione terapeutica “possa” migliorare la condizione attuale del Paziente.