Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 1, Gennaio - Marzo 2019
Simposio: Trapianto fecale: come, quando e perché
15 gennaio 2019
Simposio: Trapianto fecale: come, quando e perché
15 gennaio 2019
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La ricomposizione della normale flora batterica attraverso il trapianto fecale è stata descritta fin dal 1958. Da allora, un numero sempre maggiore di evidenze ha dimostrato l’efficacia del trapianto fecale nel trattamento dell’infezione ricorrente da Clostridium difficile (CD).
Sebbene il meccanismo esatto di azione del trapianto fecale sia ancora poco chiaro, è plausibile che la ricostituzione e la funzione del microbiota intestinale sia di primaria importanza, in quanto costituisce un fattore di resistenza decisivo contro il CD ed altri patogeni, attraverso meccanismi che includono la resistenza alla colonizzazione batterica e la stimolazione del sistema immunitario intestinale. La resistenza alla colonizzazione include la produzione di fattori antimicrobici e la competizione per nutrienti e per siti di recettoriali sull’epitelio da parte del microbiota residente.
Il trapianto di feci consiste nell’infusione di feci da un donatore sano ad un ricevente malato per la cura di una specifica patologia. L'uso in campo medico e veterinario è stato segnalato fin dall'antichità1, 2, ma la prima documentazione clinica risale al 1958, quando Eiseman e la sua equipe chirurgica del Colorado hanno trattato con clisteri di feci un piccolo numero di soggetti con colite pseudomembranosa come terapia di salvataggio3. Da allora, sono stati descritte diverse serie di casi sul trapianto di feci nella gestione delle ricorrenze da CD, ma solo negli ultimi anni comunque i centri che hanno adottato il trapianto di feci per il trattamento delle recidiva da CD sono aumentati in maniera esponenziale4.
In particolare, solo negli ultimi 3 anni sono stati pubblicati trials terapeutici randomizzati controllati sperimentali che hanno dimostrato che il trapianto di feci può costituire una risorsa terapeutica per il trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), e in particolare della colite ulcerosa (UC).
Prove crescenti suggeriscono che l'alterazione del microbioma intestinale, che dipende principalmente da fattori ambientali (come dieta, stile di vita, socioeconomia), può essere alla base di alterazioni della risposta immune nei soggetti con UC, rendendo questa malattia una delle più interessanti modelli di disbiosi.
Diversi studi mostrano che soggetti con UC subiscono cambiamenti specifici nella composizione del microbioma intestinale, associati all'alterazione di diverse funzioni, come una riduzione del metabolismo degli acidi grassi a catena corta e della biosintesi degli amminoacidi, oppure ancora un aumento dello stress ossidativo e della secrezione di tossine5.
L'obiettivo principale delle attuali terapie per la UC (aminosalicilati, corticosteroidi, tiopurine o farmaci cosiddetti biologici) è il controllo dell'infiammazione e la soppressione dell'immunità alterata. Questi approcci sono in grado di migliorare gli esiti clinici, ma sono limitati da diversi inconvenienti, tra cui un considerevole rischio di effetti collaterali (principalmente infezioni o rischio di neoplasie) e la perdita di efficacia nel lungo termine.
In un recente studio clinico randomizzato su 73 pazienti con UC lieve o moderatamente attiva, Costello et al.6 hanno trovato che il trapianto di feci era efficace nel ridurre la terapia con steroidi a 8 settimane.
Altri tre studi randomizzati pubblicati in precedenza7-9 hanno mostrato tassi di efficacia simili.
Diverse limitazioni, tuttavia, impediscono l'introduzione del trapianto di microbiota per il trattamento della UC nella pratica clinica. In primo luogo, sebbene i dati attuali siano molto incoraggianti (quasi un terzo dei pazienti beneficiano del trapianto di microbiota), gli studi disponibili sono di piccola taglia e sono molto diversi tra loro, con protocolli e outcomes clinici differenti, per cui non è possibile trarre conclusioni definitive in termini di traduzione dei risultati in ambito clinico, sia in termini di efficacia che di sicurezza. Altri motivi sono legati al fatto che l’implementazione del trapianto di microbiota nella pratica clinica, nonostante la sua incredibile efficacia nella infezione da CD, è contrastato essenzialmente dalla mancanza di regolamentazione.
Per concludere, la manipolazione del microbioma intestinale sembra essere un approccio terapeutico promettente per ottenere la remissione nei pazienti con UC. Tuttavia, un cambiamento di mentalità nel considerare il trapianto di feci come una terapia cronica da integrare tra le altre opzioni, così come l'identificazione di pattern microbici fortemente correlati ai risultati clinici, sono fattori cruciali per fare un passo avanti nel trattamento di questi pazienti.
BIBLIOGRAFIA