Dott. Eric Felli

POIT-Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti, U.O.C. Chirurgia Generale e Trapianti d'Organo, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 2, Aprile - Giugno 2019

ECM: Il mondo sorretto da Atlante. L’importanza delle discipline non chirurgiche nel trapianto di fegato

22 gennaio 2019

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Liver regeneration in ALPPS

E. Felli, G. Ettorre

Introduzione

Il fegato dopo l’epatectomia è in grado di compensare la sua massa/volume attraverso un processo di iperplasia che è comunemente chiamato “rigenerazione epatica”. L’epatectomia non è sempre possibile, soprattutto se il volume del fegato rimanente è sotto una soglia del 20-30% in volume. L’organo in tale condizione non è infatti in grado di sopperire al livello minimo di funzionalità e di ripristinare il suo volume e funzione. L’ALPPS è una tecnica con la quale è possibile aumentare il volume del fegato rimanente, attraverso la chiusura della vena porta e della resezione del fegato in due tempi. In questo modo si ottiene una iperplasia compensatoria del fegato rimanente prima di svolgere la resezione finale e quindi evitare l’insufficienza epatica. Questa tecnica è particolarmente utile anche in pazienti HCC con larghi volumi di resezione1. Tuttavia la mortalità postoperatoria non è del tutto risolta, infatti dell’8.8% del tasso di mortalità totale in ALPPS, il 75% circa è dovuta ad insufficienza epatica2.

 

Il punto di vista clinico-diagnostico

Uno studio del 2017 di Sparrelid et al.3 ha dimostrato l’assenza di una correlazione lineare tra volume e funzione post stage 1. Se da una parte l’analisi volumetrica preoperativa del fegato rimanente sottostima la capacità funzionale del 6% circa, il volume del FLR incrementa dopo 6 giorni del 56.7% mentre la funzione solo del 28.3%; perciò c’è un delta del 50% circa tra volume e funzione3.

In più questo studio conferma anche l’incremento della velocità di recupero di volume e funzione del fegato rimanente comparato con la PVO, ma dimostra anche che al momento della resezione finale in stage 2 non ci sia corrispondenza tra volume e funzione. Tale funzione pare accelerare il recupero nei confronti dei livelli volumetrici solo a 28 giorni.

 

L’analisi volumetrica va presa con cautela

Citando direttamente dall’articolo: “Caution is advised in proceeding to second-stage procedures solely on volume-based assessments, especially when volumetric assessment is performed less than a week after the initial operation. The addition of functional parameters will probably result in more prudent decision-making and could lower mortality and morbidity in patients subjected to this important, but potentially dangerous intervention3.

Qui introduciamo una approssimazione parlando dell’epatectomia diretta, infatti l’ALPPS è un processo più graduale ma simile nella sostanza data la continua comunicazione tra i due lobi. Inoltre, in una epatectomia diretta del 70%, lascia un 30% funzionale di fegato nel paziente, mentre in ALPPS l’ipotetico 30% raggiunto è di un volume inferiore che si è ipertrofizzato fino ad ottenere un volume del 30%.

È quindi di fondamentale importanza comprendere la dinamica di questo fenomeno che è caratterizzato dalla mancanza del ripristino della funzione epatica nonostante il volume sia ristabilito correttamente entro i parametri prestabiliti per passare allo stage 2. Per fare questo è necessario focalizzarsi su cosa sia la “rigenerazione epatica” o più correttamente l’ipertrofia epatica dal punto di vista cellulare e cercare di capire se i dati clinici e quelli di ricerca di base coincidano.

 

Il punto di vista cellulare

Il primo fenomeno che possiamo osservare è un aumento di massa e numero degli epatociti - Ipertrofia (0-4 ore) “mouse model”.

Gli epatociti che entrano in fase S, immediatamente dopo la resezione, (come indicato dall’incorporazione dei nucleotidi radioattivi post epatectomia) riescono a svolgere tra 1 e 2 cicli replicativi in una epatectomia del 70%4. Parallelamente il 15-30% delle cellule sono binucleate, perciò il conteggio può essere soggetto ad ulteriori modifiche5. Sorprendentemente gli epatociti incrementano di numero di circa 1.6 volte in una PHx del 70%, dove in una PHx del 30% solo un marginale numero di epatociti mostra replicazione. Ciò apre la strada all’ipotesi che il resto del volume venga sostituito “dall’ipertrofia” degli epatociti. L’analisi di citometria di flusso ha indicato che gli epatociti post epatectomia aumentano di 1.5 volte la loro dimensione, dunque tale incremento salirebbe a 2.4 circa (tra due e tre volte la massa originale), il che coincide con il recupero del 70% circa della massa6. Gli epatociti perciò entrerebbero in ciclo replicativo dopo aver subito un'ipertrofia temporanea nelle prime 4 ore6.

 

Iperplasia e timeline della replicazione cellulare per tipologia

La proliferazione degli epatociti inizia nell’area che circonda i lobuli e le triadi (periportali) e poi procederebbe alle aree pericentrali nelle successive 36-48 ore7. Le altre cellule iniziano la loro fase replicative dopo 24 ore8. È possibile che la seconda ondata di replicazione più attenuata sia dovuta alla più lenta proliferazione delle aree pericentrali.

I sinusoidi sono presenti solo dopo 4 giorni; non è invece chiaro quando la loro sovrastruttura consente il passaggio di flusso e quando questo processo sia completo. Perció non solo l’effetto ipertrofico potrebbe ipoteticamente ridurre la capacità di portata dei sinusoidi, ma anche l’iperplasia delle cellule epatiche che non è sincrona rispetto alla formazione dei sinusoidi. È perciò verosimile che l’aumento iniziale di volume sia dovuto ad una iperplasia la cui funzionalità è solo potenziale e diventa effettiva solo nel momento in cui i sinusoidi sono formati. Infatti dal punto di vista fisiologico, per funzionalità possiamo intendere la quantità in litri di sangue “processato” per minuto, e fintanto che tale quantità non aumenta, nonostante gli epatociti possano essere funzionali, è possibile che la loro funzionalità non possa modificare lo stato funzionale dell’organo nella sua interezza.

 

Il punto di vista molecolare

Inizialmente l’incremento dell’attivatore dell’u-plasminogeno (uPA), diffuso in tutto l’organo rimanente, risulta coinvolto sia con cambiamenti dal punto di vista vascolare che del processo di rimodellamento della matrice extracellulare, che è uno dei primi processi extracellulari post epatectomia9-12.

Dall’attivazione delle differenti pathways se ne evince la permeabilizzazione del nucleo e del DNA alla sua trascrizione attraverso vari fattori, come ad esempio NF-kB, Notch, STAT3 indotti parzialmente da TNF che è coinvolto nel processo proliferativo. A sua volta TNF è stimolato dalle Natural Killer T-Cells e dalle CD11b+ del midollo osseo stimolando la proliferazione degli epatociti. L’ingresso di HGF, sequestrato dalla matrice extracellulare dentro la cellula, attraverso c-Met inizia il ciclo proliferativo, poi successivamente inibito in corrispondenza  dall’azione di TGFβ ed IL-1. Questa fase di proliferazione inizia con la fine dell’ipertrofia epatica e termina con la rigenerazione della matrice extracellulare (ad opera delle MMPs) solo dopo che i nuovi epatociti hanno trovato il loro posizionamento all’interno del tessuto. I fattori di trascrizione endoteliali arrivano solamente a fase proliferativa iniziata con un picco a 48 ore. Le cellule sinusoidali non saranno in picco di concentrazione prima dei 4 giorni, quando il parenchima è giá formato13, inoltre è possibile immaginare una inerzia nella riorganizzazione dei sinusoidi che porterebbe a formare il tessuto funzionale con uno slittamento nel tempo.

È da sottolineare anche l’ipotesi, supportata dallo studio di Nishiyama et al. del 201514, che l’interazione del sistema immunitario possa stimolare la replicazione degli epatociti. In questo studio infatti si è evidenziato come le cellule NKT, che come previsto intervengono all’inizio con l’immunitá innata, svolgano un ruolo nell’attivazione di TNF, che stimola NF-kβ, e nella espressione ed attivazione del sistema Fas/FasL. Successivamente le CD11b+ (Kuppfer cells) provenienti dal midollo osseo, esprimendo FasL ed incrementando TNF sinergicamente, sono coinvolte nel reclutamento di HGF da parte degli epatociti aumentando la concentrazione intracellulare fino a 10-20 volte. Quest’ultimo insieme a c-Met avvia la fase replicativa dell’epatocita. L’incremento delle NK cells è invece correlato con la fase di terminazione dove il TGFβ stimola la fine del ciclo replicativo e l’avvio della sintesi della nuova matrice extracellulare prende luogo.

 

Un’ipotesi di correlazione

Dunque è possibile che la proliferazione dei sinusoidi avvenga successivamente alla ipertrofia ed iperplasia degli epatociti. Fintanto che il volume di sangue che viene processato per minuto non aumenta, la funzione epatica potrebbe non aumentare. Sia l’ipertrofia iniziale che l’iperplasia necessaria per la formazione del parenchima appaiono perció solo potenzialmente funzionali, per poi diventare cineticamente funzionali solo con l’aumento del passaggio del sangue da processare. Considerando anche la polarizzazione del processo “rigenerativo” da periportale a pericentrale, sorge il dubbio che tale fenomeno possa suggerire che i sinusoidi riescano a formare le strutture complesse di drenaggio del sangue connesse con la central vein solo successivamente. Inoltre la possibile inerzia nell’ottenere sinusoidi funzionali può essere un indicatore del ritardo nella funzione. Questa rimane un’ipotesi non verificata che sarebbe utile approfondire dal punto di vista sperimentale. D’altra parte il limite ulteriore di questo punto di vista è che l’analisi cellulare e molecolare degli eventi post-epatectomia viene studiata spesso in modelli di topo, che pur condividendo vie di segnalizzazione, geni e proteine molto conservati rispetto all’uomo, sotto il punto di vista dell’intero schema fisio-patologico rigenerativo presenta notevoli punti oscuri e non attualmente chiariti. È  perciò da prendersi tale analisi con la necessaria cautela.

L’ipotesi suggerita però coincide in parte con i dati clinico-diagnostici riportati su ALPPS circa le volumetrie e la funzionalità.

Sulla possibile origine delle cellule staminali epatiche, in termini di qualità e quantità di azione in base ai diversi tipi di epatectomie, non è possibile ancora concludere o suggerire ipotesi che possano servire al mondo clinico per osservare in modo consistente tale fenomeno.

 

Ipotesi di studio

Rimane quindi di interesse analizzare le volumetrie dei pazienti che hanno subito insufficienza epatica post stage 2 e verificare se alla luce di quanto analizzato sulle volumetrie, supportato dall’ipotesi della formazione posteriore dei sinusoidi, sia possibile comprendere se la funzionalità non fosse completamente ristabilita al tempo dell’analisi volumetrica. In più l’individuazione di possibili target per la sofferenza del processo rigenerativo e della formazione dei sinusoidi, potrebbe essere utile per un’analisi predittiva di insufficienza epatica pre stage 2. Complessivamente le basi per affermare che l’analisi volumetrica non è sufficiente per inferire la possibile funzionalità epatica pre stage 2 sono solide.


BIBLIOGRAFIA

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