Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 2, Aprile - Giugno 2019

ECM: Il mondo sorretto da Atlante. L’importanza delle discipline non chirurgiche nel trapianto di fegato

29 gennaio 2019

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La valutazione psicologica nel pre- e nel post-trapianto

M. Rocco, E. Campagna, T. Barucco, L. Ceresa

Il trapianto d’organo è un evento ad alto impatto emotivo e i pazienti, nell’affrontare tale realtà, necessitano di un supporto psicologico durante tutto il percorso.

Non è semplice comprendere quello che una persona vive in una situazione di malattia come questa, né tantomeno è facile pensare quali sentimenti suscita il pensiero di portarsi dentro una “parte” di un’altra persona.

Il trapianto d’organo porta il paziente ad una condizione di malattia cronica e determina dei profondi cambiamenti nei contesti di vita, che necessitano di una ristrutturazione di ruoli e di strategie relazionali.

Al fine di programmare un buon percorso riabilitativo che tenga conto, sia nel pre-trapianto sia nel post-trapianto, delle esigenze, delle risorse e dei limiti propri di ciascuna persona è necessaria una attenta valutazione psicologica.

Nel corso della “Conferenza di consenso sulla gestione clinica in trapiantologia” tenutasi nel 2017 a Bergamo allo scopo di conformare le linee guida in materia di trapianti all’attuale contesto socio-culturale, è stata votata e approvata l’idoneità psicologica al trapianto (raccomandazione di forza A) per i trapianti salvavita, ovvero trapianto di fegato, trapianto di cuore e trapianto di polmone.

L’attività psicologica non si limita esclusivamente ad un lavoro di assessment per l’idoneità psicologica al trapianto, secondo specifici protocolli nazionali e internazionali, ad una valutazione successiva del grado di compliance alle terapie e delle strategie di coping manifestate dal paziente trapiantato, ma prevede, durante l’intero percorso terapeutico, pre e post trapianto, l’assistenza e il supporto psicologico al paziente stesso e ai familiari che lo assistono.

I pazienti durante il percorso trapiantologico esprimono, a livello, conscio e inconscio, bisogni, aspettative e motivazioni personali:

  • vivono costantemente lo stress della malattia e l’imminenza della fine della propria vita;
  • devono accettare, elaborare tale stato di salute e valutare l’ipotesi di affrontare un intervento di trapianto d’organo;
  • devono, infine, accettare la sfida dell’integrazione del nuovo organo per scongiurare l’ipotesi di un rigetto immunologico e adattarsi ad una nuova realtà di vita.

Pertanto, se questi fattori legati ai vissuti soggettivi non vengono correttamente riconosciuti e contenuti emotivamente, possono determinare un distacco e una mancata compliance con lo staff dei clinici e nei confronti delle terapie prescritte tale da incidere negativamente sull’esito del complesso e lungo iter terapeutico.

Durante tutto il percorso del trapianto si alternano fasi che generano reazioni emotive molto diverse, le quali necessitano di un continuo riadattamento attraverso un sostegno psicologico.

Possono emergere sintomi psicopatologici, fattori cognitivi ed emotivi, talora inconsci o associati a stati angoscianti, depressivi o euforici, che influiscono sulle relazioni interpersonali del paziente con i medici, con i familiari e con il personale del centro ospedaliero di riferimento, tali da essere causa di situazioni di difficoltà nel corso del progetto terapeutico. Risulta, pertanto, necessario un approccio multidisciplinare che permetta un’adeguata terapia psicologica da affiancare a quella medica.

Conformemente a quanto richiesto di norma negli ospedali in cui opera una struttura adibita ad interventi chirurgici di trapianto salvavita, all’interno dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini è stata dal 2006 istituita un’apposita area di Psicologia, la cui attività, coordinata ed integrata con quella media, è rivolta ai malati candidati al trapianto d’organo.

Nel corso della nostra attività è emerso che le esclusioni per sole ragioni psicologiche sono rare, mentre sono molto frequenti le difficoltà di adattamento al percorso trapiantologico.

La valutazione psicologica serve per evidenziare l’adeguatezza psicologica del paziente ad intraprendere il percorso del trapianto. È necessario escludere la presenza di disturbi mentali che possano interferire con il processo di cura e approfondire  l’analisi della struttura di personalità1.

Inoltre l'incidenza dei disturbi mentali organici, disturbi dell'umore e disturbi d'ansia nella popolazione di pazienti trapiantati è elevata, ed è importante comprendere come queste variabili psicologiche influiscano sull'atteggiamento dei pazienti nei confronti della malattia e sulla compliance a terapie e controlli. Bisogna, allora, inserire il paziente all’interno di un processo globale e longitudinale di assessment psicologico-clinico che non si limiti ad identificare le manifestazioni psichiatriche, ma che sappia cogliere la sofferenza psicologica subclinica, consentendo così la messa in atto strategie di intervento psicologico-clinico che migliorino la qualità della vita e il benessere psicofisico del paziente.

È di fondamentale importanza capire quali potranno essere le reazioni emotive che ciascun individuo metterà in atto confrontandosi con una malattia e con un percorso terapeutico così complesso. Le reazioni psicologiche alla malattia si strutturano integrando il bagaglio culturale e le dinamiche familiari e sociali di ciascun paziente con le reazioni allo stato di impotenza nei confronti della malattia e al conseguente stato di dipendenza che si instaura con il personale sanitario e in particolare con il medico.

Considerando che a malattia fisica viene annoverata tra gli eventi stressanti a maggior impatto emotivo per il soggetto coinvolto, appare chiaro quanto il lavoro psicologico deve tener conto di una notevole quantità di variabili intercorrenti.

Per stress si intende una risposta psicofisica ad una quantità di stimoli cognitivi, emotivi e/o sociali percepiti come eccessivi; le strategie di coping sono, genericamente, sforzi cognitivi e comportamentali per padroneggiare lo stress della vita o, al contrario, ad evitare di pensare a fattori stressanti, alle loro implicazioni e a gestire emozioni correlate2, 3.

Un evento stressante può essere inteso come qualcosa che impatta sulla vita del soggetto inaspettatamente, costringendolo alla messa in atto di una reazione che permetta di superare il problema presentato e di ritornare ad uno stato di equilibrio. Il coping è contesto-specifico, nel senso che esso è strettamente correlato con lo stessor per il quale si attiva; inoltre, non sempre la strategia attuata porta ad un miglioramento della situazione, in quanto inefficace per quel tipo di contesto. È importante sottolineare come ogni persona in situazioni di vita stressanti mette in atto specifiche strategie di coping che se prese in considerazione aiutano il clinico a fare ipotesi sul tipo di reazione che il paziente potrà presentare nelle diverse fasi del percorso.

In questo percorso sono necessari programmi di assistenza psicologica in sinergia con la terapia clinica. Nella pratica clinica dei trapianti d’organo, risulta allora fondamentale riuscire a ridurre il numero dei fattori di rischio che potrebbero portare ad un fallimento del trapianto effettuato ed è quindi indispensabile evidenziare, oltre ad eventuali disturbi psicopatologici e alle modalità disfunzionali di adattamento psicologico alla malattia, anche la relazione che si stabilisce con il paziente. Quest’ultima risulta infatti essere un elemento indispensabile per riuscire a gestire bene il rapporto con il paziente mettendo in atto interventi idonei per affrontare i bisogni emotivi e psicologici del paziente.


BIBLIOGRAFIA

  1. American Psychiatric Association. DSM-5®. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta Edizione. Milano: R. Cortina, 2014.
  2. Munno D. Psicologia clinica per medici. Torino: Centro Scientifico, 2008.
  3. Moos RH. Coping responses inventory. Adattamento italiano di Scozzari S, Di Pietro M, Ghisi M. Firenze: Hogrefe, 2015.