Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 2, Aprile - Giugno 2019
Simposio: Diagnostica per immagini nel politraumatizzato
26 febbraio 2019
Simposio: Diagnostica per immagini nel politraumatizzato
26 febbraio 2019
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Dopo la “primary survey”, che permette di stabilire le condizioni di stabilità emodinamica del paziente o, in caso contrario, dopo che siano state applicate le procedure cliniche, diagnostiche e le manovre terapeutiche che abbiano reso possibile di stabilizzarne le condizioni, il paziente entrerà nella fase della valutazione clinica “head to toe” in cui il ruolo della diagnostica per immagini sarà enfatizzato nella fase dell’esecuzione dello studio TC total body. Il ruolo della metodica è fondamentale ed insostituibile per alcune caratteristiche peculiari.
La disponibilità sempre più capillare di apparecchiature multistrato estremamente performanti e veloci nei tempi di acquisizione delle immagini anche attraverso il percorso di formazione dell’equipe del personale afferente alla radiologia dedicato al trauma consente l’esecuzione di esami di alta qualità diagnostica.
Le apparecchiature volumetriche consentono di coprire ampi volumi corporei con un accurato dettaglio delle diverse strutture anatomiche, inoltre con rapidità dell’acquisizione, una ampia panoramicità e una sensibile riduzione degli artefatti da movimento e una ridottissima durata dei tempi di apnea.
È possibile ottenere ricostruzioni MPR, MIP, e tridimensionali (VR) di elevata qualità in tempi molto brevi, anche attraverso l’impiego di console “dedicate”1.
Dettaglio non trascurabile nell’ottica della gestione multidisciplinare è la riduzione dei tempi di permanenza nella sala TC, e un miglior impiego della quantità di mezzo di contrasto necessario all’esecuzione dell’esame attraverso una metodica rigorosa, e la possibilità di utilizzare le diverse fasi vascolari ed eventuali acquisizioni in fase tardiva.
Per ottenere il miglior risultato iconografico è fondamentale somministrare il mezzo di contrasto di adeguata concentrazione attraverso l’impiego di una via venosa di calibro adeguato e nella accurata scelta dei tempi di acquisizione delle immagini.
Attraverso questi passaggi sarà possibile una notevole accelerazione di tutti i processi decisionali, particolarmente attraverso la valutazione di alcuni indicatori prognostici fondamentali nell’ottica della “golden hour” ed in particolare la stima della gravità del trauma, la probabilità di lesioni ad organi interni, la stadiazione accurata di tutte le lesioni parenchimali, il coinvolgimento delle strutture vascolari, e la ricerca di focolai di “sanguinamento attivo”; queste informazioni sono fondamentali nella gestione clinica e terapeutica del paziente, e permettono di coinvolgere ed offrire informazioni preziose ai colleghi della radiologia vascolare, specialità che assume oggi un ruolo sempre di maggiore importanza nel management non operatorio di questi pazienti.
In sintesi si può ragionevolmente affermare che la TAC multistrato rappresenta oggi la metodica “gold standard” nella valutazione del politrauma ad alta energia1-11.
Nel trauma cranico, oltre alla valutazione delle lesioni intra ed extraparenchimali, è fondamentale la valutazione delle componenti ossee del tavolato e della base cranica, del massiccio facciale, del rachide cervicale e la ricerca di eventuale coinvolgimento traumatico dei vasi epiaortici12.
I traumi del torace possono essere isolati o in combinazione, di tipo diretto, di tipo decelerativo (alta velocità) o da compressione; essi sono un evento temibile, responsabile di eventi fisiopatologici di notevole impatto clinico quali sindrome restrittive per la presenza di aria, sangue, visceri peritoneali nel cavo pleurico, shock cardiogeno nello pneumotorace iperteso, shock emorragico, in quanto il cavo pleurico può raccogliere grande quantità di sangue circolante e di alterazione degli scambi respiratori con shunt parenchimale nelle contusioni e nelle condizioni di atelettasia13, 14.
Il ruolo del Radiologo che gestisce la diagnostica di un politrauma, specie se ad alta energia, è quello di diagnosticare o escludere tutte quelle lesioni toraciche che potenzialmente mettano a rischio di vita del paziente. Sono definite da alcuni autori le “Lethal Six”: ostruzione delle vie aeree, pneumotorace iperteso (Fig. 1), pneumotorace aperto, il flail chest, l’emotorace massivo oltre al tamponamento cardiaco, che generalmente possono essere già definite durante la valutazione primaria. Le cosiddette “Hidden Six” sono invece lesioni gravi e potenzialmente letali quali la contusione polmonare, i traumi del diaframma, le lesioni tracheobronchiali, le contusioni cardiache, il trauma dell’aorta oltre alle lesioni dell’esofago.
Fig.1: Pneumotorace iperteso post-traumatico destro, con shift controlaterale del mediastino ed abbondante quota di enfisema sottocutaneo della parete toraco-addominale e del collo. Si notino le fratture costali multiple a destra.
La frattura costale è la lesione più frequente nei traumi del torace, causa più frequente di dolore toracico traumatico, con dolore inspiratorio e fastidio/dolore nel punto di frattura. Le fratture possono essere uniche (16%) o multiple (84%), da trauma diretto (direct blow) con frattura nel punto di impatto, con flessione eccessiva e frattura dell’angolo postero-laterale. La meccanica respiratoria risulta compromessa se le fratture costali sono numerose e se le coste sono rotte in più punti (> 7 coste: mortalità del 29%). I traumi con frattura della I-II-III costa e/o della clavicola sono generalmente determinati da vettori di forza ad alta energia e potenzialmente associati a lesioni parenchimali del collo e vascolari (3-15%). I traumi con frattura della IV-V-VI-VII ed VIII costa sono frequenti anche nei traumi a bassa energia. Quando si osserva una frattura delle ultime coste è importante sospettare l’associazione con lesioni parenchimali addominali.
La contusione polmonare è la più frequente lesione parenchimale nel trauma chiuso del torace. Da un punto di vista anatomo-patologico si caratterizza per un danno al letto capillare degli alveoli, con conseguente edema ed emorragia in sede interstizio-alveolare. Il meccanismo traumatico è il trauma diretto o la lesione da contraccolpo.
La TC mostra opacità a vetro smerigliato se prevale la componente interstiziale, consolidamento se esiste un importante danno alveolare. La diagnosi differenziale con l’atelettasia e la polmonite non è sempre agevole13.
La TC multistrato è uno strumento fondamentale nella ricerca delle lesioni dell’aorta toracica, evento estremamente temuto con altissimo tasso di mortalità, generalmente determinato da traumi decelerativi ad alta velocità1, 10. La sede è generalmente sottoistmica dovuta al brusco spostamento dell’aorta ascendente, mobile, rispetto all’aorta discendente, fissata alla parete toracica dalle arterie intercostali, ove il legamento arterioso subisce una violenta trazione a livello della sua inserzione (Fig. 2).
Nella ricerca delle lesioni del diaframma (rotture, lacerazioni) le ricostruzioni multiplanari aumentano l’accuratezza della diagnosi e rappresentano inoltre un’importante guida anatomica per il chirurgo (Fig. 3).
In sede sottodiaframmatica il fegato è l’organo addominale più frequentemente coinvolto nei traumi chiusi. Il 20% dei politraumatizzati presenta lesioni epatiche. I meccanismi lesivi possono essere di tipo diretto o indiretto (trauma decelerativo).
Fig. 2: Lesione traumatica dell’aorta toracica con rottura in sede istmica. Controllo dopo posizionamento di endoprotesi.
Fig. 3: Rottura post-traumatica del diaframma con risalita dello stomaco in emitorace sinistro (freccia bianca).
Negli ultimi anni, la gestione del trauma epatico nei pazienti emodinamicamente stabili è caratterizzata da una tendenza all’approccio conservativo (89% con indici di successo pari al 94%). Le lesioni traumatiche del fegato comprendono la lacerazione parenchimale, l’ematoma intraparenchimale e sottocapsulare, l’emorragia attiva e le lesioni delle vene epatiche maggiori15.
La TC riveste un ruolo fondamentale nella selezione dei pazienti da sottoporre a terapia conservativa, attraverso un’accurata diagnosi e stadiazione delle lesioni e attraverso la valutazione e quantificazione dell’emo (retro) peritoneo (Fig. 4).
Fig. 4: Voluminosa area contusiva nel lobo epatico di destra, con focolai di sanguinamento arterioso attivo (frecce bianche). Scansione TC assiale in fase arteriosa (sinistra) e riformattazione coronale (destra).
I traumi della milza rappresentano circa il 40% di tutti i traumi chiusi dell’addome. La milza è l’organo maggiormente vascolarizzato del corpo, particolarmente vulnerabile per la consistenza del parenchima, l’ipermobilità e i suoi rapporti anatomici con la colonna vertebrale e le coste.
Più del 20% dei casi di trauma splenico si associa a fratture delle ultime coste. Le lesioni spleniche possono essere isolate, ma più spesso sono associate a lesioni epatiche (in particolare del lobo di sinistra), del rene e surrene di sinistra, del pancreas, a lesioni pleuro-parenchimali e del diaframma16, 17.
Nei traumi chiusi la dinamica lesionale è determinata da meccanismi di accelerazione/ decelerazione. Inoltre, la milza può andare incontro a rottura spontanea o per traumi lievi qualora esistano condizioni predisponenti quali l’infarto splenico, le epatopatie croniche, malattie infettive o ematologiche.
La Tomografia Computerizzata rappresenta la metodica di scelta grazie alla sua elevata sensibilità (98%) e specificità nella stadiazione, nel monitoraggio delle lesioni, nella ricerca di eventuali lesioni associate e nella valutazione di indicatori prognostici fondamentali quali il sanguinamento attivo o il coinvolgimento delle strutture vascolari (Fig. 5).
Fig. 5. Lacerazione splenica (frecce bianche) e voluminoso ematoma sottocapsulare (frecce arancioni). Scansione TC assiale in fase portale (sinistra) e riformattazione coronale (destra).
Anche nel management dei traumi splenici è in aumento la tendenza alla gestione conservativa. Il non operative management (NOM) è da considerare oggi lo “standard care” terapeutico nel paziente emodinamicamente stabile. Tale approccio nasce dall’esperienza nei pazienti pediatrici nei quali l’obiettivo principale è quello di preservare la funzione immunologica della milza e prevenire le OPSI (“overwhelming postsplenectomy infections”)18-22.
L’American Association for the Surgery of Trauma distingue i traumi splenici in 5 stadi, sulla base della valutazione del danno all’esplorazione chirurgica.
Un sistema molto utilizzato in ambito radiologico è quello di Mirvis23, che si basa sulla valutazione TC del danno anatomico e prevede quattro stadi di gravità crescente.
Shanmuganathan18, attraverso un sistema di classificazione “CT based”, enfatizza l’importanza della ricerca della presenza di uno stravaso ematico attivo o di una lesione vascolare. Questi reperti sono di maggiore significato clinico rispetto al classico grading delle lesioni e di fatto rappresentano un’indicazione alla scelta della terapia non conservativa.
La ricerca delle lesioni richiede un protocollo di acquisizione rigoroso, con tecnica multifasica ed adeguate quantità di mezzo di contrasto con alti flussi.
Lo stravaso ematico attivo appare come un’area focale di potenziamento post-contrastografico con densità sovrapponibile a quella dei rami vascolari, ma caratterizzato da una morfologia e un decorso incompatibili con arteria o vena; è fondamentale l’acquisizione delle immagini in fase tardiva poiché le dimensioni dello stravaso aumentano e ciò consente anche la diagnosi differenziale con le lesioni vascolari.
I traumi del pancreas costituiscono il 2% delle lesioni in seguito a trauma addominale chiuso24. Il trauma pancreatico isolato è raro, in quanto nel 75-90% dei casi si associano lesioni di altri organi. Nel 28-30% di traumi pancreatici si associano fratture della colonna lombare. La presenza di una lesione traumatica nel pancreas è, nell’adulto, l’espressione dell’azione di un vettore di forza ad alta energia. Il meccanismo d’azione più comune è la compressione della ghiandola contro il rachide, come accade nell’urto diretto della regione epigastrica contro il volante nei traumi della strada in assenza della cintura di sicurezza. Le lesioni generalmente interessano corpo ed istmo (circa 2/3 dei casi) per azione di un vettore di forza ad andamento antero-posteriore, più rari i traumi della testa (30% mortalità) e della coda in caso di vettori ad orientamento laterale24.
La TC è la metodica di scelta nella diagnosi e stadiazione dei traumi del pancreas, mentre la colangio-RM in elezione è la tecnica di imaging non invasivo per la valutazione dell’integrità del dotto di Wirsung. Le complicanze del trauma pancreatico possono manifestarsi a breve o lunga distanza dall’evento.
I traumi renali avvengono nel 80-90% dei casi in seguito a traumi chiusi (incidenti d’auto/moto, sport), mentre nel 10% si verificano a seguito di ferite penetranti (arma da taglio, arma da fuoco). Il rene è il 3°organo coinvolto per frequenza nei traumi addominali chiusi dell’adulto. Nel 80% dei casi le lesioni renali si associano ad interessamento di altri organi addominali. Grazie alla posizione anatomica retroperitoneale, il 95-98% dei traumi renali isolati sono minori.
Formulare una diagnosi precoce è importante ai fini della scelta del trattamento terapeutico e della prevenzione delle complicanze, quali emorragie, urinomi ed ascessi.
Esistono diversi criteri classificativi: AAST, criteri di Mirvis (TC based), o di Federle (Imaging based) che distingue i traumi in 4 categorie di gravità crescente di lesione.
Nella classificazione di Federle26, le lesioni minori (contusione, ematoma sottocapsulare e lacerazione minore) nel 75-85% dei casi sono trattate in maniera conservativa.
Le lesioni maggiori comprendono: 1) la lacerazione profonda, estesa più di un centimetro con o senza “leak” di urina; 2) l’infarto segmentario, che appare morfologicamente come un’area periferica cuneiforme con ridotto contrast-enhancement e scarso effetto nefrografico.
In caso di lacerazioni multiple, si parla di “shattered kidney”, classificabile come lesione catastrofica. Rientrano tra le lesioni catastrofiche anche la lacerazione o avulsione dell’arteria renale, che in genere sono la conseguenza di traumi da decelerazione che causano allungamento e lacerazione dell’intima, con ischemia completa dell’organo1, 25.
Il meccanismo traumatico può inoltre portare alla formazione di pseudoaneurismi, per i quali il trattamento con embolizzazione raggiunge percentuali di successo di circa l’80%.
Le lesioni del giunto pielo-ureterale (lacerazione incompleta o avulsione) sono solitamente provocate da un meccanismo decelerativo con iperestensione e stiramento dell’uretere, o compressione contro i processi trasversi delle vertebre lombari.
Nella ricerca di queste lesioni, con prognosi non favorevole, sono fondamentali le scansioni tardive, che permettono di evidenziare la presenza di un eventuale stravaso di urina iodata, sulle quali è utile eseguire ricostruzioni multiplanari.
I traumi del surrene sono un evento raro e si verificano generalmente nei traumi maggiori cosiddetti ad alta energia in associazione ad altre lesioni addominali o toraciche. Il paziente con trauma surrenalico è generalmente un politraumatizzato con alto indice di severità del trauma (ISS). Sono più frequenti a destra e nella maggior parte dei casi sono determinati da meccanismi di accelerazione / decelerazione con compressione / decompressione del sistema vascolare1.
La TC permette inoltre una valutazione accurata della morfologia dei traumi della colonna vertebrale definendo con accuratezza il numero, la sede, la morfologia e la stabilità delle fratture oltre l’eventuale coinvolgimento del canale spinale. La TC è inoltre altamente performante nello studio delle fratture dello scheletro, in particolare del cingolo scapolare e del bacino27.
È importante sottolineare come l’incidenza delle fratture dell’anello pelvico sia in continuo aumento a causa dell’incremento esponenziale dei traumi della strada, lavorativi e sportivi. L’elevata morbilità e mortalità dovuta all’alto tasso di complicanze e lesioni associate di altri organi ed apparati rende le fratture dell’anello pelvico di notevole rilevanza clinica.
Nonostante i progressi nella gestione clinico-radiologica del politraumatizzato, il tasso di mortalità dei pazienti con shock emorragico di natura venosa o arteriosa, sebbene ridotto, rimane compreso fra il 7% ed il 17%.
Sulla base dell’azione del vettore di forza, si distinguono fratture da compressione antero-posteriore, da compressione laterale, da compressione verticale o complesse (una combinazione delle precedenti)29 (Fig. 6).
Le fratture dell’anello pelvico possono inoltre essere causa di complicanze croniche rappresentate da pseudoartrosi, consolidamento vizioso della frattura, dismetria degli arti inferiori e dolore lombare cronico. La TC con le immagini multiplanari e le ricostruzioni tridimensionali (3D) rappresenta il gold-standard nello studio delle fratture pelviche, permettendo di definire la morfologia e il grado di comminuzione della frattura, la sede, il numero, le dimensioni e l’orientamento dei frammenti ossei.
La TC dimostra inoltre agevolmente le fratture sacrali (occulte al primo esame radiografico fino al 70% dei casi), il coinvolgimento della giunzione sacroiliaca (causa di complicanze tardive quali il dolore lombare cronico) ed identifica le frequenti lesioni associate viscerali e vascolari27-30.
Fig. 6: Scansione TC ricostruzione 3d (VR). Frattura altamente instabile della pelvi ossea.
BIBLIOGRAFIA