Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 2, Aprile - Giugno 2019
ECM: Novità in tema di malattia venosa cronica (MVC) degli arti inferiori
19 marzo 2019
ECM: Novità in tema di malattia venosa cronica (MVC) degli arti inferiori
19 marzo 2019
Versione PDF dell'articolo: Download
La prima edizione del Goodman - Gilman “Le basi farmacologiche della terapia” (1941) iniziava: “Un farmaco può essere ampiamente definito come un qualunque agente chimico che influisce sul protoplasma vivente e poche sostanze potrebbero essere escluse da questa definizione”.
Si può definire farmaco qualunque sostanza esogena, organica o inorganica, naturale o sintetica che, in conformità con le disposizioni di legge che ne regolano la produzione ed il consumo, destinata ad un uso diagnostico o terapeutico e soggetta ad un dosaggio appropriato, sia in grado di indurre modificazioni funzionali positive o negative in un organismo vivente.
La fitoterapia, termine derivato dagli etimi greci futon e qerapeia, è la branca della farmacologia medica che utilizza piante medicinali e loro derivati, sia per la prevenzione che per la cura. È pratica antichissima già conosciuta da Egizi, Greci, Indù, Cinesi e Romani.
Precursore della fitoterapia può essere considerato Castore Durante, Medico e Botanico (Gualdo Tadino 1529 - Viterbo 1590) che scrisse varie opere d’igiene e di botanica, di cui la più celebre è l’Herbario novo (1583) sulle piante medicinali (Fig. 1 e 2).
Medicinali fitoterapici. Sono tutti quei medicinali il cui principio attivo è una sostanza vegetale. Tali principi sono stati ufficialmente approvati dall’AIFA, che ne ha verificato qualità, efficacia e sicurezza. Sono venduti esclusivamente nelle farmacie, alcuni dietro presentazione di ricetta medica ed altri come medicinali senza obbligo di prescrizione o come medicinali da banco.
Le proprietà terapeutiche di molte piante, funghi o licheni sono tradizionalmente note fin dall’antichità e da sempre sono state utilizzate come "erbe curative". Tuttavia, le tecniche della moderna medicina hanno permesso di individuare i medicinali fitoterapici veri e propri, distinti dai prodotti di erboristeria e dalle erbe semplici. La differenza fondamentale con i prodotti di erboristeria è che questi ultimi non devono necessariamente contenere principi attivi, essendo privi di specifiche indicazioni terapeutiche. I presidi fitoterapici devono presentare sulla confezione il titolo, ovvero la quantità di sostanza attiva. Tale indicazione permette, oltre alla standardizzazione dei prodotti, cioè la presenza di una stessa quantità di principio attivo, l’esatta indicazione terapeutica. Gli ambiti di impiego della fitoterapia sono diversi e molteplici: si va infatti dalla possibilità di sostituire un farmaco di sintesi per una determinata condizione morbosa, a quella di usare il principio fitoterapico in associazione al farmaco di sintesi. Molti farmaci di impiego corrente e largamente prescritti sono fitoterapici, avendo come principio attivo una sostanza vegetale (Tab. 1).
Occorre introdurre il concetto di “fitocomplesso” per definire quella miscela complessa di composti che concorrono, con il principio attivo, all’attività farmacologica complessiva di un fitoterapico. Il fitocomplesso non comprende soltanto principi attivi responsabili dell’azione specifica del presidio, ma anche una serie di altre sostanze e cofattori che influenzano la stabilità, l’assorbimento e l’azione dei principi attivi. Alcuni fitoterapici con i loro principi attivi svolgono un ruolo in importanti ambiti terapeutici. Valga come esempio quello dei tassani, sostanze estratte dalla Taxus baccata ampiamente usate come chemioterapici in oncologia o come la digitalis purpurea lanata ancora oggi impiegata in cardiologia. I fitoterapici non sono certamente “acqua fresca”. La loro assunzione deve avvenire in modo responsabile anche quando non è richiesta la prescrizione medica. Questo perché, in modo del tutto analogo ai farmaci di sintesi, questi rimedi, se non assunti alle dosi e alle frequenze consigliate, possono dare luogo ad effetti collaterali anche gravi, oppure, in altri casi, i loro principi attivi possono modificare l'azione di altri farmaci assunti contemporaneamente per diverse necessità terapeutiche.
Nella pratica quotidiana è di comune riscontro l’autoprescrizione e l’automedicazione operata da parte di pazienti affetti da malattia venosa cronica. È infatti molto frequente l’osservazione di soggetti che curano autonomamente e spesso in maniera inappropriata il corteo sintomatologico e le alterazioni obiettive tipiche dei disturbi venosi o della insufficienza venosa cronica conclamata (spesso dietro suggerimento di persone diverse anche senza alcuna competenza in ambito sanitario) utilizzando integratori o prodotti vegetali ad azione flebotonica e/o “drenante”.
La crisi del mercato del farmaco, l’esclusione dei venotropi dalla dispensabilità da parte del SSN, la relativa facilità della immissione sul mercato di “integratori”, ha determinato lo sviluppo di un numero elevatissimo di aziende che si propongono nella produzione e nel mercato del settore “nutraceutico”, sovente con immissione di prodotti poco “razionali” e non titolati.
In tale contesto la validità del prodotto e la sua qualità, assicurate molto spesso in maniera autoreferenziale, risultano garantite solo dalla produzione da parte di aziende “consolidate” per qualità e serietà, ancor più affidabili se con impronta ed organizzazione di tipo “farmaceutico”.
Prodotti di erboristeria. Trattasi solitamente di un insieme di sostanze vegetali mescolate in specifiche proporzioni di cui però non è stato individuato il singolo principio attivo e che quindi non possono essere definiti farmaci. Alcuni di questi prodotti risultano tuttavia farmacologicamente attivi, riconosciuti cioè in grado di curare alcune malattie, altri sono stati definiti ufficialmente privi dipericolosità, altri ancora sono stati considerati semplici alimenti. I prodotti farmacologicamente attivi possono essere venduti nelle farmacie e nelle erboristerie, i prodotti privi di pericolosità solo nelle erboristerie, gli alimenti anche in altri negozi.
Deve essere prestata dunque molta attenzione ai prodotti che non sono realmente di erboristeria, in particolare alle cosiddette erbe semplici, perché sono privi di tutela e possono provocare gravi danni all’organismo. Nelle erbe sfuse, infatti, la quantità delle varie sostanze attive può essere molto variabile da anno ad anno, secondo la temperatura, l’umidità o il luogo di provenienza della pianta. Altrettanto, la preparazione delle miscele in modo non professionale non assicura la purezza o la giusta proporzione dei vari prodotti. Pertanto l'uso dei prodotti di erboristeria, soprattutto di quelli farmacologicamente attivi, deve essere ispirato alla massima prudenza, come per tutti i comuni farmaci. In particolare va posta la massima attenzione sulla quantità di prodotto assunto, sulla possibilità di effetti collaterali, sulla presenza di controindicazioni; sulla possibilità di intolleranze ed ipersensibilità non prevedibili e sulla evenienza di interazioni farmacologiche dannose con altri farmaci o con gli alimenti. Infine, come per gran parte dei farmaci, il loro uso può essere controindicato durante la gravidanza o l’allattamento .
Integratori. Sono compresi in questo gruppo tutti quei prodotti specifici volti a favorire l’assunzione di determinati principi nutritivi non presenti negli alimenti di una dieta non corretta sostanzialmente suddivisi in tre tipologie: integratori alimentari, integratori vitaminici, integratori per miodesopsie. Sono assoggettati al Dlg 111 del 27 gennaio 1992. Per tale motivo il Ministero della Salute sottopone, dal 2002, all’azione di controllo, la produzione e la indicazione d’uso “salutistico”, priva di finalità proprie del medicinale. Il settore degli integratori alimentari è regolamentato a livello europeo dalla Direttiva 2002/46/CE del 10 giugno 2002. In Italia la Direttiva è stata recepita e attuata con il Dlg 169 del 21 maggio 2004 che ha normato il ruolo e la finalizzazione degli integratori alimentari parallelamente alla profonda evoluzione che si è andata affermando in questo settore. La storia della regolamentazione sui farmaci negli Stati Uniti e nella maggior parte dei Paesi sanitariamente progrediti, riflette il crescente impegno dei rispettivi governi per assicurare un sufficiente grado di efficacia e di sicurezza dei farmaci posti in commercio. Com’è noto infatti l’immissione in commercio dei farmaci soggiace ad un percorso particolarmente lungo, rigoroso e gravato di costi di studio e di sperimentazione molto elevati, prevedendo una sperimentazione pre-clinica (sperimentazione del preparato tramite test su un modello sperimentale della malattia che esibisce lo stesso bersaglio farmacologico per cui si studia il farmaco), una sperimentazione clinica articolata in quattro fasi, fase I (farmacologia clinica), fase II (studio di efficacia), fase III (studio multicentrico), fase IV (studio condotto dopo la commercializzazione – studi osservazionali regolamentati con circolare Ministeriale n. 6, 2 settembre 2002) concludendosi con la pubblicazione degli studi stessi. Estremamente più rapido, semplificato e poco costoso risulta, al contrario, il percorso di immissione in commercio di un integratore alimentare. E questo elemento, di non poco conto, ha determinato una crescita esponenziale di tali prodotti nel mercato. Altri elementi hanno contribuito a questa diffusione così rapida e tumultuosa. Infatti in più del 50% dei casi fattori nutrizionali diversi (eccessi, carenze, squilibri) sono coinvolti nella genesi delle malattie, numerosi estratti da piante/alimenti sono impiegati nella cura delle malattie da millenni ed ancora dopo il 1920 farmaci sintetici standardizzati hanno progressivamente sostituito i rimedi fitoterapici e nutraceutici, ritenuti dotati di maggiore efficacia e capaci di assicurare maggiore profitto. Ad oggi più di 120 farmaci convenzionali di largo consumo derivano da fitopreparati ed infine più del 40% di pazienti (USA e Europa) impiega trattamenti nutraceutici e/o fitoterapici (da soli o in associazione con trattamenti convenzionali). Tra i principali integratori alimentari vanno ricordati: ac. folico, ac. α-lipoico, iodio, vitamine, sali minerali, aminoacidi e proteine, alimenti probiotici, erbe e derivati, fibre e, nel caso di prodotti indirizzati a soggetti con disfunzione venosa o malattia venosa cronica, sostanze di origine vegetale ricomprese nella grande famiglia dei flavonoidi (derivati della pianta del genere Citrus, Vaccinium myrtillus, Centella asiatica, Melilotus officinalis, Ruscus aculeatus, Aesculus hyppocastanum, Vitis vinifera, Ananas comosus, Glycine max).
La nutraceutica, che rappresenta dunque una nuova disciplina, in grande sviluppo a livello mondiale, studia gli estratti di piante, animali, minerali e microrganismi, impiegati come nutrienti isolati, supplementi o diete specifiche.Nutraceutica è un neologismo sincratico da "nutrizione" e "farmaceutica" e si riferisce allo studio di alimenti che si suppone abbiano una funzione benefica sulla salute umana. Il termine è stato coniato dal Dr. Stephen De Felice nel 1989. Gli alimenti nutraceutici vengono comunemente anche definiti alimenti funzionali, alicamenti, pharma food o farmalimenti. Un nutraceutico è un “alimento-farmaco” ovvero un alimento che associa componenti nutrizionali selezionati per caratteristiche, quali l’alta digeribilità e l’ipoallergenicità, le proprietà curative di principi attivi naturali. In realtà si dovrebbe fare una distinzione tra l'uso dei termini "nutraceutico" e "alimento funzionale" (o "farmalimento"): mentre il primo si riferisce alla singola sostanza con proprietà medicamentose presente nell'alimento, il secondo termine tende piuttosto a identificare l'intero cibo che presenta proprietà benefiche1, 2.
Gli integratori si distinguono dai farmaci soprattutto per la funzione: in particolare nel medicinale sono riportate le indicazioni terapeutiche, cioè le malatti per le quali è possibile utilizzarlo sia in ambito di terapia che di profilassi. Per l’alimento qualsiasi indicazione in tal senso è vietata.
Integratori e prodotti di derivazione naturale “piacciono” molto al consumatore (ragioni di ordine salutistico e scelte personali, sovente sostenute da motivazioni del tutto particolari), al farmacista (elevato ritorno), ai decisori di spesa (SSN) per il significativo risparmio sui farmaci, alla Amministrazione Pubblica (1200 industrie, migliaia di posti di lavoro e notevole ritorno economico). Vi sono poi alcune evidenze così sintetizzabili: il 90% del mercato nutraceutico viene svolto nelle farmacie, il 5 - 7% nelle parafarmacie ed infine il dato dei Medici di Medicina Generale che valutano il nutraceutico, in misura progressivamente crescente come prodotto da conoscere, consigliare e prescrivere.
Nel caso della indicazione nel paziente con malattia venosa cronica con diversa classificazione CEAP, la maggior parte dei composti attivi sulla parete venosa appartiene alla grande famiglia dei flavonoidi, composti con attività antiossidante, ubiquitari nel regno vegetale. L’uso di tali principi farmacologicamente attivi nel trattamento dei quadri clinici che vanno dai semplici “disturbi disfunzionali” ascrivibili alle prime classi CEAP4 fino ai quadri più severi dell’insufficienza venosa cronica (C4-C6), trova il suo razionale terapeutico:
Una meta-analisi della Cochrane Collaboration ha analizzato 53 trials clinici randomizzati in doppio cieco da parte di 6013 partecipanti, nel corso dei quali sono stati testati rutosidi, calcio dobesilato, centella asiatica, aminaftone, picnogenolo, estratti di semi di vite per os. Mediamente questi prodotti hanno determinato una significativa riduzione dell’edema delle caviglie, dei disturbi trofici (non riduzione di incidenza di ulcere), crampi, pesantezza e parestesie. Una più precoce guarigione delle ulcere è stata dimostrata con la FFP (diosmina+ esperidina)3.
In conclusione: i fitoterapici sono medicinali il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza vegetale, ufficialmente approvati dall’AIFA, che ne ha verificato qualità, efficacia e sicurezza e venduti esclusivamente nelle farmacie, alcuni dietro presentazione di ricetta medica ed altri come medicinali senza obbligo di prescrizione o come medicinali da banco. Devono essere rigorosamente distinti dai prodotti di erboristeria e dalle erbe semplici. Nel gruppo degli integratori sono compresi invece tutti quei prodotti specifici volti a favorire l’assunzione di determinati principi nutritivi non presenti negli alimenti di una dieta non corretta, sostanzialmente suddivisi in tre tipologie: integratori alimentari, integratori vitaminici, integratori per miodesopsie. Tra gli integratori rientrano molti principi che, ancorché normati per un impiego “salutistico” e non “terapeutico”, contengono principi riconosciuti “attivi” nella pratica clinica per il trattamento di quadri nosografici di comune riscontro. Nel caso della malattia venosa cronica il riferimento è al gruppo dei flavonoidi, composti con attività antiossidante, ubiquitari nel regno vegetale. L’uso di tali principi farmacologicamente attivi è riconosciuto nel trattamento dei quadri clinici che vanno dai semplici “disturbi disfunzionali”, ascrivibili alle prime classi CEAP, fino ai quadri più severi dell’insufficienza venosa cronica (C4-C6). Tuttavia un serio limite all’impiego degli integratori nel paziente flebopatico cronico è rappresentato, allo stato, dalla mancanza di adeguati e consistenti lavori scientifici che ne possano validare l’uso ed il corretto utilizzo.
BIBLIOGRAFIA