Anno Accademico 2018-2019
Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019
ECM: Cuore Polmone 2019
02 aprile 2019
ECM: Cuore Polmone 2019
02 aprile 2019
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Si definiscono micobatteri non tubercolari (MNT) i micobatteri che non appartengono al genere Mycobacterium tuberculosis complex e al Mycobacterium leprae. Il genere Mycobacterium comprende batteri di forma bacillare con rare ramificazioni, aerobi, asporigeni, immobili, Gram+. Al complesso Mycobacterium tuberculosis Complex appartengono M. tuberculosis hominis, M. bovis, M. bovis BCG, M. africanum tipo I e II, M. canettii, M. microti, M. pinnipedii, M. caprae, mentre le specie note di MNT sono circa 180 (80% descritte negli ultimi 15 anni grazie al progredire delle metodiche diagnostiche), basti pensare che variazioni del 1% nel gene 16S rRNA (una sequenza di circa 1500 nucleotidi) definiscono una nuova specie (M. szulgai e M. malmoense differiscono per 2 soli nucleotidi). Solo 25 specie sono state associate a malattia nell’uomo. Fino alla metà del secolo scorso si riteneva che la tubercolosi fosse la sola malattia, diversa dalla lebbra, attribuita ai Micobatteri. In seguito si è visto che molte altre specie di Micobatteri potevano trovarsi in natura potenzialmente patogene per l’uomo e responsabili di quadri che prima venivano erroneamente attribuiti alla tubercolosi. Riconosciuti come patogeni agli inizi degli anni ’50, la loro patogenicità è stata pienamente presa in considerazione negli anni ’80 quando l’epidemia da HIV determinava quadri di profonda immunodepressione e possibile patologia da MNT1.
I MNT sono presenti nell’ambiente (acque e suolo) e il terreno, particolarmente quello ricco di fertilizzanti organici, ne ospita numerose specie. Le cellule di MNT estremamente idrofobe preferiscono l'attaccamento e la crescita superficiale (cioè la formazione di biofilm) nell'ambiente e nel tessuto piuttosto che crescere in sospensione. La crescita in biofilm aumenta ulteriormente la resistenza ai disinfettanti o agli antibiotici, oltre a rendere i batteri difficili da lavare via dalle superfici, resistono ai comuni disinfettanti ed a temperature di 50-60° (MAC 125° per 60’), relativa indipendenza dalla presenza di nutrienti ambientali, sopravvivenza all’interno di protozoi e amebe. È dimostrato che le polveri prodotte, sono sufficientemente fini da raggiungere le parti distali del polmone, contenendo un numero sufficiente di batteri da indurre infezione per:
- assorbimento di MNT per inalazione
- colonizzazione e invasione della barriera mucosale
- persistenza nei fagociti mononucleati: riserva principale di micobatteri nell'ospite attraverso l’inalazione di aerosol o polvere carichi di MNT, ingestione di suolo o acqua, contaminazione delle forniture idriche ospedaliere e delle attrezzature mediche, mentre la trasmissione da persona a persona è rara, forse possibile nella Fibrosi cistica. La malattia da reflusso gastroesofageo è stata indicata come mediatore della malattia polmonare da MNT infatti la deglutizione dei micobatteri seguita da reflusso gastrico porta all'aspirazione nel polmone.
Gli isolati di MNT differiscono da paese a paese: queste differenze possono avere un impatto sulla frequenza e sulle manifestazioni della malattia, infatti i dati epidemiologici sono controversi. In Italia l’incidenza è stimata tra 1.0 – 1,8 casi/100,000 ma con estrema variabilità tra le Regioni. Globalmente i dati epidemiologici indicano un incremento dell’incidenza, superiore all’impatto delle nuove metodiche diagnostiche. Gli aumenti più significativi si sono registrati in Nord America (negli Stati Uniti si calcola che ogni anno circa 2 persone ogni 100.000 abitanti sviluppi una patologia dovuta a MNT), Canada, Singapore, Taiwan. Nei paesi in cui è più elevata l’incidenza della tubercolosi queste infezioni sono rare, mentre, là dove si sono effettuati efficaci programmi di prevenzione e trattamento dalla tubercolosi, è in aumento in virtù, non solo di una maggiore sensibilità al problema ma anche per un pesante intervento dell’uomo sull’ambiente. Si ritiene comunque che la diffusione delle micobatteriosi sia fortemente sottostimata in molti Paesi2.
Per meglio comprendere la diffusione e il trend delle malattie da MNT, devono essere considerati tre fattori:
- il rischio derivato dall’esposizione (diffusione dei batteri nell’ambiente);
- la patogenicità della specie micobatterica prevalente in quel determinato ambiente (la maggior parte di questi microrganismi mostra di possedere un potere patogeno borderline. Dal momento che essi sono ubiquitari e possono colonizzare le mucose dell’uomo per lungo tempo, è fondamentale individuare le condizioni in grado di innescare la malattia);
- la suscettibilità dell’ospite3.
Sembra esistere una certa correlazione tra frequenza di isolamento di MNT dall’ambiente e loro riscontro in soggetti normali, da tamponi faringei, coltura di saliva e contenuto gastrico; infatti la loro distribuzione all’esterno è ubiquitaria grazie anche al fatto che crescono in situazioni di ampia variabilità di temperatura, ph e concentrazione salina4.
La patogenesi delle micobatteriosi è poco nota, sembra che le citochine svolgano un ruolo fondamentale come modulatori della risposta immunologia antimicobatterica (interazioni che IL12 e INFgamma stabiliscono tra le cellule mieloidi (c. dendritiche) e le cellule linfoidi). Comunque si ipotizza che l’infezione da MNT sia una malattia multigenica nella quale la combinazione di varianti geniche (mutazioni autosomiche: IL 12B, IL 12RB1, ISGI5, INFR1, INFGR2, STAT1, IRF8) più l’esposizione ambientale aumenti la suscettibilità alle infezioni. Data l’ubiquitarietà dei MNT l’infezione è più frequente della malattia clinicamente manifesta e gli stessi microrganismi possono trasformarsi da saprofiti del polmone in patogeni. Questo dimostra che la loro patogenicità è inferiore a quella del Mycobacterium tuberculosis: si comportano cioè come patogeni condizionati in presenza di alcune condizioni favorenti (predisposizione d’organo) come:
- BPCO;
- Bronchiectasie;
- Pneumoconiosi;
- Esiti di TB polmonare;
- Fibrosi cistica.
Meno frequentemente la condizione predisponente è costituita da pneumopatia bollosa, interstiziopatie e patologie della gabbia toracica (pectus excavatum, scoliosi)6 o generali: diabete, alcoolismo, gastroresezione, terapia corticosteroidea e/o immunosoppressiva.
Secondo la classificazione si distinguono Micobatteri a lenta crescita:
- M. avium complex (intracellulare, avium, chimerae);
- M. kansasii;
- M. haemophilum;
- M. xenopi;
- M. marinum;
- M. scrofulaceum;
- M. malmoense;
- M. ulcerans, terrae, simiae, szulgai ecc.;
e a rapida crescita
- M. chelonae;
- M. fortuitum;
- M. abscessus complex;
- M. massiliensis;
- M. bolletii;
- M. abscessus.
Dal punto di vista clinico la principale distinzione avviene tra specie a lenta e rapida crescita. I micobatteri a rapida crescita mostrano: un potenziale di virulenza relativamente basso, si colorano in maniera irregolare e sono più suscettibili agli antibiotici convenzionali piuttosto che agli antimicobatterici tradizionali. I MNT a lenta crescita sono principalmente responsabili delle manifestazioni polmonari e linfonodali mentre quelli a rapida crescita colpiscono soprattutto la cute, le ossa e le articolazioni e hanno maggiori probabilità di essere resistenti.
Per fare diagnosi di malattia da NTM devono essere soddisfatti criteri clinici, radiografici e microbiologici. Le vie respiratorie sono la sede d’infezione dovuta a MNT di gran lunga la più comune e il solo interessamento polmonare è più frequente delle forme disseminate, tipiche invece dei pazienti immunodepressi. A livello polmonare l’infezione è indistinguibile dal punto di vista clinico, radiologico e istologico dalla malattia tubercolare, con la formazione del caratteristico granuloma che evolve verso la necrosi caseosa anche se il quadro dei granulomi può risultare variabile in relazione al grado di competenza immunitaria del malato: da granulomi produttivi a forme poco produttive o assenza di granuloma con proliferazione di linfociti ed istiociti infarciti di micobatteri. In genere la diagnosi è tardiva a causa di sintomi aspecifici, segni sovrapposti a patologia polmonare sottostante e non correlabili alla specie micobatterica in causa. Sono caratteristici: la tosse produttiva e l’astenia, la febbre e le sudorazioni notturne sono più rare che nella TB (< 50% dei casi), la compromissione generale e l’emottisi sono appannaggio delle forme più avanzate. In genere l’esordio è subdolo, di tipo cronico, la cui valutazione può portare ad un ritardo diagnostico non indifferente; all’ascoltazione si repertano: ronchi, crepiti e sibili. La malattia fibrocavitaria si verifica comunemente nei maschi più anziani, spesso fumatori, con una storia di malattia polmonare di base, la forma nodulare bronchiectasica in donne anziane5.
Esiste un'associazione tra forma nodulare-bronchiectasica e un particolare habitus corporeo (ad esempio, pectus excavatum, scoliosi, prolasso della valvola mitrale) prevalentemente nelle donne in postmenopausa. La malattia fibrocavitaria o fibrocavitaria-nodulare bronchiectasica con basso indice di massa corporea si associa a perdita della funzione polmonare e maggiore mortalità.
La radiologia può mostrare un quadro simile a quello della tubercolosi polmonare, tuttavia diversi autori hanno evidenziato una maggiore varietà iconografica: cavità a pareti sottili, disseminazione per contiguità e interessamento pleurico, noduli polmonari multipli nei campi polmonari medi ed inferiori associati o no ad aree bronchiectasiche come la HRCT ha messo in evidenza in più del 90% dei pazienti con infezione da MAC, mentre nelle infezioni da M. kansasii e M. xenopi sono prevalenti le lesioni di tipo cavitario e ad “albero fiorito“ su un preesistente enfisema, ma il tentativo di distinguere la specie di MNT in base alle caratteristiche radiologiche non da risultati completamente attendibili.
I criteri microbiologici necessari per fare diagnosi sono: coltura di MNT positiva da 3 campioni di espettorato raccolti in giorni diversi, oppure caratteristiche istopatologiche micobatteriche e coltura MNT positive dalla biopsia o ancora coltura di NTM positiva da >1 campione di BAL5.
Posta la diagnosi la sfida terapeutica è ancora più impegnativa. Chi trattare? Non esistono linee guida, ma solo pareri di esperti. La decisione deve tenere conto di 4 parametri:
- Specie micobatterica isolata;
- Stato clinico del paziente;
- Terapie concomitanti o programmate;
- Opinione del paziente.
Le forme ulcerative e quelle estese nodulo-brochiectasiche, in genere necessitano di trattamento, essendo la risultante di una relativa patogenicità del micobatterio e di una inadeguata risposta immune del paziente (in genere per patologie concomitanti). Le forme nodulo-bronchiectasiche limitate consentono, spesso, una valutazione nel tempo, a meno che non concomitino fattori aggravanti (es. terapie immuno-soppressive, patologie predisponenti, ecc.).
I micobatteri geneticamente vicini al MT e/o di raro isolamento, in genere necessitano di trattamento per la loro relativamente elevata patogenicità: es. M. kansasii, malmoense, szulgai, shimoidei. I micobatteri di più scarso potere patogeno e/o frequenti inquinanti ambientali (M. chelonae, fortuitum, gordone), meritano più di una attenta valutazione prima di iniziare il trattamento. In una posizione intermedia si collocano gli altri MNT di riscontro relativamente frequente e di patogenicità condizionata: es. M. xenopi, avium, abscessus, celatum, per i quali acquista importanza la contestuale valutazione del paziente7, 8.
Infine è opportuna una valutazione del paziente: il paziente ha sintomi, evidenze radiologiche e dati colturali che possano giustificare la terapia?
- Se il paziente ha solo minimi sintomi, conviene stare ad osservare anche per mesi allo scopo di evidenziare una eventuale progressione della malattia;
- il trattamento prolungato può risultare più debilitante della malattia stessa, particolarmente nel paziente anziano paucisintomatico;
- sono ipotizzabili importanti interazioni farmacologiche;
- il paziente ha la possibilità e la volontà di sottoporsi a una terapia prolungata, non scevra di effetti collaterali9?
Pertanto raramente c'è urgenza nel prendere decisioni o iniziare la terapia.
C’è sempre tempo per:
- l'osservazione;
- la revisione;
- la consultazione con un esperto del settore.
BIBLIOGRAFIA